        &ldquo;Queste soddisfazioni vanno vissute a pieno, sono cose che vanno assecondate e collocate su dei ricordi della vita che rimarranno nel tempo&rdquo;, parole di Piergiorgio Bontempi, futuro suocero di Gianmarco Tamberi. L&rsquo;ex pilota della Superbike ha dedicato queste parole all&rsquo;impresa che &ldquo;Gimbo&rdquo; ha compiuto nel salto in alto, diventando campione olimpico a Tokyo, ex aequo con l&rsquo;avversario amico Mutaz Essa Barshim. Da ex sportivo come ha vissuto quello che ha fatto Gianmarco? "&Egrave; stato un percorso molto accattivante, ma anche un momento di grande apprensione. Per ovvi motivi: pu&ograve; sembrare retorico perch&eacute; &egrave; il ragazzo di mia figlia, ma Gianmarco ha fatto qualcosa di unico. Rimarr&agrave; nella storia e la storia si ricorder&agrave; di lui per questa cosa". &Egrave; riuscito nell&rsquo;impresa, pur avendo alle spalle un periodo molto complicato. "La sua preparazione &egrave; iniziata nove anni fa, quando inizi&ograve; a prepararsi per Rio. Ricordo bene quando ebbe l&rsquo;infortunio a Montecarlo, in una prova della Diamond League, dove fece un suo primato con 2.39 e batt&eacute; all&rsquo;epoca tutti gli avversari che poi andarono a quelle Olimpiadi. Per provare il 2.41 si ruppe la caviglia. In queste cose ci sono passato e riesco a capire". Si &egrave; rivisto un po' in Gianmarco? "In parte. Nel 1998 ebbi un incidente a Laguna Seca dove venni travolto e mi ruppi tutti e due i polsi: radio, urna e scafoide. Per rompersi la caviglia in quel modo, anche lontanamente hai un pensiero: 'Potr&ograve; tornare a saltare?' Sono quelle cose che mettono veramente al tappeto un atleta. Tornai a correre non sapendo neanche se ero pi&ugrave; capace a tenere una moto. Invece quell&rsquo;anno rischiai di vincere un campionato del mondo in Supersport, ciliegina sulla torta mancata perch&eacute; mi ruppi una spalla alla penultima gara". "Gimbo" dal momento difficile &egrave; riuscito invece a rialzarsi in una maniera eccezionale. "Ha avuto la tenacia di rimettersi in gioco nuovamente. Nel periodo dell&rsquo;infortunio ha promosso la sua volont&agrave; sui social: questo da un punto di vista personale ti d&agrave; la forza o quantomeno lo stimolo e l&rsquo;obiettivo di venirne fuori, ma per il pubblico crea un&rsquo;aspettative mostruosa. Quindi ha dovuto ricreare tutto un suo percorso che &egrave; durato altri 4 anni, pi&ugrave; l&rsquo;anno della pandemia". Ma prima di partire per Tokyo ha dovuto fare i conti anche con la delusione di Montecarlo. "&Egrave; stato il peggior risultato della sua carriera senza riuscire a saltare la misura di 2.21 e per un atleta a poche settimane dalle Olimpiade &egrave; una batosta devastante in negativo. Nonostante ci&ograve; ha avuto la forza, la tenacia, la testa e soprattutto il talento di fare quello che ha fatto a Tokyo e a mio avviso la differenza &egrave; stata il grande cuore che ci ha messo. Una parte di questo cuore, mi piace pensare ce l&rsquo;abbia messo anche Chiara che gli &egrave; stata tanto vicino". Gli ha dato qualche consiglio? "Ad un atleta cos&igrave; &egrave; sempre difficile dare consigli. Gli ho scritto due righe prima della finale e mi ha risposto: 'Parole migliori non potevi trovarle', con un grande cuore". Adesso &egrave; pronto a portare Chiara all&rsquo;altare? "(ride) Questa &egrave; un&rsquo;emozione. Gli atleti sono guerrieri, animali da battaglia, sotto tutti i punti di vista. In passato anche io avevo questa corazza di cemento armato cos&igrave; impenetrabile, poi la maturit&agrave; e il tempo ti addolcisce e ti rende pi&ugrave; sensibile. Una delle cose che ci ha stupito di Gimbo &egrave; stata che prima di partire per Tokyo &egrave; riuscito a organizzare un apericena di saluto per i pochi amici che l&rsquo;hanno sempre seguito e ha scritto delle cose per ognuno di noi che ci hanno fatto commuovere. &Egrave; stato un momento bellissimo. Poi ha portato Chiara a sorpresa in una cena romantica, dove le ha chiesto la mano".  E l'aveva chiesto anche a lei prima? "S&igrave;, nel pomeriggio mi aveva portato nel locale. Davanti ad un bellissimo panorama, ho visto questo ragazzo nella miglior forma fisica possibile, un tirante in acciaio inox, che quasi con timidezza mi ha detto: 'Piero ti dovrei dire una cosa, a cui tengo tantissimo, ma non so come dirtelo'. L&igrave; ho intuito, mi sono commosso, ci siamo abbracciati e poi ha verbalizzato la richiesta. &Egrave; stato un momento bellissimo. Auguro a tutti pap&agrave; che hanno figlie femmine di provare queste emozioni uniche. Questi gesti di altri tempi e di nobilt&agrave; normalmente non appartengono ad uno sportivo che nasce dall&rsquo;asfalto". Guardando lontano, dovesse arrivare un erede maschio, sarebbe favorevole a metterlo su una moto? O meglio il salto in alto? "Da ex agonista nelle moto, direi&hellip; salto in alto. Per&ograve; se un ragazzo ha il motore nell&rsquo;animo, non puoi lasciarglielo spento. Soffrirebbe troppo. Se un domani cos&igrave; sar&agrave; e se prender&agrave; una decisione lui stesso, sar&agrave; sicuramente quella giusta". Guardando alla Superbike di oggi, secondo lei chi vincer&agrave; il titolo? "Le gare, i campionati e le stagioni disputate insegano tante cose. Oggi &egrave; facile puntare il dito su Rea, perch&eacute; ha un team e una moto competitivi, &egrave; un pilota che &egrave; un fuoriclasse, per&ograve; &egrave; altrettanto vero che ha dei rivali validi in termini di talento, che non hanno nulla da perdere. Lui &egrave; l&rsquo;uomo da battere. Dire chi vincer&agrave;, in ogni categoria, di moto &egrave; veramente difficile. Quello che auspico e mi piacerebbe da qui a breve &egrave; rivedere tanti italiani battersi e giocarsi il campionato del mondo come era una volta. Ci sono gli ingredienti per farla tornare ai fasti di allora". Fabrizio Pirovano, l'uomo che regal&ograve; il titolo Supersport alla Suzuki       

