        La tecnica delle moto da corsa si &egrave; evoluta fin dai primordi senza sosta. Genialit&agrave;, mire di mercato, guerre e cambiamenti di regole sono sempre stati gli stimoli al progresso, e la storia delle competizioni di Velocit&agrave; (ma anche di Motocross e di Trial) &egrave; un insieme di capitoli scritti da uomini e moto vincenti e indimenticabili. Chi vince &egrave; protagonista; chi non si batte per vincere, soprattutto possedendo il potenziale per farlo, scivola presto nell&rsquo;oblio. Polvere di Stelle: la dinastia Maffeis Motori pluricilindrici  Ma Polvere di Stelle ama portare alla luce proprio ci&ograve; che &egrave; stato dimenticato, e naturalmente la ricerca &egrave; indirizzata a motociclette speciali, in questo caso bolidi progettati e costruiti per i confronti internazionali di Velocit&agrave;, ma, per motivi diversi, mai scesi in pista, oppure semplicemente collaudati in vista di un debutto mai effettuato. Per sviluppare questo argomento ho scelto di limitarmi alle moto con motori pluricilindrici &ndash; da tre a otto &ndash; cio&egrave; appartenenti a quella tendenza tecnica impostasi nel mondo delle corse nella seconda met&agrave; degli anni Trenta del secolo scorso ed esasperata dopo la nascita del Mondiale nel 1949. Come sempre, c&rsquo;&egrave; una cronologia da rispettare in queste indagini, ma questa volta non &egrave; difficile stabilire un inizio, perch&eacute; tre furono le motivazioni che portarono gli ingegneri, specialmente quelli delle industrie italiane pi&ugrave; impegnate agonisticamente in ambito internazionale, a scegliere il frazionamento spinto dei motori. La prima fu l&rsquo;ammissione che la competitivit&agrave; raggiunta dai monocilindrici inglesi rendeva molto difficile e impegnativo batterli adottando lo stesso schema. La seconda fu la constatazione che la Gilera 500 quattro cilindri &ndash; nata Rondine &ndash; grazie agli oltre 30 CV in pi&ugrave; del suo motore aveva raggiunto una netta superiorit&agrave; sui monocilindrici inglesi, pur essendo pi&ugrave; pesante e meno maneggevole e stabile. La terza fu la scelta &ndash; negligentemente o presuntuosamente ignorata dalla maggior parte dei tecnici del Regno Unito &ndash; della sovralimentazione che, abbinata ai motori plurifrazionati, permise di ottenere potenze per allora stratosferiche. In Inghilterra soltanto la AJS tent&ograve;, fin dal 1935, la strada del quattro cilindri. Per la precisione un V4 bialbero sovralimentato e raffreddato a liquido, realizzato in diverse versioni fino al 1939 e portato anche in corsa al TT e al GP Ulster prima di essere pensionato per lo scoppio della guerra. &nbsp; Bianchi  La Bianchi partecipava ufficialmente dal 1930 alle corse della classe 500 con la monocilindrica verticale bialbero progettata da Mario Baldi, lo stesso che nel 1924 aveva firmato la portentosa 350 &ldquo;Freccia Celeste&rdquo;, la moto dei campionissimi Tazio Nuvolari, Luigi Arcangeli, Amilcare Moretti e Achille Varzi. La Bianchi 500 era in quel momento la pi&ugrave; veloce monocilindrica italiana da mezzo litro ed era competitiva anche con le moto inglesi di identica concezione, ma l&rsquo;ingegner Baldi era consapevole che contro le Gilera e BMW a pi&ugrave; cilindri e sovralimentate non c&rsquo;era nulla da fare, l&rsquo;unica soluzione era dotarsi di un motore tecnicamente al passo con i tempi. Il progetto fu varato nella seconda met&agrave; del 1937: i dettagli furono noti soltanto l&rsquo;anno dopo e il prototipo vide la luce nel 1939, quando fu esposto al Salone della Moto di Milano. Alloggiato in un classico telaio monoculla sdoppiato inferiormente, con sospensioni su entrambe le ruote e moderni freni a tamburo centrale di 220 mm di diametro, il motore mostrava quattro cilindri in linea trasversale perfettamente verticali, e in questo differiva dalla Gilera, la cui bancata era fortemente inclinata in avanti, pur essendo invece identiche le misure di alesaggio e corsa: 52x58 mm. La distribuzione bialbero comandata da alberino a coppie coniche ricalcava lo schema gi&agrave; collaudato da Baldi sulle monocilindriche 350 e 500 e il raffreddamento &ndash; rimarcando un&rsquo;altra differenza rispetto alla Gilera &ndash; era ad aria. La lubrificazione era a carter secco con ampio serbatoio sul lato sinistro. Sovralimentato con un compressore volumetrico a palette (ne furono predisposti cinque diversi con pressioni di alimentazione da 0,4 a 0,7 bar) il motore, secondo indicazioni reperite su documenti originali, poteva erogare 72 CV a 8000 giri. Il cambio era in blocco a quattro rapporti con frizione a dischi multipli in bagno d&rsquo;olio e trasmissione primaria a ingranaggi e finale a catena. La Bianchi 500 quattro cilindri venne collaudata da Alberto Ascari, futuro campione del Mondo di Formula 1, nel luglio del 1939 sull&rsquo;autostrada Milano-Torino. Nonostante l&rsquo;apparente soddisfazione della Casa e del suo progettista, la moto non venne mai schierata in corsa. La si vide in pubblico per l&rsquo;ultima volta al Salone della Moto del 1940, poi usc&igrave; di scena. L&rsquo;unico esemplare esistente &egrave; oggi conservato nel museo privato di Mario Righini nel Castello di Panzano a Castelfranco Emilia. &nbsp; Benelli   Nel 1939 la Benelli vinse con l&rsquo;inglese Ted Mellors la classe 250 al Tourist Trophy lasciandosi alle spalle, con un distacco di quattro minuti, Ewald Kluge, pilota ufficiale DKW. La sua monocilindrica bialbero aspirata erogava 27 CV e al TT in prova aveva stabilito un fantastico record sul giro, migliore anche di quello delle 350. La Casa pesarese disponeva di una 250 estremamente competitiva, ma di fronte ai continui incrementi di potenza esibiti dalle Moto Guzzi sovralimentate, punt&ograve; su un ulteriore sviluppo, dapprima applicando anch&rsquo;essa un compressore alla monocilindrica, quindi &ldquo;saltando il fosso&rdquo; realizzando una rivoluzionaria quattro cilindri bialbero sovralimentata. La bancata era disposta in linea trasversale, leggermente inclinata in avanti e raffreddata ad acqua. Con alesaggio e corsa di 42x45 mm, l&rsquo;accensione a magnete e un compressore Cozette azionato da ingranaggi collegati alla trasmissione primaria, il motore erogava l&rsquo;impressionante potenza di 52 CV a 10.000 giri. Tanta innovazione non trovava riscontro nel telaio che praticamente era lo stesso della 250 &ldquo;mono&rdquo; adattato per ospitare il propulsore di maggiore ingombro. Due interessanti episodi di cui fu protagonista questa moto emersero in una conferenza tenuta nel 1995 dall&rsquo;AISA (Associazione Italiana per la Storia dell&rsquo;Automobile). Il relatore, Augusto Farneti, uno dei massimi esperti dell&rsquo;evoluzione del motociclismo in Italia, purtroppo scomparso nel 2014, raccont&ograve; che il collaudatore della Benelli-4, Salvatore Baronciani, una volta cadde, disarcionato in accelerazione dal bolide, ma un&rsquo;altra stabil&igrave; sulla strada Pesaro-Fano il primato non ufficiale di velocit&agrave; per una 250, a oltre 230 km/h. La guerra pose fine ai collaudi e alla vita della rivoluzionaria moto pesarese. Il prototipo per&ograve; si &egrave; salvato e per anni &egrave; stato il pezzo pi&ugrave; pregiato del favoloso museo Morbidelli. continua Polvere di Stelle: tra Monza e Arcore, ecco il Festival Gilera       

Il trend dei motori pluricilindrici venne dettato anche dalla Bianchi, con la 500 collaudata da Alberto Ascari, e dalla Benelli, con modelli che tuttavia furono meteore

