Dopo l&#39;excursus sui piloti che negli anni 70&#39; hanno lasciato un&#39;impronta particolarmente intensa nella storia del motociclismo, arriviamo in una decade tanto significativa quanto importante. Gli anni 80&#39; sono stati un periodo vincente per le due ruote in versione prototipo, come dimostra l&#39;avvento dell&#39;era dei piloti americani, dominatori della top class dal 1978, con l&#39;iride di Kenny Roberts, fino al 1993, con l&#39;ultimo mondiale vinto da un pilota a stelle e striscie (salvo poi tornare alla vittoria con Kenny Roberts jr nel 2000 e Nicky Hayden nel 2006). Nel mezzo si sono succeduti tanti corridori entrati nella storia del motomondiale, sia per il palmar&egrave;s acquisito che per l&#39;impronta umana e l&#39;eredit&agrave; tecnica trasmessa.  A svettare in questi rispettivi campi nelle piccole cilindrate furono Stefan Dorflinger, quattro volte campione del mondo tra la classe &quot;50&quot; e la &quot;80&quot;; Jorge Martinez, quattro volte iridato tra la &quot;80&quot; e la &quot;125&quot;; Fausto Gresini, bicampione nella &quot;125&quot; e infine Anton Mang, tre volte vincitore della classe di mezzo, la &quot;250&quot;. Per ci&ograve; che riguarda la top class, i piloti in grado di fare la storia in questa fortunata decade furono: Eddie Lawson, Wayne Gardner, Freddie Spencer, Marco Lucchinelli, Franco Uncini, Randy Mamola.  MotoGP, analisi delle lesioni pi&ugrave; comuni tra i piloti  Jorge Martinez, Stefan Dorflinger e Anton Mang monopolizzano le piccole cilindrate  La stagione 1983 fu l&#39;ultima per la classe &quot;50&quot;, che consegn&ograve; il testimone alla categoria &quot;80&quot; dal 1984 al 1989 (salvo poi essere definitivamente abbandonata). Lo svizzero Stefano Dorflinger fu l&#39;ultimo campione della pi&ugrave; piccola delle cilindrate, grazie ai titoli del 1982 e, appunto 1983, in entrambi i casi su Eugenio Lazzarini. Il computo totale dei mondiali vinti dal pilota svizzero sale a quattro considerando i mondiali vinti nella classe &quot;80&quot; nel biennio 1984\85, rispettivamente su Huberto Abold e Jorge Martinez. Proprio lo spagnolo fu l&#39;altro grande dominatore delle piccole classi, in virt&ugrave; delle conquiste iridate del 1986, 1987 e 1988 e del titolo in &quot;125&quot;, sempre nel 1988. In quest&#39;ultimo caso Martinez batt&egrave; la concorrenza di Ezio Gianola, mentre i primi tre campionati arrivarono precedendo in classifica rispettivamente Manuel Herreros (86&#39; e 87&#39;) e Alex Criville.  Il compianto Fausto Gresini fu uno dei piloti di riferimento del panorama motociclistico italiano nelle piccole cilindrate, in particolar modo nelle annate 1985 e 1987, quando vinse il titolo avendo la meglio su PierPaolo Bianchi e Bruno Casanova. Nel 1987 Gresini vinse in ben dieci gare su undici disputate, in sella alla Garelli. Con cinque titoli conquistati, il tedesco Anton Mang entra di diritto nella ristretta cerchia dei piloti pi&ugrave; iconici degli anni 80&#39;, in virt&ugrave; dei sigilli del 1980 e 1981 in &quot;250&quot; su Jon Ekerold e Kork Ballington, del 1987 sempre in &quot;250&quot; su Reinhold Roth ed infine del biennio 1981\1982 in &quot;350&quot; su Jon Ekerold e Didier De Radigues.&nbsp;  L&#39;era dei piloti americani domina in 500  Come detto, gli anni 80&#39; rappresentarono una fortunata decade per la top class del motomondiale, caratterizzata da un forte ed intrigante equilibrio tra piloti destinati ed abili a lasciare un forte segno per carisma e narrazione sportiva. Tra essi merita una prestigiosa citazione Randy Mamola, per ben quattro volte vice-campione del mondo ma talmente iconico per stile di guida ed irruenza in sella alla moto, da meritarsi un posto in questo speciale raggruppamento. Gli anni 80&#39; si aprirono con la doppia affermazione italiana rappresentata dai successi di Marco Lucchinelli, nel 1981 ai danni proprio di Mamola e di Franco Uncini l&#39;anno seguente su Graeme Crosby. Nel 1983 Freddie Spencer irruppe sulla scena della classe regina, vincendo il titolo in sella alla Honda davanti a Kenny Roberts. L&#39;americano biss&ograve; il titolo nel 1985, abdicando l&#39;anno prima, nel 1984, in favore di Eddie Lawson. Lo stesso Lawson firmer&agrave; poi altre tre affermazioni, nel 1986 e nel 1988 sull&#39;australiano Wayne Gardner (quest&#39;ultimo vincitore del titolo 1987), e nel 1989 sul connazionale Wayne Rainey.    MotoGP, Martin: &quot;Battere Marquez mi far&agrave; diventare uno dei migliori della storia&quot;  &nbsp; 

Da Jorge Martinez ed Anton Mang fino al periodo dei piloti americani con Eddie Lawson, Freddie Spencer e Randy Mamola.&nbsp;