Il futuro suocero del campione olimpico ci ha raccontato il dietro le quinte delle proposta di matrimonio di Gianmarco a Chiara, del suo successo alle Olimpiadi, di come si &egrave; rivisto in lui, ma anche di quello che spera di rivedere in pista. Ecco le sue parole

Bontempi: “Tamberi? Guerriero come me, ma mi ha fatto commuovere prima di Tokyo”

Gli inizi grazie a Uncini; i podi mondiali con Kawasaki; l&#39;incidente del 1998; la quasi-vittoria di Misano; l&#39;esperienza in Supersport; il rapporto con gli amici-rivali; l&#39;atmosfera della SBK di una volta; i trionfi nell&#39;Endurance: ne ha di cose da raccontare Piergiorgio Bontempi, sulle 15 stagioni trascorse nelle derivate di serie.&nbsp;  Il pilota italiano infatti visse sulla sua pelle gli anni d&#39;oro della Superbike, militando nel paddock dal 1989 al 2004. Un&#39;avventura che non sarebbe stata possibile senza Franco Uncini.&nbsp;&ldquo;In occasione di un incontro dopo la mia vittoria del Campionato Italiano&nbsp;- racconta Piergiorgio - gli chiesi, proprio come un figlio chiede a&nbsp;un genitore, &#39;cosa posso fare? . &#39;Mi puoi aiutare in qualche modo&nbsp;a capire dove posso approdare?&#39; E Uncini, mi port&ograve; dal pap&agrave; di Valentino, Graziano, il quale&nbsp;era molto amico di Oscar Rumi.&quot;&nbsp;  &quot;Fu una coincidenza - aggiunge il pilota di Ancona -. Rumi vinse il primo Campionato del Mondo nell&#39;88. Cercava&nbsp;un giovane emergente da poter affiancare a Fred nel Campionato del Mondo e questa cosa fu concretizzata. E devo dire che, conoscendo poi Fred in tutti gli aspetti, si apr&igrave; un mondo a 360&deg;&rdquo;.  Guardate il video per l&#39;intervista completa!    Scatto Sprint: gli anni di Bontempi e Gobert in Kawasaki 

Insieme al Direttore&nbsp;Federico Porrozzi, Giovanni Di Pillo, Fabrizio Porrozzi&nbsp;e il &quot;Cugino Superbike&quot; Costantino Tontarelli,&nbsp;Piergiorgio ci racconta storie e aneddoti riguardanti le sue 15 stagioni in SBK

Scatto Sprint, Bontempi:&nbsp;&ldquo;Gli anni in Kawasaki sono stati i pi&ugrave; belli&rdquo;

