Premiato come "Cavaliere dello stile" Luca Cadalora ha ricevuto nella sua Modena il Casco d'Oro alla carriera. Unico pilota italiano ad affrontare nella top class i piloti della scuola americana, contrapponendo alla loro spettacolarità una guida pulita e precisa.

Caschi d'Oro, Cadalora: "Pecco ci sta facendo vedere cose straordinarie"

        Dalla STK1000 del Campionato Italiano Velocit&agrave; alla MotoGP, poi la Dakar, il MotoAmerica ed ora la Superbike, Danilo Petrucci non si &egrave; mai tirato indietro alle sfide e quindi invitato all&rsquo;ormai classica gara invernale al &ldquo;Ranch&rdquo; di Valentino Rossi ecco che il ternano si &egrave; presentato con una CRF 500 due tempi. 100KM DEI CAMPIONI: PEDRO ACOSTA, PECCO BAGNAIA E MARCO BEZZECCHI AL VIA Due tempi da Flat Il pilota del Barni Spark Racing Team si &egrave; presentato a Tavullia con una moto allestita da Tomasin Racing, la moto preparata ovviamente da flat track per correre la 100km dei campioni ha per&ograve; una caratteristica unica tra le moto in gara: &egrave; un 500cc due tempi. Il preparatore vicentino ha presentato allo scorso EICMA un motore monocilindrico da 500cc due tempi ad iniezione elettronica. Il motore &egrave; realizzato completamente dalla factory vicentina per poter essere montato su tutte le Honda CRF 450 R dal 2021 al 2024. Ormai &egrave; questione di ore per scoprire se Petrucci con una 500 potr&agrave; lottare alla pari contro i &ldquo;classici&rdquo; 450 di derivazione crossistici del resto dei piloti impegnati nella nona edizione della 100km dei Campioni.        

Il ternano &egrave; al via della classica sfida al Ranch di Valentino Rossi con una Honda CRF allestita con il grosso monocilindrico &ldquo;duett&igrave;&rdquo;

Danilo Petrucci alla 100km dei campioni con una 500 due tempi

        Yamaha ha deciso di celebrare la propria storia nel motomondiale, con una evoluzione della XSR 900, la sport heritage della casa dei tre diapason che rende omaggio alle 500GP degli anni 80 mettendo in mostra il telaio in alluminio &ldquo;deltabox&rdquo; e una semi-carena che ricorda invece per linee e colori la YZR di Eddie Lawson. TEST JEREZ, LA LISTA DEI PARTECIPANTI: PIRRO CI PROVA, BAUTISTA PIANO B PER DUCATI YZR: il deltabox ed il V4 &ldquo;duett&igrave;&rdquo; La Casa di Iwata ad inizio degli anni &rsquo;80 pass&ograve; dalla conformazioni a 4 in linea utilizzata fino al 1980 ad una configurazione &ldquo;a quadrato&rdquo; utilizzata solo per una stagione e mezza dal 1981 al GP d&rsquo;Austria 1982 al Salzburgring dove sulla moto di Kenny Roberts debutt&ograve; un V4 con angolo tra le bancate di 60&deg; ed alimentazione a disco rotante. All&rsquo;inizio della stagione 1983 debutt&ograve; il telaio &ldquo;deltabox&rdquo; in alluminio e la ruota anteriore da 17 pollici. Il motore V4 a disco rotante erogava circa 130 CV ma fu soprattutto il passo avanti ciclistico dovuto al nuovo telaio in alluminio a permettere all&rsquo;americano di lottare fino alla fine contro &ldquo;Fast Freddie&rdquo;. Con l&rsquo;arrivo di un motore pi&ugrave; potente di 10 CV, questa volta alimentato da un pacco lamellare, la YZR (0W76) permise ad Eddie Lawson di conquistare il titolo mondiale. L&rsquo;americano si ripeter&agrave; nel 1986 quando la YZR (0W81) guadagn&ograve; un nuovo motore con alberi controrotanti in grado di diminuire l&rsquo;effetto giroscopico e aumentando ulteriormente la potenza, ora vicina ai 150 CV. Mentre le ultime evoluzioni arrivarono due anni pi&ugrave; tardi con un nuovo forcellone &ldquo;a banana&rdquo; e con questa Lawson conquist&ograve; il terzo titolo mondiale vincendo 7 dei 15 GP disputati nell&rsquo;anno. La YZR utilizzata da Wayne Rainey, usato da Yamaha come uomo immagine per il lancio della XSR 900 GP, era molto pi&ugrave; evoluta di quella iconica degli anni &rsquo;80 usata e portata al successo da Lawson. Wayne conquist&ograve; anch&rsquo;esso tre titoli mondiali con la Casa di Iwata tra il 1990 ed il 1992 segnando gli ultimi successi nel motomondiale della Casa giapponese prima dell&rsquo;arrivo della Yamaha YZF-M1 2004, anch&rsquo;essa con telaio deltabox, con cui Valentino Rossi riporter&agrave; la casa dei tre diapason al titolo dopo 12 anni di digiuni.  XSR 900 GP: eredit&agrave; importante La base tecnica della moto &egrave; ovviamente molto diversa da quella delle moto da gran premio degli anni &rsquo;80, tenendo per&ograve; fede a quella tradizione. Il telaio &ldquo;deltabox&rdquo; ben in mostra e lasciato color alluminio in modo da farlo risaltare come elemento distintivo del progetto. Il motore non &egrave; ovviamente un V4 500 cc 2 tempi ma l&rsquo;ormai collaudatissimo CP3 890cc tre cilindri da 119 CV a 10.000 giri/min. Un motore molto godibile e che ha gi&agrave; riscosso grandissimo successo su tutte le tipologie di moto su cui &egrave; stato utilizzato. La ciclistica oltre al telaio &ldquo;deltabox&rdquo; in alluminio &egrave; completata da una forcella ed un mono, marchiati Kayaba completamente regolabili. Il look &egrave; &ldquo;replica Marlboro&rdquo; della YZR degli '80 con cui Lawson conquist&ograve; i suoi 3 titoli mondiali, o della YZR di inizio anni '90 vittoriosa con Wayne Rainey (protagonista tra l'altro dello spot di lancio della nuova XSR GP); sar&agrave; comunque disponibile anche con la semicarena ed il codino neri come il prototipo che venne presentato per la prima volta al pubblico al Goodwood Festival of Speed.        

La casa dei tre diapason con la nuova &ldquo;heritage" fa rivivere ai suoi appassionati il sapore delle corse di un tempo celebrando la propria storia

Yamaha fa rivivere il mito delle YZR 500 con la XSR 900 GP

        &Egrave; stato trovato senza vita nel suo ristorante &ldquo;Gli alberi&rdquo; a Calenzano Leandro Becheroni, stroncato da un infarto. Se n&rsquo;&egrave; andato bruscamente all&rsquo;et&agrave; di 72 anni (ne avrebbe compiuti 73 a luglio) dopo aver passato la vita tra le piste e la ristorazione, e aver dato il suo aiuto a sbocciare al talento toscano Alex Gramigni, vincitore di 125 nel 1992. Ecco il suo saluto:  La carriera di Becheroni tra fine anni '70 e inizio '80  Il suo primo risultato importante lo ottenne nel 1977 con una Bimota SB1, andando a vincere il campionato Italiano juniores nella classe 500. Due anni dopo ha vinto il campionato Italiano Seniores nella classe 750 e nel 1981 ha firmato la prima edizione del campionato Europeo Velocit&agrave; della classe 500. Nel frattempo nel 1978 ha esordito in 500, la mitica classe regina dove dal 1982 corse assiduamente. Toscano doc, ha preso sotto la sua ala Gramigni, portandolo fino al Mondiale dove raccolse il primo alloro per Aprilia.        

