Prova Comparativa Supersport - Yamaha YZF-R6

Honda, Yamaha, Suzuki, Kawasaki, Triumph messe a confronto

Redazione

10.02.2010 ( Aggiornata il 10.02.2010 14:24 )

La Prova
Sempre di traverso

È la moto più simile a una 250 da gran premio. Questo può essere inteso come un complimento... per chi la usa in pista. La R6 è la supersport più estrema del lotto, fatto che, su strada, è un grosso limite. Per capire che la Yamaha è una race replica senza compromessi basta salire in sella. Piano di seduta alto e pedane arretrate, proprio come sulla Triumph. E ancora, manubri larghi e vicini al busto ma, per fortuna, non eccessivamente bassi. Se si guida in modo aggressivo, la R6 è abbastanza comoda, più della Daytona. Se invece si ha intenzione di passeggiare allegramente, il discorso cambia e le altre giapponesi sono senza dubbio più abitabili. Il motore ha una doppia personalità, è una sorta di dottor Jeckyll e mister Hyde. In basso ha un sound talmente cupo che quasi non sembra un quattro cilindri in linea. Poi, appena si sfiora il gas, quel rombo cupo diventa cristallino. Bellissimo, emozionante. Tanto fumo, poco arrosto, almeno fino a 8.000 giri. Da questo regime in avanti la musica cambia e a 10.000 giri esatti sembra che entri in funzione una turbina. Il motore della R6, ai bassi e medi regimi, pur avendo un funzionamento lineare, è il meno sfruttabile della categoria. Sulle strade scorrevoli, quelle con tante curve caratterizzate da raggi simili, si può inserire un rapporto dopo l’altro cambiando tra 6.000 e 8.000 giri. Quando arriva il momento di spalancare il gas, sulla R6 l’ago del contagiri deve stazionare sopra quota 10.000 giri.

Il quattro cilindri della Yamaha, molto più degli altri, va fatto strillare. Così facendo si ha l’impressione che i pistoni vogliano uscire dai cilindri. Poi, una volta capito che è così che la R6 va usata, ci si prende gusto. L’allungo è eccezionale. Il migliore. La Yamaha non raggiunge regimi di rotazione molto più elevati delle altre supersport, però è l’unica Il problema è che con la R6 o si va forte... o si va forte. Non ci sono vie di mezzo. Ed è proprio per questo motivo che su strada è la meno versatile e facile da usare. Le sospensioni, pur essendo rigide, riescono ad assorbire bene le asperità dell’asfalto e hanno tarature che non alterano l’equilibrio ciclistico del veicolo. A centro curva e in accelerazione l’ammortizzatore evita che il retrotreno si sieda; l’avantreno non perde carico e sia nel lento che nel veloce la moto risulta stabile e precisa. La Yamaha in inserimento e nei cambi di direzione non è agile come la Honda e tanto meno come la Triumph; si percepisce più inerzia sull’avantreno, che aiuta a trovare un buon feeling. In staccata la quattro cilindri di Iwata è la moto che ha il retrotreno più leggero. Nelle curve lente sembra di essere in sella a una supermotard, perché quando si usa davvero l’impianto frenante anteriore è praticamente impossibile tenere le ruote in asse. Proprio i freni non ci hanno convinto. La potenza non manca, però la modulabilità, il feeling con l’impianto non è al livello delle altre quadricilindriche del Sol Levante e neppure della tricilindrica inglese. Dati alla mano la Yamaha non è molto meno efficace delle sue dirette rivali, però con le altre supersport si riesce a gestire la frenata con maggiore semplicità.


I nostri rilevamenti
Velocità max 258,0 Km/h
Accellerazione da fermo
  • Distanza in metri
  • 0-400
  • 0-1000
  • Tempo in secondi
  • 11"53
  • 21"08
  • Velocità in uscita in Km/h
  • 205,9
  • 242,3
  • Variazione velocità in Km/h
  • 0-100
  • 0-160
  • Tempo in secondi
  • 3"96
  • 7"22
  • Distanza in metri
  • 56,4
  • 176,9
Ripresa da 60Km/h
  • Distanza in metri
  • 0-400
  • 0-1000
  • Tempo in secondi
  • 12"86
  • 23"43
  • Velocità in uscita in Km/h
  • 164,4
  • 235,4
  • Variazione velocità in Km/h
  • 60-100
  • 60-160
  • Tempo in secondi
  • 4"95
  • 12"32
  • Distanza in metri
  • 108,4
  • 375,1
Scarto al tachimetro
  • Velocità indicata
  • 45,0 km/h
  • 141,5 km/h
  • Velocità effettiva
  • 50 km/h
  • 150 km/h
Frenata
  • Velocitá
  • Da 60 Km/h
  • Da 100 Km/h
  • Metri
  • 13,9
  • 39,1
Peso effettivo
  • Totale
  • Asse anteriore
  • Asse posteriore
  • 191,0
  • 100,8
  • 90,2
Il Banco
Potenza massima 112,2 CV (82,3 kW) a 14200 giri minuto (effettiva alla ruota)
Coppia massima 6,1 Kgm (59,9 Nm) a 10800 minuto (effettiva alla ruota)
 

