Ducati Diavel Carbon - Prova novità

È lunga e bassa ma si guida come una naked

Redazione

01.03.2011 ( Aggiornata il 01.03.2011 08:54 )

Accellera come un dragster, frena come una moto sportiva, ma l'ABS non va mai disinserito. La Diavel è più comoda e spaziosa di una Monster e costa 19.990 euro chiavi in mano
 
 

 
La Prova
Posseduta dal Diavel

Malaga - Una cruiser che si guida come una naked. Una bodybuilder con le doti atletiche di una centometrista. Un concentrato di soluzioni tecnologicamente avanzate, in grado di trasformare, come per magia, una moto grossa ed apparentemente impacciata nella bestia nera delle sportive. Ecco, in estrema sintesi questa è la Diavel, un progetto talmente folle e coraggioso da risultare addirittura “simpatico”. Gli uomini Ducati che hanno pensato la Diavel si sono ispirati ai SUV di grossa cilindrata, macchine che basano la loro fortuna sulle dimensioni extra large, sull’immagine e sulla potenza, senza per questo rinunciare alla sportività, un concetto oggi molto elastico e non più associato solo alle auto o alle moto sportive.

Insomma, la Diavel, esattamente come la Harley Davidson V-Rod, la Yamaha VMAX e la Triumph Rocket III, è una muscle bike, moto imponenti, che in gergo vengono anche definite delle bruciasemafori, adatte a catturare l’attenzione ed alle tranquille passeggiate. Con la Ducati, però, si può anche guidare di buon passo, staccare, piegare ed accelerare come si farebbe in sella ad una nuda sportiva. È questo che la differenzia dalla concorrenza e potrebbe essere questo il segreto del suo successo, ma anche la causa del suo flop. Le domande a cui bisognerà dare risposte sono due: chi decide di acquistare una muscle bike è davvero così interessato anche alle prestazioni in curva? Ed inoltre: chi fino ad ora ha comprato delle compatte naked sportive, potrebbe interessarsi davvero alla gigantesca Diavel? Se la risposta è sì, in entrambi i casi, Ducati avrà fatto centro, in caso contrario l’azienda bolognese difficilmente riuscirà a vendere 5000 moto all’anno nel mondo, l’obiettivo dichiarato.

Lunga come un autobus, potente e leggera come una sportiva, bassa come una cruiser, comoda come una naked. Per gli smanettoni, l’unico vero difetto della posizione di guida della Diavel risulta la contenuta altezza del piano di seduta (come optional è disponibile una sella rialzata di 20 millimetri, oltre ad una ribassata di 20 millimetri, probabilmente pensata per i Lillipuziani...); per gli altri le sue dimensioni imbarazzanti. Per fortuna il peso contenuto agevola la gestione della bestia durante le manovre e alle basse velocità. Rispetto alla Monster 696, il manubrio è stato avvicinato al busto di 100 millimetri ed alzato di 140 millimetri; le pedane sono state avanzate di 116 millimetri ed abbassate di 23 millimetri.

Cosa significa tutto questo? Che la Diavel è più comoda e spaziosa di una Monster (eccezion fatta per lo spazio a disposizione per le gambe, scarso a causa della seduta bassa), che in frenata e nei cambi di direzione non si avverte un eccessivo carico su polsi ed avambracci e che in piega le pedane e le leve arrivano abbastanza facilmente a sfregare sull’asfalto, anche se, considerando la tipologia della moto, la luce a terra è più che buona. Inoltre, in movimento la seduta concava impedisce anche il minimo spostamento longitudinale del corpo e la sella del passeggero funge da appoggio in accelerazione, dove bisogna reggersi forte anche con le braccia per evitare di essere disarcionati! Nel film intitolato “Diavel, la monster cruiser”, l’attore protagonista è il motore, lo stesso bicilindrico testastretta 11° montato sulla nuova Multistrada. Grazie alla inedita configurazione dell’impianto di scarico, la potenza massima e la coppia sono aumentate ed ora si parla di 162 CV a 9500 giri/’ e ben 13 kgm a 8000 giri/’.

Va detto che si sentono tutti, anche perché l’erogazione di questo propulsore è più morbida rispetto a quella di una moto sportiva, ma decisamente più aggressiva rispetto a quella di una muscle bike come la VMAX equipaggiata con un V4 di 1679 cm3, prepotente ma non sgarbato e caratterizzato da una maggiore inerzia degli organi interni. Sulla Diavel il piacere di guida non è dato solo dall’idea di doma re un mostro, ma anche dalle emozioni che si provano quando il contagiri oltrepassa quota 6000 giri/’. Fino a questo regime, sia con la mappa sport, sia con quella touring, il bicilindrico italiano mette in mostra un carattere poco docile. Sotto 3000 giri/’ si avvertono delle vibrazioni ed il funzionamento non è molto regolare. Con le marce alte la situazione peggiora e per passeggiare bisogna evitare di scendere sotto 3500 giri/’.