Ex pilota motociclistico nella 500 e Campione nell&rsquo;Europeo, avrebbe festeggiato i 73 anni a luglio. Ecco il ricordo di Alex Gramigni, suo pupillo

Leandro Becheroni è morto a 72 anni 

        Con i suoi cinque titoli mondiali consecutivi conquistati nella classe 500 del Motomondiale tra il 1994 e il 1998, Mick Doohan si &egrave; guadagnato un posto tra le leggende del motociclismo su pista. Tuttavia, ospite al Gypsy Tales Podcast, l'australiano ha rivelato qualche retroscena sorprendente del proprio passato, specialmente per quel che riguarda le proprie sensazioni e paure di quando correva, spesso rivelatesi utili in sella. In seguito al terribile incidente avvenuto ad Assen nel '92, quando rischi&ograve; di dover concludere anzitempo la propria carriera e di perdere addirittura una gamba, in effetti la paura si fece strada nella mente di Doohan, che per non rischiare ulteriori infortuni gravi dovette prestare particolare attenzione; da quell'infortunio derivarono infatti sia il particolare stile di guida, sia la leva per il freno posteriore, azionato con la mano e non a pedale. MotoGP, Honda corre ai ripari: Kalex costruir&agrave; il telaio per la RC213V Doohan: la paura per la velocit&agrave; e l'amore per le 250  &ldquo;Ad essere onesti, la velocit&agrave; non mi ha mai entusiasmato e, anzi, se c'era qualcosa che mi spaventava quando ero un pilota, era proprio il dover andare troppo forte&rdquo;, ha ammesso Mick. &ldquo;Se devo dirla tutta, quando salivo in sella ad una 250 Sport Production e raggiungevo i 200, massimo 210 km/h, pensavo che fossero sufficienti. A tal punto che quando correvo con le 500 spesso non volevo che mi venisse mostrata la velocit&agrave; massima raggiunta, in modo da non rendermene conto del tutto&rdquo;. &ldquo;Alla fine, quando sei in sella non ti accorgi quanto tu stia andando forte, almeno fino a quando non finisci fuori pista o fai un incidente&rdquo;, prosegue Doohan. &ldquo;In ogni caso, credo non ci sia nulla di male ad avere un po' di paura. Anzi, &egrave; proprio controllando la paura che riesci a dare il meglio di te stesso senza prendere rischi eccessivi&rdquo;. La sua avventura nel Motomondiale si concluse nel '99 per un altro tremendo incidente, a Jerez, ma evidentemente il timore ha giocato un ruolo fondamentale negli anni precedenti, visti i tantissimi successi ottenuti che l'hanno reso un'incona delle due ruote.        

Ospite di un podcast, il cinque volte campione del mondo della 500 ha raccontato degli interessanti retroscena della propria carriera

La rivelazione di Mick Doohan: “La velocità mi spaventava”

Gli infortuni, nel motociclismo, fanno parte del gioco e correrci sopra &egrave; la dimostrazione di quanto i piloti ci tengano ad essere in pista a tutti i costi, nonostante il rischio di aggravare il loro problema. Ma quali sono i piloti che sono riusciti a gareggiare nonostante gli infortuni? Nelle prossime pagine ve ne riveliamo 10  Marc Marquez     L&rsquo;ultimo in ordine di tempo ad aver gareggiato con un infortunio &egrave; la &ldquo;Formica Atomica&rdquo;. Lo spagnolo, dopo l&rsquo;incidente di Jerez 1 nel 2020, ha provato a rientrare in pista la settimana dopo ma il gioco non &egrave; valso la candela visto che &egrave; stato fermo ai box per tutto il resto della stagione dopo la seconda operazione. Lo scorso anno &egrave; tornato in pista nonostante una condizione del braccio destro non perfetta (il suo omero era ruotato di 30&deg;) riuscendo a vincere tre gare. In questa stagione ha saltato 7 appuntamenti a causa del brutto volo in Indonesia e della quarta operazione al braccio, necessaria per riportare in asse il suo omero.  Taka Nakagami   Nel Gran Premio di Aragon il giapponese di LCR ha riportato la frattura di due dita della mano destra dopo l&rsquo;incidente con Marquez in avvio di gara. Ha corso da infortunato in Giappone salvo poi saltare i tre appuntamenti successivi per l&rsquo;operazione sub&igrave;ta.  Pecco Bagnaia     Nel 2020 al Gran Premio di Brno il piemontese di Pramac &egrave; caduto procurandosi una frattura della tibia destra. Salta le gare di Brno, Austria e Stiria per rientrare a Misano e salire sul podio per la prima volta in carriera in MotoGP.  Passa alla prossima pagina  &nbsp;  Valentino Rossi     Il campione di Tavullia in due occasioni ha corso da infortunato: nel 2010 e nel 2017.&nbsp;Nel 2010 tra gli appuntamenti di Le Mans e Mugello si procura un infortunio alla spalla che sar&agrave; determinante per quello del Mugello: highside in ingresso alle Biondetti e frattura scomposta di tibia e perone della gamba destra. Dopo 40 giorni risale in sella ad una R1 SBK a Misano e poi torna in azione al Sachsenring sfiorando il podio. Nel 2017 si rompe tibia e perone mentre si allena in Enduro, salta la gara di casa di Misano per poi rientrare ad Aragon e chiudere in quinta posizione.  Jorge Lorenzo     Lo spagnolo nel 2013, in piena lotta per il titolo contro Marquez, in Olanda ha un brutto highside sotto l&rsquo;acqua che gli provoca la frattura della clavicola sinistra. Si opera d&rsquo;urgenza a Barcellona e rientra ad Assen dopo 36 ore per disputare la gara e chiuderla in quinta posizione. Nello stesso anno in Germania cade sulla clavicola infortunata e salta la gara, rientrando poi solo ad Indianapolis. Nel 2008 al suo primo anno in MotoGP si rompe entrambe le caviglie in due occasioni, Cina e Laguna Seca, risalendo in moto a Le Mans e chiudendo in seconda posizione.&nbsp;  Casey Stoner     Il 2012 &egrave; l&rsquo;ultimo anno della carriera da pilota ufficiale per l&rsquo;australiano dopo l&rsquo;annuncio del ritiro a Le Mans. Nelle prove libere di Indianapolis compie un brutto volo riportando danni ad entrambe le caviglie. Il giorno dopo, complici le dosi elevate di antidolorifici, disputa la gara chiudendo in quarta posizione. Salter&agrave; poi i successivi tre appuntamenti.  Passa alla prossima scheda&nbsp;  &nbsp;  Loris Capirossi     Tornando indietro nel tempo, arriviamo al 2000 con le 500 e l&rsquo;italiano allora in forza al team Pons sulla Honda. Ad Assen Capirex si infortuna al polso sinistro durante il warm up della domenica mattina, scende comunque in pista per la gara e compie qualcosa di epico arrivando al traguardo in terza posizione per poi svenire dopo la cerimonia del podio.  Kevin Schwantz     Ad inizio 1994 l&rsquo;americano della Suzuki si lesiona il polso destro in un incidente in bici, rompendolo definitivamente durante le prove ad Assen, disputa la gara e riesce a chiudere al quinto posto. Nel prosieguo della stagione le condizioni del suo infortunio peggiorano vista l&rsquo;assenza di adeguati tempi di recupero, ma porta a casa comunque l&rsquo;annata al quarto posto. Dopo le prime tre gare del &#39;95 annuncia il ritiro a causa delle conseguenze del polso infortunato.  Mick Doohan     Prima dell&rsquo;infortunio del &#39;99 che lo ha costretto a porre fine alla sua carriera, nel 1992 l&rsquo;australiano ha patito un altro grave infortunio: la frattura della gamba destra in Olanda, rimasta sotto la moto in seguito a un incidente. Operato subito, la gamba &egrave; andata in cancrena per mancato afflusso di sangue. Per salvargli la gamba, il Dottor Costa ha dovuto &ldquo;inventare&rdquo; una nuova tecnica: ingessare entrambe le gambe per aiutare l&rsquo;arto infortunato a guarire pi&ugrave; in fretta. Rientra per le ultime due gare, Brasile e Sudafrica chiudendo rispettivamente 12&deg; e 6&deg;.  Barry Sheene   Tornando ancora pi&ugrave; indietro nel tempo, bisogna passare al 1975 ed al grande campione inglese Barry Sheene. A Daytona si rompe femore, braccio e vertebre rientrando poi dopo 49 giorni per vincere i due titoli del 1976 e 1977. Nel 1982 di distrugge ginocchio e polso nel Gran Premio di casa a Silverstone, colpendo la moto di un pilota caduto prima di lui. Rientra per&ograve; dopo sei mesi e 27 viti nel ginocchio. 