MotoGP: I piloti pi&ugrave; iconici degli anni 80&#39; tra tutte le classi del motomondiale

Le immagini del campione statunitense che vinse tre titoli tra 500 e 250, due dei quali in contemporanea nel 1985 

Freddie Spencer: le foto più belle della carriera di un pilota eroico

        Nel corso dei suoi (primi) 80 anni Giacomo Agostini ha vissuto tante vite, passando da pilota fenomenale a Team Manager lungimirante, come testimoniano i tre titoli vinti con Eddie Lawson. Nei panni di Team Manager per&ograve; &ldquo;Ago&rdquo; fece anche qualche scelta rivelatasi in seguito errata, come ad esempio quella di puntare &ndash; per la stagione 1989 &ndash; su Freddie Spencer, deciso a tornare in sella dopo un anno sabbatico.&nbsp;&ldquo;Quando notai Spencer andava davvero forte &ndash; il racconto di Agostini &ndash; ed aveva dato vita con Roberts a duelli spalla a spalla favolosi. In seguito per&ograve;, per motivazioni che non conosco, il suo rendimento &egrave; calato vistosamente. Nonostante questo scelsi di prenderlo per la stagione &rsquo;89, dato che comunque era ancora giovane: ricordo che mi disse &ldquo;io ora non bevo pi&ugrave; Coca Cola&rdquo;, ed io risposi &ldquo;non mi interessa, vorrei solo che fossi a posto sotto tutti i punti di vista, per essere veloce&rdquo;. Un motorhome ed un flop &ldquo;Prima dell&rsquo;inizio della stagione &ndash; prosegue Giacomo &ndash; ricordo che mi chiam&ograve; il manager, chiedendomi di acquistare il motorhome pi&ugrave; caro dell&rsquo;epoca, in modo da &ldquo;tenere Freddie tranquillo e permettergli di rendere al massimo&rdquo;. Per fortuna al tempo avevo uno sponsor importante (la Marlboro ndr) che provvedeva a tutto (sorride ndr)&rdquo;.&nbsp;Purtroppo per&ograve; nemmeno il motorhome riusc&igrave; ad evitare il disastro autore di una sola top five in tutta la stagione, terminata al 16&deg; posto nella classifica generale.&nbsp;&ldquo;Purtroppo fu una delusione. Ero con lui l&rsquo;altro giorno, dato che pensava che il mio compleanno fosse appunto qualche giorno fa: quando lo presi avevo davvero grande fiducia, perch&eacute; era ancora giovane e veloce, ma and&ograve; male. Al primo test in Australia, per il quale l&rsquo;organizzazione fu impegnativa, non si present&ograve;&rdquo;. Il resto &egrave; storia, o meglio, &egrave; parte della meravigliosa storia scritta in questi 80 anni da una leggenda di nome Giacomo Agostini. Agostini: "Fossi team manager oggi? Le moto sarebbero Yamaha, i piloti..."        

Nella sua carriera da Team Manager Ago ha vinto tanto, ma anche raccolto qualche delusione, come con "fast Freddie"

Agostini ed il flop Spencer: "Chiese un motorhome di lusso, ma fu un disastro"

        Per noi &egrave; sempre piacere celebrare un compleanno, facendolo a modo nostro: l'articolo dedicato di oggi parla di Freddie Spencer, nato a Shreveport il 20 dicembre 1961. L'americano spegne oggi 60 candeline, sicch&eacute; &egrave; bello ricordarne le sue imprese motociclistiche, in particolare modo se parliamo del 1985. Doppietta iridata: l'ultima del Motomondiale   Gi&agrave; titolato in 500 nel 1983, Freddie prov&ograve; - e ci riusc&igrave; - il doppio colpo due anni dopo. Come potete vedere nella foto di copertina, le Honda di Spencer godevano di tre grandi lettere stampate sulle carene. HRC, ovvero, il reparto corse pi&ugrave; potente del mondo. L'idea dei vertici giapponesi era chiara: vincere in due classi, contemporaneamente. Si poteva fare, ma occorreva mettere in sella alla 250 e alla mezzo litro la persona giusta. Perch&eacute; non schierare "The Fast" in entrambe le categorie? Mass&igrave;, lui aveva il talento utile a cogliere qualsiasi traguardo. Immaginate i suoi weekend: quando finiva il turno con una moto, doveva saltare sull'altra. Ritarando stile di guida - rimasto tuttavia simile - linee, comportamento delle gomme e atteggiamento dei rivali. Poi, c'erano briefing e debriefing tecnici. Ah gi&agrave;: l'americano correva due Gran Premi a domenica, spesso festeggiando due volte: la 1985 resta l'ultima stagione in cui un nome si impose in due classifiche.&nbsp; Impresa irripetibile   Se ci avete fatto caso, non vi abbiamo provocato con titoli e sommari del tipo "Qualcuno riuscir&agrave; a ripetere le gesta di Spencer, conquistando due titoli in una sola stagione?" Abbiamo evitato perch&eacute;, salvo essere (piacevolmente, nel caso) smentiti, nessuno ce la far&agrave;. Oggi il motociclismo &egrave; da considerarsi pi&ugrave; facile o difficile rispetto a quello dell'epoca? Qui dipende dai punti di visti ma, comunque, non esiste una risposta definitiva. Rimane certo un fatto: il professionismo ha esasperato ogni cosa, e il numero di appuntamenti iridati appare, a volte, esagerato. Capita di vedere piloti correre in due classi, per&ograve; in periodi differiti. Per esempio, Dominique Aegerter ha gareggiato in Supersport e MotoE, tuttavia alternando i weekend, addirittura dovendo scegliere se andare a Barcellona con la Yamaha o a Misano sulla Energica. Lo svizzero ha sfiorato ce l'ha fatta in 600 la doppietta, impensabile se cercata nello stesso paddock. Stress, moto, impegni e - magari - gli sponsor impedirebbero a qualsiasi nome di richiamarsi Freddie Spencer.       