Polvere di Stelle: la storia delle intuizioni all'italiana

        Il mitico tedesco, che non troppo tempo fa era stato colpito da due ictus, &egrave; deceduto nella giornata di oggi. Moller &egrave; stato uno dei tecnici pi&ugrave; iconici e abili del motore a 2 tempi, tanto da essere uno dei protagonisti del panorama delle competizioni motoristiche dagli anni 70' in poi. Il tecnico tedesco impression&ograve; sin dai primi anni di carriera, quando, lavorando per Kreidler contribu&igrave; in modo sostanziale alla moto da 50cc, 18,5 Cv a 17.000 giri. Le abilit&agrave; mostrate con la casa tedesca convinsero Giancarlo Morbidelli, che nel 1974 gli affid&ograve; il vertice del Reparto Corse, con il quale disput&ograve; il Motomondiale vincendo il titolo iridato, nel 1975, con Paolo Pileri in sella, al termine di una stagione che frutt&ograve; 7 vittorie su 10 GP. L'anno successivo arriv&ograve; un altro iride, con Pier Paolo Bianchi, mentre nel 1977 fu protagonista di altri 2 successi, con Mario Lega in 250 e di nuovo con Bianchi in 125. Successivamente, dal 1978 al 1981, Moller pass&ograve; alla Minarelli con la quale vinse altri 2 titoli, con Angel Nieto. La collaborazione con Malossi fino agli ultimi giorni di vita  Oltre al prestigioso palmares, Moller ha lasciato in eredit&agrave; un modo di lavorare che tutt'ora caratterizza il mondo delle corse; la sua attitudine alla leadership all'interno del box contribu&igrave; a creare un nuovo modo di concepire il rapporto tra tecnici, con ruoli distinti e con una sola persona al comando. La meticolosit&agrave; all'approccio lavorativo contagiava le persone al suo fianco, che sapevano che il lavoro non sarebbe terminato fino a quando l&rsquo;ingegnere non approvava il tutto con un gessetto bianco sul muro con scritto: &ldquo;Ok&rdquo;. L'etica del lavoro si vide anche nel rapporto con i piloti, da quelli gi&agrave; citati come Pier Paolo Bianchi e Paolo Pileri fino a Giacomo Agostini, Dieter Braun e Graziano Rossi, corridori che hanno lavorato con Moller e che da lui sono stati influenzati nel modo di approcciare alle corse. Proprio il tre volte campione del mondo, Pier Paolo Bianchi ha ricordato l'amico con il quale ha condiviso tante vittorie: "C'&egrave; stato sempre un grande rapporto di amicizia tra noi. Port&ograve; un nuovo approcci&ograve; tecnico, apportando migliorie in ogni area della progettazione e realizzazione dei motori. Problemi come i grippaggi o gli alberi motore spezzati sparirono con lui". L'omaggio dell'ex pilota italiano rilasciato a InMoto fa eco a quello di Fabio Canetoli,&nbsp;tecnico di Malossi, l'azienda italiana con la quale Moller ha lavorato dal 1994 sino agli ultimi giorni e con la quale ha realizzato tre record sul lago salato di Bonneville: "Si era creato un bel rapporto di amicizia e stima, la sua scomparsa &egrave; stata un duro colpo. Era uno che lavorava anche 12 ore al giorno, ma lo faceva con allegria.&nbsp;Amava scherzare, perch&egrave; era un vero appassionato e gli piaceva ci&ograve; che faceva.&nbsp;Un modo di fare che lo aiutava molto a superare i momenti difficili, soprattutto negli ultimi tempi. Ci ha lasciati dunque un pezzo di storia delle ruote, un maestro della tecnica, noto per la sua professionalit&agrave; ma anche e soprattutto per la genialit&agrave; delle sue intuizioni, come ad esempio il "cilindro a 7 travasi", soluzione tecnica che Malossi utilizza ancora.  GP Indonesia, ecco gli orari TV di Sky e TV8       

Il tedesco, che vinse con Minarelli e Morbidelli, viveva a Pesaro e da tempo soffriva di salute. &Egrave; venuto a mancare uno tra i pi&ugrave; grandi tecnici dei motori a 2 tempi

Jorg Moller è morto, ci lascia il maestro dei tecnici

        Spesso capita, nel motociclismo come in tutti gli altri sport, che a lottare per un titolo siano due piloti di generazioni differenti. E se a vincere &egrave; il pi&ugrave; giovane, diventa immediato pensare al passaggio di consegne. Ed &egrave; quanto effettivamente accadde a Misano nel 1985, quando nella 125 la lotta per il Mondiale fu una questione tra il trentatreenne Pier Paolo Bianchi e il ventiquattrenne Fausto Gresini. Il veterano contro il giovane. Il riminese contro l&rsquo;imolese. Un tre volte campione del Mondo contro un pilota soltanto alla terza stagione del Mondiale, anche se gi&agrave; nel 1984 aveva mostrato grandi qualit&agrave;. A renderli rivali, in qualche modo, contribu&igrave; il Team Italia, nato proprio quell&rsquo;anno, che decise di puntare sul futuro &ndash; diventando il serbatoio per i talenti emergenti che in tre stagioni consecutive domin&ograve; la 125 con Gresini e Luca Cadalora &ndash; lasciando che il campione gi&agrave; affermato si trovasse una sistemazione da s&eacute;. I tre successi di Fausto Gresini a Misano Bianchi, l'impresa sfiorata  Ed &egrave; quello che Bianchi fece, arrangiandosi e riuscendo a mettere insieme un team, l&rsquo;Elit (a cui il pilota contribu&igrave; anche economicamente) con il patron Luigi Ghisimberti, trovandosi cos&igrave; alla guida di una MBA. Lo stesso Bianchi racconta con amarezza: &ldquo;Quell&rsquo;anno sembrava non dovessi correre. Nacque il Team Italia e fecero di tutto per escludermi, tentando anche di portarmi via il posto nell&rsquo;Elit. Fortunatamente il titolare credette in me e allora partimmo". Non fu l&rsquo;inizio pi&ugrave; semplice, quindi: "Moralmente non era il massimo e la Garelli con cui correva Gresini era pi&ugrave; veloce. Noi avevamo la nostra piccola moto e la voglia di vincere e lottammo per tutto il campionato&rdquo;. Invece di guidare una Garelli come Gresini e Gianola, il romagnolo rest&ograve; sulla MBA, moto che conosceva meglio. Quel giorno, per&ograve;, fu il destino a mettersi di traverso e a decidere le sorti di quel duello. Bianchi stava disputando la sua gara senza problemi, lottando per quella seconda posizione che gli avrebbe garantito il quarto titolo iridato, dopo quelli ottenuti nel 1976, 1977 e 1980 sempre in 125. Invece, a pochi giri dalla fine, il colpo di scena: &ldquo;La moto si ferm&ograve; e non ripart&igrave; pi&ugrave; &ndash; ricorda Bianchi &ndash; non era mai successo nel corso di tutta la stagione e capit&ograve; in quella situazione. Si vede che non dovevo vincere, che doveva finire cos&igrave;&rdquo;.  Nonostante la cocente delusione, che a distanza di 35 anni non &egrave; ancora passata (&ldquo;Mi dispiace pi&ugrave; oggi che quel giorno&rdquo;) per Bianchi quello &egrave; un anno da ricordare: &ldquo;&Egrave; stato uno dei pi&ugrave; belli, con tutte le disavventure, per com&rsquo;era partito, senza la fiducia di alcuni. Avrei dovuto smettere, poi mi sono arrangiato e sono arrivato a giocarmi il titolo. Ne avevo gi&agrave; vinti tre, ma quando ho perso quel Mondiale, gli altri non esistevano pi&ugrave;. &Egrave; stato un bel ricordo, sebbene sia uno dei pi&ugrave; brutti. Avevo fatto un anno alla pari del Team Italia&rdquo;. Il rammarico di Bianchi &egrave; legato anche a ipotesi circolate successivamente: &ldquo;C&rsquo;era chi sosteneva che qualcuno ricevette soldi perch&eacute; mi si rompesse la moto, chi diceva che avevo preso dei soldi io, 100 milioni di Lire, pur di fermarmi e lasciar vincere gli altri. Non &egrave; cos&igrave;&rdquo;. L'incoronazione di Gresini  Per un pilota che raccolse una delusione, ce ne fu un altro che festeggi&ograve; e Gresini vincendo la corsa divent&ograve; campione del Mondo della 125: &ldquo;Ero molto felice. &Egrave; un po&rsquo; come quando hai un sogno quasi irrealizzabile, quasi non ci credi pi&ugrave; e invece si avvera. &Egrave; una cosa a cui non credi. Era come avere il mondo in mano, vivere su un altro pianeta, una roba incredibile. Vincere a Misano un titolo, poi, ha un sapore speciale&rdquo;. Ripensando a quel weekend, ci raccont&ograve;: &ldquo;Era l&rsquo;ultima gara, avevamo addosso lo stress di tutto un anno intenso, impegnativo, veramente difficile. Non potevo sbagliare, ma ero molto sicuro, determinato e sereno da quel punto di vista. La pista mi &egrave; sempre piaciuta, ero sempre andato forte a Misano&rdquo;. Inoltre raggiunse un traguardo notevole anche per il Team Italia: &ldquo;Era molto importante, per loro significava aver fatto una scelta giusta nel progetto sui giovani". E sul rivale, invece, racconta: "Bianchi era blasonato, io ero pi&ugrave; giovane. Volevo diventare campione del Mondo e lui lo era gi&agrave;, lo rispettavo molto. Era un pilota veloce, un attaccante, uno che non mollava mai come tutti i campioni, che sapeva esattamente cosa voleva. Capace di combattere fino all&rsquo;ultimo. &Egrave; stato un avversario molto leale, batterlo non era scontato&rdquo;. Una rivalit&agrave; che diede vita a un duello del quale, 35 anni dopo, si continua a parlare. Duelli da leggenda: Ekerold contro Mang al N&uuml;rburgring       