Tra 500 e MotoGP sono tanti gli esempi di piloti scesi in pista pur avendo problemi fisici &ldquo;freschi&rdquo; o appena operati

MotoGP, Correre da infortunati? Si pu&ograve;

        Lo scatto di copertina fa impressione, c'&egrave; poco da aggiungere. I piedi appartengono a Darryl Beattie, ex pilota australiano di grido. La sua militanza nella classe 500 risale a circa met&agrave; anni 90, il suo ritiro &egrave; avvenuto poco dopo la met&agrave; degli stessi anni. La causa della dipartita non &egrave; da collegare a quanto vedete in foto. Darryl Beattie, spalla e sostituto di Wayne Gardner  Australiano, alto, fisicato, gran manetta. Insomma, il tipico Down Under giunto all'epoca in Europa, luogo dove cercare fortune agonistiche nel Motomondiale. Come di certo saprete, chi arrivava da laggi&ugrave; cercava due cose: la classe 500 e i relativi successi. Partito da wild card dapprima a bordo della duemmezzo, poi in sostituzione del connazionale Wayne Gardner sulla mezzo litro - con il quale si impose nella 8 Ore di Suzuka - il nativo di Charleville era legato a Honda, Marchio che spopolava in lungo e largo - pi&ugrave; o meno - in ogni cilindrata del campionato.&nbsp; E lui, capelluto, simpatico e pure un p&ograve; mattacchione, sal&igrave; sul podio della "sua" Eastern Creek nel 1992, promettendo battaglia per la stagione ventura. Cos&igrave; and&ograve;, infatti, la virtuale medaglia di bronzo rappresent&ograve; il frutto dei quattro gradini calcati, tra cui il pi&ugrave; alto a Hockenheim, Germania. Il successo fece capire di aver trovato una stella su cui puntare. Darryl era divenato un top rider della top class, altro che pizza &amp; fichi. Part&igrave; l'interessamento di Yamaha, che lo volle a corte nel 1994. Per Beattie si rivel&ograve; una esperienza dura, per certi aspetti terribile. La YZR era assari diversa dalla NSR, se ne accorse immediatamente.&nbsp; Ecco a Voi "Hanginfive"  Le Mans, Gran Premio di Francia 1994. Durante le prove cronometrate, Darryl rimedia una caduta terrificante, la quale gli arrec&ograve; danni alle costole, fratturate, peggio and&ograve; al piede sinistro, rimasto incastrato tra la catena e la corona di trasmissone della sua Yamaha. Il risultato &egrave; raccontato dalle immagini: lo staff che si occup&ograve; delle cure fu costretto ad amputare tutte le dita, cinque. Il pilota rimase fuori da giochi per un bel p&ograve;, si ritir&ograve; in Malesia e Argentina, torn&ograve; a punti proprio in Australia. Quinto posto, guardate che coincidenza. Da l&igrave; in avanti, appiccicato al plexiglass delle moto portate in gara, l'adesivo citante "Hanginfive", una sorta di "rimanere attaccati con cinque". Dita, ovviamente, le restanti del piede destro. Il team Roberts e il protagonista di questo breve racconto non rinnovarono la reciproca collaborazione, cambiando entrambi scelte e scenario. Suzuki e le ultime di Darryl: l'incubo di Mick  Sicch&eacute;, l'australiano si trasfer&igrave; nella squadra di Garry Taylor che, se ricordate, godeva dell'appoggio ufficiale della Suzuki. Scatt&ograve; l'amore tra Darryl e la RGV, tanto da andare subito a podio a Eastern Creek (a ridaje) e Sepang. Eccellente, anche perch&eacute; molti forti avversari dovettero abbassare la testa. Citiamo Alex Criville, citiamo Kevin Schwantz, compagno di box, ritiratosi poi al Mugello qualche mese pi&ugrave; tardi. Citiamo Michael Doohan, titolato in carica e "disperato" nel provare a tenere il passo del connazionale. Beattie si impose a Suzuka e al Nurburgring - versione "nuova", la corta e umanamente accessibile - andando forte per il resto della contesa, centrando il secondo posto della classifica generale. Mick biss&ograve; l'iride, ma a fatica. Sembr&ograve; il preludio a un 1996 da corona ma, anche l&igrave; arrivarono problemi. Poche presenze, troppi incidenti, noie in sella e i pensieri gi&agrave; rivolti al 1997. Una coppia tutta Aussie nel team Lucky Strike, con Hanginfive affiancato da quel folle di Anthony Gobert. Si rivel&ograve; l'ultima sfida per il talentuoso e poco fortunato corridore dal piede e mezzo, perch&eacute; una fastidiosa labirintite gli consigliarono di appendere il casco al chiodo, ma solo esclusivamente parlando di competizioni professionistiche. La nuova vita nelle vesti di reporter, raccontatore e spericolato a bordo di ogni veicolo esistente e immaginabile lo soddisfa e lo mantiene racer qual &egrave; nel DNA.       

Il brutto incidente rimediato a Le Mans non impedi all'australiano Darryl di tornare sul podio e vincere Gran Premi, tanto da infastidire re Mick nel 1995

Batteva Doohan con un piede e mezzo: Beattie, vice iridato 500

        Che azienda &egrave; Voge? La domanda, pi&ugrave; che lecita, &egrave; quella da cui parte questa prova. Di fatto &egrave; il cosiddetto &ldquo;brand premium&rdquo; di Loncin, colosso cinese con sede a Chongqing, la citt&agrave; pi&ugrave; estesa al Mondo (ha una superficie quasi quattro volte superiore a quella della Lombardia). The Test: Triumph Tiger 1200, una moto "cinque in uno" Voge, un brand giovane   Giusto per dare qualche numero, Loncin (nata soltanto 38 anni fa) &egrave; la classica azienda-universo, quella a cui si rivolgono molte aziende europee per produrre motori (BMW, KTM e recentemente anche MV Agusta, per motori di piccola cilindrata). Hanno migliaia di brevetti, intrecciano rapporti con centinaia e centinaia di altre aziende, vendono milioni di veicoli all&rsquo;anno in oltre 30 Paesi in tutto il mondo. Parlando di Italia, Voge, attualmente, &egrave; presente in 200 punti vendita distribuiti su 130 citt&agrave;. Niente male, per un brand &ldquo;sconosciuto&rdquo;. Voge &egrave; un brand nato di recente (2018) ma ha gi&agrave; diversi modelli a catalogo con differenti cilindrate: naked, adventure, scrambler e perfino un&rsquo;elettrica. La Valico 500 DS &egrave; una crossover di cilindrata medio/piccola dotata di un bicilindrico in linea (disponibile anche nella versione da 650 cm3 , con motore monocilindrico), che a un prezzo estremamente interessante propone un&rsquo;ottima qualit&agrave;. Un settore non certo di nicchia, dato che la moto pi&ugrave; venduta in Italia appartiene proprio a questa categoria. Presentata nel corso del 2020, oggi la Valico si concede a qualche piccolo miglioramento, cominciando proprio dal motore, che se da una parte si &egrave; messo in regola con l&rsquo;Euro 5, dall&rsquo;altra si presenta pi&ugrave; in forma che in passato, con un aumento di potenza massima di 4 CV (ora ci sono 47 CV a 8500 giri/min), pur rimanendo nei limiti della patente A2. &nbsp; Le caratteristiche della Valico   &Egrave; un bicilindrico parallelo frontemarcia, estremamente simile a quello che equipaggia la Honda CB500X (e in effetti, tutta la moto gli somiglia in maniera piuttosto sfacciata), quantomeno se guardiamo i numeri: distribuzione bialbero con raffreddamento a liquido, ha una cilindrata di 471 cm3 , con misure di alesaggio e corsa praticamente quadre (67 x 66,8 mm) e perni di manovella a 180&deg;. Numeri identici alla Honda, con la quale condivide anche la quota dell&rsquo;interasse, 1445 mm. Il telaio, invece, &egrave; tubolare in acciaio. A livello di equipaggiamento non manca davvero nulla, se parliamo di &ldquo;griffe&rdquo;: all&rsquo;avantreno ci sono due dischi di 298 mm &Oslash; e pinze assiali Nissin, l&rsquo;iniezione elettronica &egrave; Bosch, gli pneumatici di primo equipaggiamento sono Pirelli Angel GT (120/70 e 160/60) montati su cerchi da 17 pollici in lega; le sospensioni sono delle KYB con forcella a steli rovesciati da 41 mm ed escursione importante (156 mm) e monoammortizzatore regolabile nel precarico. Le leve di freno e frizione sono regolabili nella distanza, il plexiglass invece lo &egrave; nell&rsquo;altezza. I fari sono a LED, la strumentazione TFT a colori comprende l&rsquo;indicazione della temperatura esterna e della pressione degli pneumatici (una primizia per moto di questa categoria) e di serie &egrave; offerto anche il tris di valigie in alluminio con telaietto apposito e barre di protezione. Tutto per un peso di 193 kg a secco e 160 km/h di velocit&agrave; massima. E ora il pezzo forte: la Valico, per ora, &egrave; venduta a partire da 5890 euro. Volendo &egrave; disponibile anche in versione X, con cerchi a raggi, ruota anteriore di 19 pollici e gomme leggermente tassellate (Metzeler Tourance 110/80 - 150/70). Quando ci si approccia a moto come la Valico non si pu&ograve; non partire dal fattore prezzo. Perch&eacute; &egrave; proprio da questo punto, ovvero da quanto costa la moto, che nascono tutte le considerazioni del caso. Per quanto riguarda la posizione di guida, la sella (piuttosto bassa) &egrave; ben imbottita e la triangolazione sella-pedane-manubrio &egrave; un invito ad allungare ogni tragitto. &Egrave; un&rsquo;ergonomia studiata per offrire comfort e poco stress. Anche per il passeggero, che in effetti ha a disposizione una buona fetta di sella (ma le maniglie non sono cos&igrave; comode da afferrare). Le finiture sono curate al pari di una buona moto giapponese, che in un solo colpo distruggono tutti i pregiudizi sulle moto cinesi. Giusto un paio di dettagli convincono poco, come il pomello del plexiglass o qualche cavo a vista (per esempio sotto il carter dell&rsquo;albero motore). Ma come gi&agrave; detto, per il prezzo a cui &egrave; venduta ci pu&ograve; stare. &nbsp; Alla guida  La posizione di guida consente di assumere una postura naturale; il serbatoio ha una notevole capienza (16,5 litri) e la protezione aerodinamica &egrave; garantita dal plexiglass di serie, che per&ograve; genera qualche vortice sul casco. Il livello di comfort rimane elevato anche in autostrada. La Valico &egrave; stabile anche sui curvoni autostradali e la sella in pelle non provoca indolenzimenti. Peccato per qualche vibrazione di troppo, avvertibile soprattutto al manubrio a velocit&agrave; di crociera (120-130 km/h); nulla di drammatico. &Egrave; una moto facile ed equilibrata, che per&ograve; all&rsquo;occorrenza sa anche divertire. La sua semplicit&agrave; &egrave; evidente fin dalla prima curva. L&rsquo;avantreno &egrave; neutro e ben saldato a terra, anche se non cos&igrave; rapido a prendere la corda (e nonostante il cerchio anteriore di 17 pollici). Alle grandi staccate e alle pieghe improvvise predilige la guida fluida, &ldquo;pennellata&rdquo; in anticipo. Anche perch&eacute; il peso non &egrave; particolarmente contenuto e la frenata potrebbe avere pi&ugrave; mordente, soprattutto nella prima parte di corsa della leva. Le sospensioni sono morbide, con una taratura pensata per attutire gli avvallamenti, non per garantire il rigore assoluto. &Egrave; una moto pi&ugrave; rassicurante che sportiva ma &egrave; comunque piacevole da guidare, perch&eacute; richiede pochissimo sforzo. Il bicilindrico ha lo stesso carattere della ciclistica. L&rsquo;ordine di scoppio gli dona un&rsquo;erogazione pastosa, lineare, che alla cattiveria di motori pi&ugrave; pimpanti risponde con la regolarit&agrave;. Ai bassi e medi regimi, infatti, non ha molta forza: per farlo correre serve insistere con la marcia, pi&ugrave; di quanto ci si aspetterebbe da un bicilindrico. &Egrave; comandato da una frizione morbida e un cambio con innesti precisi. La Valico &egrave; una piccola turistica senza particolari punti deboli ma con molti pregi. Forse manca un pizzico di personalit&agrave;, specialmente al motore, ma torniamo al nocciolo della questione: per 5890 Euro (fino al 30 giugno), un carattere smussato non &egrave; un difetto. The&nbsp;Test: Yamaha MT-09, salto di qualit&agrave;       

L'offensiva cinese non accenna a fermarsi, anzi, ogni giorno &egrave; pi&ugrave; minacciosa. In prima linea, oggi, c'&egrave; la Valico: andiamo a scoprirla

The Test: Voge Valico 500 DS, il top Made in China

        Nella storia del nostro sport forse nessuna moto ha lasciato un segno paragonabile a quello marchiato dalla Gilera 500 quattro cilindri che domin&ograve; la sua classe per quasi tutti gli anni Cinquanta. Quattro in linea   Questa straordinaria realizzazione della Casa di Arcore ha mostrato una strada che viene tutt&rsquo;ora seguita e con eccellenti risultati (basti pensare alle moto che hanno conquistato gli ultimi due mondiali nella classe regina, la MotoGP). Dopo la sua comparsa, altri hanno via via seguito la stessa strada. Lo schema a quattro cilindri in linea trasversale si &egrave; infatti imposto anche sulle moto di serie sin dai primi anni Settanta. Dall&rsquo;inizio del XX secolo agli anni Venti diverse Case hanno costruito moto quadricilindriche con un&rsquo;architettura in linea longitudinale. L&rsquo;interasse era mostruoso e il raffreddamento dei cilindri posteriori pressoch&eacute; inesistente. L&rsquo;idea di mantenere una struttura in linea disponendo per&ograve; trasversalmente la bancata dei cilindri venne a due giovani che si erano da poco laureati a Roma, Carlo Gianini e Piero Remor. La loro prima moto, raffreddata ad aria e con distribuzione monoalbero, fu la GRB, costruita in un unico esemplare attorno alla met&agrave; degli anni Venti. In seguito gli stessi tecnici realizzarono, con schema analogo, la OPRA 500. Un notevole salto evolutivo si ebbe con la famosa CNA Rondine, bialbero sovralimentata e con raffreddamento ad acqua, progettata nei primi anni Trenta da Carlo Gianini e costruita, pare, in sei esemplari. Alcune vicissitudini portarono alla cessione dell&rsquo;azienda al gruppo Caproni che cedette la divisione moto alla Gilera nel 1936. Nacque cos&igrave; la 500 che conquist&ograve; il titolo europeo (nel 1939) pi&ugrave; svariati record di velocit&agrave;, tra cui spiccava l&rsquo;assoluto sul chilometro lanciato del 1937, con la moto condotta da Piero Taruffi. La Gilera quattro cilindri bialbero raffreddata ad aria che spopol&ograve; a lungo nei Gran Premi, imponendosi in ben sei campionati mondiali, venne progettata da Piero Remor all&rsquo;inizio del 1947 e debutt&ograve; in gara l&rsquo;anno successivo. Il suo punto di forza era il motore che, con un alesaggio di 52 mm e una corsa di 58 mm, disponeva di vari cavalli in pi&ugrave; rispetto alla concorrenza inglese, costituita dalla monocilindrica Norton e dalla bicilindrica AJS. Le due valvole di ogni cilindro erano inclinate tra loro di ben 100&deg;. &nbsp; Elevato rapporto di compressione   Questo angolo era stato scelto perch&eacute; consentiva di installare valvole molto grandi in relazione all&rsquo;alesaggio e permetteva all&rsquo;aria di raggiungere agevolmente la parte centrale della testa. Poich&eacute; il rapporto di compressione era elevato (cosa indispensabile per raggiungere alte potenze) le camere di combustione avevano per&ograve; una forma a scorza d&rsquo;arancia, dovuta alla forte bombatura dei pistoni. Le candele non si affacciavano direttamente nelle camere (tra i funghi valvola non c&rsquo;era spazio) ma comunicavano con esse attraverso piccole aperture. Questo rendeva necessario un anticipo di accensione di oltre 60&deg;. Le teste sperimentali con candele inclinate direttamente esposte ai gas richiedevano un anticipo di 5&ndash;10&deg; minore ma risultavano pi&ugrave; critiche in fatto di resistenza alla detonazione. Gli eccentrici dei due alberi a camme, azionati da una cascata di ingranaggi collocata centralmente, agivano su punterie a bicchiere di rilevante diametro, con grosse pastiglie calibrate per la regolazione del gioco. La testa, il blocco dei cilindri e la parte superiore del basamento erano costituiti da un&rsquo;unica fusione in una le ga di alluminio contenente il 3% di rame e minori quantit&agrave; di ferro, magnesio e nickel (Duralite). L&rsquo;adozione di questa soluzione tecnica diede per&ograve; notevoli problemi. Si trattava di un pezzo di notevole complessit&agrave; geometrica e i difetti di fusione erano tutt&rsquo;altro che rari. Proprio l&rsquo;insistenza del progettista nel voler impiegare questo schema &ldquo;monoblocco&rdquo; fu una delle cause di attrito con Giuseppe Gilera e uno dei motivi del passaggio di Remor alla MV Agusta, alla fine del 1949. &nbsp; L'evoluzione del motore   La profonda rivisitazione del motore, avvenuta nel 1950 a opera di Sandro Colombo e di Franco Passoni, port&ograve; alla adozione di cilindri singoli e di una testa amovibile, realizzata in due parti che si univano in corrispondenza del passaggio della cascata di ingranaggi di comando della distribuzione. Venne inoltre cambiato il materiale, passando a una lega di alluminio contenente il 10% di rame e l&rsquo;1,5% di nickel, appositamente sviluppata dall&rsquo;Istituto Sperimentale dei Metalli Leggeri, che dopo trattamento termico poteva raggiungere una durezza di oltre 140 punti Brinell. Ci&ograve; consentiva di eliminare le sedi riportate facendo lavorare le valvole direttamente sul materiale della testa. Di conseguenza si potevano adottare valvole leggermente pi&ugrave; grandi (e meglio raffreddate). Nel corso degli anni il diametro delle valvole &egrave; aumentato fino ad arrivare a 34 mm alla aspirazione e a 33 mm allo scarico. I cilindri, inizialmente dotati di canne in acciaio, passarono poi a quelle in ghisa. Nel 1954 arrivarono quelli con canna cromata forniti dalla tedesca KS, che produceva anche i pistoni. Inizialmente questi ultimi venivano realizzati internamente, mediante lavorazione meccanica, partendo dalla barra. Poi vennero impiegati i Borgo. Le bielle in acciaio da cementazione inizialmente avevano la testa munita di cappello e venivano montate su un albero a gomiti monolitico. Poi quest&rsquo;ultimo divenne composito e le bielle, che lavoravano su rullini ingabbiati, diventarono in un sol pezzo. L&rsquo;albero a gomiti poggiava su sei supporti con cappello amovibile, dotati di cuscinetti volventi (i due esterni erano a sfere e gli altri a rulli). La trasmissione primaria era costituita da due ingranaggi, dei quali il conduttore era ricavato di pezzo con un volantino dell&rsquo;albero a gomiti, e il cambio era del tipo con presa diretta (manicotto di uscita coassiale con l&rsquo;albero di entrata). Si aveva quindi una sola inversione del moto e l&rsquo;albero a gomiti ruotava perci&ograve; all&rsquo;indietro, in senso opposto a quello in cui giravano le ruote. Il basamento era costituito da una grossa fusione principale sopra la quale veniva fissato il semibasamento superiore, ridotto a una sorta di vero e proprio coperchio della camera di manovella, nel quale erano ricavati i supporti di banco e sul quale erano montati i cilindri. La lubrificazione era a carter umido, con pompa a ingranaggi immersa nella coppa. Inizialmente il motore erogava circa 48 cavalli, passati a 50 a 9000 giri/min nell&rsquo;anno in cui venne impiegata la nuova testa in due parti. Nel 1953 la potenza era di 60 CV a 10.250 giri/min e nella versione finale di 65 CV a 10.500 giri/min. La Gilera si ritir&ograve; dall&rsquo;attivit&agrave; agonistica al massimo livello nel 1957. Negli anni Sessanta la 500 scese ancora in pista in pi&ugrave; occasioni ma con risultati non paragonabili a quelli del decennio precedente. Ormai la Casa aveva perso entusiasmo, lo sviluppo era fermo da tempo e gli anni d&rsquo;oro erano passati&hellip; MotoGP: la sequenza del volo shock di Marc Marquez       

Progettata da Pietro Remor nel 1947, debutt&ograve; l'anno seguente, dominando il decennio successivo con ben sei titoli

Tecnica: Gilera 500, la Regina degli anni Cinquanta

Questo fine settimana, in Texas, verrà disputato il 500esimo Gran Premio della MotoGP. Nel giovedì di Austin piloti e Dorna hanno festeggiato questo importante traguardo

La MotoGP fa 500: grandi festeggiamenti ad Austin

Una carrellata delle migliori foto delle moto di Noale impegnate nel Motomondiale, dalla RSW-2 alla RS-GP22

Da Reggiani ad Aleix Espargarò: la storia di Aprilia dalla 500 alla MotoGP

Per la prima volta nella storia, i piloti italiani sono in cima alle classifiche di tutte le classi del motomondiale nello stesso giorno in cui la Ferrari svetta in F1. Nella storia del motorsport, solo in sei occasioni una Ferrari ed un pilota italiano (in top class) si sono laureati campioni del mondo nello stesso anno   

Ferrari e Motomondiale, l'Italia che vince nello stesso anno? I precedenti

Il 19 marzo del 2000 ha segnato l'esordio del Dottore nella classe 500. Il Gran Premio del Sudafrica fu vinto da Garry McCoy davanti a Carlos Ceca e Loris Capirossi. Rossi, ritirato in seguito a una caduta, fece segnare il giro più veloce. Ecco alcuni scatti della gara

Motomondiale: il debutto di Valentino Rossi in 500

Prima della discussa bandiera nera di Barcellona, il Corsaro stupì il mondo vincendo al debutto in 500 a Suzuka, successo bissato a Brno e festeggiato con un'impennata da brivido

Max Biaggi e il 1998, l'anno del grande rischio

Lawson impegnato nel Campionato AMA Superbike (1982)

L'americano più titolato di sempre, con quattro titoli mondiali vinti nella classe 500, compie oggi 63 anni. Rivediamo in questa gallery alcuni dei momenti più belli della sua carriera 

Eddie Lawson: 63 anni per l'americano quattro volte Mondiale

Asfalto rovente, balle di fieno a fungere da barriere di &quot;sicurezza&quot;, paddock pieni, pubblico in visibilio: in mezzo a tutto ci&ograve;, un fulmine a tinte rosse e un numero che si staglia e arriva per primo al traguardo: il 3. &Eacute; il 22 agosto 1993, e John Kocinski da Little Rock, Arkansas, ha appena vinto il GP di casa, trionfando a Laguna Seca davanti a Alex Barros e Luca Cadarola. Una Suzuki e una Yamaha lasciate dietro dalla Cagiva C593, protagonista di una giornata memorabile per tutti i tifosi italiani. Una moto che, dopo oltre 27 anni, verr&agrave; battuta all&#39;asta da Mecum Auctions.    Penultimo turno della stagione 1993, Kocinski vinse la gara qualche settimana prima della proclamazione di Kevin Schwantz (Suzuki) a campione del mondo, ma rappresent&ograve; tantissimo per il Marchio dei Castiglioni, una scuderia piccola rispetto alle superpotenze giapponesi che monopolizzarono la classifica costruttori finale. Per Cagiva arriv&ograve; comunque il 4&deg; posto finale in graduatoria.&nbsp;  LA C593 ORIGINALE IN VENDITA AL MIGLIOR OFFERENTE  L&#39;esemplare che andr&agrave; all&#39;asta &egrave; proprio la C593 originale portata al traguardo da Kocinski. Un 2T quattro cilindri da 180 cv a 12.700 giri la spingevano in pista, per un modello contenente anche alcune soluzioni tecniche interessanti come le espansioni in titanio e i silenziatori in carbonio che permisero anche di ridurre il peso (130 kg).  Il prezzo per un modello del genere? Facile ipotizzare si tratter&agrave; di cifre molto alte. Appuntamento all&#39;asta di Las Vegas dal prossimo 28 aprile al 1&deg; maggio 2021.  Foggy ricorda: &ldquo;Odiavo l&#39;avantreno di quella Honda NSR 500&rdquo;  &nbsp; 

La moto che corse il Motomondiale 1993 e vinse il GP degli Stati Uniti con &quot;Little John&quot; sar&agrave; battuta da Mecum Auctions a Las Vegas la prossima primavera&nbsp;

