        Lo scatto di copertina fa impressione, c'&egrave; poco da aggiungere. I piedi appartengono a Darryl Beattie, ex pilota australiano di grido. La sua militanza nella classe 500 risale a circa met&agrave; anni 90, il suo ritiro &egrave; avvenuto poco dopo la met&agrave; degli stessi anni. La causa della dipartita non &egrave; da collegare a quanto vedete in foto. Darryl Beattie, spalla e sostituto di Wayne Gardner  Australiano, alto, fisicato, gran manetta. Insomma, il tipico Down Under giunto all'epoca in Europa, luogo dove cercare fortune agonistiche nel Motomondiale. Come di certo saprete, chi arrivava da laggi&ugrave; cercava due cose: la classe 500 e i relativi successi. Partito da wild card dapprima a bordo della duemmezzo, poi in sostituzione del connazionale Wayne Gardner sulla mezzo litro - con il quale si impose nella 8 Ore di Suzuka - il nativo di Charleville era legato a Honda, Marchio che spopolava in lungo e largo - pi&ugrave; o meno - in ogni cilindrata del campionato.&nbsp; E lui, capelluto, simpatico e pure un p&ograve; mattacchione, sal&igrave; sul podio della "sua" Eastern Creek nel 1992, promettendo battaglia per la stagione ventura. Cos&igrave; and&ograve;, infatti, la virtuale medaglia di bronzo rappresent&ograve; il frutto dei quattro gradini calcati, tra cui il pi&ugrave; alto a Hockenheim, Germania. Il successo fece capire di aver trovato una stella su cui puntare. Darryl era divenato un top rider della top class, altro che pizza &amp; fichi. Part&igrave; l'interessamento di Yamaha, che lo volle a corte nel 1994. Per Beattie si rivel&ograve; una esperienza dura, per certi aspetti terribile. La YZR era assari diversa dalla NSR, se ne accorse immediatamente.&nbsp; Ecco a Voi "Hanginfive"  Le Mans, Gran Premio di Francia 1994. Durante le prove cronometrate, Darryl rimedia una caduta terrificante, la quale gli arrec&ograve; danni alle costole, fratturate, peggio and&ograve; al piede sinistro, rimasto incastrato tra la catena e la corona di trasmissone della sua Yamaha. Il risultato &egrave; raccontato dalle immagini: lo staff che si occup&ograve; delle cure fu costretto ad amputare tutte le dita, cinque. Il pilota rimase fuori da giochi per un bel p&ograve;, si ritir&ograve; in Malesia e Argentina, torn&ograve; a punti proprio in Australia. Quinto posto, guardate che coincidenza. Da l&igrave; in avanti, appiccicato al plexiglass delle moto portate in gara, l'adesivo citante "Hanginfive", una sorta di "rimanere attaccati con cinque". Dita, ovviamente, le restanti del piede destro. Il team Roberts e il protagonista di questo breve racconto non rinnovarono la reciproca collaborazione, cambiando entrambi scelte e scenario. Suzuki e le ultime di Darryl: l'incubo di Mick  Sicch&eacute;, l'australiano si trasfer&igrave; nella squadra di Garry Taylor che, se ricordate, godeva dell'appoggio ufficiale della Suzuki. Scatt&ograve; l'amore tra Darryl e la RGV, tanto da andare subito a podio a Eastern Creek (a ridaje) e Sepang. Eccellente, anche perch&eacute; molti forti avversari dovettero abbassare la testa. Citiamo Alex Criville, citiamo Kevin Schwantz, compagno di box, ritiratosi poi al Mugello qualche mese pi&ugrave; tardi. Citiamo Michael Doohan, titolato in carica e "disperato" nel provare a tenere il passo del connazionale. Beattie si impose a Suzuka e al Nurburgring - versione "nuova", la corta e umanamente accessibile - andando forte per il resto della contesa, centrando il secondo posto della classifica generale. Mick biss&ograve; l'iride, ma a fatica. Sembr&ograve; il preludio a un 1996 da corona ma, anche l&igrave; arrivarono problemi. Poche presenze, troppi incidenti, noie in sella e i pensieri gi&agrave; rivolti al 1997. Una coppia tutta Aussie nel team Lucky Strike, con Hanginfive affiancato da quel folle di Anthony Gobert. Si rivel&ograve; l'ultima sfida per il talentuoso e poco fortunato corridore dal piede e mezzo, perch&eacute; una fastidiosa labirintite gli consigliarono di appendere il casco al chiodo, ma solo esclusivamente parlando di competizioni professionistiche. La nuova vita nelle vesti di reporter, raccontatore e spericolato a bordo di ogni veicolo esistente e immaginabile lo soddisfa e lo mantiene racer qual &egrave; nel DNA.       

<p>Il brutto incidente rimediato a Le Mans non impedi all'australiano Darryl di tornare sul podio e vincere Gran Premi, tanto da infastidire re Mick nel 1995</p>