Per fortuna esiste la mappa urban, con la quale la Diavel si trasforma in un animale domestico, in grado di assecondare le esigenze di chi non è interessato né alle alte velocità, né alla guida estrema. In configurazione urban, infatti, l’erogazione del motore diventa molto più fluida e viaggiare in sesta con un filo di gas ed il contagiri incollato a quota 2500 giri/’ diventa possibile e rilassante. Il V2 di Borgo Panigale, comunque, dà il suo meglio quando viene usato come un motore sportivo. Da 6000 a 10.000 giri/’ la spinta è entusiasmante, almeno quanto il rombo cupo e minaccioso proveniente dall’aspirazione. In accelerazione, mentre l’indicatore della velocità viaggia come una Frecciarossa, si riesce ad inserire velocemente un rapporto dopo l’altro, perché gli innesti del cambio sono morbidi e precisi. In frenata, invece, bisogna effettuare le scalate con decisione, altrimenti si rischia di ritrovarsi con il cambio in folle. Pur avendo un aspetto non associabile al concetto di agilità, la Diavel è sorprendentemente guidabile e, più si aumenta il ritmo, più lo stupore cresce.

Perché nessuno si aspetterebbe che una moto con un’interasse di 1590 millimetri, un’inclinazione del cannotto di sterzo di 28° e un’avancorsa di 130 millimetri possa reggere il ritmo di una naked sportiva in curva. Invece è così. Merito dell’azzeccata distribuzione dei pesi e della taratura delle sospensioni, che garantisce un ottimo comfort sullo sconnesso e riesce ad assecondare le richieste del conducente quando si va alla ricerca del limite. A causa del passo lungo e del baricentro basso in staccata ed in accelerazione la Diavel ha dei contenuti trasferimenti di carico. Bisogna sempre tenere bene a mente questa caratteristica, che, nel bene e nel male, influisce moltissimo sul rendimento della moto. In partenza e in uscita dalle curve lente, quando si spalanca il gas senza tenere il traction control attivato, il gigantesco gommone posteriore inizia a slittare e poi, improvvisamente, riprende aderenza, facendo decollare l’avantreno! Vi assicuriamo che all’inizio il terrore prende il sopravvento sul gusto, ma poi, dopo aver capito il funzionamento del gioco, diventerà difficile farne a meno... C’è anche un sistema alternativo per divertirsi, ovvero inserire il traction control al livello tre. Così facendo l’elettronica manterrà sempre la situazione sotto controllo, lasciando comunque la possibilità alla ruota posteriore di avere un leggero “spin”.

Se poi non amate sentire il retrotreno che balla... allora potete alzare ancora il livello del controllo di trazione, potendo così spalancare il gas senza pudore, in qualsiasi situazione. Un discorso a parte lo merita l’impianto frenante. Va detto che, in qualsiasi caso, è meglio non disinserire l’ABS (più avanti spiegheremo perché). Premesso questo, si può aggiungere che in staccata la taratura rigida della forcella nell’ultima parte di escursione limita il già scarso trasferimento di carico verso l’avantreno e, anche a causa della notevole inclinazione del cannotto di sterzo, sulla ruota anteriore non grava mai troppo peso. Per questo motivo, quando si sfruttano le impressionanti doti dell’impianto frenante, il rischio di bloccaggio del pneumatico è sempre nascosto dietro l’angolo.

Mantenendo l’ABS inserito, non si hanno problemi ed è addirittura possibile frenare con la moto abbastanza inclinata senza avvertire nessun ritorno di forza sulla leva. L’ABS della Diavel funziona talmente bene che in staccata si possono tirare senza ritegno entrambi i comandi, lasciando al sistema il compito di fare il resto. Un consiglio: in questi frangenti reggetevi forte, perché la sensazione di decelerazione che si prova in sella alla Diavel è indescrivibile, superiore a quella che si ha sulle moto sportive, dove in staccata non sempre si possono sfruttare le doti dell’impianto a causa del sollevamento del retrotreno, che sulla Diavel, resta sempre incollato all’asfalto.