Cagiva, all&#39;asta la C593 del trionfo di Kocinski a Laguna Seca

La foto di copertina ritrae un pilota che, contestualmente, impenna cattivo e si cura guardingo le proprie spalle. La NSR numero 55 era guidata da Carl Fogarty che, per mezzo dei suoi profili social, ricorda l&#39;esperienza vissuta nella classe 500 con Honda, Casa giapponese impegnata con grande successo nella serie.  Successo che l&#39;inglese non riusc&igrave; ad ottenere. Nel Motomondiale, per lui si contano solo nove presenze, spalmate tra il 1986 - Gran Premio di Gran Bretagna a Silverstone, affrontato in 250 su Yamaha e concluso all&#39;undicesimo posto - ed il 1994, anno del primo titolo conseguito in SBK.    Rispolverando un po&#39; il passato &quot;The King&quot; si &egrave; soffermato sulla parentesi colorata di rosa shocking, proprio quella raffigurata nell&#39;immagine principale: &quot;Ero alla guida dell&#39;arma Honda NSR 500. Odiai davvero l&#39;anteriore di quella moto&nbsp; - il post di Foggy su Facebook - perch&eacute; non potevo essere veloce in curva come avrei voluto. Probabilmente, mi stavo guardando intorno per essere sicuro di non trovarmi nella traiettoria di Wayne Rainey&quot;.  Hai finito la benzina, piccola? Ahiahiahi...   Eppure, Donington 1993 prometteva pi&ugrave; che bene. Carl si schier&ograve; con la Cagiva, la fiammante e bellissima C593. Il Gran Premio era per lui quello di Casa, dato che l&#39;inglese conosceva la pista meglio delle proprie tasche. Per Fogarty, quella domenica 1 agosto avrebbe potuto signficare svolta di carriera, dato che in SBK non ancora non vestiva i panni del Re.  Gran gara, la sua. Il quinto tempo in griglia - ottenuto dietro a Schwantz, Cadalora, Doohan e Barros - valeva l&#39;inizio della seconda fila, all&#39;epoca costituita da quattro moto ciascuna. Sulla Rossa varesina, il numero 68 faceva derapare il posteriore, incendiando il pubblico locale.    Purtroppo, a poche decine di metri dal traguardo, la Cagiva inizi&ograve; a strattonare. La benzina stava finendo, costringendo il pilota a perdere velocit&agrave;, terreno ed una posizione. Dal terzo posto, valevole di podio, Carl si ritrov&ograve; quarto, beffato dallo scozzese Niall Mackenzie e la sua Yamaha ROC privata.  Destino (forse) gi&agrave; scritto   Il furibondo, capelluto e dallo sguardo spiritato Fogarty si tolse il casco, fulminando lo staff del team Agostini. Cadalora aveva vinto, Rainey era stato battuto dal compagno di squadra. Su quel podio avrebbe voluto esserci anche Carl, che intu&igrave; quanto e come la 500 non sarebbe stata scritta nelle sue future pagine.    Il disimpegno Cagiva, avvenuto a fine 1994, coincise - pi&ugrave; o meno - con gli investimenti compiuti da Castiglioni in SBK. La 916, quella s&igrave; che andava bene per Foggy. Il primo alloro fu centrato e l&#39;anno dopo segu&igrave; il bis. Il pazzo di Blackburn divent&ograve; il Re delle derivate di serie, con una seconda doppietta firmata 1998-1999. La 500 fu da lui dimenticata.  Yari Montella e Speed Up, una sfida 2021 nella Moto2 

Carl svela i dettagli di una apparizione nella mezzo litro a due tempi: &quot;Probabilmente, mi stavo guardando attorno per non trovarmi nella traiettoria di Wayne Rainey. Non riuscivo ad essere veloce in curva come avrei voluto&quot;

Foggy ricorda: &ldquo;Odiavo l&#39;avantreno di quella Honda NSR 500&rdquo;

La storia del Motomondiale, si sa, &egrave; piena di campioni del mondo. Tra questi, pochi sono quelli che nel corso degli anni hanno indossato il numero che identifica il campione, ovvero l&rsquo;1.  Negli ultimi anni con il marketing a farla da padrone, i campioni del mondo hanno preferito indossare il proprio numero di gara anzich&eacute; l&rsquo;1, spesso relegandolo ad un piccolo adesivo sulla moto (Marquez, Stoner) o sulla tuta (Rossi).&nbsp;  Se in MotoGP solo Hayden, Stoner (2 volte) e Lorenzo hanno indossato l&rsquo;1 sul cupolino della moto, la storia della 500 insegna che i vari Doohan, Rainey, Schwantz, Roberts, Spencer, Crivill&egrave;, Lawson e compagnia hanno avuto l&rsquo;onore di indossare il numero del campione del mondo con le relative fortune.&nbsp;  Mentre Joan Mir &egrave; indeciso se tenersi stretto il suo 36 o prendere coraggio ed indossare il numero 1 sulla sua Suzuki l&rsquo;anno prossimo, qui sotto trovate una sfilza di campioni che hanno portato con onore il numero di chi vince il mondiale.&nbsp;  Giacomo Agostini, 1967-1972 e 1976     Nella storia del Motomondiale classe 500 chi ha indossato il numero uno per pi&ugrave; anni consecutivamente, prima di tutti, &egrave; stato il grande Giacomo Agostini: dal 1967, dopo aver vinto il titolo l&rsquo;anno precedente, al 1972 con un ultimo titolo nel 1975 e numero 1 indossato nel 1976. Con il titolo del 1975, sono 8 gli allori in top class per &ldquo;Mino&rdquo; che sommati ai 7 in 350 fanno 15, record tutt&rsquo;ora imbattuto.  &nbsp;  &nbsp;  Kenny Roberts, 1979-1980     Se Barry Sheene nel suo regno da campione del mondo (1976-1977) ha utilizzato il suo numero 7, Kenny Roberts ha riportato in vita il numero 1 sul cupolino indossandolo dal 1979, dopo il titolo del 78, fino al 1980, anno del suo terzo titolo mondiale ed ultimo mondiale.  Marco Lucchinelli, 1982     Nel 1982 &egrave; Marco Lucchinelli ad apporre il numero 1 sulla sua Suzuki dopo aver strappato il titolo l&rsquo;anno precedente a Kenny Roberts dopo una gran battaglia per tutto l&rsquo;anno con Randy Mamola.  Franco Uncini, 1983   &nbsp;  Passaggio di consegne del numero 1 che resta per&ograve; in Italia. Al campione uscente Marco Lucchinelli subentra il connazionale Franco Uncini. L&rsquo;attuale membro della Commissione Sicurezza MotoGP sfoggia il suo numero 1 nel 1983, durando per&ograve; un solo anno.  &nbsp;  &nbsp;  Freddie Spencer, 1984  &nbsp;  A strappare il titolo a fine 83 dalle mani di Uncini ci pensa &ldquo;Fast&rdquo; Freddie Spencer. Freddie sfoggia il numero 1 nel 1984 ma non riesce a riconfermarsi campione a fine stagione. Nel 1985 invece fa qualcosa di irripetibile, vincendo il titolo sia in 250 che in 500, sfoggiando poi l&rsquo;1 da campione 500 nel 1986.  Eddie Lawson, 1985-1987-1989-1990   &nbsp;  Il titolo 1984 della 500 cambia mano ma resta in America. E&rsquo; Eddie Lawson a laurearsi campione del mondo e sfoggiare con eleganza il suo numero 1 nell&rsquo;anno seguente. Ma la cosa ha dell&rsquo;incredibile perch&eacute; sono proprio Lawson e Spencer a strapparsi il titolo a vicenda. Nell&rsquo;86 infatti &egrave; Lawson a rivincere il titolo e strapparlo dalle mani di Spencer, sfoggiando l&rsquo;1 nell&rsquo;87. Rivince il titolo nell&rsquo;88 strappandolo a Gardner e sfoggiando nuovamente l&rsquo;1 nell&rsquo;89 confermandosi campione. Sfoggia di nuovo l&rsquo;1 nel 90 ma perde il titolo da Rainey.  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  Wayne Rainey, 1991-1993   &nbsp;  A fine 1990 ci pensa Wayne Rainey a sfilare titolo e numero 1 dalle spalle del connazionale Eddie Lawson. Il regno di Rainey dura purtroppo fino alla gara di Misano del 93 quando per un incidente al curvone perde l&rsquo;uso delle gambe.&nbsp;  Kevin Schwantz, 1994   &nbsp;  L&rsquo;1 si rivede sul cupolino della Suzuki nel 1994 grazie al texano Kevin Schwantz, vincitore l&rsquo;anno prima del titolo &ldquo;grazie&rdquo; all&rsquo;incidente di Rainey. Kevin non riuscir&agrave; a confermarsi nel 94 per via dello strapotere di Doohan e nel 95 appender&agrave; il caso al chiodo per via di un infortunio al polso che gli impedisce di finire la stagione.  Mick Doohan, 1995-1999   &nbsp;  E&rsquo; l&rsquo;australiano Mick Doohan a monopolizzare la 500 con 5 titoli consecutivi dal 1994 al 1998 e sfoggiando l&rsquo;1 ininterrottamente dal 1995 al 1999, prima che un brutto infortunio capitatogli proprio nel 1999 gli impedisce di portare al termine la stagione. Per via di quell&rsquo;infortunio, il secondo della sua carriera, si ritirer&agrave; proprio nel 1999.  &nbsp;  &nbsp;  &nbsp;  Alex Crivill&egrave;, 2000   &nbsp;  Lo spagnolo &egrave; il secondo caso in 500 di pilota che vince &ldquo;grazie&rdquo; all&rsquo;infortunio del campione in carica. Alex strappa il titolo dalle mani del suo compagno di box Doohan approfittando dell&rsquo;infortunio di quest&rsquo;ultimo, sfoggiando poi l&rsquo;1 nella stagione successiva.&nbsp;  Kenny Roberts Jr, 2001   &nbsp;  Quella del 2000 &egrave; una stagione maledetta per il team Honda Repsol, surclassato dal team semi-ufficiale di Valentino Rossi e dalla Suzuki di Kenny Roberts Jr. A portarsi a casa il titolo &egrave; proprio quest&rsquo;ultimo che nel 2001 sfogger&agrave; il tanto ambito numero 1 per poi cederlo a Valentino Rossi, dominatore dell&rsquo;ultimo campionato della 500.  Nicky Hayden, 2007   &nbsp;  Dopo l&rsquo;epopea Rossi nei primi anni 2000 senza peraltro mai sfoggiare il numero 1 per una questione sia di marketing che di scaramanzia, a fine 2006 &egrave; Nicky Hayden a strappare il titolo dalle mani del Dottore dopo una accesa battaglia per tutta la stagione. Il compianto Nicky Hayden nel 2007 sfogger&agrave; il numero 1 ma sar&agrave; una stagione tutt&rsquo;altro che positiva per il team Repsol Honda nonostante i guizzi di Pedrosa.  Casey Stoner, 2008 e 2012   &nbsp;  L&rsquo;australiano &egrave; l&rsquo;unico pilota negli ultimi anni ad aver indossato per due volte il numero 1 di campione del mondo: nel 2008 e nel 2012. Casey vincitore dei titoli nel 2007 e nel 2011 dominando entrambe le stagioni, la prima con la Ducati e la seconda con la Honda RCV212. Le stagioni successive ai suoi titoli mondiali sono tutt&rsquo;altro che positive: nel 2008 chiude alle spalle di Rossi lasciandogli l&rsquo;1 mentre nel 2012 &egrave; costretto ad arrendersi a Lorenzo a causa di un brutto infortunio ad un piede.&nbsp;  MotoGP: &egrave; in vendita la Ducati GP8 di Stoner e Melandri  Jorge Lorenzo, 2011   &nbsp;  Last but not least in questa classifica &egrave; il maiorchino Jorge Lorenzo. A fine 2010 vince il suo primo titolo mondiale in MotoGP e nel 2011 si presenta al via con il numero 1 sul cupolino, ma non &egrave; il classico 1 quanto pi&ugrave; un 1 ricavando giocando con le lettere J ed L del suo nome.  MotoGP: le PAGELLE della stagione 2020 

