        I tempi al momento non sono ancora maturi per vedere una vera e propria fusione di due specialit&agrave; cos&igrave; diverse tra loro come Velocit&agrave; ed Endurance (anche se le ultime stagioni dell&rsquo;EWC ci hanno insegnato che le gare, soprattutto le 24h, sono delle gare sprint all&rsquo;interno di una gara endurance), ma il MotoAmerica ha deciso quest&rsquo;anno di proporre la sua versione &ldquo;Endurance-style&rdquo; di due gare. I pit stop in Supersport  Oltre alla 200 miglia di Daytona, gara di apertura della Supersport, due appuntamenti saranno &ldquo;Endurance&rdquo;, non per la durata delle gare in s&eacute; ma piuttosto per la possibilit&agrave; di vedere i pit stop per rifornimento e cambio gomma posteriore. Questi due appuntamenti saranno al Barber Motorsport a maggio e a Laguna Seca a luglio, distanza di gara e numero di giri totali non sono ancora stati definiti ma le gare prevederanno un pit stop, come annunciato alla stesura del calendario lo scorso novembre. La Direttrice delle Operazioni del MotoAmerica Niccole Cox spiega che non &egrave; necessario che i team effettuino le operazioni di rabbocco benzina e cambio della gomma posteriore, ma il pit stop &egrave; necessario affinch&egrave; il team possa scegliere la propria strategia (cambio gomma posteriore senza rifornimento, rifornimento ma senza cambio gomma, cambio gomma anteriore, qualsiasi combinazione di cambio gomme e rifornimento o nessun cambio gomme e nessun rifornimento). La presenza delle due gare &ldquo;Endurance-style&rdquo; nella Supersport 2023 d&agrave; inoltre l&rsquo;opportunit&agrave; a quei team che non hanno partecipato alla 200 miglia di Daytona dello scorso anno di iscriversi alla 200 miglia di quest&rsquo;anno e fare pratica sui pit stop in vista delle gare di Barber e Laguna Seca che prevedono questa novit&agrave;.       

Oltre alla 200 miglia di Daytona, gara di apertura della stagione, due gare prevederanno la presenza di pit stop

MotoAmerica: arriva l’Endurance in Supersport

        Si scrive Daytona, si legge Yamaha. Da quando, nel 1961, Daytona Beach ha lasciato il posto al Daytona Speedway la 200 Miglia ha avuto un unico grande dominatore, la Casa dei tre diapason: 27 le sue vittorie, pi&ugrave; di tutte quelle conquistate dalle connazionali in quest&rsquo;arco di tempo. La Honda &egrave; ferma a 11 ormai dal 2006, Kawasaki e Suzuki a cinque. Oltretutto, mentre nessuna delle rivali &egrave; riuscita a vincere tre edizioni consecutive, la Yamaha &egrave; reduce da una serie aperta di cinque trionfi, avviata da Michael Barnes nel 2016, proseguita da Danny Eslick (2017 e 2018), Kyle Wyman (2019) e Brandon Paasch (2021, mentre nel 2020 non si &egrave; corso) ma in passato se ne aggiudic&ograve; anche tredici di fila. &nbsp; Marcellino Lucchi, il super collaudatore della 250 Il debutto  L&rsquo;esordio della Yamaha a Daytona avvenne proprio nel 1961, nel GP USA che per&ograve; non faceva parte del calendario iridato, con Yoshikazu Sunako e Fumio Ito che quando videro per la prima volta l&rsquo;impianto si lasciarono sfuggire: &ldquo;Non riusciamo a credere alle dimensioni di questo circuito&rdquo;. Si presentarono con delle 250 che impiegavano motori basati su quelli della moto di serie YDS-1. Finirono al quinto e all&rsquo;ottavo posto complici problemi ai freni. Due anni dopo la Casa di Iwata ci riprov&ograve; con la RD56 e fu doppietta: pur impiegando una quarto di litro, Don Vesco vinse la gara delle 500 sulla distanza di 200 km, e Ito trionf&ograve; tra le 250 con due giri di vantaggio sui rivali nonostante una sosta ai box per sostituire una candela. Nemmeno quel GP faceva parte del calendario iridato, a differenza dei successivi. Nel 1964, per&ograve;, nessuna Yamaha and&ograve; a punti, mentre nel 1965 la Casa fece doppietta in 250 con Phil Read e Mike Duff. Dal 1966 Daytona usc&igrave; dal Mondiale e l&rsquo;AMA prese una direzione diversa dalla FIM, bandendo i motori da Gran Premio nelle sue competizioni: i regolamenti stabilivano come questi dovessero essere derivati da quelli dei modelli stradali e come nella categoria regina si potessero usare un massimo di quattro marce. Per soddisfare queste norme, nel 1967 la Yamaha inizi&ograve; a sviluppare motori da 250 e 350 cm&sup3; con cui gareggiare a Daytona. Il primo obiettivo, la 100 Miglia, fu centrato da Gary Nixon, mentre Bobby Winters fu terzo con la YZ607. Quello stesso anno con la Z608, costituita dal motore da 350 cm&sup3; &ndash; a cui per&ograve; fu rimossa la prima marcia &ndash; montato sul telaio RD56, la Yamaha si iscrisse per la prima volta alla gara regina di Daytona, in cui dettavano legge le Harley-Davidson 750 e le Triumph e BSA 500. &nbsp; Le vittorie di Saarinen, il dominio   Una sfida improba che vide Murphy piazzarsi al 18&deg; posto davanti a Duff, ma che forn&igrave; le basi per la prima impresa, nel 1968, con la YZ608 costruita in quattro esemplari: la gara fu vinta da Cal Rayburn con una Harley ma alle sue spalle finirono Yvon Dumahel e Art Baumann. Per la prima volta, moto a due tempi salirono sul podio della 200 Miglia e la Yamaha ne approfitt&ograve; per lanciare una campagna pubblicitaria &ldquo;Meet the giant killers&rdquo;: con essa si sottolineava la differenza nella cilindrata dei motori, indicando i 750 cm&sup3; del vincitore e del quarto classificato e i 500 cm&sup3; di tutte le altre moto della Top 10 fatta eccezione per le Yamaha, spinte dai 350 di cilindrata. Nel 1969, con l&rsquo;esordiente TD-2 la Yamaha monopolizz&ograve; il podio della 100 Miglia: vinse Duhamel davanti a Ron Pierce e Rodney Gould. L&rsquo;anno successivo, nella stessa gara, riservata alle 250, la Yamaha conquist&ograve; le prime sette posizioni mentre nella 200 Miglia fu quarta con Duhamel e quinta con Geoff Perry. Nel 1971 nella 100 Miglia sei Yamaha arrivarono davanti a tutti mentre il primo successo alla 200 Miglia arriv&ograve; l&rsquo;anno dopo con il ventiduenne californiano Don Emde in sella alla TR 350. Quel 12 marzo, la Yamaha mand&ograve; in visibilio i 46.000 spettatori conquistando l&rsquo;intero podio con le 350: dietro a Emde si piazzarono Ray Hempstead e Dave Smith. Quarto Phil Read con la Norton, quinta la Yamaha di Fredd Futtner. La loro eredit&agrave; fu raccolta dalle TZ 350 raffreddate ad acqua che bissarono la tripletta dodici mesi dopo: vinse Jarno Saarinen davanti a Kel Carruthers e Jim Evans. Il finlandese fu il primo straniero a imporsi dai tempi del canadese Billy Mathews, vincitore nel 1950. Nel 1974, fu la volta di Giacomo Agostini, anch&rsquo;egli come Jarno con il numero 10, ma con la TZ 750: pur all&rsquo;esordio con i giapponesi e con una moto due tempi, Ago conquist&ograve; la gara, accorciata di cinque giri per la crisi energetica, battendo Kenny Roberts. Nella Top 10 la Yamaha piazz&ograve; sette moto: con l&rsquo;italiano e King Kenny, anche Don Castro 4&deg;, Teuvo Lansivuori 5&deg;, Gene Romero 6&deg;, Steve McLaughlin 8&deg; e Akiyasu Motohashi 10&deg;. Difficile immaginare di fare meglio, invece nel 1975 ai primi 17 posti si classificarono altrettante Yamaha: trionf&ograve; Romero su Baker e Johnny Cecotto (poi vincitore nel 1976) mentre Ago chiuse quarto e Roberts, scattato in pole, non riusc&igrave; a ripartire dopo il pit stop al 16&deg; giro per un guasto alla frizione. &nbsp; Il cambio di regolamento, poi gli anni '90   La serie vincente continu&ograve; fino al 1984 con i primi nove successi firmati da nove piloti differenti, a dimostrazione della superiorit&agrave; delle Yamaha sulla concorrenza. Il primo pilota Yamaha a ripetersi fu Dale Singleton, nel 1981. Invece il primo a vincere due edizioni di fila fu Roberts, nel 1983 e 1984 dopo memorabili battaglie con il compagno Eddie Lawson e con Freddie Spencer (Honda), anche se i distacchi finali sul traguardo furono importanti: 52 secondi su Lawson nel 1983 e 1&rsquo;23&rdquo; su Fast Freddie l&rsquo;anno dopo. Proprio quest&rsquo;ultimo benefici&ograve; del cambio di regolamento nel 1985, con l&rsquo;abbandono delle Formula 1 a beneficio delle Superbike: la prima Yamaha fu soltanto quinta e doppiata. Un&rsquo;onta lavata nel 1986 da Lawson, autore della doppietta pole-vittoria davanti a Kevin Schwantz. Steady Eddie ottenne il bis nel 1993, malgrado il modesto settimo posto in prova. Quel giorno pieg&ograve; Scott Russell che nel 1997 lasci&ograve; la Kawasaki, con cui aveva vinto a Daytona tre volte, per il team Yamaha Superbike. Con la formazione di Davide Brivio, l&rsquo;iridato 1993 si ripet&eacute; a Daytona nel 1997 e 1998, precedendo sempre Doug Chandler. D&rsquo;altra parte lo chiamano Mr. Daytona, un soprannome che, declinato al femminile, calzerebbe alla perfezione anche per la Yamaha. La storia di Stefano Perugini, dalla 250 alle nocciole       

Saarinen, Agostini, Ceccotto, Lawson fino a Russell: la 200 Miglia &egrave; stata teatro di grandi imprese per Iwata, con ogni tipo di cilindrata e tecnologia

La 200 Miglia di Daytona, il giardino di casa della Yamaha

Sono trascorsi ben 27 anni dal suo titolo mondiale in Superbike conquistato con la Kawasaki: stiamo parlando di &ldquo;Mr Daytona&rdquo;, al secolo Scott Russel, che oggi festeggia 56 anni, essendo nato il 28 ottobre del 1964.  Americano della Georgia, cinque volte vintore della leggendaria 200 Miglia, Scott Russell si &egrave; meritato l&rsquo;appellativo di &ldquo;Mr. Daytona&rdquo;, ma anche di &ldquo;The Chief&rdquo;, &ldquo;il capo&rdquo;.  La sua carriera si &egrave; conclusa proprio sul circuito tri-ovale dopo un incidente alla partenza della 200 Miglia di Daytona del 2001, ma ancora oggi &egrave; uno dei piloti Superbike pi&ugrave; famosi di sempre e l&rsquo;unico, ancora oggi, ad aver vinto il titolo mondiale della Superbike nell&rsquo;anno del proprio debutto, oltre ad essere stato il primo iridato in Superbike con la Kawasaki.  Nel 2005 &egrave; entrato nella Motorcycle Hall of Fame del campionato AMA.  Scott non perde l&rsquo;occasione per balzare in sella a qualche moto sportiva anche oggi, e ultimamente ha partecipato al barber Vintage Festival, dove ha portato la Ducati XR85R al secondo posto e si mantiene in gran forma fisica andando in bicicletta.    Gli inizi   Il georgiano ha sempre amato la velocit&agrave;. Ha cominciato girando per strada con una Kawasaki, guardando i Gran Premi e provano a emulare i piloti in citt&agrave;. Fino a quando, nel 1984, &egrave; andato alla Bike Week di Daytona. Mentre era in tribuna alla curva1,&nbsp; ha visto passare davanti a s&eacute; Freddie Spencer e di l&igrave; ha deciso di provare a diventare un pilota. Le corse sono diventate la sua vita. &nbsp;  &ldquo;Per me, le gare, sono state un modo per allontanarmi dalla strada. Ero arrivato ad un punto nella mia adolescenza, nel quale, se non avessi gareggiato, sarei finito sicuramente in prigione. La mia prima moto da strada fu un GPZ550 e la mia prima moto da pista &egrave; stata una Ninja 600, sono sempre stato un &lsquo;pilota&igrave;&rsquo; Kawasaki&rdquo;, ha raccontato una volta Scott Russell a Motorcycle.com.  Russell ha partecipato all&rsquo;AMA Superbike nel 1988, divenendo subito Rookie dell&rsquo;anno. Nel 1990 vince la classe Supersport 750, impresa che riesce a ripetere nel 1991 e nel 1992, quando si aggiudica anche l&rsquo;AMA Superbike.  Dopo aver vinto tutto in America, nel 1993 decide di partecipare al mondiale Superbike, dove aveva fatto qualche sporadica apparizione. E firma una stagione grandiosa, caratterizzata dalle grandi battaglie soprattutto con Carl Fogarty, e conclusa con la conquista del titolo nel 1993. Vincere il mondiale Superbike nell&rsquo;anno del debutto &egrave; un&rsquo;impresa che finora &egrave; riuscita soltanto a lui.  &quot;Correre &egrave; sempre stato naturale e facile per me, non ho mai dovuto lavorare sodo per andare veloce&quot;, ha detto una volta Russell. &ldquo;Ho iniziato a correre solo per divertimento. Non ho mai pensato a dove mi avrebbe portato&quot;.  Nel 1994 sfiora il titolo nel mondiale Superbike, nel 1997 si piazza sesto dopo essere passato alla Yamaha. Disputa la sua ultima stagione mondiale nel 1998, sempre con Yamaha, piazzandosi decimo.    Mr Daytona   I successi che gli sono valsi il soprannome, sono le sue cinque vittorie nella 200 di Daytona, che lo pongono a pari merito con Miguel Duhamel.  Nel 1992 Scott ha firmato un ultimo giro da brivido per superare Doug Polen. Nel 1994 &egrave; riuscito a ripetersi, ma la sua vittoria pi&ugrave; famosa a Daytona risale al 1995, quando cadde, rimont&ograve; a in sella e continu&ograve;, fino a battere il suo rivale di sempre Carl Fogarty. Con le due vittorie consecutive nel 1997 e nel 1998 su Yamaha, Scott ha portato a cinque il numero di trionfi sul leggendario circuito americano. &nbsp;&nbsp;  Da ricordare anche la 200 Miglia di Daytona del 1993, dove Russell &egrave; stato &ldquo;bruciato&rdquo; per 5 millesimi da Eddie Lawson, e ancora peggiore la sconfitta del 1996, quando, su una Suzuki, ha perso per 1 solo millesimo proprio da Miguel Duhamel. E&rsquo; altrettanto vero che &egrave; mancato alla 200 Miglia di Daytona del 1999 dopo essersi rotto uno zigomo in una rissa in un bar, e che alcune sue scelte sono state controverse, come quella di correre per due anni con il progetto VR 1000 Superbike di Harley.    L&#39;incidente del 2001   Poi c&rsquo;&egrave; stato l&rsquo;incidente del 2001: Scott era in sella ad una Ducati 996 e aveva avuto un problema in partenza. Mentre accostava a bordo pista un pilota che sopraggiungeva lo ha agganciato sul manubrio ed entrambi sono finiti a terra. Russell &egrave; stato investito da un altro pilota. La moto del pilota che lo aveva investito ha anche preso fuoco, rendendo la scena letteralmente infernale. Scott non ricorda niente dell&rsquo;incidente, ma per due settimane ha subito interventi a ripetizione ad una gamba e al polso. Cinque mesi dopo &egrave; tonato in pista, per un test al Virginia International Raceway, ma le complicanze dell&rsquo;infortunio lo hanno fermato presto: Russell infatti aveva riportato anche un danno ad un nervo della gamba. Nel 2002 Scott si &egrave; ritirato dalle competizioni.  &quot;Se tornassi indietro, farei diversamente&quot;   Negli anni successivi Russell ha disputato alcune gare amatoriali ma poi non &egrave; pi&ugrave; tornato a correre professionalmente, per non perdere il risarcimento dell&rsquo;assicurazione per la sua disabilit&agrave;.  &ldquo;Se tornassi indietro farei diversamente&rdquo;, ha detto una volta Scott Russell. &ldquo;La pensione non faceva per me. Come spettatore sono terribile, e non posso vivere senza le corse&rdquo;.  Un suo ritorno in pista &egrave; stato nel 2007, quando ha partecipato alla Moto-ST Eight Hours a Daytona, ma senza risultati eclatanti. Poi si &egrave; cimentato nelle quattro ruote, nella Rolex Sports Car Series e nel KONI Challenge, conquistando anche una vittoria nel 2010 in equipaggio con Paul Edwards, per tornare comunque allne moto.  Dal 2016 Scott Russel &egrave; istruttore alla Yamaha Champions Riding School e al Rickdiculous Racing.  Buon compleanno, Mr. Daytona!  IDM, Alex Polita: &ldquo;Stagione difficile, per l&#39;anno prossimo puntiamo in alto&rdquo; 

Oggi Scott Russell festeggia 56 anni. Vincitore di ben 5 edizioni della 200 Miglia di Daytona, &egrave; stato il primo campione del mondo della Superbike con la Kawasaki, nel 1993

3 risultati per '200 Miglia Daytona'

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SBK, 56 candeline per Scott Russell: buon compleanno, Mr Daytona!