        Autodromo Nazionale di Monza, ore 15.15 circa del giorno 20 maggio. Prende il via la 250, appena dopo i festeggiamenti consumati dai protagonisti della 50, 125 e 350. Nell'ultima di queste tre classi, trionfa Giacomo Agostini, pronto anche alla sfida della 500. Attento alle azioni dei colleghi, il pilota bergamasco non immagina cosa sta per accadere: "No, ma mai lo dimenticher&ograve;". Monza, 20 maggio 1973 - Monza, 20 maggio 2023: mezzo secolo indelebile  Luciano era molto appassionato, tanto da - dove poteva e se ne trovava - scavalcare le recinzioni pi&ugrave; alte, oltre le quali ammirare gli idoli di giovent&ugrave;. Le rarissime trasmissioni TV, qualche puntata radiofonica e le tantissime riviste cartacee dell'epoca lo avevano fatto innamorare del centauro, costituzione armoniosa tra moto e pilota. S&igrave;, per quel ragazzo nato in provincia di Milano contava la figura, unita, a prescidere da Marchi e cognomi. Per&ograve;, nei suoi gusti personali, notava preferenze. Giacomo Agostini, chiss&agrave; come mai. Ai tempi il bergamasco era forte, super forte, ma la costruzione del suo mito era in corso d'opera, ancora da completare e rifinire. Eppure, Luciano provava gi&agrave; grossa ammirazione - che non ha niente a vedere col fanatismo - per Ago o Mino, scegliete voi il soprannome favorito. Averlo visto trionfare nella treemmezzo galvanizz&ograve; Luciano, postosi all'ingresso della Curva Parabolica in attesa della 250, pronta alla scatto, non preparata al traguardo. Il rombo di tuono, il silenzio. Gli alberi attutirono i suoni, i guard rail accentuarono i colpi. Che cosa sta succedendo? Un elicottero sorvol&ograve; l'area, strano, non se ne erano mai visti prima in circuito. In quel drammatico 20 maggio s&igrave;, perch&eacute; l'incidente avvenuto al Curvone fer&igrave; numerosi corridori altrettanto noti, bravi e meritevoli, togliendo la vita a&nbsp;Renzo Pasolini e Jarno Saarinen. Luciano, nel suo scanzonato candore di ventunenne, si ritrov&ograve; lettera involontaria del fiume di parole scritte su quella tragica domenica di festa, tramutatasi a dramma indelebile. Agostini sul 20 maggio 1973: "I piloti di oggi sono fortunati"  Agostini ne ha viste di tutti i colori, ne ha sentite di ogni, ne ha raccontate diverse. Il 20 maggio 1973 rimane - e rester&agrave; - una pagina che avrebbe volentieri evitato: "S&igrave;, ma &egrave; successo. Sebbene si stia parlando di tempi in cui registrare decessi in pista fosse quasi normale e cattiva abitudine, Monza fu peggiore delle altre gi&agrave; brutte situazioni. E io spesso ancora ci penso". Giacomo proietta dai propri occhi vivide immagini, pronunciando dalla bocca lente parole: "Avevo finito la 350, toccava alla duemmezzo. Il cielo era cos&igrave;, fermo, plumbeo. L'aria rarefatta, regnava un silenzio spezzato da fastidiosi rumori. Non era la musica dei motori, bens&igrave; qualcosa di struggente". L'impatto al Curvone, i corpi a terra, gli animi sottoterra: "Renzo e Jarno erano per me due rivali acerrimi, altrettanto amici. Ho perso due persone che sfidavo in pista e alle quali volevo bene. Poteva accadere a me quanto successo a loro, io sono stato molto fortunato. Come lo sono i piloti di oggi, che godono di tracciati e abbigliamenti pensati alla reale sicurezza. Io fui fortunato in quel 20 maggio, chi gareggia oggi lo &egrave; senza saperlo". Ringraziamo Giacomo Agostini per il prezioso contributo. Siamo vicini alle famiglie di Renzo Pasolini e Jarno Saarinen, dedicando foto dei propri cari. Grazie anche a Luciano, che riposa - o, chiss&agrave;, magari condivide uscite in moto pariadiasiche - coi protagonisti di quel 20 maggio 1973.       