Il giovane Gresini strapp&ograve; al veterano Bianchi il titolo di specialista italiano delle piccole cilindrate. Ma il finale di Misano, con la rottura della MBA del riminese, ha lasciato strascichi: "Quel mondiale perso ha offuscato anche i tre che avevo vinto" dice oggi il romagnolo

Duelli da leggenda: il duello Bianchi-Gresini datato 1985

Chi vuole vincere un Mondiale lo ha ben chiaro: la pista di casa non esiste. E nella testa del pilota non deve esistere nemmeno la pista pi&ugrave; o meno favorevole. L&rsquo;opinione &egrave; autorevole: Pier Paolo Bianchi &egrave; tre volte campione del Mondo della 125 e abita a una quindicina di chilometri dal circuito di Misano, ha girato su quella pista fin da quando &egrave; stata aperta e vi ha vinto tre volte quando ancora si correva in senso opposto. Ma che per lui l&igrave; le cose fossero pi&ugrave; facili che altrove, non lo ha pensato mai. &ldquo;Per me la costruzione del circuito &egrave; stata una manna dal cielo perch&eacute; non dovevo pi&ugrave; allontanarmi tanto per andare a girare &ndash; spiega &ndash; ci vivevo dentro e lo conoscevo come le mie tasche. Per&ograve; non correvo contro degli sprovveduti, erano piloti bravi come e pi&ugrave; di me, e quando lotti per un Mondiale devi andare forte in tutti i posti. I rivali non conoscevano la pista come me, ma dopo poco andavano forte lo stesso; d&rsquo;altronde quando si andava a correre in Spagna mica partivo perdente perch&eacute; non ero spagnolo!&rdquo;.    Graziano Rossi: &ldquo;Il ritiro di Valentino? Come lasciare la donna che ami&rdquo;  Le tre vittorie ottenute a Misano   &Egrave; altrettanto vero, per&ograve;, che i tre successi ottenuti da Bianchi sul circuito di casa sono stati tutti particolarmente significativi. Curiosamente uno soltanto in quella che era la sua cilindrata preferita, la 125. Avvenne nel 1980, l&rsquo;appuntamento italiano del Mondiale si chiamava ancora GP Nazioni e quell&rsquo;anno, cancellata per neve la prima prova prevista a Salisburgo, apr&igrave; il campionato. Il super favorito era Angel Nieto, campione mondiale in carica in sella all&rsquo;imbattibile Minarelli, ma fu vittima di un inconveniente grottesco: per un difetto, l&rsquo;imbottitura del casco gli scendeva davanti agli occhi e arriv&ograve; soltanto quinto. La gara non ebbe storia, Bianchi in sella alla MBA ufficiale domin&ograve;, vincendo con 20 secondi di vantaggio. Fu di buon auspicio, perch&eacute; quell&rsquo;anno conquist&ograve; il suo terzo titolo mondiale.    Sul circuito di Misano si disput&ograve; anche la prima prova in assoluto del neonato Mondiale della classe 80 cm&sup3;, che aveva appena sostituito la 50. Correva l&rsquo;anno 1984 e fu il secondo successo iridato di Bianchi sul circuito a due passi da casa. &ldquo;La mia cilindrata &egrave; sempre stata la 125, fin dal 1974, ma per quel 1984 non avevo una moto e quando l&rsquo;ingegnere J&ouml;rg M&ouml;ller mi chiam&ograve; alla Huvo-Casal andai volentieri. Per me era un&rsquo;avventura tornare dopo una decina d&rsquo;anni a correre con una cilindrata cos&igrave; piccola, sicuramente pi&ugrave; impegnativa e pi&ugrave; difficile della 125. Tanto pi&ugrave; che andavo contro gli specialisti di quella categoria: D&ouml;rflinger, Abold, Martinez. Guidavano le Krauser e le Derbi che gi&agrave; nella 50 lottavano per vincere, mentre la mia era una moto nuova. Per&ograve; l&rsquo;aveva fatta M&ouml;ller con i meccanici ex Van Veen, la squadra che aveva gestito la Kreidler ufficiale; quindi era una buona base, l&rsquo;incognita era piuttosto il pilota. Invece vincemmo alla prima gara! Fu una bella sorpresa per tutti. La settimana dopo, in Spagna, vincemmo un&rsquo;altra volta e cominciamo a illuderci anche per il campionato, ma il titolo and&ograve; a D&ouml;rflinger che guidava la Zundapp. Io finii al terzo posto, che comunque fu un gran bel risultato&rdquo;.  La terza vittoria iridata arriv&ograve; nel 1986, sempre nella classe 80, alla penultima prova del campionato. Anche questa volta fu fonte di illusioni. &ldquo;Non avrei pi&ugrave; voluto fare la minima cilindrata, ma in 125 correvo con la MBA del Team Elit e montavamo cilindri e marmitte costruiti da J&ouml;rg Seel; ce li faceva pagare meno a patto che io corressi con la sua 80 cm&sup3;. Quella di Misano fu una grande vittoria, andai fortissimo io e and&ograve; fortissimo la moto. Dato che il Mondiale stava per passare alle 125 monocilindriche, Seel ne fece una partendo dalla sua 80: stessa moto ma con le gomme pi&ugrave; larghe e 125 di cilindrata, aveva parecchi cavalli in pi&ugrave;. Forse ci montammo la testa, avevamo gi&agrave; fatto i nostri programmi: &lsquo;Se la 80 va cos&igrave;, quando c&rsquo;&egrave; la 125 facciamo il Mondiale con Seel&rsquo;. Avevamo previsto tutto. Invece quando la provai a Rijeka e anche su altre piste i tempi non c&rsquo;erano, la 125 andava pi&ugrave; piano della 80. Forse era nata male. In conclusione, venne abbandonato tutto&rdquo;.  Il Mondiale perso   Difficile dire quale sia stata la gara pi&ugrave; significativa per Bianchi. Ma conviene risparmiare la fatica: nessuna delle tre. &ldquo;L&rsquo;avvenimento che pi&ugrave; mi ricordo di Misano &egrave; quello dell&rsquo;85, quando ho perso quello che sarebbe stato il mio quarto titolo mondiale&quot;.&nbsp;    &quot;Era gi&agrave; vinto, il fatto che diventassi campione era quasi scontato ed era tutto pronto per la festa. Invece a tre giri dalla fine la mia moto si ferm&ograve; e vinse il titolo Gresini. Ero stato in testa alla classifica per quasi tutto il campionato. Non si era mai fermata, prima! I Mondiali sono di chi li vince ma quella volta lo buttammo via noi. E fummo anche sfortunati perch&eacute; di solito quando grippi riesci a riaccendere il motore e qualche giro lo puoi fare, la moto va pi&ugrave; piano ma finisci la gara. Invece si blocc&ograve; e non si mosse pi&ugrave;. Quel titolo era il mio ma non dovevo vincerlo. &Egrave; il ricordo pi&ugrave; brutto che ho di Misano, tanto che mi d&agrave; ancora pi&ugrave; fastidio parlarne adesso di quanto non me ne desse il giorno che persi il Mondiale. Allora la presi&hellip; bene: &lsquo;&Egrave; andata cos&igrave;, chiuso&rsquo;. Ma a ripensarci adesso&hellip;&rdquo;.  MotoGP, Melandri: &ldquo;Rossi potr&agrave; correre pi&ugrave; rilassato dopo questo annuncio&rdquo; 

