Prova Comparativa - Yamaha R1 Base/Trofeo/STK

Il confronto tra l'originale e quelle da competizione

Redazione

03.02.2010 ( Aggiornata il 03.02.2010 16:13 )

La Prova
Oltre il limite

La moto più attesa, la novità dell’anno, è anche una moto tecnicamente all’avanguardia: la prima quattro cilindri in linea in produzione col motore a scoppi irregolari, una pietra miliare nella storia delle supersportive. Una stradale che sa tanto di corse e che quest’anno gareggerà in parecchie categorie, con diversi stadi di preparazione a seconda dei differenti regolamenti. È interessante vedere quanto si possa ottenere da una moto che già così com’è, quasi si fatica a chiamare stradale, perché in pista ha tutte le carte in regola per far sognare: noi abbiamo messo a confronto il modello di serie con quello preparato per il trofeo monomarca - tutte le moto uguali ed un kit imposto dall’organizzatore - e una versione in allestimento superstock, che rimanendo fedele alla versione originale è molto più estrema, una vera e propria moto da corsa, con cui si può ben figurare anche nel mondiale.

La prima differenza è nell’impostazione di guida, infatti la versione stradale è molto più comoda e “seduta” sul posteriore: sella soffice, pedane basse e un po’ troppo avanzate. Le due versioni preparate hanno una posizione più adatta all’uso in pista, pedane alte e arretrate, cambio rovesciato - cioè con la prima in alto - e una sella che definire rigida è eufemistico. Inoltre i semimanubri sono leggermente più larghi e aperti e permettono un miglior controllo del veicolo. In circuito con la moto stradale ci si accorge subito di come le sospensioni fatichino quando si incomincia a spingere a fondo: più che la forcella è l’ammortizzatore che entra in crisi nelle accelerazioni violente e nei curvoni veloci, innescando un fastidioso ondeggiamento. In compenso, in staccata il bilanciamento della stradale, che ha un retrotreno basso, aiuta a tenere la linea e la moto che difficilmente derapa. primi giri in sella alla R1 Cup ci lasciano un po’ l’amaro in bocca, ma basta alzare un po’ l’avantreno per migliorare molto il comportamento della moto. Una delle differenze che più si notano è la leggerezza nei cambi di direzione; rispetto alla versione di serie sembra addirittura un’altra moto. Le sospensioni più rigide e il peso minore permettono anche una maggiore precisione nella guida.

La superstock e la Cup si riescono a portare al limite con più facilità. La maggiore rigidità delle sospensioni permette di affrontare con sicurezza gli ingressi in curva, soprattutto in velocità, ed è notevole anche la differenza nella prontezza delle reazioni. Nelle due versioni più spinte il comportamento della moto è rapido e secco, invece la stradale ha un carattere molto più soft e nei cambi direzione, nelle staccate e nelle accelerazioni, una guida troppo aggressiva risulta poco efficace perché tende a mettere in crisi la ciclistica. Naturalmente la superstock è il top: nella ciclistica non si differenzia tantissimo dalla versione trofeo, ma si percepisce lo scrupoloso lavoro di messa a punto cui è stata sottoposta. Molto precisa e composta nelle reazioni, ha un motore la cui spinta è tutta un’altra cosa. Il giusto merito va dato anche ai pneumatici: essendo materiale “sviluppo”, i Michelin della superstock sono decisamente più efficaci e permettono di accelerare prima e in maniera più aggressiva. Più interessante la differenza tra la moto da trofeo e quella da strada: per questa prova erano equipaggiate con gli stessi pneumatici ma hanno un assetto diverso, per cui la R1 stradale risulta poco precisa e fin troppo morbida in alcune occasioni, tanto da perdere trazione prima delle altre due.

La particolarità più interessante della nuova R1 è il motore a scoppi irregolari, caratterizzato da un’erogazione ed un rombo molto simili a quelli di un bicilindrico: fin da 4.000÷5.000 giri l’erogazione è pulita e molto corposa, tale da permettere di usare sempre marce abbastanza lunghe. Se però nella versione stradale e anche in quella del monomarca l’allungo non è eccezionale, la superstock è un portento e da 5.000÷6.000 giri fino a 14.000 si avverte una spinta regolare. La maggiore potenza si percepisce anche nei cambi marcia: il calo del regime di rotazione del motore è quasi impercettibile e si nota abbastanza la differenza con la versione da trofeo, nonostante abbia anch’essa il cambio elettronico. Salta all’occhio anche la poca differenza di potenza che c’è tra la versione originale e quella da Trofeo: quest’ultima ha un po’ più di allungo e una spinta leggermente più corposa su tutta la curva di potenza. Ben diversa la versione superstock, che ha 1.000 giri in più di utilizzo ed una curva di coppia decisamente più piena, doti che consentono di raggiungere velocità massime più elevate. Insomma, queste tre Yamaha hanno la stessa anima ma il diverso livello di preparazione determina personalità abbastanza differenti: in pista la stradale impallidisce, messa a confronto con le due più evolute cugine. D’altro canto nasce per andare in strada e con qualche modifica, ma senza cambiamenti radicali, può diventare un ottimo mezzo dalle caratteristiche racing con cui divertirsi anche in pista. Esattamente quello che avviene con la moto da trofeo. Su un altro pianeta la Stock, e c’era da prevederlo: per regolamento deve mantenere una certa somiglianza con la versione di serie, ma c’è tutto lo spazio per trasformarla in una vera combattente da pista, capace di ottenere giri record e vittorie in una categoria combattutissima.