Durante il Gran Premio delle Nazioni persero la vita Pasolini e Saarinen, ricordati da Giacomo: "Erano amici, poteva capitare anche a me"

Agostini sul tragico 20 maggio 1973: "Fui davvero fortunato"

        &Egrave; una favola troppo breve quella di Jarno Saarinen, l&rsquo;ingegnere dal sorriso triste, il bravo ragazzo che incendiava i tifosi. La sua carriera nel Motomondiale dur&ograve; appena cinque anni e 19 giorni, lo spazio di un &ldquo;Amen&rdquo;. Eppure sono bastati a lanciarlo nel mito. Poi l&rsquo;orribile groviglio di Monza, nel GP Nazioni 1973, che si port&ograve; via in un colpo solo lui e Renzo Pasolini, due dei piloti pi&ugrave; amati dal pubblico. Loris Capirossi: "Vi racconto la mia 250" &nbsp; Marziano d'altri tempi   Non era un divo Jarno, era &ldquo;soltanto&rdquo; un marziano. Il primo, quando ancora non era nata la stella di Kenny Roberts, il marziano per antonomasia. Quando ancora un pilota poteva viaggiare in furgone, dormire in tenda, fare l&rsquo;autista e il meccanico, accompagnato soltanto dalla moglie che gli esponeva le segnalazioni dai box, con panni stesi e motori smontati sull&rsquo;asfalto del paddock. &Egrave; a gente come lui che aveva pensato la Yamaha il giorno in cui aveva deciso di sospendere l&rsquo;impegno ufficiale nei Gran Premi, alla fine del 1968. Si era ritirata dalle corse come gi&agrave; avevano fatto Honda e Suzuki, ma aveva continuato a essere presente pi&ugrave; che mai con le sue bicilindriche 250 e 350: il cavallo di battaglia dei privati per antonomasia, modelli che chiunque poteva comprare, semplici da tenere in ordine e soprattutto vincenti. Tanto pi&ugrave; che dal Giappone non lesinavano pezzi speciali agli uomini migliori. Con quelle moto private si potevano vincere dei Mondiali se in sella c&rsquo;era qualcuno con il pelo sullo stomaco. &nbsp; La carriera di Jarno  Come Rod Gould nel 1970 e Phil Read nel 1971. Come Saarinen, che alla Yamaha ha legato tutta la sua storia iridata. Esord&igrave; nel Motomondiale con una YDS3 250 nel GP di casa e non sfigur&ograve;: 11&deg; al traguardo. Era il 1968 e lui aveva 22 anni, tanti al giorno d&rsquo;oggi, il giusto allora, in tempi in cui non si mettevano in sella i ragazzini. L&rsquo;anno successivo Jarno acquist&ograve; una Yamaha 250 SD5 usata e la modific&ograve; profondamente nel telaio e nel motore, perch&eacute; studiava ingegneria e tecnicamente era molto preparato; nel Mondiale corse saltuariamente ma bast&ograve; per farsi conoscere e benvolere da tutti, indipendentemente dai risultati poco signifi cativi. Doveva ancora imparare e non era una cosa tanto semplice sui circuiti di allora, fra i muri di Brno, le rocce di Abbazia, il passaggio sulle rotaie di Imatra e i guard-rail di Salisburgo. Fu il 1970 l&rsquo;anno della svolta, per lui e per Soili. Gi&agrave;, perch&eacute; non si pu&ograve; parlare di Jarno senza parlare di Soili Karme. Fidanzata prima, moglie poi, dolce compagna sempre. Cuoca, infermiera, cronometrista, aiuto meccanico e manager. Bellissima e nemmeno lo sapeva. Lo seguiva ovunque, era la sua ombra e il suo team. Si sposarono nella cattedrale della loro citt&agrave;, Turku, l&rsquo;ultimo giorno del 1970, e la mattina successiva erano gi&agrave; in viaggio per Graz, Austria, dove in inverno Saarinen lavorava alla Puch. Quell&rsquo;anno fu decisivo: ad aprile si era laureato in ingegneria meccanica, poi finalmente si era comprato un furgoncino destinato soltanto alle corse, e una Yamaha TD2 250 con la quale ottenne i primi punti iridati e fin&igrave; il campionato al quarto posto; corse anche nella 125 con una Puch Tunturi modificata da lui stesso, e a dicembre si spos&ograve;. Nel 1971 con l&rsquo;appoggio di Arwidson &amp; Co., importatore finlandese della Yamaha, ottenne le prime vittorie iridate: Cecoslovacchia e Italia nella 350, classe che lo vide concludere il campionato al terzo posto, mentre nella 250 vinse in Spagna, dove fu anche secondo nella 50, schierato dalla Kreidler. &nbsp; Veloce, sempre   Aveva dei &ldquo;numeri&rdquo; il ragazzo, gi&agrave; si vedeva bene. Andava forte con qualsiasi cosa avesse le ruote nonostante una squadra che nemmeno si poteva definire tale: soltanto lui e Soili in giro per l&rsquo;Europa con il camper, all&rsquo;inizio per risparmiare mangiavano cibo in scatola portato da casa, che scaldavano su un fornello da campeggio. Come tutti gli uomini Jarno cedeva raramente il volante alla