Batteva Doohan con un piede e mezzo: Beattie, vice iridato 500

Nato il 4 giugno. Tranquilli, non &egrave; il titolo di un film americano, bens&igrave;, la data della nascita di un forte pilota australiano, che oggi compie 55 anni, ben portati, peraltro.  Michael Doohan, canguro di Brisbane, cittadina del Queensland, stato popolare per la meravigliosa ed ambita Gold Coast, che ha dato in natali ad un ragazzino appassionato di moto, capace poi di vincere ben cinque titoli mondiali della mezzo litro a due tempi, la 500.    Buon Compleanno Mick, questa &egrave; la nostra dedica per te.  Fenomeno sottovalutato   Doohan si fece conoscere al grande pubblico a due ruote, vincendo tre manche della SBK d&rsquo;annata 1988. Nelle vesti di wild card, il bruno (dai capelli scuri) australiano, guard&ograve; coi suoi occhi blu tutti negli occhi, sfidandoli e sorridendo nel paddock di Sugo. Poco pi&ugrave; tardi, Michael centr&ograve; una vittoria, con una Yamaha 750. Alcuni detrattori pensarono si trattasse di un caso: &ldquo;Per forza, Doohan aveva una moto ufficiale, che spesso usa in Giappone per fare i test. Tra l&rsquo;altro. Sugo &egrave; di propriet&agrave; di Iwata&rdquo;.  Una analisi sensata, contraddetta qualche mese pi&ugrave; tardi. Ad Oran Park - territorio Down Under - Michael sigla una doppietta, iniziando a cucire qualche bocca. Non tutte, per&ograve;: &ldquo;Certo, lui ha vinto ancora, ma questa &egrave; casa sua, conosce la pista come le proprie tasche e molti piloti del mondiale erano assenti&rdquo;.  Sar&agrave;, ma, nel frattempo, quel ragazzo veloce fu chiamato da Honda, o meglio, dall&rsquo;HRC.    L&rsquo;infortunio   Le prime stagioni spese con la 500 due tempi, fecero capire quanto a Doohan piacesse derapare. Bello e utile sulla mezzo litro, a volte eccessivo. A volte, anzich&eacute; percorrere metri in senso longitudinale, Michael &ldquo;perdeva tempo di traverso&rdquo;. Guida spettacolare, non del tutto redditizia. Perlomeno, il team Honda dovette lavorare parecchio nella ricerca del set up, con l&rsquo;obiettivo di arrivare a fine Gran Premi con gomme decenti: &ldquo;Quello &egrave; forte, ma distrugge lo pneumatico anteriore - sentenzi&ograve; Kenny Roberts - perci&ograve;, non vincer&ograve; mai un mondiale&rdquo;.  Parole severe e poco lungimiranti. Doohan non ne vinse uno solo, addirittura cinque. Prima, per&ograve;, l&rsquo;australiano fu costretto alle pene profonde. Il pesante incidente di Assen ebbe conseguenze devastanti, che partirono dalla sala operatoria olandese. In quel 1992, provvidenziale si rivel&ograve; il salvataggio compiuto dal Dottor Costa, che port&ograve; il pilota nella sua Imola, lo oper&ograve;, cur&ograve; e accud&igrave; come un figlio.    I risultati si videro, ma col tempo. Nel tentativo di salvare il salvabile, partecipando alle due finali gare della stagione, Doohan non riusc&igrave; a conquistare il mondiale, pur patendo le pene dell&rsquo;inferno e zoppicando evidentemente: &ldquo;Per fortuna, non vinsi il titolo del 1992 - sorprese tutti in futuro - perch&eacute; se l&rsquo;avessi fatto, mi sarei immediatamente ritirato. Invece, la disdetta e la sconfitta mi conferirono grande carica, motivazione e tanta fame&rdquo;.  La fame di successo, che lui sazi&ograve; dall&rsquo;anno dopo in poi.  L&#39;asimmetria ed il ritorno alla vittoria   La condizione fisica migliorava di uscita in uscita ed alcune chicche tecniche aiutarono Doohan a fare quello che meglio gli riusciva: domare i 180 - 190 cavalli della Honda NSR. Non potendo utilizzare il freno posteriore a pedale, no problem, ecco montato un manettino sul semimanubrio sinistro. Con quella leva a pollice, Mick arrestava pure la ruote dietro.  Lo stile in sella divenne asimmetrico. Lo dicono le foto. Da una parte, la piega veniva in un certo modo, dall&rsquo;altra, in maniera opposta. Una meraviglia per i fotografi, un casino peri i rivali, che non sapevano come superare Doohan in curva.  Anche perch&eacute; l&rsquo;australiano in curva vi entrava forte: ne deve aver fatti di progressi la Michelin, se parliamo di gomma anteriore. E pure di posteriore: le derapate in uscita regalarono a Michael il primo posto del Mugello, il ritorno sul gradino pi&ugrave; alto del podio. S&igrave;, l&rsquo;australiano era tornato s&eacute; stesso.    La cinquina ed il ritiro   Occorrerebbe una enciclopedia, accontentiamoci di qualche parola. Dal 1994 al 1998 Doohan realizz&ograve; una striscia di affermazioni talmente impressionante, da divenire uno dei piloti pi&ugrave; vincenti del Motomondiale: nove vittorie nel 1994 e primo titolo. Sette nel 1995 e bis iridato. Otto primi posti l&rsquo;anno dopo e tris mondiale. Dodici grandini pi&ugrave; alti del podio calcati nel 1997 e quaterna in 500. Otto Gran Premi dominati nel 1998 e quinta gloria di carriera. Nel computo delle stagioni, avversari battuti come Schwantz, Kocinski, Cadalora, Capirossi, Beattie, Barros e Biaggi.   L&rsquo;infortunio patito a Jerez nel 1999 lo costrinse al ritiro, ma l&rsquo;australiano ebbe moto pi&ugrave; volte di tornare in sella a divertirsi, senza lo stress delle competizioni. Nome e cognome di Michael Doohan sono entrati nella leggenda del Motomondiale.  Doohan: &ldquo;Avrei voluto Rossi come compagno di squadra&rdquo; 

<p>Oggi il cinque volte iridato della 500 compie 55 anni. Auguri Mick!</p> 

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55 candeline per la leggenda Mick Doohan