Festeggia oggi le 60 primavere il pilota che nel 1985 si laure&ograve; campione in 250 e 500: nessuno riusc&igrave; a ripetere quella impresa storica&nbsp;

Buon Compleanno Freddie Spencer, l'ultimo "eroe doppio" del Motomondiale

Testa o croce, bianco o nero, yin e yang: la stagione 1983 della classe 500 si svilupp&ograve; lungo l&rsquo;asse Roberts-Spencer, senza contemplare soluzioni intermedie in nessuno dei 12 GP del Mondiale. O vinceva l&rsquo;uno o si imponeva l&rsquo;altro, un duopolio senza precedenti negli ultimi 40 anni della classe regina. Alla leggendaria sfida tra i due statunitensi contribu&igrave; la contrapposizione tra le altre variabili della contesa: Kenny con la Yamaha dotata di gomme Dunlop, una guida rotonda, tre Mondiali gi&agrave; in bacheca, Giacomo Agostini e l&rsquo;ex pilota Kal Carruthers (iridato con la Benelli in 250 nel 1969) a guidarlo nei box.    Duelli da leggenda: la vittoria del privatissimo Tournadre  Una contesa tiratissima   All&rsquo;altro angolo del ring l&rsquo;emergente Freddie con la Honda, i pneumatici Michelin, uno stile che lo portava a spigolare le curve ed Erv Kanemoto (nessuna esperienza in sella ma soltanto ai box) nelle vesti di capotecnico. Ad aggiungere pepe alla contesa, l&rsquo;annuncio di Roberts di appendere il casco al chiodo al termine della stagione, a prescindere dal risultato finale. Gi&agrave;, perch&eacute; si trattava anche di un duello generazionale: tra il californiano pluriiridato e la giovane stella della Louisiana, la differenza era di dieci anni esatti.  Il ventunenne Fast Freddie inizi&ograve; il 1983 alla grande vincendo i primi tre GP, guadagnando 25 punti di vantaggio sul rivale (la vittoria ne attribuiva 15). King Kenny, beffato a Monza prima da una scivolata alla Parabolica quando era al comando e poi, una volta risalito in sella, dall&rsquo;esaurimento del carburante, trionf&ograve; in Germania Ovest e Austria, finendo secondo in Spagna. E cos&igrave; a met&agrave; campionato il suo ritardo era sceso a sei lunghezze. Spencer vinse anche in Jugoslavia una corsa in cui il rivale fin&igrave; quarto dopo una furiosa rimonta, obbligata dalla partenza disastrosa (ai tempi ancora a spinta) che costituiva spesso il punto debole per Roberts e la Yamaha. Ma il californiano si riscatt&ograve; con una tripletta, in Olanda (nella gara che rischi&ograve; di essere fatale al campione uscente Franco Uncini), Belgio e Gran Bretagna. E in quel modo, il Marziano si port&ograve; a due punti dalla vetta. Restavano il penultimo round, in Svezia, e il successivo, un mese dopo, a Imola.    Nervi tesi in Svezia   Ad Anderstorp, Roberts sembrava destinato alla vittoria ma alla penultima curva fu infilato da Spencer. I due finirono larghi, sull&rsquo;erba, e Freddie fu il pi&ugrave; rapido a rientrare: il pilota della Honda vinse per 16 centesimi e port&ograve; il suo vantaggio in campionato a cinque punti. Roberts la prese malissimo: &ldquo;Gli parlai subito dopo, ma nulla di quanto dissi era pubblicabile. Se avesse detto una parola l&rsquo;avrei fatto volare gi&ugrave; dall&rsquo;auto&rdquo; disse riferendosi alla Mercedes cabrio su cui salivano i primi tre all&rsquo;arrivo per effettuare il giro d&rsquo;onore e salutare il pubblico. Poich&eacute; il secondo classificato incassava 12 punti, nel GP San Marino al californiano dagli occhi di ghiaccio non sarebbe bastato vincere per conquistare il trono: Spencer sarebbe dovuto arrivare terzo o peggio.  Roberts aveva bisogno di un alleato, tuttavia le altre due OW70 ufficiali erano guidate dal compagno di squadra Eddie Lawson, ancora troppo acerbo nel suo primo anno completo in Europa, e Marc Fontan (Team Sonauto), mai a podio. Si vocifer&ograve; persino che Agostini avesse chiesto aiuto a Virginio Ferrari, che in tutta la stagione con la Cagiva non aveva conquistato nemmeno un punto. Roberts non se ne preoccup&ograve; pi&ugrave; di tanto e approfitt&ograve; della lunga sosta per viaggiare con la prole, come spieg&ograve; una volta arrivato al circuito, ai tempi intitolato al solo Dino Ferrari: &ldquo;&Egrave; stato un mese di vacanza, i miei bambini sono qui perch&eacute; questa &egrave; la mia ultima corsa in Europa, la loro ultima chance di vedere il loro pap&agrave; come pilota da GP. Vivono con la mia ex moglie in California, cos&igrave; se gareggiassi ancora nel Mondiale non avrei abbastanza tempo per loro, per questo mi ritiro dai Gran Premi&rdquo;.  Kenny conquist&ograve; la pole position a Imola con un tempo di 1&rsquo;53&rdquo;49, ma Spencer con 1&rsquo;54&rdquo;00 si tenne dietro tutti gli altri. Questo sanc&igrave; il primo pareggio del weekend: sei pole stagionali a testa. In prima fila anche Marco Lucchinelli, all&rsquo;ultima uscita con la Honda ufficiale (1&rsquo;54&rdquo;65) dove era arrivato due anni prima da iridato ma con cui non aveva mai vinto, Randy Mamola con la Suzuki (1&rsquo;54&rdquo;96) e Lawson (1&rsquo;55&rdquo;00). Roberts conosceva a menadito gli allora 5040 metri di Imola, avendoci corso sin dal lontano 1974, con due successi nella 200 Miglia.  A Imola la resa dei conti   Al via, per&ograve;, le Honda NS 500 a tre cilindri mostrarono le loro qualit&agrave;: Spencer scatt&ograve; subito in testa seguito da Lucchinelli e Ron Haslam, anche se quest&rsquo;ultimo venne presto scavalcato da Roberts. Al quarto giro Kenny infil&ograve; anche Lucky, guadagnando la seconda piazza, mentre Lawson era risalito in quarta, seppur a debita distanza. Grazie anche al nuovo record della pista, a 160,056 km/h di media, nel giro di altre quattro tornate il leader della corsa cambi&ograve;, con l&rsquo;ingresso vincente di Roberts su Spencer alla staccata della Tosa. Tuttavia per completare il ribaltone in classifica sarebbe servito il secondo posto di Lawson, il quale invece faticava a mettersi dietro Lucchinelli.  Davantti a 80mila spettatori, i due rivali per il titolo si scambiarono la posizioni altre quattro volte nei nove giri seguenti. Approfittando delle chicane il californiano rallentava quel tanto che bastava per aumentare i tempi sul giro, cos&igrave; da aiutare la rimonta di Lawson. &ldquo;Kenny era veloce in pista e lento allo stesso tempo &ndash; spieg&ograve; dopo l&rsquo;arrivo Spencer &ndash; ogni volta che potevo, senza rischiare, cercavo di superarlo per allungare e non dare corda alla sua tattica. Pi&ugrave; che dura, &egrave; stata una gara strana&rdquo;.  Soltanto al giro numero 17 Eddie si liber&ograve; della compagnia del ligure, poi ringraziato pubblicamente da Freddie, e a cinque tornate dalla fine ridusse il ritardo a cinque secondi dal duo di testa. Al 21&deg; passaggio Spencer torn&ograve; in testa per scongiurare l&rsquo;aggancio ma alla Tosa venne ripassato da Roberts. La sua iniziativa ebbe in ogni caso effetto perch&eacute; al penultimo giro l&rsquo;altra Yamaha era lontana sei secondi e mezzo. All&rsquo;ultimo giro Spencer rinunci&ograve; a correre rischi e fin&igrave; secondo a 1&rdquo;23 da Roberts &ndash; ma davanti a Lawson di oltre sei secondi &ndash; che pareggi&ograve; anche il conto delle vittorie in quel campionato: sei a testa. Il neopensionato era inoltre avanti per il numero dei giri veloci in gara, sette contro i tre del neocampione del Mondo. Un dato figlio delle rimonte a cui spesso Roberts era costretto dalle partenze deficitarie.  Il trionfo di Spencer   Ma nella classifica che pi&ugrave; contava, quella del Mondiale, Spencer prevalse per due punti e nel giro di rientro trov&ograve; ad attenderlo in pista la fidanzata Sarie Joubert, che due anni dopo sarebbe finita quarta a Miss USA, nonostante il punteggio pi&ugrave; alto di tutte (9,311) alla voce &ldquo;Intervista&rdquo;. Quel giorno del settembre del 1983, per&ograve;, tutti gli occhi erano puntati sul suo Freddie e sulla Honda, allo storico primo titolo piloti della 500 dopo un inseguimento iniziato nel lontano 1966. Un titolo che apr&igrave; una nuova era, non tanto per Spencer &ndash; capace di compiere l&rsquo;impresa dei titoli di 250 e 500 nello stesso anno, il 1985, prima del crollo repentino &ndash; ma della Honda. Da quel 1983 al 2019, l&rsquo;HRC ha conquistato 21 titoli piloti e 24 costruttori nella top class.  Duelli da leggenda: Jacque e Nakano raccontati da Poncharal 

Fast Freddie seppe resistere alla rimonta di King Kenny, che pur conquistando l&rsquo;ultima gara nel mondiale non riusc&igrave; a ritirarsi da campione della 500. Il giovane Spencer fu il primo a vincere con la Honda nella classe regina