moglie, e quando arrivavano si trasformava in meccanico e poi in pilota. Instancabile, o quasi. Eppure con con quell&rsquo;organizzazione da zingaro Jarno divent&ograve; campione del Mondo della 250, protagonista di un finale di stagione travolgente: nelle ultime sei gare realizz&ograve; uno score da paura, quattro vittorie e un secondo posto; l&rsquo;ultima la salt&ograve; per ch&eacute; era gi&agrave; matematicamente campione. Correva l&rsquo;anno 1972, sembra lontanissimo ma ti accorgi che non &egrave; cos&igrave; quando incontri qualcuno sulla cinquantina che si chiama come lui: Jarno come l&rsquo;ex pilota di Formula 1 Jarno Trulli, come tanti altri che portano quel nome prima mai sentito, in Italia. &nbsp; Amato dai tifosi   In quei pochi anni Saarinen aveva fatto breccia nel cuore degli appassionati. Aveva sconvolto tutte le logiche, con il suo stile che faceva storcere il naso ai puristi: &ldquo;scomposto&rdquo; lo definivano allora, petto schiacciato sul serbatoio e ginocchia cos&igrave; spalancate da dare ogni tanto una pelatina all&rsquo;asfalto, quando ancora si piegava con le gomme scolpite. Jarno aveva un senso del limite pazzesco e un segreto che affondava le origini nelle sue prime gare. Quelle su fondo innevato disputate nella natia Finlandia, dove si imparava a controllare la sbandata come poi avrebbero appreso Roberts nel Dirt Track, e tutta la banda dei piloti VR46 nel ranch di Valentino Rossi. Il guaio era che la Yamaha dalla fine degli Anni Sessanta aveva cessato l&rsquo;impegno ufficiale e si limitava a dare un appoggio esterno ai suoi piloti pi&ugrave; talentuosi: Read, Kent Andersson e Jarno, che da privato vinse il titolo iridato 250. In quello stesso 1972 fece anche un&rsquo;apparizione con le Benelli 350 e 500 in un GP internazionale a Pesaro e vinse entrambe le gare davanti a Giacomo Agostini. Sarebbe stato bello averlo sulle quattro cilindri italiane l&rsquo;anno dopo. Ma non ci fu un seguito. Aveva le idee chiare il finlandese volante, che amava le corse, Soili e le moto, voleva vincere tanto e presto per ritirarsi presto a vita privata, fare l&rsquo;ingegnere e godersi la famiglia. Senza spocchia, campione della porta accanto che non temeva di sporcarsi le mani. C&rsquo;&egrave; da stupirsi se era amatissimo? C&rsquo;&egrave; da stupirsi se la Yamaha volle proprio lui quando decise che nel 1973 avrebbe ripreso l&rsquo;impegno diretto nel Motomondiale? &nbsp; Un 1973 da leggenda, poi la tragedia   Ingaggiato come uomo di punta della squadra ufficiale, Saarinen volle che il secondo pilota fosse il suo amico dai lunghi baffoni Teuvo Lansivuori, lui pure finlandese. Jarno cominci&ograve; il 1973 all&rsquo;insegna della leggenda, aggiudicandosi sia la 200 Miglia di Daytona che quella di Imola con una 350, contro moto che arrivavano al limite massimo imposto dal regolamento di 750 cm&sup3;. Erano le due gare internazionali pi&ugrave; importanti dell&rsquo;anno. Ma erano in arrivo altre sorprese nel Mondiale, dove i giapponesi fecero debuttare la YZR 500 OW19 a quattro cilindri. Saarinen nella mezzo litro non aveva mai corso ma vinse subito le prime due gare, in Francia e in Austria, battendo il campionissimo Agostini e l&rsquo;invincibile MV Agusta. Al Paul Ricard addirittura Ago cadde cercando di riprenderlo. Nel terzo Gran Premio della stagione, in Germania Ovest, Jarno ruppe la catena, mentre nella 250 non sbagli&ograve; un colpo vincendo tutte e tre le gare. Poi l&rsquo;apocalisse di quel 20 maggio a Monza, quarto appuntamento del Motomondiale, quando Pasolini gripp&ograve; al primo giro della 250 e vol&ograve; via, incolpevole, innescando la tragica carambola. Jarno, che era nato l&rsquo;11 dicembre 1945, aveva appena 27 anni. &ldquo;Paso&rdquo; 34. La Yamaha, in lutto per la morte del suo campione, si ritir&ograve; dalle corse per tutto il resto della stagione. Gli appassionati, quasi mezzo secolo dopo, ne conservano ancora vivo il ricordo e continuano a scambiarsi le sue foto su Facebook, nel gruppo dedicato a lui e a Soili. Ce ne sono tante, bellissime. Una pi&ugrave; di tutte le altre: Jarno, ancora in sella, abbraccia la moglie sotto la pioggia dopo la prima vittoria in un Gran Premio, in Cecoslovacchia. &ldquo;Amo questa immagine pi&ugrave; di tutte le altre &ndash; ha commentato lei &ndash; mi regala ancora la sensazione di un ricordo bellissimo&rdquo;. Duelli da leggenda: le imprese di Gramigni e Rainey nel 1992       

