L’analisi: l’evoluzione della Sei Giorni

L’analisi: l’evoluzione della Sei Giorni<br />

Abbiamo messo sotto la lente d’ingrandimento la "corsa della passione" per il popolo del fuoristrada

 

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13.09.2017 ( Aggiornata il 13.09.2017 12:36 )

Come si è evoluta la Sei Giorni? Non è facile rispondere neppure per chi ne ha seguite 38 di seguito, e ha visto cambiare regolamenti, realtà, format di gara, classi, fino a trasformarsi in un evento sempre più variegato. Che non somiglia a quella del 1979 in Germania, quando l’Italia dei “caschi rossi” dell’allora CT Daniele Papi vinse il Trofeo Mondiale con le KTM di Elia Andrioletti, Augusto Taiocchi, Gianangelo Croci e le SWM di Franco Gualdi, Gualtiero Brissoni, Gugliemo Andreini, dopo un digiuno iridato che durava da Merano 1931. In seguito ho vissuto in diretta altre undici vittorie della Maglia Azzurra nel Trofeo Mondiale (1980, 1981, 1986, 1989, 1992, 1994, 1995, 1997, 2000, 2005 e 2007).  

SPECIALITA’ COMPLESSA - Da sport romantico, affascinante, ricco di contenuti, umanità, storie incredibili, avventure, lavoro, “tagliandi”, fatica, si è trasformato in art-business diventando una specialità sempre più complessa sebbene ogni anno riesca a muovere “soldi veri” come quelli portati a questa Sei Giorni dagli oltre iniziali 700 preiscritti del 28 febbraio, per arrivare ai 656 partenti battendo il record del 2013 in Sardegna (631). La Sei Giorni fortunatamente resiste al logorio dell’era moderna e dall’essere social a tutti i costi grazie a qualcosa che non è ancora cambiato e non cambierà mai: la passione dei privati che partecipano a questa gara e al prestigio dei migliori piloti al mondo chiamati a indossare la Maglia della Nazionale. 

MOTOCAVALCATA? - Il coinvolgimento diretto della FIM ha cambiato la filosofia della Sei Giorni. Anche quest’anno in Francia l’obiettivo è stato portare all’arrivo il maggior numero di piloti sebbene nelle prime due giornate, con il caldo e la polvere, ci fosse stata una certa selezione (93 ritirati) e per evitare sorprese si è deciso di annullare il percorso dell’ultima giornata disputando soltanto la prova di cross. Ecco perché i percorsi delle ultime Sei Giorni sono divenuti sempre più simili a delle motocavalcate con un solo giro a giornata per contenere gli oltre 600 piloti in gara e un percorso caratterizzato da pochi tratti non certo impossibili. L’unica difficoltà è che i piloti devono restare in moto otto ore e all’arrivo trasformarsi in meccanici per l’assistenza alla propria moto. La Sei Giorni resta una gara complessa per regolamento e punteggi anche se nel 2016 è stata introdotta la storica riduzione dei componenti del Trofeo Mondiale – da sei a quattro piloti – nel Trofeo Junior (da quattro a tre), mentre per favorire i privati della classifica di Club già da anni se uno dei tre componenti della squadra dovesse ritirarsi, il giorno successivo può ripartire nonostante una pesante sanzione di 3000 punti.  
 
SOLUZIONI - Per rendere più interessante la lotta per la vittoria la FIM in futuro potrebbe reintrodurre lo scarto per il peggior risultato dei componenti di Trofeo Mondiale, Trofeo Junior e Women come pure miscelare la Sei Giorni con due o tre giornate di gara valide come un GP iridato, estrapolando le classifiche. Così facendo si eviterebbe l’assenza di molti big del Mondiale che negli ultimi anni hanno costretto le rispettive nazioni a fare a meno dei propri migliori rappresentanti.  
Quest’anno è successo con la Nazionale inglese senza Holcombe (candidato al titolo EnduroGP) e Freeman (in lotta per il Mondiale EJ). L’ultima considerazione riguarda le classi valide per l’assegnazione del Trofeo Mondiale e Junior rimaste per fortuna le stesse sette categorie dell’ultimo decennio della Sei Giorni: E1, E2, E3, mentre per la classifica di Club C1, C2, C3 e EW per il Trofeo Women. Dunque, nessuna classe come nel Mondiale 2017 – EnduroGP, Enduro2, EJ, EY – nonostante la riluttanza di qualche gerarca malato di onnipotenza e grandi esperti delle strategie di marketing...  
La Sei Giorni continua perciò a rimanere una gara dall’immutato aspetto umano. Chi partecipa, infatti, non deve essere soltanto un buon pilota, ma romanticamente anche meccanico per provvedere personalmente, senza aiuto di alcuna persona, alla manutenzione e/o sostituzione di pneumatici e componenti della propria moto. Partecipare alla Sei Giorni con l’obiettivo di portare a termine la gara, resta il vero premio dei piloti privati. Questo perché qualcosa alla Sei Giorni resisterà sempre: il cuore di chi vuole bene all’Enduro.  

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