Duelli da leggenda: quando Freddie Spencer pieg&ograve; Kenny Roberts

Chiss&agrave; se Freddie Spencer &egrave; rapido nel soffiare le candeline sulla torta quanto lo fosse nel guidare la motocicletta. Oggi &ldquo;The Fast&rdquo; compie 59 anni, essendo nato il 20 dicembre 1961 a Shreveport, cittadina appartenente allo Stato della Louisiana.   Lui, tre volte iridato nel Motomondiale, &egrave; attualmente impegnato in qualit&agrave; di Presidente del Panel Stewards FIM MotoGP. In pratica, l&rsquo;americano deve prendere decisioni subitanee. E pure giuste. Proprio come faceva in sella.  Quella (S)volta Che: il mistero di Spencer  Fenomeno USA   Quelle pesanti moto derivate di serie piacevano al mingherlino Frederick Burdette, e le conduceva con grande maestria su tutti i circuit a stelle e strisce, ovale di Daytona incluso. Per&ograve;, le gesta che convinsero Honda a portare in Europa il giovane Spencer furono quelle esibite nella classe 250, categoria a due tempi, all&rsquo;epoca la &ldquo;regina d&rsquo;America&rdquo;.  HRC, entrante nel Mondiale ed istigata da Kenny Roberts, convoc&ograve; &ldquo;Freddie&rdquo;, spiegandogli bene cosa dovesse fare: &ldquo;Guarda, &egrave; molto semplice. Tu vai l&agrave;, batti tutti e poi torni a casa&rdquo;. And&ograve; esattemente cos&igrave;.  A seguito di assaggi e massaggi - ovvero, ambientazione e cura a rimediare qualche botta - Spencer trov&ograve; la giusta dimensione. Cio&egrave;, il camion (non immaginatevi una mega hospitality, bens&igrave; un normalissimo camper), il box, la pista. Con questi passi e la testa sempre nel casco, lo statunitense si muoveva nel paddock, interfacciandosi il giusto. Quasi con nessuno.  Parlava con Erv Kanemoto, senza nemmeno alzare la visiera. Il nippo americano non riusciva a scorgere lo sguardo del suo pilota che, magicamente, non faceva appannare la visiera stessa: &ldquo;Come fa? Boh&rdquo; i tanti commenti uditi. Ma le imprese erano ancora pi&ugrave; notevoli.    Triplice corona   La NS 500 tre cilindri era veramente difficile da portare al limite, inoltre, lo gomme Michelin andavano capite. Altro che i dubbi di Dovizioso sulla copertura posteriore: all&rsquo;epoca bisognava fidarsi e basta. Tradotto, ci volevano due palle cos&igrave;, perch&eacute; di elettronica non se ne usava ed il polso destro faceva la differenza.   Pure le spalle facevano risultato. Lo pneumatico anteriore della Honda di Spencer veniva sfruttato nel migliore dei modi. Era questo che gli permetteva di creare un gap dai rivali. La capacit&agrave; di scappare a coperture fredde, dopo una partenza avvenuta a spinta.  Derapate, curve ridotte al minimo essenziale di percorrenza, riapertura lesta del gas. Il primo titolo ottenuto in 500 nel 1983 fece felici molti giapponesi, i quali, per&ograve;, ne volevano di pi&ugrave;: &ldquo;Adesso arriva il bello&rdquo;. Ed il bello arriv&ograve;, per un progetto che annichil&igrave; ogni avversario.  Due anni pi&ugrave; tardi, il doppio impegno, costituito da 250 e mezzo litro. Moto simili, moto diverse. A dire il vero, tra i due modelli dell&rsquo;ala dorata, c&rsquo;erano pochi particolari in comune. Il numero 19 sulla dueemmezzo, il quattro sulla 500. In ogni Gran Premio, Fast Freddie si alternava su una e sull&rsquo;altra, vincendo entrambi i titolo di categoria. L&rsquo;opera riusc&igrave; talmente bene da disorientare la concorrenza. Ma un &ldquo;ma&rdquo; era dietro l&rsquo;angolo ed attendeva proprio il nuovo Re.  Lucchinelli: &ldquo;Elettronica? Preferirei affidarmi al mio polso&rdquo;  Fuga dopo la vittora   Stanco, esauirito e, forse, distratto. Ecco come si present&ograve; nel 1986 Freddie Spencer. Poteva essere compresa la sua nostalgia da casa, era capita la fatica da lui infusa per conquistare il doppio iride Mondiale, per&ograve;, alcuni episodi lasciarono segni indelebili.  Anzi, a lasciare fu proprio il pilota. Se non lo avete visto direttamente in azione, consultate Wikipedia: dal 1986 al 1989, il talento USA ha solo collezionato dipartite, ritiri, fughe e fugaci apparizioni.  Alcuni lo definirono il &ldquo;fantasma&rdquo; di s&egrave; stesso. Memorabile il Gran Premio di Spagna 1986, il primo stagionale. Mentre comandava il gruppo, il numero 1 rientr&ograve; nel box HRC, lasci&ograve; la moto nella mani di Erv e... non si fece pi&ugrave; vedere. Nemmno sentire.    Oggi &egrave; un uomo diverso   Maturo, esperto e pi&ugrave; sereno. Il Freddie Spencer di oggi &egrave; riuscito a colmare i tanti buchi lasciati vuoti dal fine carriera alle tante improvvisazioni professionali. Adesso l&rsquo;americano &egrave; il Presidente di un organo importante, giudicante. Il ruolo ricoperto, gli piace, anche se precisa spesso che, probabilmente, correre in moto era addirittura pi&ugrave; semplice.  &nbsp;I piccoli cerchi disegnati nel fango di Shreveport ci hanno regalato un corridore che, stando a qualche leggenda, sapeva vedere in quale senso ruotasse la palla da tennis colpita dai colpi pi&ugrave; decisi. Freddie si allenava nel giardino di casa con moto dalla inesistente potenza, girando intorno come Giotto. Girando attorno al Mondo, Spencer insegn&ograve; a tutti come vincere i Gran Premi.  Motomondiale: i numeri 1 della Top Class 