Il campione che veniva da lontano seppe incantare con il suo stile di guida innovativo e la semplicit&agrave; fuori dalla pista, dove lui e la moglie Soili costituivano l'intero team. Divenne Campione del Mondo prima di incontrare il destino assieme a Pasolini nella carambola di Monza

Yamaha Mondiale: la favola triste di Jarno Saarinen

Un weekend che sarebbe da cancellare, dimenticare. Nel rispetto di chi ha perso la vita, &egrave; per&ograve; da ricordare. Monza, 20 maggio 1973, una delle pagine pi&ugrave; drammatiche del motociclismo professionistico.  Jarno Saarinen, finlandese. Renzo Pasolini, italiano. Per i due campioni fu l&rsquo;ultimo Gran Premio delle Nazioni delle loro giovani vite, spezzate come le Yamaha e Harley Davidson che guidavano nella Classe 250, della quale Jarno era il pilota da battere.   Il terribile incidente accadde nel lungo curvone destrorso dopo il rettilineo di partenza; nella micidiale dinamica, rimasero coinvolti ben 8 corridori, ma il numero fu in realt&agrave; 12, sicch&eacute;, con ulteriori 4 protagonisti che hanno sfiorato il dramma.  Dopo diverse perizie tecniche, si scopr&igrave; che sulla moto di Pasolini gripp&ograve; un pistone, con una conseguenza fatale per Renzo stesso e pure per Saarinen. Entrambi persero la vita e Walter Villa affront&ograve; un&rsquo;ora di coma, poi, miracolosamente, si riprese e torn&ograve; a sorridere ai suoi cari.  Chi era presente a Monza, ricorda la lunga attesa nei confronti dei centauri, nel punto della Curva Parabolica: &ldquo;Ma come, hanno dato il via, si sono sentiti rombare i motori e ancora non hanno completato un giro? Cosa &egrave; successo? Perch&eacute; &egrave; partito l&rsquo;elicottero?&rdquo;  La situazione era grave, gravissima. Le immagine dicono tutto e non serve aggiungere commenti.    Renzo Pasolini, &ldquo;Paso&rdquo;   Un tipo alla Stoner, se dovessimo azzardare un paragone a piloti dei tempi odierni. Per Renzo, &ldquo;tutto o niente, meglio se subito&rdquo;. A Pasolini non piaceva attendere, lui voleva correre, sfidare il destino, farsene beffa e poi gioire, nella consapevolezza di avercela fatta.  Paso non vinse titoli mondiali, ma viene ricordato come uno dei seri rivali di Giacomo Agostini. Ovviamente, il mezzo tecnico e la fortuna pesavano pure negli anni Settanta, in pi&ugrave; il riminese ci metteva del suo, rischiando come un forsennato. Ed il rischio, nelle gare di una volta poteva pagare come punire.    In quel 20 maggio Renzo lasci&ograve; la vita mentre faceva la cosa che pi&ugrave; gli piaceva: guidare una moto da competizione, di fronte al pubblico che lo amava e che ancora lo ama.  Jarno Saarinen, ghiaccio bollente   Altro che freddo quel finlandese, a volte era pi&ugrave; caliente di uno spagnolo. Specialmente in sella. Per farvi capire quanto Saarinen fosse amato, sappiate che il nome Jarno &egrave; stato scelto da molti pap&agrave; appassionati e donato ai propri figli. La classe esibita nella guida, unica nel suo genere.    Perch&eacute; il nordico, proveniente dalle gare di speedway su ghiaccio e neve, aveva un controllo della moto fuori dal comune ed una simpatia innata. Il titolo conquistato nella dueemmezzo, i successi in 350 e 500 inserirono Jarno Saarrinen tra i grandi del Motomondiale, con una storia tutta da scrivere, interrotta nel maggio del 1973.  Ritorno al Futuro, 2000: Edwards al posto giusto 