Il romagnolo, tre volte iridato, puntualizza: &quot;Per chi insegue il Mondiale, non esiste la pista preferita, serve andare forte ovunque. A Misano ho vinto tre volte, ma il ricordo pi&ugrave; forte &egrave; legato al 1985, con il titolo 125 che mi sfugg&igrave; all&rsquo;ultima gara per un guasto...&quot;

Pier Paolo Bianchi: &ldquo;Misano, casa mia, ma non troppo&rdquo;

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare della Cagiva e della sua incredibile epopea in 500 tra gli anni &rsquo;80 e &rsquo;90. La Rossa varesina che, spinta dalla passione dei fratelli Claudio e Gianfranco Castiglioni, arriv&ograve; dopo anni di grandi illusioni e cocenti delusioni a sfidare ad armi pari le giapponesi nel loro terreno di caccia preferito: il Mondiale 500.  Ma quanti conoscono la breve, ma pittoresca, storia della Cagiva in 125? Per quei pochi che ancora non ne hanno mai sentito parlare, nel 1988 nel Reparto Corse di Schiranna venne alla luce una 125 GP che era copia in scala della C588, la 4 cilindri portata in pista da Randy Mamola in top class.  Il sogno di Milani e Mascheroni     Non solo per il tipico colore rosso delle GP varesine, ma anche per le linee della carena oltre che per il motore che sfruttava la parte termica della sorella maggiore.  Una moto voluta da Ezio Mascheroni e Gilberto Milani, rispettivamente motorista e telaista in forze per la Squadra Corse dell&rsquo;Elefantino. Motore monocilindrico, telaio e forcellone in estruso di alluminio la Cagiva 125 scese in pista nel Motomondiale nel 1988 gestita dal Team Elit e con in sella il tre volte Campione del Mondo Per Paolo Bianchi, pilota ormai fine carriera ma ancora molto veloce e che con la sua grande esperienza poteva dare un contributo preziosissimo allo sviluppo della nuova nata in quel di Varese.  La moto ebbe vita breve e travagliata soprattutto per problemi di messa a punto della ciclistica: solo tre piazzamenti in campionato, ma con un incoraggiante quarto posto nel GP della Nazioni ad Imola infilandosi tra le Honda di Hans Spaan (5&deg;) ed Ezio Gianola sul podio staccato di poco meno di otto decimi.  Una prestazione che rimase isolata, seguita da due ritiri ed un nono posto in Olanda ad Assen, ed un dodicesimo in Belgio sul tracciato di Spa-Francorchamps.  &ldquo;Gettatela nel lago!&rdquo;     Quella piccola Cagiva, ancora all&rsquo;inizio del suo sviluppo, poteva probabilmente giocarsi le sue carte nelle stagioni successive.&nbsp;A raccontarne il triste addio al mondo dei GP &egrave; lo stesso Carlo Pernat, al periodo Direttore Sportivo della squadra di Schiranna: &ldquo;Ci chiam&ograve; Gianfranco Castiglioni (che insieme al fratello Claudio guidava la Cagiva,nda), e senza troppi giri di parole ci ordin&ograve; di gettarla nel Lago di Varese&rdquo;.  &ldquo;All&rsquo;inizio non volevo crederci - racconta ridendo il manager genovese -&nbsp; pensavo ad uno scherzo. Invece era maledettamente serio. Io provai a fargli cambiare idea, anche attraverso il fratello Claudio, ma non ci fu verso. Nonostante un pilota sotto contratto&hellip; Niente, fu irremovibile: la Cagiva fa solo la 500 - disse - e senza sponsor sulla carena&rdquo;.  &quot;Purtroppo and&ograve; cos&igrave;, e fu un peccato perch&eacute; la moto aveva del potenziale nonostante qualche difficolt&agrave; di messa a punto della ciclistica, ancora acerba e bisognosa di sviluppo&rdquo;.&nbsp;  Triste epilogo per una piccola scintilla rossa che per&ograve;, in qualche modo, torn&ograve; in vita. Voci (pi&ugrave; che attendibili) narrano che di notte, per non correre il rischio di essere scoperti, i due tecnici, Mascheroni e Milani, ripescarono la moto dal lago. Moto che oggi fa la gioia di qualche collezionista&nbsp;in Inghilterra. Una nota per i pi&ugrave; appassionati: Gilberto Milani, raffinato telaista, segu&igrave; poi lo sviluppo in gara di un&#39;altra 125 Cagiva, decisamente pi&ugrave; fortunata con la storia. La 125 Mito, nel Campionato SP. Chiss&agrave;, magari una parte dello spirito battagliero di quella 125 GP si &egrave; poi preso una sua piccola rivincita... 

Dalle officine di Schiranna nel 1988 usc&igrave; una ottavo di litro che era la copia in scala della C588. In pista con Pier Paolo Bianchi sfior&ograve; il podio ad Imola prima del triste epilogo&nbsp;

Cagiva 125 GP: la piccola Rossa finita in fondo al lago

A cavallo tra gli Anni &rsquo;70 e gli &lsquo;80 a tenere alto il tricolore nel Mondiale c&rsquo;era Pier Paolo Bianchi, vincitore di ben tre titoli in 125, i primi due dominati con la Morbidelli, l&rsquo;ultimo con la grande rivincita sulla MBA. Una trentina d&rsquo;anni fa il riminese ha appeso il casco al chiodo e oggi, 68 anni, commenta i passi da gigante fatti dal mondo del motociclismo e lo fa da pilota di quegli anni, ovvero senza peli sulla lingua.  Quanto &egrave; cambiato il mestiere del pilota?  &quot;Moltissimo rispetto ai miei tempi: per come sono arrivati a gareggiare, per come vivono lo svolgimento di una gara o un risultato. Una volta, il pilota che non otteneva un risultato lo vedevi pi&ugrave; arrabbiato, ora invece li vedi seduti e quando vengono inquadrati da una telecamera fanno segno con la mano &#39;Andr&agrave; meglio la prossima&#39;&quot;.    Dovizioso tutto o niente: sostituto di Marquez per l&#39;intera stagione  Quali sono gli italiani che pi&ugrave; ti emozionano?  &quot;Non li conosco personalmente, cito Enea Bastianini perch&eacute; chi vince ha sempre ragione, non si discute. Poi c&rsquo;&egrave; Franco Morbidelli che &egrave; bravissimo in MotoGP, come lui anche Pecco Bagnaia e Danilo Petrucci&quot;.  In quale pilota ti rivedi?  &quot;Difficile da dire, perch&eacute; io ero gi&agrave; molto diverso anche dai piloti del mio tempo. Ero chiuso, riservato, correvo soltanto per il risultato. Non vedevo l&rsquo;ora di correre e di concretizzare. Prendevo tutto anche troppo sul serio. Da come me l&rsquo;hanno descritto, forse Casey Stoner era un po&rsquo; come me&quot;.  Com&rsquo;&egrave; cambiata negli anni l&rsquo;immagine del pilota?  &quot;Ora sono tutti professionisti. C&rsquo;&egrave; un giro diverso nel fare i contratti, si fanno con largo anticipo ed &egrave; un aspetto che non condivido. Una volta il motociclismo era uno sport ancora sano, ora viene tutto manovrato. &Egrave; un giro chiuso. I nuovi piloti non hanno l&rsquo;occasione di farsi vedere. Se non sono sotto l&rsquo;occhio di qualcuno che li porta l&igrave;, invecchiano senza aver provato a correre&quot;.    Cosa manca oggi ai piloti e cos&rsquo;hanno di troppo?  &quot;In generale penso non abbiano sentito il valore dei sacrifici, per loro li ha fatti la famiglia. Non hanno vissuto la fatica di arrivare l&igrave;. Tanti giovani corrono, ma passano gli anni pagando&quot;.   &quot;Cos&rsquo;hanno di troppo &egrave; che una volta che entri in quel cerchio, al 99% non esci pi&ugrave;. Vieni manovrato e spostato. Ci sono piloti ormai nella stessa classe da sette-otto anni, che hanno girato molti team, non vincono ma non spariscono&quot;.  La Moto3 non insegna a correre in modo troppo garibaldino?  &quot;Questa &egrave; una cosa che non mi piace. I piloti si sorpassano, si toccano, si stringono e non viene detto nulla. Per qualunque cavolata che fai dalle altre parti, che magari non porta un miglioramento, si viene penalizzati soltanto perch&eacute; si tocca un po&rsquo; l&rsquo;asfalto verde. Sono d&rsquo;accordo sulla sicurezza, ma al di l&agrave; del cordolo lascerei l&rsquo;erba o la ghiaia.&nbsp;Con l&rsquo;erba non si scherza, se sbagli vai fuori&quot;.  MotoGP, Jarvis: &quot;Morbidelli pilota ufficiale? Sono contento delle scelte Yamaha&quot;  Come valuti il lavoro dello Steward Panel?  &quot;Dovrebbero penalizzare tutti alla stessa maniera. Pensiamo a quando Valentino Rossi ad Assen tagli&ograve; la chicane nel 2015 e gli lasciarono la vittoria, due anni dopo in Moto2 Mattia Pasini ha fatto la stessa cosa e l&rsquo;hanno retrocesso. Queste cose lasciano il segno. Ci vorrebbero poche regole e chiare, ora ce ne sono troppe e facoltative&quot;.  Oggi c&rsquo;&egrave; una forte esposizione mediatica, cosa comporta per i piloti?  &quot;Una volta un vincente poteva anche dimostrarsi incompetente quando faceva due chiacchiere con un giornalista, ora invece vincenti o meno sono tutti pronti a far fronte a qualunque situazione. Diventa un aspetto automatico, non si possono tirare indietro&quot;.    Com&rsquo;&egrave; cambiato il rapporto tra pilota e tifoso?  &quot;Sicuramente va tutto a vantaggio dei piloti, d&agrave; una carica in pi&ugrave; sapere che c&rsquo;&egrave; tanta gente che ti segue. A volte per&ograve; &egrave; l&rsquo;opposto, magari pensi di aver raggiunto un certo livello e invece non sei ancora arrivato. Adesso anche il pilota che non ha mai vinto niente ha la sua popolarit&agrave;, invece ai miei tempi le persone che erano nelle retrovie mica si conoscevano&quot;.  La preparazione fisica dei piloti oggi &egrave; varia e completa, pensi sia necessario anche il Motocross con i rischi che comporta?  &quot;Ai miei tempi c&rsquo;era anche chi lavorava, quindi magari non c&rsquo;era la possibilit&agrave;. Adesso &egrave; tutto pi&ugrave; preciso e studiato, con gli allenamenti in palestra e il Motocross. Girare in moto &egrave; importantissimo. Ricordo che d&rsquo;inverno, se non pioveva, passavo le giornate a Misano in moto, macinavo chilometri per non perdere l&rsquo;abitudine a guidare. Mi organizzavo da solo&quot;.  Futuro Suzuki: Pablo Nieto candidato a sostituire Brivio  Cosa pensi del paddock odierno?  &quot;Ora il 70% delle persone che sono l&igrave; sono coloro che mantengono il Circus, sono i proprietari che vanno a godere di quello che spendono, con famiglie e tante altre persone. Soltanto il 30% rappresenta i veri interessati. Una volta entravano proprio i veri amanti delle moto&quot;.  Cosa pensi delle MotoGP da un punto di vista tecnico, con tanta elettronica, il traction control e l&rsquo;aerodinamica?  &quot;I piloti d&rsquo;oggi hanno tantissimo aiuto, anche se devono essere bravi lo stesso. Toglierei qualcosa, ma se togliessero davvero tutto Valentino potrebbe continuare a correre e vincerebbe ancora un Mondiale. &Egrave; l&rsquo;unico che ha corso e vinto anche quando non c&rsquo;era tutta questa elettronica. Li fregherebbe tutti&quot;.    Qual &egrave; un aspetto che andrebbe migliorato in tutto il motociclismo?  &quot;Mi piacerebbe vedere un po&rsquo; di quei piloti sconosciuti come una volta, che arrivano e vanno fortissimo. A lungo andare la stessa roba stanca&quot;.  In Moto2 domina la Kalex e tutte le moto hanno lo stesso motore Triumph. Sei favorevole a questa uniformit&agrave;?  &quot;&Egrave; quasi un monomarca ma un Mondiale &egrave; la massima espressione del motociclismo, quindi sono contrario. Ci dev&rsquo;essere pi&ugrave; libert&agrave; rimanendo sempre nelle regole e nei limiti stabiliti. Non riesco a capire quei piloti che passano da primi a ultimi, o Thomas L&uuml;thi, un pilota fortissimo, che non l&rsquo;abbiamo visto per niente&quot;.  Quale pilota vedi oggi come il pi&ugrave; simile a uno dei tuoi tempi come stile di guida e comportamenti?  &quot;Zarco. Se n&rsquo;&egrave; andato dalla KTM mollando un bell&rsquo;ingaggio, per tornare a correre come voleva lui. E poi &egrave; uno che d&agrave; tutto. Quest&rsquo;anno mi &egrave; piaciuto moltissimo Joan Mir, ha vinto poco, ma ha fatto gare belle. Oltretutto quando rimontava da dietro, non perdeva giri per superare i migliori, al massimo due curve e poi attaccava. &Egrave; stato bravo e infatti ha vinto il Mondiale, se l&rsquo;&egrave; meritato&quot;.  MotoGP: (solo) un mondiale per Ducati in 18 anni. Come mai? 

Il tre volte campione del mondo nella classe minore ha paragonato i suoi tempi a quelli attuali, sottolineando le diversit&agrave; e commentando anche l&rsquo;aspetto tecnico dei giorni d&rsquo;oggi

MotoGP, Pierpaolo Bianchi: &ldquo;Zarco un pilota simile ai miei tempi&rdquo;

Rebecca Bianchi &egrave; giovane, brillante, simpatica e... attenta! Essere seguiti in uno dei corsi Reb&egrave;l The Riding School, direttamente da lei, &egrave; una esperienza rivelatasi istruttiva ed utile. Ogni nozione viene spiegata con senso di causa e passione, per uno staff composto da tecnici federali.  Rebecca, &quot;pilotessa&quot; abile e grintosa, rappresenta un movimento femminile a due ruote in costante crescita, nel quale la spagnola Ana Carraso &egrave; la prima punta mondiale: &quot;Ana ha dimostrato che con una moto ufficiale, inserita in un team all&#39;altezza, pu&ograve; vincere le gare - la Bianchi spiega il valore della collega iridata - a parit&agrave; di moto ha battuto il compagno di squadra e tutti gli altri uomini iscritti alla Supersport 300&quot;  Ci sono differenze tra i maschi e le femmine. nella guida di una moto al limite? Secondo Rebecca, s&igrave;: &quot;La donna ragiona molto di pi&ugrave;, l&#39;uomo &egrave; istintivo. Comunque, a parit&agrave; di condizioni, i valori tra i due sessi sono equivalenti, perch&eacute; nel motociclismo conta molto pure il team&quot;.  Guardate qui l&#39;intervista completa!    Il Gran Premio di Moto3 ha visto la vittoria di Arenas, ma a divertire &egrave; stato Arbolino 

Rebecca &egrave; pilota, istruttrice ed influencer: &quot;Con una moto ufficiale, la spagnola ha battuto i rivali, meritando il successo. La donna in sella ragiona molto pi&ugrave; di un uomo&quot;

Rebecca Bianchi: &ldquo;Ana Carrasco dimostra il valore femminile&rdquo;

Brutta notizia che arriva dal torinese. In uno scontro tra auto e moto avvenuto attorno alle 16 di oggi (mercoled&igrave; 11 marzo,ndr) ha perso la vita l&#39;ex pilota di 125 e STK1000, Stefano Bianco.  Dalla ricostruzione dell&#39;accaduto un autocarro avrebbe svoltato a sinistra senza dare la precedenza al motociclista che invece viaggiava sulla sua Honda CBR 600 in direzione opposta. Nel tentativo di evitare il furgone, la Honda del pilota nato a Chivasso, ha impattato frontalmente contro un&#39;auto che arrivava dietro allo stesso furgone. Scontro violento, frontale, e per Bianco non c&#39;&egrave; stato nulla da fare.  L&#39;esordio in 125 a 15 anni   Stefano Bianco, era nato a Chivasso, nel Torinese il 27 ottobre 1985,&nbsp;ed &egrave; stato per due anni il pi&ugrave; giovane pilota a disputare a una gara del motomondiale: aveva 15 anni&nbsp;e 2 giorni quando scese in pista a Phillip Island, in Australia, nel 2000&nbsp;correndo nella classe 125 al posto dell&#39;infortunato Mirko Giansanti.    &nbsp;  Due anni dopo il suo primato and&ograve; poi a Jorge Lorenzo, in pista nel giorno del suo quindicesimo compleanno. Bianco ha corso, oltre che con Aprilia in 125 anche con la squadra Gilera. E&#39; rimasto nel motomondiale fino al 2008 dispuntando in totale circa 50 gare. Ha corso anche in 250, in sella ad una Aprilia RSV.&nbsp;Nel 2004 disputa tre prove dell&#39;europeo Superstock con una Suzuki GSX-R 1000 del team MNR Racing  La redazione di Motosprint si stringe attorno alla famiglia di Stefano. 

Uno scontro tra auto e moto avvenuto poco prima delle 16 nel torinese &egrave; risulatato fatale all&#39;ex pilota di Motomodiale e SBK. Ha corso con Aprilia, Gilera e Suzuki&nbsp;

Morto in un incidente Stefano Bianco, ex pilota 125 e SBK

Ecco alcuni degli scatti pi&ugrave; belli della carriera di&nbsp;Stefano Bianco, che ha visto il pilota torinese impegnato nel Motomondiale&nbsp;e in Superstock 1000

La carriera di Stefano Bianco - FOTO

Ana Carrasco a Maria Herrera hanno dimostrato che se messe nelle stesse condizioni degli uomini possono dire la loro”, spiega la Bianchi nella nostra intervista esclusiva

Rebecca Bianchi: ‘La donna può correre alla pari con gli uomini’

&ldquo;Dovevo fare tutto il campionato femminile in Spagna, ho corso la prima gara, prima volta a Barcellona e prima volta con un tipo di gomma nuova e ho fatto il secondo posto, nonostante un qualche problema tecnico&rdquo;, ha detto Rebecca Bianchi. &quot;Poi ho dovuto saltare la seconda tappa e visto che erano solo quattro gare in tutto ho deciso di non continuare a fare questo campionato. Ho fatto l&rsquo;ultima gara di Coppa Italia a Misano, nonostante un problema tecnico, ho finito nella top 15 su 41 partecipanti.  &quot;Gi&agrave; da diversi anni si stanno distinguendo le ragazze nei campionati femminili, da Ana Carrasco a Maria Herrera. La donna ha dimostrato che pu&ograve; correre alla pari con gli uomini se messa su una moto ufficiale, esattamente come capita agli uomini&hellip;  Rebecca Bianchi ci ha annunciato anche il suo progetto di scuola femminile.  Non perderti l&rsquo;intervista integrale, guarda il video qui sotto!    &nbsp; 

&quot;Ana Carrasco a Maria Herrera hanno dimostrato che se messe nelle stesse condizioni degli uomini possono dire la loro&rdquo;, spiega la Bianchi nella nostra intervista esclusiva

Rebecca Bianchi: &lsquo;La donna pu&ograve; correre alla pari con gli uomini&rsquo;

        "Ho chiuso con le moto per sempre, far&ograve; l'allenatore", conferma Max Biaggi, a poco pi&ugrave; di un mese dall'incidente, avvenuto il 9 giugno. La gravit&agrave; l'avevamo intuita dai 18 giorni di ricovero nel reparto di rianimazione e poi quando lo abbiamo visto uscire dall'ospedale, dimagrito e affaticato, nel camminare e nel parlare. &ldquo;Dopo l'incidente mi sono risvegliato in ospedale: avevo un dolore  terribile in tutto il corpo", ha spiegato Max Biaggi in un'intervista rilasciata al settimanale 'Chi'. "Ho sentito la voce del professor Giuseppe  Cardillo dirmi: &lsquo;Biaggi sar&ograve; sincero: lei ha il venti per cento di  possibilit&agrave; di sopravvivere. La operiamo immediatamente&rsquo;.  In quel  momento mi &egrave; apparsa una luce: mi sono rivisto da piccolino, con mia  madre Olga. Avevo un cappottino verde. Poi con mio padre Pietro e la  prima moto. Poi il primo calcio a un pallone. Poi&hellip; poi ho voluto fermare  questo "viaggio" perch&eacute; sentivo che mi stavo allontanando dalla vita.  Mi sono detto: non deve finire&rdquo;.  Le dichiarazioni sul pericolo di vita ci sorprendono, perch&eacute; i primi bollettini medici escludevano proprio che Max corresse questo pericolo: si parlava infatti di paziente che non aveva mai perso conoscenza, con fratture multiple alle costole e trauma toracico. Della gravit&agrave; della situazione non erano mai trapelate notizie. UN FIGLIO CON BIANCA - Dall'iincidente Biaggi si sta ancora riprendendo grazie al  sostegno della sua compagna, la cantante Bianca Atzei. &ldquo;Alla mia  compagna devo molto", dichiara il pilota romano. "&Egrave; stata sveglia anche  quindici ore filate per accudirmi. Le parole non bastano, servono i  gesti: non credo nelle nozze, ma voglio fare un figlio con lei. Anzi,  magari due.  "La vita mi ha concesso una seconda possibilit&agrave; e io devo  fare tutto il possibile per gratificarla&rdquo;, conclude Biaggi.&nbsp; L'incidente ha messo un punto  fermo anche al futuro di Max Biaggi, che ha 46 anni ha deciso di appendere definitivamente il casco al chiodo.       

"Dopo l'incidente avevo il 20% di possibilit&agrave; di sopravvivere", spiega Biaggi. "La vita mi ha concesso una seconda possibilit&agrave;. Adesso voglio un figlio con Bianca"

Max Biaggi: "Basta con le moto..."

        Ve lo avevamo detto, che Max Biaggi sta vivendo un momento particolarmente felice grazie al rapporto idilliaco con la compagna Bianca Atzei (leggi qui). Oggi dal suo profilo Twitter Max Biaggi ha postato un ringraziamento a Bianca, intitolato "Riflessioni dopo la tempesta" dal quale traspare chiaramente proprio questo stato di serenit&agrave; e di intesa. "Raramente nel nostro cammino si incontrano anime gemelle o pseudo-angeli", scrive Max Biaggi. "Beh, io l'ho trovato e mi ha fatto sentire tutta la sua positivit&agrave;, amore, e ogni volta che mi stringeva la mano quando ero in fin di vita o mi  accennava un sorriso io come un bambino adolescente mi illuminavo di  immenso.  "E' una sensazione complicata per me da descrivere, ma &egrave; stata la miglior cura che potessi mai avere. Questo angelo si chiama Bianca, la mia Bianca capace di sorprendermi con la sua caparbiet&agrave; e devozione verso l'uomo che ama.  "Perch&eacute; vi dico questo? Perch&eacute; quando un dramma si trasforma in un regalo divino diventa importante esternare amore verso chi ti ha dato tutta te stessa per farti sentire vivo quando in realt&agrave; lo eri poco.  "Ti amo piccola mia", conclude Biaggi. Un Biaggi cos&igrave; non lo avevamo mai visto. E ci sentiamo di poter affermare che con il suo incontro con Bianca Atzei il Corsaro ha vinto il suo mondiale pi&ugrave; bello: ora non ha neanche pi&ugrave; paura di esternare i suoi sentimenti e si apre persino con il pubblico. Chiss&agrave;, forse se ci fosse stata Bianca quando lui ancora correva, e se ci fossero stati i social, molti si sarebbero accorti che Max il cuore tenero lo ha sempre avuto. E forse come tanti "granchietti" (&egrave; nato sotto il segno zodiacale del cancro), aveva soltanto indossato un'enorme corazza.  &nbsp;       

"E' stata la miglior cura che potessi mai avere. Questo angelo si chiama Bianca, capace di sorprendermi con la sua caparbiet&agrave; e devozione verso l'uomo che ama", dichiara Biaggi

Max Biaggi e le sue "Riflessioni dopo la tempesta"

Max Biaggi di nuovo sella&hellip; al 67&deg; Festival di Sanremo 2017. L&#39;ex campione del mondo della 250 GP e della SBK &egrave; appare nel video della canzone &ldquo;Ora esisti solo tu&rdquo; che Bianca Atzei ha cantato al Festival della canzone italiana, sul palco del teatro Ariston.    UNA MOTO GUZZI SPECIALE -&nbsp;Dato il legame che c&#39;&egrave; tra la Piaggio e Biaggi, nel video non poteva non comparire una Moto Guzzi, il brand pi&ugrave; &ldquo;stiloso&rdquo; del Gruppo. Max, alla fine del video fa salire Bianca Atzei su una Silver Knight, che non &egrave; una moto di serie ma la special su base Moto Guzzi V9 realizzata da OMT Garage. 

L&#39;ex iridato del Motomondiale e della SBK appare nel video della canzone &quot;Ora esisti solo tu&quot;, che Bianca Atzei ha cantato al Festival di Sanremo 2017.

Biaggi in sella a una Moto Guzzi per Bianca Atzei

La Dakar 2016 si &egrave; conclusa con un punteggio da assegnare per Honda. Ora i dati raccolti verranno analizzati e c'&egrave; un anno di tempo per prepararsi alla prossima missione, e tornare a puntare ai vertici della classifica nel 2017. Insomma, il team torna a mani vuote ma pi&ugrave; determinato che mai a cogliere gli onori al prossimo round.  L'edizione del 2016 &egrave; stata particolarmente dura per la squadra, che ha visto uscire di scena dei principali piloti - Joan Barreda&nbsp; prima del giorno di riposo e un altro - Paulo Goncalves - dopo che aveva guidato la classifica generale per tre giorni consecutivi. Il miglior risultato &egrave; arrivato dal californiano 24 enne Ricky Brabec, che si &egrave; rivelato una grande promessa al debutto e che ha concluso nono assoluto, con un secondo posto nella nona speciale.  Paolo Ceci ha giocato un ruolo importante per la squadra, andando ad aiutare Paulo Goncalves e Joan Barreda in occasioni diverse, quando si sono trovati in difficolt&agrave;. Paulo ha conquistato due vittorie di tappa, mentre Joan aveva vinto il prologo e avrebbe vinto anche le prime due speciali se non fosse stato per le penalit&agrave; in cui &egrave; incorso per eccesso di velocit&agrave;.  "Le aspettative del Team HRC per questa Dakar 2016 erano molto pi&ugrave; alte di quello che siamo riusciti ad ottenere", ha commentato Martino Bianchi, General Manager del Team HRC. "Purtroppo una serie di problemi ha fatto s&igrave; che non riuscissimo ad ottenere i risultati sperti, particolarmente per via dell'uscita prematura di due dei nostri principali protagonisti: Joan Barreda e Paulo Goncalves, con quest'ultimo leader della gara per diverso tempo prima del giorno di riposo. Anche Barreda &egrave; stato sempre nella mischia con i primi, come previsto del resto.  "Molte cose dovranno essere analizzate: il motivo per questo mancato successo e i problemi tecnici che abbiamo avuto. C'&egrave; ancora molto lavoro da fare. D'altra parte i giovanissimi hanno lavorato molto bene. Il team HRC e Honda South America Rally Team hanno voluto entrambi portare delle giovani promesse alla Dakar, che saranno sicuramente piloti di successo nel futuro e questo successo lo abbiamo vsito perch&eacute; il primo rookie di questa edizione &egrave; un pilota Honda, Kevin Benavides, del Team Honda South America. Ha dimostrato di essere veramente forte ed &egrave; stato anche fortemente supportato dai fans locali in Argentina.  "Anche i rookies Ricky Brabec e Adrien Metge hanno fatto un gran lavoro. Dopo tutto il team ha lavorato molto bene e abbiamo avuto due settimane veramente dure, soprattutto per il team, non tanto per i piloti perch&eacute; quest'anno il percorso non era eccezionalmente difficile, specialmente durante la prima settimana. La squadra, del resto, ha dovuto lavorare in condizioni molto difficili. Le condizioni meteo sono state estreme a causa dell'unidit&agrave;, del caldo e del freddo nell'ultima settimana. Purtroppo, lavorare cos&igrave; duramente e soffrire tanto per non portare a casa i risultati sperati lascia l'amaro in bocca. Siamo pronti a raccogliere la sfida per il futuro e torneremo pi&ugrave; forti e vittoriosi la prossima volta", ha concluso Martino Bianchi.  Fiammetta La Guidara  Nella foto in evidenza Kevin Benavides.

"Le aspettative del Team HRC per questa Dakar 2016 erano molto pi&ugrave; alte di quello che siamo riusciti ad ottenere", spiega Martino Bianchi di Honda

Dakar incompiuta per Honda

E' cos&igrave; che "cinguetta" il sei volte campione del mondo sul suo profilo Twitter: "Non arrendersi mai perch&eacute; proprio quando credi che tutto sia finito, tutto ha inizio". Il romano accompagna il tweet con una foto che lo ritrae in atteggiamento confidenziale con la cantante Bianca Atzei (e che vedete in apertura).  Biaggi conclude il suo post con un'ancora, che richiama quella tatuata sul braccio sinistro della giovane cantante di origini sarde ma nata a Milano ventotto anni fa.  A fine settembre Max aveva gi&agrave; twittato "Con Ele ci sono stati momenti molto difficili, abbiamo provato a recuperare ma alla lunga non &egrave; stato possibile", riferendosi chiaramente a Eleonora Pedron.  E poi, quasi un mese fa, aveva scritto ancora: "In realt&agrave; non stiamo insieme da molto tempo. Rimane la madre dei miei bambini, sono sereno nel dirvi che lei &egrave; felice come lo sono io".  E la foto postata con Bianca Atzei lo conferma.  Fiammetta La Guidara  &nbsp;

"Perch&eacute; proprio quando credi che tutto sia finito, tutto ha inizio", dice Max Biaggi, che annuncia la sua love-story con la cantante Bianca Atzei

Biaggi: "Mai arrendersi"

