I segreti delle MotoGP: Yamaha

I segreti delle MotoGP: Yamaha
Nel 2014 ha risolto i problemi causati dalle gomme. Senza fare rivoluzioni

Redazione

28.12.2014 ( Aggiornata il 28.12.2014 16:31 )

LA Yamaha ha segnato un punto importante nei confronti della Honda, quando ha deciso di “aiutare” la MotoGP offrendo in leasing motori ex ufficiali da far correre con 24 litri di carburante per i team precedentemente costretti ad usare le CRT. La Honda ha investito risorse nel costruire la propria moto clienti con distribuzione tradizionale (cioè non con le valvole pneumatiche). In realtà la Yamaha ha semplicemente svuotato gli scaffali dai ricambi inutilizzati, costruendo un po’ di motori da destinare al leasing. Visto che l’accordo è stato perfezionato molto tardi, in Yamaha hanno potuto decidere di aggiungere telai, forcelloni e leveraggi per aiutare i clienti ad andare in pista in modo adeguato. È stata una grande iniezione di competitività rispetto alla vecchia classe CRT. Una mossa audace, accolta con favore quasi da tutto il paddock della MotoGP. Poi, all’inizio dei test invernali, la Bridgestone ha sganciato una bomba: ha annunciato che tutte le gare del 2014 si sarebbero corse con gomme in versione “termoresistente”, cioè un po’ più rigide nella carcassa e con una spalla leggermente più dura, penalizzando così il grip alla corda (nell’angolo di piega) che la Yamaha M1 (e soprattutto Jorge Lorenzo) sfruttava al meglio nel 2013. L’annuncio della Bridgestone è derivato dalla richiesta (della Dorna) di fornire una serie di gomme a mescola più morbida per le Open (le vecchie CRT). Anziché motori derivati dalla serie, la nuova classe avrebbe utilizzato propulsori ufficiali, ma dall’elettronica limitata e con quantità di carburante quasi libero. La situazione sarebbe stata ben diversa, in termini di potenza. La Bridgestone ha voluto assicurarsi che le sue gomme fossero all’altezza. All’epoca non lo sapevamo, ma la decisione della Bridgestone ha spazzato via le speranze della Yamaha di mantenere il grip negli angoli di piega più pronunciati, quindi ogni possibilità di battere Marquez: almeno nelle prime gare della stagione. La Bridgestone ha capito rapidamente i problemi creati dalla sua stessa scelta. Per i circuiti in cui la gomma “media” poteva reggere la mescola morbida per cercare di recuperare parte del grip perso dalle Yamaha, sono state portate gomme riviste, che però sono arrivate solo a Jerez ad inizio maggio. E visto che la strategia della Bridgestone consisteva nell’utilizzare su tutte le piste le gomme precedentemente studiate per le piste che erano risultate “difficili” nel 2013, alcuni piloti su certi tracciati si sarebbero trovati ad utilizzare le stesse gomme usate nell’anno precedente. Il Mugello è stato il primo di questi tracciati: e questo significa che la prima gara in cui Lorenzo si è dimostrato realmente competitivo, nel 2014, è stata quella che ha potuto correre con gomme (e configurazione di moto) molto simili a quelle dell’anno precedente. La Yamaha ha anche migliorato il proprio cambio seamless durante il 2014. Anziché funzionare solo dalla seconda alla sesta marcia, la nuova versione ha lo stesso schema del sistema Honda (N-1-2-3-4-5-6) ma funziona solo nella fase di innesto. In scalata è rimasta la tecnologia convenzionale, e la situazione è rimasta questa per tutto l’anno. Il meccanismo che consente la scalata “seamless” richiede un nuovo carter, ma il motore della M1 – essendo stato iscritto come Factory – è stato “congelato” nello sviluppo. La Yamaha ha comunque migliorato l’azione del cambio in scalata, apportando costanti aggiornamenti per tutto l’anno. La Yamaha M1 2014 è la logica evoluzione della filosofia adottata negli ultimi due anni. A Iwata hanno seguito le indicazioni e le esigenze di Lorenzo – che vuole una ciclistica sempre più precisa e rigida – sfruttando la flessibilità delle carcasse più morbide delle Bridgestone “a riscaldamento rapido” per compensare questa rigidità. Lo stile di Jorge prevede grandi velocità in curva grazie a traiettorie molto rotonde: una strategia che funziona finché non ci si ritrova bloccati dietro ad una Honda, velocissima ed efficace nella guida “spigolata”. La Yamaha ha finito per essere più lunga della Honda, cosa che ha avuto il gradito effetto collaterale di facilitare le partenze: il controllo anti-impennata entra in funzione più tardi. Rossi nel 2013 ha stentato, con la Yamaha, cercando in tutti i modi di migliorare il feeling con l’avantreno – i primi telai di quest’anno sicuramente non sono stati di suo gradimento. Ma qualcosa è successo dopo la terza gara, in Argentina: qualcuno ha deciso che bisognava fare esperimenti sulla flessibilità e a Jerez, una settimana dopo, lo staff tecnico della Yamaha ha messo in pista due telai modificati, con piastre sopra il perno del forcellone tagliate e saldate. Rossi ha provato in tutte le maniere a farselo piacere, mentre Lorenzo lo ha testato una volta sola. Ma è stato Valentino ad avere inizialmente i migliori risultati, quindi ci aspettavamo un ripensamento globale della direzione intrapresa dalla Yamaha in termini di sviluppo ciclistico. Invece non è successo. Pare che a metà del weekend di Le Mans, Lorenzo sia tornato al telaio di fine 2013, un po’ più morbido e quindi più adatto alle nuove gomme posteriori a mescola media. Gomme già modificate con una spalla un po’ diversa per cercare di recuperare il grip precedente. È apparso subito chiaro che Lorenzo aveva perso confidenza, ma in termini di moto stava rapidamente tornando ad assetti simili a quelli con cui correva alla fine del 2013.

Il secondo cambiamento dell’anno

è stato l’adozione dei 20 litri di carburante, uno in meno rispetto agli anni precedenti. Solitamente le limitazioni motoristiche favoriscono la Honda, che può contare sul miglior sviluppo dei motori nel panorama mondiale. Ci si aspettava che la Yamaha soffrisse, in effetti è andata così: il primo giorno di test a Sepang è stato un disastro. Ma dopo un po’ di lavoro (anche notturno...) la risposta all’acceleratore è migliorata molto nella seconda giornata. Limitare il carburante dovrebbe limitare le prestazioni, e dovrebbe dare alle Case una scusa per giustificare il budget di ricerca e sviluppo investito nelle competizioni che coadiuva i soldi spesi dal marketing. In quanto limitazione, non sembra però rallentare granché le moto: le velocità di punta restano molto elevate, perché le moto possono accelerare senza derapare o impennare. In quanto limite tecnico, influenza molto la riapertura del gas: la gestione delle piccole aperture è importantissima e la capacità di rispondere con dolcezza e accelerare puliti in uscita di curva è fondamentale per ottenere un buon tempo sul giro. Avere carburante da spendere a questo punto fa una grande differenza in termini di reazioni della moto e confidenza del pilota. Ci sono voluti diversi aggiornamenti del software perché la Yamaha potesse recuperare quella dolcezza in riapertura tanto importante quando moto e pilota si trovano agli angoli di piega più marcati; questo, oltre alle modifiche alle gomme e alle differenze del telaio, ha riportato la M1 alla piena competitività. Questo articolo è stato pubblicato su Motosprint numero 50.

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