Piergiorgio Bontempi ha iniziato a militare nel mondiale Superbike nel 1989 e ha corso fino al 2004, con una parentesi nel mondiale Supersport dal 1999 al 2005. Per otto stagioni ha corso in Kawasaki, e anche per questo abbiamo pensato di chiedergli cosa pensa dello strapotere delle &lsquo;verdone&rsquo; di oggi e dei cinque titoli consecutivi di Jonathan Rea.  &ldquo;Nelle competizioni dove i valori in campo sono moltissimi, oggi &egrave; molto semplice fare un&rsquo;analisi, i risultati sono quelli che mettono in riga qualsiasi punto di vista&rdquo;, ci dice Bontempi. &ldquo;Secondo me Kawasaki lo scorso anno &egrave; riuscita a portare a casa un mondiale non per un valore assoluto ma per una mancata costanza da parte di Ducati. Fino a met&agrave; campionato sembrava che Bautista avesse il campionato del mondo in mano invece cos&igrave; non &egrave; andata e Kawasaki ha spuntato un titolo frutto di determinazione e costanza&rdquo;.    Per&ograve; nessuno sulla stessa moto riesce fare gli stessi risultati di Rea. Tu che ne pensi?  &ldquo;Per vincere non ci vuole solo il pilota, ma un insieme di cose, e secondo me &egrave; andata cos&igrave;: dal primo titolo fino al quarto ha vinto la squadra. Nel 2019 &egrave; stato pi&ugrave; il pilota a vincere che non la moto.&nbsp;&Egrave; certo che Rea &egrave; il pilota da battere, ma Ducati far&agrave; sicuramente la differenza e anche Honda che ora &egrave; impegnata ufficialmente e con un pilota del calibro di Bautista, non credo che lascer&agrave; qualcosa al caso. Con Kawasaki, Ducati, Honda, Yamaha, e i giovani emergenti che l&rsquo;anno scorso hanno fatto gare performanti dando fastidio anche a Rea, secondo me quest&rsquo;anno il campionato, pur non essendo mai morto, si riaccender&agrave;&rdquo;.  Per&ograve; &egrave; innegabile che il mondiale Superbike abbia vissuto una lunga crisi. Secondo te perch&eacute;?  &ldquo;Queste risposte sono pi&ugrave; in mano agli organizzatori perch&eacute; secondo me &egrave; una questione di scelta politica, strategica aziendale. Quando &egrave; iniziata la storia del mondiale Superbike gli autodromi erano pieni di spettatori, a Misano, senza esagerare, c&rsquo;erano 60/80.000 presenze, numeri inarrivabili oggi. C&rsquo;&egrave; stata una flessione in negativo notevole, che secondo me si pu&ograve; imputare ad una mossa generale della Superbike e al contorno politico organizzativo.  &ldquo;Per esempio, ricordo che nell&rsquo;italiano Superbike c&rsquo;erano tendenzialmente i dieci piloti che correvano anche nel mondiale: Pirovano, Tardozzi, Monti, Falappa e il sottoscritto come italiani, poi c&rsquo;erano anche Mike Baldwin, Stephane Mertens, Fred Merkel, Raymond Roche, Ruben Xaus... Tutto questo, che lo avevamo in casa, come siamo riusciti a perderlo?  &ldquo;Oggi dicono che tutto questo avviene nel campionato spagnolo perch&eacute; il clima &egrave; pi&ugrave; accondiscendente, i costi sono migliori, etc. Ma ragionevolmente non pu&ograve; essere una questione di clima, perch&eacute; altrimenti come la mettiamo con il campionato della Superbike Britannica?  &ldquo;Il mondiale Superbike credo sia sceso piano piano per un insieme di fattori, per mancata accortezza di gestione di determinati aspetti. Ora non &egrave; cos&igrave; facile farla crescere, anche la MotoGP per tornare ai livelli di oggi ha impiegato del tempo&rdquo;.  Tra gli italiani chi vedresti bene nel mondiale Superbike?  &ldquo;Vorrei innanzitutto che ci fosse una rosa di italiani papabili per farli entrare nel mondiale Superbike, che &egrave; nato ed &egrave; stato sviluppato in Italia con Paolo e Maurizio Flammini, e che oggi &egrave; una categoria priva di italiani. Mi piacerebbe vedere che potesse ricrescere sotto questo profilo. Anche per questo il mio interesse &egrave; pi&ugrave; vivo per la MotoGP&rdquo;.  E per chi tieni in MotoGP?  &ldquo;Sempre per gli italiani, anche sei a quei livelli l&igrave; vanno rispettati tutti e sono tutti ammirevoli. Ma quando ci sono valori in campo come quelli di Valentino Rossi che sta facendo quello che sta facendo non pi&ugrave; da 25enne, direi che &egrave; un valore supremo. Abbiamo visto come sono agguerriti i suoi concorrenti, a partire dall&rsquo;uomo di battere, Marquez&rdquo;.    