La tecnica
Uguali... solo in partenza

Tre moto uguali ma estremamente diverse. Queste tre R1 partono dalla stessa base ma sono state modificate in relazione al regolamento delle categorie in cui corrono. La moto “trofeo” della nostra prova è quella preparata per il monomarca dal Team Colombo racing-RGP, la moto superstock, invece, è quella preparata dal Team QDP per il CIV 2009. Per tutte e tre il telaio è lo stesso perché i diversi regolamenti non permettono di modificarli, quindi si lavora solo sulle sospensioni: sulla versione trofeo sono rigorosamente Öhlins. Al posteriore c’è un ammortizzatore TTX 36 regolabile in tutte le sue funzioni, dotato di regolazione idraulica del precarico molla. Nella forcella, invece, si possono sostituire solo molle e pompanti per adeguare la taratura a un uso racing; è possibile sostituire anche l’ammortizzatore di sterzo con due differenti versioni: quello rotativo o quello lineare, più tradizionale, adottato sulla moto del nostro test.

Anche nel campionato superstock è permessa la sostituzione dell’ammortizzatore e delle cartucce della forcella, e qui la scelta è caduta su MUPO, una piccola azienda che segue il Team QDP ad ogni uscita, effettuando un continuo sviluppo del prodotto. Per quanto riguarda le coperture con cui sono equipaggiate le moto, la Metzeler è partner del trofeo monomarca e tutte le moto devono montare le Racetec Interact nelle mescole K2 all’anteriore e K1 al posteriore; per questa prova anche la moto di serie aveva gli stessi pneumatici. Nel CIV invece la scelta dei pneumatici è libera e il Team QDP ha stretto un accordo con la Michelin, per cui il pneumatico usato è il Power One. Mescole e carcasse sono “factory”, quindi non commercializzate. I freni sono in buona parte di serie e quindi uguali tra loro;su entrambe le moto da corsa vengono sostituiti pastiglie e tubi, però la R1 trofeo monta anche i dischi freno a margherita della Braking.

Per quanto riguarda il motore, le modifiche ammesse sono davvero poche. Solo il regolamento superstock permette di sostituire la guarnizione di testa, per aumentare la compressione, ma i risultati maggiori si ottengono con la sostituzione di scarico e centralina. La moto che partecipa al CIV monta una centralina per la gestione motore della YEC, che ha mappature specifiche per gli scarichi liberi, permette l’adeguamento in pista di anticipo e carburazione e gestisce il cambio elettronico. Lo scarico della superstock deve restare entro i 105 Db più un 3% di tolleranza a fine gara, invece da quest’anno il limite di rumorosità per tutti i monomarca è 98 dB e quindi lo scarico della moto da trofeo è dotato di dB killer, che oltre ad abbattere il rumore “frenano” anche i cavalli. Nella moto del monomarca la centralina deve rimanere quella di serie, ma per ovviare agli scompensi di carburazione che si creerebbero con la sostituzione dello scarico, è stato previsto l’utilizzo di un modulo aggiuntivo della Rapid Bike, che permette di adeguare la carburazione.

Entrambe le moto preparate per la pista sono equipaggiate con il filtro dell’aria della BMC. Nella versione superstock viene eliminata la possibilità di scelta della mappatura dell’acceleratore e si può utilizzare solo il rapporto 1:1 (standard), invece nella versione trofeo le tre mappature sono ancora disponibili ma i tecnici hanno lavorato per perfezionare la mappatura standard e non la A, ovvero quella che sulla moto di serie è la più aggressiva. Un ultimo tocco racing viene dato dal cruscotto, che sulla versione del trofeo è fornito dalla GET: ampia visione e tanti dati da leggere.


Identikit
  • Motore
  • 4 cilindri in linea, 4T, raffreddato a liquido. Cilindrata 998 cm3. Alesaggio e corsa 78 x 52,3 mm. Rapporto di compressione 12,7:1. Distribuzione DOHC, 16 valvole. Alimentazione a iniezione elettronica. Lubrificazione forzata a carter umido. Avviamento elettrico. Prestazioni dichiarate: potenza 182 CV (133,9 kW) a 12.500 giri/’; coppia 11,8 kgm (115,5 Nm) a 10.000 giri/’.
  • Trasmissione
  • Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio. Cambio a 6 marce.
  • Ciclistica
  • Telaio a doppio trave in alluminio. Sospensioni: ant. forcella regolabile, corsa ruota 120 mm; post. progressiva con un ammortizzatore regolabile, corsa ruota 120 mm. Freni: ant. 2 dischi di 310 mm Ø, pinze ad attacco radiale a 6 pistoncini; post. disco di 220 mm Ø, pinza a 2 pistoncini. Pneumatici: ant. 120/70-ZR17; post. 190/55-ZR17.
  • Dimensioni e peso
  • Interasse 1.415 mm, lunghezza 2.070 mm, larghezza 715 mm, altezza sella 835 mm. Capacità serbatoio carburante 18 litri. Peso dichiarato in ordine di marcia 206 kg.

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