Il tre volte iridato spegne oggi 59 candeline. Campione nel 1983 in 500 e due anni dopo sulla duemmezzo e mezzo litro, oggi l&#39;americano &egrave; impegnato in MotoGP, come Presidente dello Stewards Panel

Dall&#39;ascesa alla fuga: compie gli anni il fenomeno Freddie Spencer

        Chicho Lorenzo continues with his weekly series on his YouTube channel, Motogepeando. His latest topic is Marc Marquez, and his recovery following the injury to his right arm. Jorge&rsquo;s father considers the Spanish champion&rsquo;s future: "Let's say his recovery goes well and he&rsquo;s able to get back in shape in reasonable time to return next year, will he still be the same? In an interview with DAZN, Marc said yes. He says he wants to come back and will do so when he&rsquo;s able take risks again, as risk is part of his DNA, and that he'll come back when he can take on risks as he did before", analyses Chicho. "I&rsquo;m very curious because Marquez has an exceptional character. But on the other hand, there&rsquo;s a lot going on, one thing after another". Chicho Lorenzo: &ldquo;Rossi? He must have real reasons to continue racing&rdquo; Continual setbacks  Marc Marquez has undergone a third operation to his injured arm, has only recently been discharged from hospital in Madrid, and his recovery time remains uncertain: "There are some real twists, one surprise after another, a series of unexpected things. We need to remain optimistic and hope that it all goes well and that Marc can return&rdquo;. Chicho Lorenzo makes a comparison with Freddie Spencer: "I hope everything is soon resolved and we don&rsquo;t have a similar situation to what we saw with Freddie Spencer. Freddie was the last rider to win two titles in the same year, the 500 and the 250. He was at the height of his career and then the next year he had forearm problems and compartmental syndrome&rdquo;. "If he doesn&rsquo;t return, I&rsquo;d keep Bradl"  If Marquez cannot return, who might replace him? "The truth is it won&rsquo;t be easy", continues Chicho. "I&rsquo;d leave Bradl. Jorge was winning with the Ducati when he moved to Honda and he had problems, if Dovizioso already has problems in Ducati, what would happen if he went to Honda? If I were Honda, I&rsquo;d leave Alex Marquez or Stefan Bradl". Translated by Heather Watson MotoGP: who will replace Marc Marquez? Dovizioso the right man       

Jorge Lorenzo&rsquo;s father analyses Marc Marquez&rsquo;s situation following a third surgery on his right humerus

MotoGP, Chicho Lorenzo: “We hope Marquez doesn’t go the way of Freddie Spencer”