Chi vedi bene in MotoGP quest&#39;anno?  &ldquo;Valentino lo vedo bene perch&eacute; ha raggiunto un equilibrio massimo di tecnica e di gestione di un campionato e non solo della singola gara. Vedo bene anche Dovizioso perch&eacute; ha un bel pacchetto e pu&ograve; veramente dire la sua. Poi spererei che quest&rsquo;anno arrivino anche i risultati all&rsquo;altezza delle aspettative per Petrucci. Mi aspetto tanto da Morbidelli, perch&eacute; l&rsquo;anno scorso &egrave; riuscito a portare a casa dei risultati eccellenti pur avendo in squadra un pilota come Quartararo che a livello psicologico pu&ograve; creare qualche problemino&rdquo;.  Torniamo alla &lsquo;tua&rsquo; Kawasaki. Quanto &egrave; diversa da quella di oggi?  &ldquo;Mi sono confrontato ultimamente con Kawasaki, anche con Giovanni Poli, supervisor di Kawasaki Italia, e mi hanno detto che le cose sono cambiate tantissimo, che &egrave; cambiata anche la generazione di piloti con l&rsquo;avvento dell&rsquo;elettronica: &egrave; una cosa che non ho potuto constatare perch&eacute; ho smesso proprio l&rsquo;anno in cui arrivava l&rsquo;elettronica sulla Superbike. Mi sono confrontato con Pierfrancesco (Chili, ndr) che ha fatto qualche anno di gare in pi&ugrave; di me e anche lui mi ha detto che c&rsquo;&egrave; stato un cambiato un cambiamento epocale. La Federazione Internazionale ha fatto un passo importante sulla sicurezza, che andava fatto, perch&eacute; dalle competizioni nascono linee tecniche percorribili da trasferire anche all&rsquo;utente delle strada.  &ldquo;Noi non avevamo nessun controllo elettronico, si guidava di puro istinto e di sensazione. Non posso dire che fosse pi&ugrave; facile o difficile, posso dire che era sicuramente diverso. Un esempio banale: quest&rsquo;estate ho avuto a disposizione una Ducati V4, e io abito in un casolare in campagna, con una strada sbrecciata di 1 km a schiena d&rsquo;asino che ho percorso a tutto gas mettendo prima, seconda e terza. Ho ricordato quando con la Kawasaki uscivi dai tornanti di seconda piena e la moto ti si intraversava e ti scagliava in aria di due metri. Ricordo che dopo aver vinto la 24 Ore di Le Mans (il primo italiano a vincerla, ndr) siamo andati a fare anche la 8 di Suzuka e la 24 di Spa Francorchamps. Su 24 ore di gara, ne abbiamo fatte 22 sul bagnato. La sera in un punto della pista c&rsquo;era uno specchio d&rsquo;acqua nero, dove la moto partiva dietro, davanti, con tutt&rsquo;e due le ruote&hellip; e pensare oggi di aver fatto quelle gare l&igrave; in quelle condizioni mi fa rabbrividire&hellip;&rdquo;  Cosa fa Piergiorgio Bontempi oggi?  &ldquo;Non mi piace stare senza far niente e sono impegnato su pi&ugrave; fronti. Per qualche anno sono stato un referente della Federazione Motociclistica abbiamo fatto degli interessanti progetti istituzionali sulla sicurezza stradale, alla quale sono molto attento: abbiamo fatto anche formazione di 1252 ingegneri di tutte le Motorizzazioni sul territorio nazionale per conto del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, quando ci fu la nuova normativa per il conseguimento delle patenti per la moto.  &ldquo;Attualmente ho uno store (Generazionemoto, ndr) che tratta accessori moto, mi occupo di un&rsquo;immobiliare, e non pi&ugrave; tardi di un anno fa ho sposato un progetto, un format che verr&agrave; replicato in franchising, su somministrazione cibo e bevande&rdquo;.  Ma in tutto questo ti vedremo in pista quest&rsquo;anno?  &ldquo;Ogni tanto mi faccio trovare&hellip;&quot; conclude Piergiorgio Bontempi.  SBK 2020, ecco i test in programma 

&ldquo;Quest&rsquo;anno Kawasaki dovr&agrave; guardarsi da Ducati, Honda e Yamaha. Valentino Rossi? &Egrave; un valore supremo&rdquo; ci dice Piergiorgio Bontempi

3 risultati per 'Piergiorgio Bontempi'

Bontempi: “Tamberi? Guerriero come me, ma mi ha fatto commuovere prima di Tokyo”

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