Era domenica 20 maggio, Renzo e Jarno persero la vita durante il Gran Premio delle Nazioni, Classe 250. L&#39;italiano ed il finlandese sono conservati nei cuori dei tifosi

Il ricordo: Pasolini e Saarinen e l&#39;ultima corsa del 1973

Tra le tante notizie che sono scivolate via senza clamore nella fibrillazione dei giorni delle Festivit&agrave; natalizie, c&rsquo;&egrave; stata la morte di Nobby Clark, spentosi a 81 anni, molti dei quali passati sulle piste del Mondiale GP. E se sono tanti i tecnici che hanno lasciato un segno sul campionato, contribuendo al successo di fior di campioni, lui pu&ograve; vantare il merito di avere avuto un ruolo chiave nella conquista della bellezza di 17 titoli iridati e di aver lavorato con i piloti simbolo non di una, ma di pi&ugrave; epoche. &Egrave; stato meccanico della Honda con Mike Hailwood (nella foto &egrave; con Mike &ldquo;The Bike&rdquo;), quindi &egrave; stato al fianco del pi&ugrave; grande, Giacomo Agostini, e anche del &ldquo;marziano&rdquo; Kenny Roberts.&nbsp;  IL DESTINO IN UN&rsquo;AMICIZIA - Nato nel 1936 in Rhodesia (oggi Zimbawe) Clark ha lasciato l&rsquo;Africa all&rsquo;inizio degli anni Sessanta, in virt&ugrave; della sua amicizia con Gary Hocking, nato in Galles ma cresciuto proprio in Rhodesia, dove ben presto manifest&ograve; la sua velocit&agrave; in sella a una moto sulle strade di Bulawayo, la citt&agrave; dove Clark si &egrave; laureato in ingegneria trovando poi impiego presso la compagnia ferroviaria del Paese.&nbsp;&nbsp; Quanto a Hocking, dopo aver confermato il suo talento sulle piste nazionali, decise di cimentarsi in campo mondiale, e convinse Clark a seguirlo.&nbsp;&nbsp; Nel 1960 vennero ingaggiati dalla MV Agusta e il secondo posto in campionato in ben tre categorie valse a entrambi la conferma per l&rsquo;anno seguente, che vide Hocking aggiudicarsi i titoli di 350 e 500 e optare per il passaggio alle auto, che per&ograve; fin&igrave; sul nascere; il pilota gallese mor&igrave; nel corso di un test prima di poter debuttare in Formula 1.&nbsp;&nbsp;  LEZIONI DI GIAPPONESE - Clark and&ograve; a lavorare per la Honda sulle moto di Jim Redman e poi su quelle di Hailwood. I giapponesi erano entusiasti di lui e gli chiesero anche di dare lezioni d&rsquo;inglese agli ingegneri e ai meccanici della squadra, perch&eacute; potessero relazionarsi in prima persona con i piloti. Lui, molto portato per le lingue, a sua volta ne approfitt&ograve; per imparare il giapponese, del quale fece buon uso anche nel prosieguo della carriera, che dal 1972 lo vide in forza al team ufficiale Yamaha e lo port&ograve; al fianco di Agostini prima di diventare una colonna della squadra di Roberts.&nbsp;&nbsp; Tra i grandissimi con cui ha lavorato ci sono anche Bill Ivy, Jarno Saarinen, Kel Carruthers, Barry Sheene e Marco Lucchinelli, quando Lucky era alla Cagiva. Lasciato il Mondiale nel 1990, Clark ha preso casa in America e nel 2012 &egrave; stato inserito nella Hall of Fame della Federazione Motociclistica a stelle e strisce. L&rsquo;ultimo riconoscimento a una carriera di successi.  &nbsp; 