&quot;&Egrave;&nbsp;strano, ma ognuno di noi nella propria vita tocca un apice. Una volta raggiunto, non si pu&ograve; che scendere. Nessuno per&ograve; sa dove sia il proprio apice. La linea di confine pu&ograve; presentarsi all&rsquo;improvviso, quando si crede di essere ancora al sicuro&quot;. Questa citazione dello scrittore giapponese Haruki Murakami sembra scritta apposta per Freddie Spencer.  Dopo avere vinto il Mondiale della 500 nel 1983, a soli 21 anni, lo statunitense and&ograve; incontro a una stagione iellata. In Olanda, dopo avere fronteggiato l&rsquo;ennesimo imprevisto &ndash; il motore girava a tre cilindri perch&eacute; il cappuccio della candela si era staccato &ndash; inizi&ograve; a discutere con la Honda della possibilit&agrave; di correre nel 1985 in due classi: &quot;Quando decisi di disputare le due categorie non sapevo che nessuno era riuscito a vincerle entrambe, 250 e 500, nello stesso anno. Le motivazioni furono altre, in realt&agrave;: l&rsquo;ambizione di misurarmi in una categoria che era la pi&ugrave; combattuta e creare una possibilit&agrave; di sviluppo pi&ugrave; accelerato per la 500&quot;. &nbsp; Per mettersi&nbsp;alla prova, a marzo Spencer partecip&ograve; alla 44&deg; edizione della Speed Week di Daytona vincendo la Superbike, Formula 1 (500 GP) e Formula 2 (250 GP), impresa senza precedenti che gli frutt&ograve; 30.000 dollari. &quot;I want it all&quot;, dichiar&ograve; al termine delle sue fatiche. Lo fece anticipando di un quadriennio l&rsquo;altra icona degli anni Ottanta di nome Freddie, cio&egrave; Freddie Mercury che con i Queen nel 1989 fece uscire il singolo &ldquo;I want it all&rdquo; in cui, guarda il destino, c&rsquo;&egrave; la strofa: &quot;I want it all, and I want it now, I&rsquo;m a man with a one-track mind, So much to do in one lifetime, Not a man for compromise&quot;. Un uomo senza compromessi con molto da conquistare nella propria&nbsp;vita.  All&rsquo;inizio del Mondiale 1985, in Sud Africa, Spencer si present&ograve; tirato a lucido, deciso a non lasciare nulla al caso: nei primi nove GP (18 gare) sal&igrave; sul gradino pi&ugrave; alto del podio 12 volte. A Silverstone, con due GP ancora da correre, grazie al quarto posto si prese il titolo della 250. La settimana seguente, ad Anderstorp in Svezia, avrebbe potuto fare il bis in 500 con un terzo posto.  Anzich&eacute;&nbsp;amministrare, Fast Freddie stabil&igrave; la pole precedendo Eddie Lawson, il solo che poteva scavalcarlo in classifica. Superati in un giro e mezzo Ron Haslam e Didier De Radigues, partiti meglio (con il via ancora a spinta), inizi&ograve; la fuga. Dopo sei giri Lawson lamentava due secondi di ritardo, raddoppiati alla fine dell&rsquo;ottavo giro. Al traguardo Spencer trionf&ograve; con quasi 23 secondi su Lawson e pi&ugrave; di un minuto sul quinto, Randy Mamola. Per Freddie era la quattordicesima vittoria stagionale, la 27&ordf; in carriera. &quot;Nessuno pu&ograve; fermare la mano del destino&quot; spieg&ograve; ai giornalisti, con riferimento alla stagione che si stava lasciando alle spalle, non immaginando per&ograve; ci&ograve; che il destino avrebbe avuto in serbo per lui. Proprio Mamola, dopo le premiazioni, si caric&ograve; il connazionale sulle spalle (a differenza di Randy, ancora in tuta) per l&rsquo;ormai tradizionale tuffo in piscina del campione.  Dopo essersi&nbsp;prosciugato di ogni energia mentale, Spencer ritorn&ograve; alla vita sociale bagnandosi da cima a fondo. Tre settimane dopo, a Misano, nel GP conclusivo dell&rsquo;anno, per&ograve; non si fece vedere. Si era fratturato un pollice facendo pesi, cos&igrave; dissero. Non manc&ograve; invece a Suzuka, al GP Giappone dell&rsquo;8 ottobre, gara extra mondiale: una caduta in prova gli cost&ograve; lo strappo dei legamenti e profondi tagli a un ginocchio. Fu soltanto l&rsquo;inizio di un calvario che gli imped&igrave; di risalire in sella per oltre sei mesi. Quando lo fece, al GP Spagna, prima gara del Mondiale 1986, nulla sembrava cambiato.  Ma al 15&deg; giro, dopo essere andato in testa con un grande vantaggio, rientr&ograve; ai box. Non riusciva pi&ugrave; ad azionare il freno anteriore, vittima della sindrome del tunnel carpale, all&rsquo;epoca ignota ai piloti e non curata in modo adeguato. L&rsquo;abbandono della Dea Bendata e lo stress esagerato a cui aveva sottoposto il corpo nel 1985 gli presentarono in conto. Dopo Anderstorp, giorno del terzo titolo, non &egrave; pi&ugrave; salito sul podio iridato. 

Ottenuta l&rsquo;incredibile doppietta iridata nel 1985, non &egrave; pi&ugrave; salito sul podio

Quella (S)volta Che: il mistero di Spencer

        "Ho corso per 29 anni e ho vinto, ma si perde pi&ugrave; di quanto si vinca&rdquo;, ha dichiarato il tre volte iridato Freddie Spencer. &ldquo;Non si &egrave; mai trattato di vincere o perdere. Per me era importante l&rsquo;esperienza della gara, la connessione con la moto&rdquo;. Questo non &egrave; altro che l'antipasto di quanto si potr&agrave; ascoltare a Roma Motodays dalla viva voce del talento della Louisiana. Nei quattro giorni di Roma Motodays, infatti, Freddie Spencer sar&agrave; a disposizione per interviste e talk-show, durante i quali potr&agrave; intervenire anche il pubblico con proprie domande, e sar&agrave; proprio lui a tagliare il nastro del Salone della Moto in Fiera Roma, che si prepara a festeggiare il proprio decennale con il grande pilota americano. Sar&agrave; un&rsquo;opportunit&agrave; da non perdere anche per sondare l&rsquo;autorevole parere del campione americano sul motociclismo di oggi: Freddie Spencer infatti &egrave; sempre molto attento alle realt&agrave; del motorsport, oltre ad essere costantemente in pista. Oggi, a 56 anni, continua a mettere il suo talento a servizio degli appassionati. L'incontro con la leggenda - Roma Motodays si preannuncia come un&rsquo;occasione rara per incontrare una vera leggenda: &ldquo;Fast Freddie&rdquo;, infatti, ha compiuto una delle imprese pi&ugrave; eclatanti degli ultimi anni nel motociclismo, conquistando due titoli mondiali nello stesso anno in due classi diverse. Correva il 1985 quando Spencer gi&agrave; campione del mondo nel 1983 scendeva dal gradino pi&ugrave; alto del podio della classe 250 per saltare in sella ad una 500 e conquistare la vittoria anche nella classe regina. Fu un anno indimenticabile, che port&ograve; a pensare a &ldquo;Fast Freddie&rdquo; come un superuomo, visti anche i distacchi stratosferici che infliggeva ai suoi rivali. In quella stagione magica, Freddie raccolse sette vittorie in 250 e altrettante in 500 laureandosi padrone assoluto del motociclismo (nella foto in apertura &egrave; con uno dei suoi grandi antagonisti, Randy Mamola). La carriera - &Egrave; anche l'unico pilota a vincere tre gare maggiori durante la Bike Week al Daytona International Speedway (la Superbike, la Formula 1 e la Lightweight International nel 1985), il pi&ugrave; giovane pilota a vincere il Motomondiale nella categoria regina 500 (a 21 anni), record tenuto per 30 anni dal 1983 al 2013, battuto poi da Marc Marquez (20 anni), e il pi&ugrave; giovane pilota di sempre a vincere una gara AMA Superbike nel 1979 (17 anni). Spencer si ritir&ograve; dal Motomondiale a tempo pieno nel 1988 ma fece un paio di come back. Ha poi vinto altri tre titoli nazionali negli Stati Uniti in Superbike. Terminata la sua carriera agonistica, Spencer ha fondato la High Performance Riding School a Las Vegas, Nevada, attiva dal 1997 al 2008. Ha anche lavorato come commentatore televisivo esperto per il Motomondiale per NBC, ESPN e Speed ??Channel (dal 1988 al 2009). Dal 2011 lavora come brand, motorsport ed event Ambassador viaggiando nei 5 Continenti per condividere la passione della moto con I fan di tutte le generazioni, collabora con la rivista Cycle World Magazine (USA) come colonnista esperto e con Motor Sport Magazine come MotoGP reporter. Freddie Spencer &egrave; anche l'autore di &ldquo;Feel&rdquo; - la sua prima autobiografia - pubblicata dalla Virgin Penguin Random House nel 2017, e attualmente il pilota della Louisiana sta scrivendo il suo secondo libro. E chiss&agrave; che nel suo soggiorno a Roma non dia qualche anticipazione...       

