Prova Verità - Moto Guzzi V7 Classic

Richiama una moto gloriosa ma in chiave moderna. Guida facile motore generoso. Adorabile

Redazione

12.02.2010 ( Aggiornata il 12.02.2010 11:17 )

La Prova
Moderna e retrò

Pochi lo sanno ma il motore bicilindrico a V bandiera della Moto Guzzi era nato per essere montato su uno chassis da auto, quello della FIAT 500. Il progetto commissionato dalla grande azienda torinese piacque all’allora presidente Vittorio Valletta ma venne richiesta una fornitura di 250.000 pezzi l’anno quando la capacità produttiva di Mandello non superava i 50.000: la FIAT continuò per la sua strada con un motore bicilindrico parallelo progettato e costruito internamente, mentre il 650 a V dell’ing. Giulio Cesare Carcano venne portato a 703 cm3 e fu montato sulla V7 del 1967, seguita nel 1969 dalla V7 Special, che in realtà era una 750. Inizio di una saga gloriosa. Sono passati almeno 39 anni, 41 dalla prima versione, e pochi di quelli che l’hanno guidata allora torneranno sulla V7 attuale, che ne riprende il nome e il fascino interpretandoli in chiave vintage. Ma 39 anni dopo, la V7 Classic conserva intatto l’appeal di quella che allora fu la prima maxi moto italiana e oggi è una naked di cilindrata media. Nella realtà tutta diversa dalla progenitrice della quale - ovviamente - non conserva nemmeno una vite, eppure ancora permeata da una vaga aura di mito, resa molto più appetibile dal fatto che il vintage è passato attraverso il filtro di un designer coi controfiocchi e che comunque vintage è l’impostazione stilistica, certo non la sostanza.

C’è una moto piacevolissima e moderna, sotto, tecnicamente molto vicina alla Breva; un mezzo molto facile, che non pretende di stupire per le prestazioni ma lo fa per la sua accessibilità. La V7 si fa volere bene perché sopra ci si sente a casa. È grande quanto lo deve essere una moto e non di più, lunga il giusto e alta quanto serve per una sistemazione confortevole, i piedi arrivano bene a terra da fermo e la sella attutisce bene in movimento. La posizione è da naked, perfetta per le strade dove c’è da guidare. Anzi, perfetta lo sarebbe se le svasature del serbatoio fossero più lunghe e non lasciassero lo spigolo proprio sotto il ginocchio, ma è fastidio di poco conto. Il busto leggermente inclinato in avanti contrasta la spinta dell’aria e non è male perché la protezione è inesistente e la V7, anche senza prestazioni da castigo divino, può comunque arrivare attorno ai 170 km/h. Non raccontatelo troppo in giro ma potrebbe onorevolmente sostituire uno scooterone per quanto si lascia maneggiare bene a bassa velocità: sagoma stretta e sterzo che richiede una spinta molto ragionevole, e soprattutto tanto equilibrio e il baricentro basso, ciò che rende pressoché inavvertibile il peso anche spostandosi pianissimo. LA V7 Èuna moto con cui ci si muove bene in città e ci si può divertire fuori, non è la castigatrice della Futa o del Ghisallo ma è piacevolissima: nello stretto è abbastanza rapida nei cambi di direzione e veloce nell’ingresso in curva, sembra quasi prendere la corda da sola. Però non bisogna farsi ingannare perché una guida tutta spigoli con quel motore non avrebbe senso. Il “pompone” della V7 tira praticamente a qualunque regime da 2.500 giri in su ma mai con un vigore spropositato. E allora no a linee strette ed aperture da dragster: in curva è meglio farla correre, traiettorie tonde e guida pulita.