Il tecnico lavor&ograve; con i &ldquo;mostri sacri&rdquo; degli anni Sessanta e Settanta come Hailwood, Saarinen, Agostini e Roberts

Nobby Clark, il re dei meccanici

Giacomo Agostini,Loris  Capirossi, Virginio Ferrari, Lucio Cecchinello, ma anche Dindo Capello e  Alex Zanardi saranno gli ospiti d'eccezione di una serata speciale.  L'appuntamento &egrave; per il 20 maggio al Palco 19 di Asti, con l&rsquo;apertura del teatro alle ore 19 e l&rsquo;inizio dello spettacolo alle 21.15. Ospite d&rsquo;onore sar&agrave; Claudio Costa, meglio noto come il Dottorcosta, angelo custode dei piloti e fondatore nel 1977 della ClinicaMobile, con la quale ha assistito negli ultimi quarant&rsquo;anni tutti i pi&ugrave; grandi campioni del mondo delle corse.  L'ex cinema-teatro astigiano sar&agrave; pervaso dall&rsquo;atmosfera di un grande salotto di casa, nel quale il Dottorcosta intratterr&agrave; i propri ospiti con i suoi incredibili racconti. Sorprese, confessioni ed emozioni tra dialoghi e filmati, che culmineranno con la presentazione del suo pi&ugrave; recente libro, &ldquo;Magic M&agrave;rquez&rdquo;. Ad accompagnarlo sul palco alcuni dei pi&ugrave; grandi nomi dell&rsquo;universo motoristico, a partire dal 15 volte campione del mondo Giacomo Agostini, passando per Virginio Ferrari, Loris Capirossi, Alex Zanardi, Dindo Capello e Lucio Cecchinello.  A fare da cornice allo spettacolo, la MV Augusta 3 cilindri 500 del 1972 di Giacomo Agostini, la Gilera 4 cilindri 500 del 1957 di Francesco &ldquo;Kiki&rdquo; Guglielminetti (guidata anche dal sei volte campione del mondo Geoff Duke), la Benelli 4 cilindri 500 del 1969 di Renzo Pasolini e la Yamaha 350 del 1973 con la quale Jarno Saarinen vinse la 200 Miglia di Imola e la Ducati Senna donata per la serata da Claudio Giovannone dell&rsquo;Istituto Ayrton Senna.  Il conduttore della serata sar&agrave; Carlo Costa, fratello delDottorcosta e indimenticabile speaker del circuito di Imola. Accanto a s&eacute; avr&agrave; i giornalisti Franco Bobbiese, Paolo Beltramo e Massimo Angeletti.  Ci sar&agrave; spazio anche per importanti protagonisti dell&rsquo;automobilismo astigiano, che verranno premiati durante la serata: Dindo Capello, tre volte vincitore della 24 Ore di Le Mans, Giovanni Perosino (vincitore del campionato italiano di motociclismo classe 250 nel 1949).  La data del 20 maggio non &egrave; stata scelta casualmente: in questo triste giorno infatti sono scomparsi a Monza Jarno Saarinen (centauro vincitore del Mondiale 1972 nella classe 250) e Renzo Pasolini (uno dei piloti pi&ugrave; spettacolari della storia del motociclismo). L&rsquo;evento sar&agrave; quindi anche un modo per ricordare questi due grandi atleti, la cui storia &egrave; intrecciata con quella del Dottorcosta ed &egrave; stata uno dei motivi che hanno portato alla nascita della Clinica Mobile.  L&rsquo;ingresso alla serata sar&agrave; gratuito, fino ad esaurimento posti.  Il teatro verr&agrave; aperto alle 19 per accogliere gli ospiti, registrarli e consegnargli un pass autografato dal Dottorcosta, da tenere al collo per consumare gratuitamente bevande, spuntini, snacks, spumante e caff&egrave; fino all&rsquo;orario di inizio spettacolo. Fino alle 21.15, il Dottorcosta s&rsquo;intratterr&agrave; con gli ospiti e ad ogni partecipante doner&agrave; un omaggio e altre sorprese, a ricordo della serata trascorsa assieme.  &Egrave; ancora possibile prenotare la propria partecipazione chiamando il numero 054235342 o inviando una mail a clinicamobile@centrotraduzioni.com. Fiammetta La Guidara

L'appuntamento &egrave; per il 20 maggio al Palco 19 di Asti. Ci saranno anche Loris Capirossi, Giacomo Agostini, Virginio Ferrari, Alex Zanardi e Dindo Capello

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