L'americano rimane l'unico pilota ad aver conquistato un mondiale in 250 e uno in 500 nello stesso anno. Dall'8 all'11 marzo sar&agrave; al Salone della Moto in Fiera Roma

Freddie Spencer a Roma Motodays

Il &ldquo;Vecchio&rdquo; Freddie Spencer &egrave; un po&rsquo; geloso del giovane talento Marc Marquez? &Egrave; questo il tema di un video molto divertente che ha per protagonisti i due campioni, impegnati a promuovere l&rsquo;ultima gara della MotoGP 2014, il GP Valencia del 9 novembre.  Nel 2013, anno del suo debutto nella MotoGP, lo spagnolo ha battuto il primato del pilota americano, come pi&ugrave; giovane vincitore di un Gran Premio e di un mondiale. Di filmati promozionali ne girano veramente tanti, ma questo &egrave; davvero molto divertente. Guardatelo!  

Guardate questo VIDEO davvero molto divertente

Spencer geloso di Marquez?

Le Castellet (Francia) - La giornata per la quale ogni motociclista avrebbe fatto carte false arriva con trent&rsquo;anni di ritardo e non &egrave; pi&ugrave; la stessa cosa, ma quando c&rsquo;&egrave; di mezzo Freddie Spencer nulla &egrave; scontato, mai. Il ragazzo della Louisiana che all&rsquo;inizio degli anni Ottanta rivoluzion&ograve; lo stile di guida bastonando i mostri sacri dell&rsquo;epoca, quello che nell&rsquo;83 pieg&ograve; Kenny Roberts senior e nell&rsquo;85 vinse nella stessa stagione i due titoli mondiali 250 e 500 GP (il solo nella storia ad esserci riuscito), oggi &egrave; un uomo di 52 anni ancora accompagnato da un alone di mistero. Quello stesso che lo ha sempre avvolto, lasciando senza risposta tante domande sul ragazzo dal talento spropositato la cui carriera si perse in un mare di infortuni, rinunce e sparizioni improvvise per motivi che lasciavano perplessi team manager, meccanici e tifosi.  Oggi Spencer &egrave; ancora in possesso di quelle finezze, quelle traiettorie, quegli accorgimenti che lo resero il leggendario &ldquo;Fast Freddie&rdquo;. Una giornata insieme a lui, ospite della scuola di guida veloce in pista organizzata dai fratelli Bernard e Marc Garcia, amici ed ex piloti del Mondiale GP, &egrave; un&rsquo;occasione preziosa. Permette di avvicinare Spencer da pilota e da collega (in quanto responsabile degli istruttori del DRE, la scuola di guida Ducati), superando cos&igrave; la barriera della timidezza che inevitabilmente si alza di fronte ai giornalisti. E consente di mettere il naso nelle pieghe di una tecnica di guida che ha segnato il passaggio all&rsquo;era moderna: dalle traiettorie rotonde con velocit&agrave; elevatissime a centro curva, allo &ldquo;stop and go&rdquo; per anticipare l&rsquo;apertura del gas, ben pi&ugrave; efficace quando sono in gioco potenze elevate. Concetti accettati normalmente oggi, ma fantascienza nei primi anni Ottanta. E tutt&rsquo;ora, passare dalla teoria all&rsquo;applicazione non &egrave; cos&igrave; banale, come emerge dalle dichiarazioni di quelli che saltano dalla Moto2 alla MotoGP.  L&rsquo;articolo completo di Dario Ballardini e Dario Marchetti lo potete leggere su Motosprint in edicola da marted&igrave; 10 giugno

Un giorno alla scuola di guida di &ldquo;Fast Freddie&rdquo;

I segreti di Spencer

A Motegi, nel paddock della MotoGP, c&rsquo;&egrave; anche Freddie Spencer.  &ldquo;&Egrave; un onore farmi fotografare insieme a una leggenda&rdquo; ha scritto su twitter Loris Capirossi, che ha pubblicato questa foto sul suo profilo.  &nbsp;

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