La pagella
  • Linea 2 su 5
    I voti più alti vanno a Honda e Yamaha. La CBR è compatta e ha un design molto equilibrato. È sportiva ma anche elegante. La R6, invece, è ignoranza e aggressività allo stato puro. Esagerata, fin troppo. La Kawasaki si ispira alle spigolose forme della Ninja da MotoGP, però la linea del gruppo ottico anteriore non ci ha convinto. Più equilibrata, ma meno appariscente, la Suzuki. Troppo semplice la Triumph.
  • Finiture 2 su 5
    Il livello medio della CBR resta sempre alto, ma la qualità e la fattezza dei componenti meccanici delle altre giapponesi sono migliorate. La GSX-R, la R6 e soprattutto la ZX-6R hanno fatto notevoli passi avanti. Sotto la media, invece, la Daytona: molta sostanza, poca apparenza. La cura dei dettagli, come ad esempio la bulloneria o le finiture superficiali dei pezzi più in vista, sono sufficienti, su tutte le concorrenti.
  • Componentistica 3 su 5
    Il salto di qualità rispetto al passato è evidente. La tecnologia va avanti e ormai le supersport utilizzano molti componenti racing. La Honda monta addirittura l’ABS elettronico, sulla Suzuki si possono cambiare le mappature motore, la Yamaha ha i cornetti di aspirazione ad altezza variabile, la ZX-6R ha una forcella Showa di derivazione MotoGP. Più tradizionali, ma comunque validi, i componenti della Triumph
  • Motore 5 su 5
    Il tricilindrico Triumph, grazie a una risposta al gas pronta e tanta coppia ai medi regimi, è il propulsore complessivamente più sfruttabile. A livello di versatilità è ottimo anche il quattro cilindri Honda, che ha tanta “schiena”. I motori Yamaha e Kawasaki hanno molto allungo, ma ai bassi e medi regimi non sono al livello della concorrenza. Al quadricilindrico Suzuki servirebbe una risposta al gas più pronta
  • Trasmissione 3 su 5
    La CBR ha un cambio caratterizzato da innesti precisi e da una contenuta corsa della leva. Ottimo anche il rendimento della frizione. Tutte le altre, pur essendosi avvicinate moltissimo agli standard Honda, sono ancora un gradino sotto. La ZX-6R e la GSX-R sono allo stesso livello, alto, fin quando non si raggiunge il limite del veicoli. La R6 ha innesti un filo “gommosi”, la Daytona una frizione poco modulabile.
  • Sospensioni 5 su 5
    La Triumph ha tarature che consentono di sfruttare la moto su strada e in pista, perché sia la forcella che l’ammortizzatore evitano eccessivi e bruschi trasferimenti di carico. Le sospensioni della Honda sono adatte all’uso su strada perché morbide, quelle della Yamaha, rigide, perfette per l’uso in pista. Promosse le forcelle di Suzuki e soprattutto di Kawasaki, che però sono troppo rigide rispetto agli ammortizzatori.
  • Freni 3 su 5
    Gli impianti delle moto giapponesi si equivalgono. Con quello della GSX-R è facile entrare in confidenza per merito delle sue eccellenti doti di modulabilità; sopra la media. Ottimo il funzionamento dell’ABS della CBR, che consente di sfruttare tutto il potenziale dell’impianto anche su fondi umidi. Molto modulabili pure i freni della ZX-6R, potenti quelli della R6. All’impianto della Triumph manca un pizzico di mordente.
  • Strumentazione 4 su 5
    Tutti i cruscotti hanno contagiri facilmente leggibili, fatto importantissimo su moto così sportive, accoppiati a display digitali con tante funzioni. I più ricchi sono quelli della Suzuki e della Triumph. La Kawasaki, invece, ha la strumentazione con la funzione cronometro più intuitiva e comoda da usare. Solo sulla Honda, infine, c’è l’indicatore del livello del carburante; sulle altre c’è solo la spia della riserva
  • Comfort 2 su 5
    Premesso che parlare di comfort su una supersportiva è come ragionare sulle prestazioni in pista di una touring, va detto che la CBR, la ZX-6R e soprattutto la GSX-R, sono quelle più spaziose e dotate di una discreta protezione aerodinamica. La R6 e la Daytona sono piuttosto scomode, ma sono anche le uniche con cui, in circuito, si riesce a trovare da subito la corretta postura in sella.
  • Guida 5 su 5
    La moto più facile e divertente da usare è la Triumph. Il suo tre cilindri ha un’erogazione fluida, caratteristica che consente di guidare in maniera “rotonda”. Sulla Daytona, insomma, ci si diverte senza faticare troppo. Le quattro cilindri giapponesi sono molto performanti, adatte all’uso in pista, poco a quello su strada. Per divertirsi con le quattro “Jap” bisogna tenerle sempre su di giri e andare forte
  • Prezzi 4 su 5
    Tranne la Yamaha, costano tutte meno di 11.000 euro. Analizzando le moto dal punto di vista prestazionale, quella che offre il “pacchetto” migliore è la Triumph. Se invece si vuole dare la priorità al design e alla qualità delle finiture e della componentistica, sono le giapponesi a spuntarla (CBR in testa), costruite e assemblate molto meglio della tricilindrica inglese, piuttosto spartana

Prova Comparativa - Supersport
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