Alessia Polita &egrave; tornata. In tutti i sensi del termine: &egrave; tornata nel paddock, &egrave; tornata a sorridere, &egrave; tornata a parlare di moto, &egrave; tornata a guardare avanti. Con un'altra prospettiva, certo, ma l'importante &egrave; che il pensiero sia proiettato al futuro.  Il "miracolo" che Alessia invocava si &egrave; compiuto senza che lei stessa se ne sia resa conto. No, non si &egrave; (ancora) alzata da quella dannata sedia a rotelle, sulla quale &egrave; relegata dopo l'incidente del 15 giugno di due anni fa, proprio qui a Misano. Il miracolo non &egrave; cos&igrave; evidente ma &egrave; ben pi&ugrave; profondo: Alessia ha superato il momento psicologicamente pi&ugrave; brutto della sua vita e chi la conosceva prima ora la pu&ograve; ritrovare, identica.  L'abbiamo incontrata a Misano, in occasione del Campionato Italiano di Velocit&agrave;. Ci siamo seduti ad un tavolino del caff&egrave; nel mezzo del paddock davanti ad una piadina ben farcita. Tempo cinque minuti e la luce che sprizza dagli occhi di Alessia ti fa dimenticare la sua condizione. Semplicemente non ci pensi che stai parlando con una persona che ha perso l'uso delle gambe. Ti rendi soltanto conto di essere davanti ad una ragazza che ha grinta da vendere, che ha sempre combattuto per inseguire i suoi sogni e che ora riparte per una nuova sfida: tornare a vivere, in sedia a rotelle.  Alessia &egrave; qui perch&eacute; il fratello Alessandro &egrave; impegnato nella classe regina del CIV, la Superbike. Ma l'occasione &egrave; ottima per una "full immersion" in quello che &egrave; sempre stato il suo mondo.  &laquo;Ho vissuto malissimo questi primi due anni&raquo;, spiega Alessia. &laquo;Ero nell'attesa incessante di un qualche ritrovato che mi rimettesse in piedi... Un'ansia continua... un incubo. Invece adesso ho capito che da qui non mi alzer&ograve; pi&ugrave;. Se pure dovessero scoprire qualcosa che ripara questo tipo di lesioni, penso che servir&agrave; a chi si &egrave; appena infortunato... non per noi che siamo gi&agrave; cos&igrave; da anni... &raquo;  Quindi adesso l'obiettivo &egrave; riorganizzarsi la vita.  &laquo;La voglia di tornare in moto &egrave; tanta... quando entro in un box me ne rendo conto pi&ugrave; che mai... &raquo;, spiega Alessia. &laquo;Potrei provare a risalire in sella, ma non sarebbe la stessa cosa di prima... Per&ograve; mi piacerebbe fare qualcosa per portare avanti il motociclismo al femminile: un team, o una scuola, per esempio!"  Il motociclismo "in rosa" &egrave; un argomento che sta particolarmente a cuore ad Alessia Polita, che si "scalda" nel parlarne.  &laquo;Abbiamo fatto tanto per dimostrare che noi ragazze sappiamo dare il gas...&raquo; spiega la jesina. &laquo;Io ma anche pilote come Paola Cazzola, Letizia Marchetti e diverse altre... ci siamo divertite a fare il campionato femminile ma anche a misurarci con i maschi. E abbiamo fatto vedere che siamo capaci di andare veloci. Adesso per&ograve; il motociclismo al femminile &egrave; in declino, non ci sono pi&ugrave; rappresentanti "vere", ma sembra che siamo tornati ai primordi: ci sono ragazze che pensano solo a mettersi rimmel e rossetto e quando indossano la tuta arrivano dietro alla safety car... magari trovano una squadra perch&eacute; fanno audience, ma &egrave; un tipo di pubblicit&agrave; che a noi motocicliste non serve&raquo;.    Ci sono donne pilote forti oggi?  "S&igrave;, ma non riescono a mettersi in luce per mancanza di sponsor", risponde Alessia. "C'&egrave; Letizia Marchetti, per esempio, che ha pure vinto un campionato maschile, ma evidentemente non sbatte gli occhioni agli sponsor... e poi un'altra molto forte &egrave; Rebecca Bianchi, che quest'anno &egrave; addirittura a piedi. Ecco, se ci fosse una squadra che avesse voglia di investire su una giovane donna pilota davvero forte, io mi sento di raccomandare Rebecca Bianchi". Che vi dicevamo? Una donna pilota non perde mai la sua grinta: semmai pu&ograve; avere qualche momento di sbandamento, ma poi ritorna, pi&ugrave; agguerrita di sempre. Bentornata Alessia! Fiammetta La Guidara

Intervista esclusiva ad Alessia Polita. "Ho capito che da qui non mi alzer&ograve; pi&ugrave;", dice la jesina. "Vorrei fare un team, o una scuola, per le donne-pilota!"

Bentornata Alessia Polita!

Manca poco alla partenza della Dakar 2015 e fare quattro chiacchiere con chi ci &egrave; stato o sta per partire &egrave; una ghiotta occasione. Ad organizzare una bella serata ha pensato Ciapa La Moto, con un appuntamento a Milano, nei locali di Motosplash,&nbsp; mercoled&igrave; 3 dicembre.  Sono previsti ospiti d'eccezione: Martino Bianchi, general manager HRC Rally, un team che parte per vincere e, direttamente dalla concorrenza ci sar&agrave; il pilota ufficiale del Team Yamaha Factory Racing Yamalube, l'inossidabile bergamasco Alessandro Botturi.&nbsp; Inoltre saranno presenti Luca Viglio, che ha vissuto le&nbsp; Dakar 2013 e 2014 e Giuseppe Macchion che vi ha partecipato nel 2004, una delle&nbsp; pi&ugrave; dure e lunghe Parigi - Dakar di tutti i tempi. Moderatore d'eccellenza Alberto Porta di Sportmediaset. L'appuntatamento &egrave; da Ciapa La Moto, in Via Gardone 22, a Milano. Parcheggio moto gratuito. (E' necessario essere iscritti all&rsquo;associazione, chi non lo fosse gi&agrave; potr&agrave; provvedere in loco al costo di &euro; 5,00 per la tessera annuale oppure con una tessera giornaliera da &euro; 2,00).

Mercoled&igrave; 3 dicembre a Milano appuntamento con Martino Bianchi, Alessandro Botturi e tanti ospiti per parlare della estenuante maratona in offroad

I racconti sulla Dakar

Si corre in Giappone poco dopo l&rsquo;incidente accaduto nel corso della gara di Formula 1 a Suzuka. E i piloti non sono rimasti indifferenti a questa tragedia.  Soprattutto Valentino Rossi, che ha conosciuto personalmente il francese.  &ldquo;Jules Bianchi l&rsquo;ho conosciuto quando correvo con la Ducati, durante la settimana promozionale che si organizzava a Madonna di Campiglio. Abbiamo fatto insieme una garetta con le Panda. &Egrave; un ragazzo simpaticissimno pieno di talento. Ha avuto molta sfortuna, ma ci sono anche delle responsabilit&agrave;. Non &egrave; possibile che in una via di fuga ci sia un trattore. Se un trattore entra dove una monoposto pu&ograve; uscire bisogna fermare la gara. In quei casi &egrave; necessario avere la safety car in pista&rdquo;.  Marc Marquez: &ldquo;&Egrave; sempre difficile gareggiare dopo aver assistito a queste cose. Ho visto la gara e poi il video dell&rsquo;incidente. Quando succedono queste cose tutti noi pensiamo ai rischi che corriamo. Noi non possiamo fare altro che sperare il meglio per lui e la sua famiglia&rdquo;.  Jorge Lorenzo: &ldquo;Non ho seguito bene la gara, ma soprattutto per le moto e con il bagnato Suzuka pu&ograve; essere un circuito pericoloso&rdquo;.  

La scorsa settimana in Giappone il grave incidente del pilota F1

Rossi: Bianchi, sfortuna ma anche responsabilit&agrave;

Valentino Rossi affronta il GP Giappone dopo la caduta di Aragon (leggi QUI).  &ldquo;Sto bene, &egrave; stata una brutta caduta ma gi&agrave; due ore dopo stavo bene&rdquo;.  La moto ti ha colpito? &ldquo;Si, il colpo del KO me lo ha dato la moto. Purtroppo nella caduta mi sono rotto un dito e questo &egrave; un bel problema perch&eacute; non mi d&agrave; fastidio per la vita normale, ma per guidare la moto&hellip; ho provato marted&igrave; con una moto da strada, ma mi fa malissimo. C&rsquo;&egrave; una piccola frattura, speriamo che non mi dia troppo fastidio perch&eacute; questo dito (l&rsquo;indice destro, ndr) &egrave; molto importante per frenare&rdquo;.  La gara di Aragon ha posto ancora una volta in evidenza la questione della sicurezza. Il flag to flag. &ldquo;In effetti il flag to flag &egrave; un po&rsquo; pericoloso, soprattutto perch&eacute; spesso devi rimanere in pista con le slick sul bagnato e le nostre moto per quello sono pericolose. Ma diciamo che il flag to flag &egrave; una soluzione a un problema, cio&egrave; di non fermare la gara in caso di pioggia. Sicuramente, se la gara si fermasse sarebbe meno pericoloso, bisognerebbe fermarsi, domani ne parleremo&rdquo;.  A proposito di sicurezza, c&rsquo;&egrave; anche la questione dell&rsquo;erba sintetica. Costata cara a Valentino ad Arag&ograve;n. &ldquo;Ne discuteremo in commissione sicurezza. La stiamo togliendo un po&rsquo; dappertutto, perch&eacute; soprattutto, in entrata e a met&agrave; curva &egrave; veramente inutile. Ad Aragon l&rsquo;erba sintetica &egrave; rimasta bagnata anche quando la pista si era asciutta. Bisognerebbe toglierla da quasi tutte le parti, Certo per&ograve; che anche l&rsquo;erba &ldquo;naturale&rdquo; non &egrave; meno scivolosa in quelle condizioni&rdquo;.  &nbsp;

MotoGP Giappone: "C&rsquo;&egrave; una piccola frattura, speriamo che non mi dia troppo fastidio perch&eacute; l&rsquo;indice destro &egrave; importante per frenare"

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