C'è una cosa a cui bisogna abituarsi, guidando la V7, ma se nelle note sulla guida la trovate piuttosto avanti è perché la sua importanza è trascurabile: è l’effetto dell’albero motore che gira longitudinalmente e porta la moto ad essere leggermente più dura quando la si inclina per curvare a destra, meno a sinistra, si avverte anche la coppia di rovesciamento quando si dà un colpo di gas a basso regime, ma davvero non è nulla di importante: ci si abitua in pochi chilometri e del resto fa parte del carattere di una Guzzi, un po’ come il temperamento del motore: erogazione lineare che di più non si potrebbe, senza salti, non particolarmente entusiasmante ma tale da non mettere mai in difficoltà. Sale pulito fin da 2.500 giri, sulle pedane e sul manubrio qualche vibrazione che in alto aumenta. Spinge sempre, non esalta ma fa della strada. Le prestazioni sono giuste per una moto da soddisfazioni, non da brividi: 14”63 sui 400 metri e 28”43 sul chilometro. Potenza massima 40 cavalli a 6.100 giri; il limitatore interviene a 7.800 giri ma già oltre i 7.000 proprio non ha senso spingersi perché è come pretendere di spremere una rapa, da cui sugo non può venire. Meglio mettere una marcia in più e sfruttare i medi regimi, dove di sostanza ce n’è tanta. Quanto al cambio, l’azione non è velocissima e la leva duretta ma la precisione è esemplare: non è mai capitato di sbagliare una marcia in tutta la prova. Allo stesso modo la trasmissione finale a cardano non avrà l’elasticità di quella a catena ma è perfetta per un’andatura consona a questa moto: nessun problema né in accelerazione - non tende a sollevarsi - né se in frenata si tolgono un paio di marce su di giri, e soprattutto nessuna manutenzione, che significa un’altra seccatura di meno.


La tecnica
Soluzioni dal mondo auto

Ovviamente non è rimasto nulla del motore-prototipo che dette il via all’avventura delle Guzzi a V, ma l’architettura è ancora quella e per qualche verso ne porta i segni, ad esempio il cambio separato dai carter motore, più agevole per un impiego automobilistico, oppure la disposizione longitudinale dell’albero motore e la stessa trasmissione ad albero con giunto cardanico. Per quanto molto diversa dalla maggioranza dei bicilindrici sulla piazza, si tratta di un’unità abbastanza semplice: due cilindri a V trasversale di 90- con la distribuzione ad aste e bilancieri comandata da un unico albero a camme disposto centralmente nel carter, in mezzo alla V, e mosso da una catena dislocata nella parte anteriore; come su tutti i propulsori di Mandello della serie “piccola” ci sono due valvole per cilindro. Da notare che qui il carter non è a tunnel, come sui motori Guzzi di maggior cilindrata, ma è costituito da due elementi uniti secondo un piano orizzontale. L’albero motore ha una sola manovella sulla quale sono montate entrambe le bielle, affiancate, per cui gli intervalli di scoppio sono irregolari. All’estremità posteriore dell’albero, la frizione monodisco a secco con parastrappi, ancora una soluzione automobilistica dettata dall’architettura del motore Guzzi, e il cambio a cinque rapporti che rispetto a quello della prima versione montata sulla V75 è stato rivisto per migliorare un po’ la fluidità degli innesti.

L’alimentazione ad iniezione elettronica Magneti Marelli integrata con l’accensione fa parte delle modifiche introdotte già sulla Breva 750 per rientrare nei limiti della Euro 3, compresi i corpi farfallati Weber di 36 mm Ø; è differente invece l’impianto di scarico e per questo motivo è stato necessario utilizzare un nuovo cavalletto nonostante il telaio a doppia culla chiusa, scomponibile per consentire il montaggio del motore, sia parente strettissimo di quello della Breva. Qui però la ruota anteriore è di 18” invece che di 17” e ci sono cerchi a raggi invece che in lega. E pneumatici che in rapporto alla tendenza generalizzata sono abbastanza sottili e con la spalla alta, a tutto vantaggio della maneggevolezza. Tradizionali, naturalmente, anche le sospensioni, forcella convenzionale con steli di 40 mm Ø, e dietro due ammortizzatori idraulici regolabili nel precarico molla. Il forcellone in alluminio è infulcrato nella scatola del cambio e all’interno del braccio destro ospita l’albero di trasmissione, senza alcun sistema anti innalzamento - tipo CARC -, del quale peraltro non si avverte la necessità. I freni sono a disco, davanti uno di 320 mm Ø con pinza a quattro pistoncini contrapposti a sezione differenziata, dietro uno di 260 mm Ø con pinza a due pistoncini contrapposti.