L&rsquo;elenco dei campioni del mondo che hanno indossato il numero 1 l&rsquo;anno successivo alla conquista del titolo

Motomondiale: i numeri 1 della storia della Top Class

        Il gruppo Loncin strizza l'occhio agli amanti dell'Adventure con la Voge Valico 500 DS, il nuovo modello del marchio cinese caratterizzato da un peso contenuto e una ridotta altezza da terra - che lo rendono perfetto per l'uso quotidiano - e da valigie tourer di serie, sospensioni a lunga escursione e un serbatoio capiente, ideali per le gite fuoriporta. La Valico &egrave; gi&agrave; disponibile a listino in colore nero a 5.990 euro. Linea e strumentazione  Forme taglienti e luci a LED all'anteriore per la Valico 500 DS, che monta un brillante gruppo ottico a tubi luce dal design moderno, inserito tra convogliatori e serbatoio, e all'estremit&agrave; del codino. Un ulteriore tocco di stile &egrave; la verniciatura in nero dei coperchi laterali del carter motore, mentre il parabrezza &egrave; facilmente regolabile manualmente su due posizioni. Sul cruscotto digitale TFT a colori &egrave; possibile visualizzare contagiri, contachilometri, carburante e trip computer, per consumi e orologio.  Motore bicilindrico a iniezione elettronica da 43,5 CV  A spingere la Valico 500 DS, ci pensa un motore bicilindrico parallelo fronte-marcia con raffreddamento a liquido e distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro: leggero, dai bassi consumi, funziona con la iniezione elettronica Bosch, per una potenza di 43,5 CV a 8.500 giri/min e 40,5 Nm di coppia. La pompa olio assicura una perfetta lubrificazione e di conseguenza l'affidabilit&agrave; del motore, che ha dei carter progettati strutturalmente per ridurre le vibrazioni in maniera netta e quindi rendere la guida il pi&ugrave; confortevole possibile. Il serbatoio &egrave; di 17 litri, per un'autonomia che arriva a 500 km. Ciclistica  Prestazioni ottimali, aiutate dal peso a secco di 193 kg e dalla sella alta 860 mm da terra. Sulla Valico 500 DS la forcella telescopica Kayaba ha steli da 41 mm e garantisce una escursione di 156 mm. Il mono ammortizzatore, anch'esso targato Kayaba, &egrave; regolabile nel precarico molla e agisce sul telaio mediante un leveraggio progressivo per garantire comfort e stabilit&agrave;. Sui cerchi in lega leggera a 6 razze sdoppiate sono montate coperture Pirelli Angel GT nelle misure 120/70&shy;-17" e 160/60&shy;-17". I freni all'anteriore sono doppi e hanno un diametro di 298 mm, con un profilo wave, mentre al posteriore il disco &egrave; da 240 mm.&nbsp;       

Perfetta sia per l'uso quotidiano che per le gite fuoriporta: ecco l'Adventure secondo il gruppo Loncin

Valigie tourer di serie e forme taglienti: ecco la Voge Valico 500 DS

Ecco il nuovo modello del Marchio del Gruppo Loncin, leggero, con serbatoio capiente, 500 km d'autonomia, e tutti i dispositivi per gli amanti dell'Adventure. Comprese le grandi valigie di serie

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