Verso il Qatar: la Yamaha è più italiana

Verso il Qatar: la Yamaha è più italiana

Nella nuova struttura, la divisione con sede in Brianza ha maggiore peso. Viñales ha ritrovato lo smalto, Rossi la fiducia, ma la strada per raggiungere Honda e Ducati non è breve

14.02.2019 14:25

Il paradosso è che l'unico factory team che ha confermato entrambi i piloti è quello che, forse, ha vissuto i cambiamenti più profondi. Nel dietro le quinte della Yamaha, infatti, le novità sono state numerose e importanti: dal capotecnico di Maverick Viñales per arrivare al reparto degli elettronici (sarebbero una dozzina…) a Gerno di Lesmo richiesti a gran voce da Valentino Rossi, senza dimenticare ovviamente il nuovo project leader Takahiro Sumi. Il cui posto al vertice del reparto dei telaisti è stato ereditato dall'esperto Takano Kazuhisa. 

Primi benefici: Rossi ha ritrovato la fiducia, e le parole spese sul propulsore – su richiesta di Viñales c'è stata particolare attenzione sul freno motore – e sullo sviluppo della M1 hanno testimoniato una fiducia che nei test autunnali non c'era. «Maverick aveva ragione, perché ora abbiamo una soluzione migliore rispetto alla moto usata nei test di Jerez a fine novembre. Abbiamo compiuto progressi sul motore, sull’elettronica e sul telaio» ha detto dopo Sepang. Se Valentino ha ritrovato la fiducia, Viñales ha ritrovato lo smalto: autore del miglior tempo nel primo giorno di Sepang, è stato il primo non ducatista al termine di test in Malesia.

Organizzazione: per evitare di ripetere un digiuno di 25 GP, interrotto da Viñales in Australia, in Yamaha hanno cambiato anche il modus operandi. «È stato un reset, non una rivoluzione» ha detto il managing director Lin Jarvis su Motosprint in edicola. «Abbiamo portato sangue nuovo all'interno della struttura. Ciò che non avevamo in Italia, e che invece adesso abbiamo, è una sezione dedicata allo sviluppo elettronico». Il nuovo corso è iniziato dal GP Thailandia, quando il processo decisionale è diventato più snello e rapido, ma soprattutto più aperto a modifiche anche drastiche. In quel caso i cambiamenti nel set up restituirono competitività alla M1, dando il via a una sequenza positiva proseguita nei test. Ma per raggiungere Honda e Ducati, la strada è ancora lunga. 

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