I nostri rilevamenti
Velocità max 169,0 Km/h
Accellerazione da fermo
  • Distanza in metri
  • 0-400
  • 0-1000
  • Tempo in secondi
  • 14"63
  • 28"43
  • Velocità in uscita in Km/h
  • 143,9 km/h
  • 164,2 km/h
  • Variazione velocità in Km/h
  • 0-100
  • 0-160
  • Tempo in secondi
  • 6"17
  • 22"78
  • Distanza in metri
  • 102,6
  • 756,8
Ripresa da 60Km/h
  • Distanza in metri
  • 0-400
  • 0-1000
  • Tempo in secondi
  • 14"17
  • 28"52
  • Velocità in uscita in Km/h
  • 134,0
  • 161,2
  • Variazione velocità in Km/h
  • 60-100
  • 60-160
  • Tempo in secondi
  • 6"13
  • 24"87
  • Distanza in metri
  • 137,6
  • 840,0
Scarto al tachimetro
  • Velocità indicata
  • 50 km/h
  • 100 km/h
  • 150 km/h
  • Velocità effettiva
  • 47,1 km/h
  • 96,0 km/h
  • 143,1 km/h
Frenata
  • Velocitá
  • Da 60 Km/h
  • Da 100 Km/h
  • Metri
  • 13,5
  • 41,4
Peso effettivo
  • Con 3 litri di carburante
  • Asse anteriore
  • Asse posteriore
  • 197,0
  • 90,4
  • 106,6
Il Banco
Potenza massima 40,2 CV (29,9 kW) a 6.150 giri minuto (effettiva alla ruota)
Coppia massima 5,32 Kgm (52,1 Nm) a 2.850 minuto (effettiva alla ruota)
 

Identikit
  • Motore
  • Bicilindrico a V trasversale di 90-, quattro tempi, raffreddato ad aria. Cilindrata 743,9 cm3. Alesaggio e corsa 80 x 74 mm. Rapporto di compressione 9,6:1. Distribuzione ad aste e bilancieri con un solo albero a camme nel basamento, due valvole per cilindro. Alimentazione a iniezione elettronica Weber-Marelli con due corpi farfallati di 36 mm Ø. Accensione elettronica. Lubrificazione forzata a carter umido, pompa a lobi. Avviamento elettrico.
  • Trasmissione
  • Primaria a ingranaggi, finale ad albero con giunto cardanico. Frizione monodisco a secco con parastrappi. Cambio a 5 rapporti.
  • Ciclistica
  • Telaio a doppia culla chiusa scomponibile in tubi d’acciaio. Sospensioni: anteriore forcella teleidraulica con steli di 40 mm Ø, corsa ruota 130 mm; posteriore forcellone oscillante in lega leggera con due ammortizzatori regolabili nel precarico, corsa ruota 118 mm. Freni: anteriore un disco flottante di 320 mm Ø con pinza a quattro pistoncini; posteriore un disco di 260 mm Ø con pinza a due pistoncini. Pneumatici: anteriore 100/90-18” 56H TL; posteriore 130/80-17” 65H TL.
  • Dimensioni
  • Interasse 1.449 mm, lunghezza 2.185 mm, larghezza 800 mm, altezza 1.115 mm, sella 805 mm, luce a terra 182 mm. Inclinazione cannotto 27 - 50’, avancorsa 109 mm. Serbatoio 17 l. (riserva 2,5 l.).

La pagella
  • Linea 9
    Non è come ti immagineresti una moto fatta nel XXI secolo. Ma è bellissima, profuma di classico eppure è di gusto attuale.
  • Finiture 8
    Si rifà agli anni Settanta e se la cura costruttiva fosse... moderna stonerebbe un po’. Dunque è ben fatta ma va giudicata con occhio retró.
  • Componentistica 8
    Nulla per cui gridare al miracolo perché con un’impostazione tranquilla di miracoli non ne servono. È tutto adeguato al carattere della Classic.
  • Motore 7,5
    Per le prestazioni meriterebbe meno, però ha un carattere generoso e un’erogazione morbida che su una moto così stanno a pennello.
  • Trasmissione 8
    Problemi veri e propri nessuno, però il cambio è duretto e la frizione non è molto progressiva. In compenso non sbaglia una marcia
  • Sosapensioni 8
    Bene la forcella, agli ammortizzatori si poteva chiedere qualcosa di più in termini di smorzamento. Nel comfort il retró non fa fascino.
  • Freni 8
    Sufficienti per le necessità di una moto dall’impostazione tranquilla ma in velocità ci vorrebbe più mordente, soprattutto davanti.
  • Strumentazione 7,5
    Gran bel lavoro stilistico, però la grafica è confusa e manca l’indicatore del livello carburante.
  • Comfort 8,5
    Da brava naked non dà protezione dall’aria ma offre una buona posizione in sella, discreto assorbimento delle asperità e non è faticosa
  • Guida 8,5
    Voto alto per una moto che non ha pretese sportive, ma è piacevolissima, stabile, rassicurante: cosa chiederle di più?
  • Prezzo 8
    Il giusto per una moto fatta bene e con un notevole appeal. Non è un caso se ha riscosso un buon successo di vendite.

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