di Riccardo Piergentili
La Ducati le sta sviluppando già da tempo.
La Yamaha le ha provate nei test privati, ad
Aragon, e le ha fatte debuttare a Misano Adriatico, sulla M1 di Lorenzo. Stiamo parlando delle
ali, che avvicinano un po' le
MotoGP alle auto di
F1. I piloti dicono che non riescono a capire se questa soluzione assicura vantaggi, però i tecnici sanno che il vantaggio,
un piccolo vantaggio, c'è.
Qual è? Analizzando i dati, gli ingegneri si sono accorti che in alcune parti del circuito, grazie al carico aerodinamico delle ali,
si riduce l'impennamento e si può
"tagliare" meno potenza. In pratica, grazie alle ali,
migliora l'accelerazione. Stiamo parlando di un vantaggio che è quantificabile in
centesimi di secondo al giro. Ecco perché il pilota non si accorge di nulla.
Le ali della Ducati sembrano ad un livello più avanzato rispetto a quelle della
Yamaha, più piccole, probabilmente anche perché posizionate nella parte anteriore del veicolo, dove avere un carico aerodinamico eccessivo potrebbe
alterare l'equilibrio del veicolo. Le ali della Ducati, invece, generano un carico maggiore, che viene
distribuito tra avantreno e retrotreno, perché sono posizionate vicino al baricentro della moto.
Inoltre, sembra che
Ducati stia facendo degli
studi per realizzare delle
ali che funzionano anche in curva, generando carico aerodinamico in una fase della guida dove questo carico potrebbe essere molto utile per
aumentare lo sciacciamento a terra del veicolo e quindi il grip.
L'argomento è complesso, perché sulla moto (a differenza dell'auto a ruote scoperte) il pilota è un elemento mobile, però esistono dei
brevetti (che Ducati ha visionato) che permetterebbero di
sfruttare l'aerodinamica in curva, mandando in
stallo le ali in rettilineo attraverso il corpo del pilota.
Per fare
ulteriormente chiarezza sull'argomento, ci siamo fatti delle
domande, dandoci (e dandovi) delle
risposte.
A che cosa servono le ali su un veicolo da terra?
In due parole, un’ala serve per creare una forza verso il basso che schiacci a terra il pneumatico, aumentandone quindi il grip. Il carico aerodinamico è estremamente pregiato perché non è collegato ad una massa aggiuntiva, che invece penalizzerebbe le fasi di accelerazione e decelerazione. Per questo le appendici aerodinamiche hanno un grande potenziale di incremento delle prestazioni del veicolo.
Come funziona un'ala?
Un ala, a seconda della sua curvatura, devia il flusso d’aria da cui viene investita verso l’alto, generando una spinta verso il basso.
Il contrario di quello che avviene negli aerei. Tale forza è quindi proporzionale alla superfice dell’ala stessa e al suo orientamento rispetto alla direzione del moto, alla densità dell’aria e soprattutto al quadrato della velocità del flusso cui viene investita. Per capirsi,
proviamo a stimare il carico aerodinamico generato dalle due alette simili a quelle introdotte a Misano dalla Yamaha: piccole, poco curvate e con poco spessore.
Ammettiamo che
all’uscita di curve lente come possono essere le Rio di Misano,
a circa 100 Km/h, le due appendici producono una spinta dell’ordine di
3 – 4 Kg. In fondo al dritto, dopo il Curvone, a circa
290 Km/h, il carico aerodinamico generato dalle stesse ali è di circa
28 Kg, quindi, quasi 10 volte tanto. In questo caso,
28 Kg corrispondono a circa il 10% del carico trasferito sull’anteriore, in frenata, ed incide quindi poco sul bilanciamento complessivo del veicolo.
Tuttavia,
se si vogliono sfruttare appendici più grandi, si deve tenere conto di questa variabilità che può rendere difficile trovare il giusto
compromesso nella taratura delle sospensioni.
Inoltre, questa semplice stima è fatta partendo dal presupposto che l’ala sia libera da interferenze con il resto della moto e a parità di angolo di incidenza. In realtà
il carico prodotto dipende in parte anche dall’angolo di assetto della moto, il che complica ulteriormente la messa a punto.
Quando serve il carico aerodinamico?
In tutte le fasi in cui si sfrutta la tenuta del pneumatico:
accelerazione, frenata, percorrenza in curva. Invece è dannoso nei rettilinei, a causa della resistenza associata alla deportanza. Più carico aerodinamico equivale a più cavalli “rubati” al motore in fondo al dritto.
Cosa limita lo sviluppo dell’aerodinamica nelle moto?
In linea di principio quindi,
l’aerodinamica migliorerebbe quasi tutte le fasi di guida, aumentando la trazione in accelerazione, riducendo gli spazi di frenata e soprattutto aumentando la velocità di percorrenza nelle curve. Tuttavia, mentre quest’ultimo
effetto è preponderante nelle vetture di F1, dove l’ala rimane sempre parallela al terreno,
nelle moto viene vanificato dal fatto che in curva la moto assume un notevole angolo di inclinazione. In questo modo, la forza prodotta dalle ali genera una componente diretta verso l’esterno della curva, che vanifica il vantaggio di avere una componente verticale che schiaccia il pneumatico.
Esistono delle idee che sfruttano l’interazione ala/veicolo per “disattivare” una delle due ali in fase di percorrenza curva, massimizzando quindi solo il carico verticale ed eliminando la spinta laterale, ma sono ancora in fase di sviluppo e le vedremo forse applicate in futuro.
Quando questo accadrà, si vedrà un notevole aumento delle performance sotto forma di aumento delle accelerazioni laterali.
Un altro limite allo sviluppo di appendici aerodinamiche delle moto è la
difficoltà nel piazzare ali nella parte posteriore a causa della forma “tozza” della moto e del pilota. Questo limita la grandezza delle ali che si possono piazzare nella sola parte anteriore. Un carico troppo elevato nella sola parte anteriore, però comprometterebbe
il bilanciamento e la stabilità del veicolo.
La Ducati ad esempio, ha cercato di ovviare a questo piazzando le sue
appendici aerodinamiche più vicine possibile al baricentro della moto. Non a caso
le appendici della Ducati, che oramai fanno parte in pianta stabile dell’equipaggiamento della Desmosedici GP15, sono molto più grandi di quelle apparse fugacemente sulla Yamaha, e
dotate di un flap che aumenta la curvatura.
Presumibilmente questo ha consentito a
Ducati di ottenere un
carico doppio di quello stimato per la M1 e, grazie al posizionamento più arretrato delle ali, questo
carico viene
distribuito in parte anche al retrotreno, migliorando la trazione.