 


La tecnica
Motore bomba e stile da Cruiser
 

La Diavel è disponibile in due versioni, la standard e la Carbon (la protagonista del nostro test), che dal punto di vista estetico ha una marcia in più. Merito dei cerchi Marchesini forgiati (sul modello standard sono realizzati con la tecnica del flow forming, una sorta di deformazione plastica, che avviene quando il materiale è caldo) lavorati di fresa e dei numerosi componenti in carbonio, che donano alla moto un aspetto più ricco e meno “plasticoso”. La Diavel è muscolosa, imponente, però, nel complesso risulta “pesante” e poco slanciata.

Dal punto di vista delle finiture vanno fatti solo tre appunti: gli accoppiamenti imprecisi delle plastiche nella zona frontale del veicolo, sopra le frecce, il cupolino nero opaco, che ha un aspetto povero, e la parte inferiore del codino, dove il telaietto reggisella, che svolge anche una funzione estetica, è fin troppo minimalista. Per il resto solo pregi. La componentistica è di primissima qualità, le verniciature ed il trasparente usati sono di buon livello, le saldature e la finitura superficiale delle lavorazioni meccaniche è da prima della classe ed il motore, per fortuna lasciato abbastanza in vista, è una splendida scultura moderna.

La Diavel è equipaggiata con lo stesso bicilindrico della nuova Multistrada. Grazie al l’inedito impianto di scarico e ad alcune modifiche delle mappe, è stato possibile incrementare la potenza massima e la coppia. Altra differenza riguarda la frizione: sulla Diavel c’è un nuovo sistema che ha permesso di ridurre ulteriormente la rumorosità meccanica.

Dal punto di vista elettronico non ci sono differenze tra le due moto. Anche sulla Diavel, infatti, c’è il comando gas ride by wire ed è stato utilizzato il sistema dei tre riding mode, abbinati a delle tarature pre impostate del traction control (che ha 8 livelli e si può disattivare) e della mappatura del motore: sport (162 CV ed il traction control al livello 3), touring (sempre 162 CV, un’erogazione meno aggressiva ed il traction control al livello 4) e urban (100 CV, un’erogazione molto più fluida ed il traction control al livello 5). Il pilota, comunque, può creare e memorizzare tarature personalizzate. A differenza della Multistrada, i radiatori sono montati lateralmente e per evitare il surriscaldamento del motore è stata utilizzata una pompa dell’acqua da 64 millimetri, che garantisce il 35% di portata in più.

Il telaio misto acciaio/alluminio è abbinato ad un forcellone lunghissimo e ad una sospensione posteriore inedita. Il pneumatico posteriore bimescola 240/45-ZR17” (montata su un cerchio con canale da 8”) è realizzato dalla Pirelli. Il costo di un cambio gomme è 538,2 euro (360,6 euro il posteriore; 177,6 euro l’anteriore). L’ABS è di serie su entrambe le versioni. Può essere disattivato e la scelta fatta dal pilota viene memorizzata, quindi il sistema non si attiverà automaticamente spegnendo e riavviando il motore.

 


Identikit
 
  • Motore
  • Bicilindrico testastretta 11° a L, 4 tempi, raffreddato a liquido. Cilindrata: 1198,4 cm3. Alesaggio e corsa: 106 x 67,9 mm. Rapporto di compressione: 11,5:1. Distribuzione desmodromica, 4 valvole per cilindro. Alimentazione ad iniezione elettronica, corpi farfallati Mitsubishi ellittici. Accensione elettronica. Lubrificazione forzata a carter umido. Avviamento elettrico.
  • Trasmissione
  • Primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio con comando idraulico e sistema anti saltellamento. Cambio a 6 rapporti.
  • Ciclistica
  • Telaio misto acciaio/alluminio. Sospensioni: anteriore forcella pluriregolabile Marzocchi a steli rovesciati di 50 mm Ø, corsa ruota 120 mm; posteriore progressiva con un ammortizzatore pluriregolabile Sachs, corsa ruota 120 mm. Freni con ABS (disattivabile): anteriore due dischi di 320 mm Ø, pinze monoblocco a montaggio radiale a 4 pistoncini; posteriore un disco di 265 mm Ø, pinza flottante a 2 pistoncini. Pneumatici Pirelli Diablo Rosso II: anteriore 120/70-ZR17”, posteriore 240/45-ZR17”.
  • Dimensioni
  • Interasse: 1590 mm. Lunghezza: 2257 mm. Altezza: 1192 mm. Altezza sella: 770 mm. Inclinazione del cannotto di sterzo: 28°. Avancorsa: 130 mm. Capacità del serbatoio carburante: 17 litri.

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi