Australia 1994: la 250 offre un ultimo giro entrato nella storia del motociclismo, con il sorpasso vincente di Biaggi - ai tempi ancora Massimiliano - ai danni di un Loris Capirossi indotto all&rsquo;errore dopo aver condotto praticamente per tutta la gara. Quel giorno, quel successo, nel primo GP stagionale, posero le basi non soltanto per il primo titolo di Max Biaggi e per il primo alloro iridato dell&rsquo;Aprilia in 250. Ma fu la nascita del Corsaro Nero, grazie alla livrea dell&rsquo;Aprilia abbinata a un Biaggi vincente, capace poi di aggiudicarsi tre titoli di fila con la Casa di Noale, prima di completare il poker con la Honda.&nbsp;    Quel giorno, ad approfittare della sbavatura di Capirex fu anche Doriano Romboni, che strapp&ograve; un&rsquo;insperata seconda posizione, mentre l&rsquo;imolese due volte iridato in 125 pass&ograve; in un attimo dal primo al terzo posto e il suo volto scuro sul podio non era legato soltanto all&rsquo;abbronzatura. Il giovane Loris non fece mistero della sua delusione quando, nelle dichiarazioni post-gara a Motosprint, accus&ograve; Biaggi di essere un &ldquo;succhiascie&rdquo;.    Capirossi: &quot;Quando ho sbagliato &egrave; stato lestissimo ad approfittarne...&quot;   &quot;Ho corso uno dei GP pi&ugrave; belli e difficili della mia carriera. Non ero in condizione di andare via come avevo sperato dopo le prove, cos&igrave; non mi &egrave; rimasto che accettare di avere alle spalle quel succhiascie di Biaggi. Ho provato a farlo passare ma quando &egrave; stato lui davanti perdevamo un secondo al giro e presto ci saremmo ritrovati tra i piedi anche Romboni e Ruggia. Verso la fine non avevo pi&ugrave; aderenza e quando ho sbagliato Biaggi &egrave; stato lestissimo ad approfittarne. Nella sbandata ho perso un sacco di velocit&agrave;, per cui mi &egrave; arrivato sotto anche Romboni. &Egrave; vero, sono passato sul rettilineo scuotendo la testa, ma la manetta del gas era ben aperta&quot;.   Il podio tutto italiano si era visto anche pochi mesi prima nel GP USA, ma con Capirossi, Romboni e Loris Reggiani. Ma questa volta il pilota del Team Pileri si sent&igrave; privato di una vittoria che assaporava fin dall&rsquo;inizio del weekend, quando il cronometro gli dava sempre ragione. Tra Biaggi e Capirossi, poi, la rivalit&agrave; era sfociata gi&agrave; a met&agrave; 1993, a Brno, quando le loro traiettorie si incrociarono: Biaggi chiuse la linea, mandando Capirossi nella ghiaia e costringendolo a una furiosa rimonta, culminata con il record della pista, per cercare di strappare punti nella corsa al titolo (poi conquistato da Tetsuya Harada). &quot;Lo ammazzerei&quot; erano state le parole a caldo, durissime, di un Capirossi furioso nei confronti di Biaggi. &quot;Non &egrave; capace di correre, &egrave; meglio che stia a casa&quot;. Nel 1993 Capirossi e Biaggi correvano entrambi su Honda, ma con team diversi: rispettivamente quelli dei fratelli Pileri e di Erv Kanemoto.&nbsp;    Il cambio di Marca di Biaggi, con il ritorno all&rsquo;Aprilia, non attenu&ograve; la rivalit&agrave;, anzi. Nelle qualifiche del GP d&rsquo;apertura a Eastern Creek, fu Loris a siglare il miglior crono, in 1&rsquo;32&rsquo;200, con Biaggi terzo, in 1&rsquo;32&rsquo;&rsquo;629, preceduto anche dal giapponese Nobuatsu Aoki. Doriano Romboni quarto, in 1&rsquo;32&rsquo;&rsquo;765.&nbsp;  Al via, Capirossi scatt&ograve; subito in testa, ma non ebbe modo di prendere un margine di sicurezza, e alle sue spalle s&rsquo;incoll&ograve; Biaggi, senza cercare il sorpasso. Intuito che il romano avrebbe potuto approfittare della scia sul finale, Loris decise di rallentare tanto da farlo andare davanti. Una volta in testa, per&ograve;, Biaggi replic&ograve; con la stessa moneta e costrinse Capirossi a tornare al comando, perch&eacute; il gruppo degli inseguitori si stava avvicinando, capitanato da Romboni su Honda e da Jean-Philippe Ruggia su Aprilia. Quello di Biaggi era un gioco di strategia e Loris si ritrov&ograve; costretto a rischiare.&nbsp;    Biaggi: &quot;Il confine tra vittoria e sconfitta lo scrive la grinta&quot;   &quot;&Egrave; il terzo&nbsp;GP che vinco, sicuramente il pi&ugrave; bello. Questa sfida a due fra me e Loris far&agrave; parlare: fra di noi c&rsquo;&egrave; grande rivalit&agrave;, non &egrave; un mistero&hellip; E poi anche lui non perde occasione per alimentare il fuoco. Prima della gara ha indicato un aereo che stava passando sopra il paddock e mi ha detto &ldquo;attento, la mia moto va forte come quello&rdquo;. La cattiveria fa parte delle gare e molte volte aiuta: il confine tra vittoria e sconfitta a volte lo scrive la grinta, e se Capirossi non avesse commesso quell&rsquo;errore mi sarei accontentato del secondo posto senza recriminare&quot;.&nbsp;      Capirossi pat&igrave; la tensione e la presenza di Biaggi, che con la sua livrea nera lo seguiva come un&rsquo;ombra inquietante. E all&rsquo;entrata del tornantino, a due curve dal traguardo, Loris sbagli&ograve; l&rsquo;ingresso e Max ne approfitt&ograve; per portarsi davanti. Anche Romboni riusc&igrave; a guadagnare una posizione, battendo Capirossi nella volata finale: e se i primi due tagliarono il traguardo in carena, Loris aveva il casco fuori dal cupolino, scuotendo la testa. L&rsquo;imolese non poteva sapere che due anni e mezzo pi&ugrave; tardi, quel tornantino gli avrebbe risarcito la delusione, quando Mick Doohan e Alex Criville finirono a terra e un sorpreso Capirossi vinse il primo GP della 500 proprio nel giorno del primo addio alla top class.&nbsp;  La furbizia di Biaggi si un&igrave; al colpaccio di Romboni, che fin&igrave; secondo in un weekend dal quale non si aspettava granch&eacute;, dopo aver rotto il motore della sua Honda tre volte durante le prove. Il ligure corse infatti con una moto assemblata soltanto la mattina della gara.    Romboni: &quot;Come vincere al Totocalcio&quot;   &quot;Dopo&nbsp;tutti i problemi avuti nelle prove - addirittura tre motori rotti in due giorni - non speravo proprio di finire sul podio. Mi sento come se avessi vinto al Totocalcio perch&eacute; ho corso con un motore di ricambio che ho montato nel miglior telaio, ma l&rsquo;ho potuto provare solamente nel warm up per un paio di giri&quot;.     Una rivalit&agrave; tutt&#39;altro che sopita   La stagione si concluse con il primo titolo mondiale di Max Biaggi, che in sella all&rsquo;Aprilia ufficiale conquist&ograve; altre quattro vittorie, mentre Loris Capirossi si piazz&ograve; terzo, con quattro vittorie, alle spalle di Tadayuki Okada (Honda). Doriano Romboni concluse la stagione al quarto posto, con una vittoria e sette podi.&nbsp;  Da anni Biaggi e Capirossi sono diventati amici. Recentemente, sono stati protagonisti di una diretta Instagram in cui hanno parlato dei loro rapporti di quando erano avversari.&nbsp; &quot;Se vogliamo essere sinceri, durante la nostra carriera agonistica non ci amavamo troppo, ma il nostro rapporto &egrave; sempre rimasto tranquillo&hellip;&quot; ha detto Capirossi. &quot;Poi si diventa grandi, maturi, si capiscono tante cose. &Egrave; normale che adesso il nostro rapporto sia ottimo, perch&eacute; alla fine per tutta la vita abbiamo fatto insieme, da avversari, quello che amavamo di pi&ugrave;, e adesso ci godiamo tutto quello che abbiamo fatto&quot;.&nbsp;  Ma quando parlano di gare, anche oggi i due sembrano piloti in attivit&agrave;: &quot;Ho vinto tre Mondiali, ma avrei potuto vincerne di pi&ugrave;&quot; ricorda Capirossi, 47 anni. &quot;Il Mondiale 1994 l&rsquo;ho regalato a te&hellip; a Brno ce la giocavamo e potevo vincerlo io, avevo 24 punti di vantaggio, e mancavano tre gare&hellip; Poi ho rotto il motore ed &egrave; finita l&igrave;&hellip;&quot; puntualizza Capirossi.&nbsp;  &quot;Quando eri in moto non conoscevi vie di mezzo, eri in modalit&agrave; on oppure off&quot; ribatte Biaggi, 49 anni. E via cos&igrave;. Perch&eacute; sono amici, ma sono due numeri uno del Motomondiale e, sotto sotto, un po&rsquo; avversari lo rimarranno sempre.&nbsp;  Biaggi su Fenati: &ldquo;Tutti abbiamo bisogno di una seconda possibilit&agrave;&rdquo; 

Il ritorno di Biaggi in Aprilia coincise con il suo debutto con la livrea nera e fu buonissima la prima, con il successo in volata nella battaglia tutta italiana, preludio al titolo. Anzi, a un lunghissimo dominio

Sfide Sprint, Eastern Creek 1994: la nascita del Corsaro

Sar&agrave; per gli scenari incontaminati tanto da risultare quasi selvaggi, o perch&eacute; il Paese &egrave; un agglomerato di italiani e spagnoli d&rsquo;origine, ma per i nostri piloti e quelli iberici, l&rsquo;Argentina &egrave; stata spesso il teatro di grandi e discusse battaglie: in anni recenti &egrave; avvenuto sul circuito di Termas de Rio Hondo, con i contatti ravvicinati tra Valentino Rossi e Marc Marquez in due edizioni del GP, e con il duello fratricida in casa Ducati con Andrea Iannone a fare strike su Andrea Dovizioso. Ma questa &egrave; soltanto la versione &ldquo;moderna&rdquo; di una storia sulle due ruote caratterizzata anche dai duelli di Buenos Aires, in particolare quando nella capitale si correva l&rsquo;ultimo GP stagionale. Come nel 1998 quando Loris Capirossi divent&ograve; campione della 250 con un sorpasso al limite (sul compagno di team Tetsuya Harada) e un anno pi&ugrave; tardi ci fu il duello in 125 tra Emilio Alzamora - in sella alla Honda del Via Digital Team diretto dalla leggenda Angel Nieto - e Marco Melandri, che non gli rese vita facile con la Honda-Benetton-Playlife. Il pilota spagnolo riusc&igrave; a conquistare il titolo, l&rsquo;unico della sua carriera, in modo insolito, ovvero senza vincere neppure una gara: gli bastarono cinque secondi posti e altrettanti terzi nell&rsquo;arco delle 16 gare. Prima di lui, l&rsquo;impresa di un titolo senza GP vinti era riuscita al connazionale Manuel Herreros nel 1989, quando correva nella classe 80 (abolita al termine di quella stagione) con la Derbi.  Il catalano, successivamente mentore dei fratelli Marquez, ebbe una costanza di risultati che fu ripagata a fine stagione, con il vantaggio di un punto su Melandri che invece conquist&ograve; cinque primi posti, inutili per&ograve; per ovviare a una prima parte di campionato in salita a causa di un infortunio. Il romagnolo dovette infatti attendere la quinta gara, al Mugello poche settimane prima del 17&deg; compleanno, per ottenere il primo podio stagionale.  Nella stagione 1999 i piloti al via della 125 furono 33: di questi, ben dieci di scuola italiana, tra loro Marco Melandri, Roberto Locatelli, Lucio Cecchinello e il sammarinese Manuel Poggiali. La Spagna era rappresentata da sei piloti tra cui Emilio Alzamora, Pablo e &ldquo;Gelete&rdquo; Nieto, e fu chiaro che nel derby tutto latino si sarebbero potuti inserire soltanto i giapponesi, come Noboru Ueda, Youichi Ui e Masao Azuma.  Quel GP del 31 ottobre fu anche l&rsquo;ultimo disputato all&rsquo;autodromo Juan e Oscar Galvez di Buenos Aires. E se nelle altre categorie i titoli erano gi&agrave; stati assegnati, con Valentino Rossi vincitore in 250 e Alex Criville in 500, in 125 quella argentina fu la gara decisiva.  Alzamora, che a Buenos Aires aveva vinto nel &lsquo;95, arriv&ograve; all&rsquo;ultima prova con sei lunghezze di vantaggio su Melandri: gli sarebbe bastato un secondo posto anche in caso di vittoria del giovanissimo italiano, ipotesi tutt&rsquo;altro che da scartare dato che &ldquo;Macio&rdquo; era reduce da quattro successi in sette gare. Un ruolino a conferma del valore del romagnolo, terzo a fine Mondiale 1998, il primo campionato intero, durante il quale comp&igrave; 16 anni.  Quel terzo posto ben prima di diventare maggiorenne port&ograve; grandi aspettative su Melandri nel 1999, ma nelle prove del GP inaugurale in Malesia il pilota della Honda si ruppe il radio sinistro, dovette saltare la gara di Sepang e fu costretto a vedere dalla TV il GP di Motegi, poi cadde nuovamente a Jerez.&nbsp;    Zero punti nei primi tre GP, con Alzamora invece sempre sul podio. Ma a partire dalla Germania, dove si arriv&ograve; con Alzamora a +62 su Melandri, qualcosa cambi&ograve; e &ldquo;Macio&rdquo; inizi&ograve; a mietere risultati, vincendo i GP consecutivi del Sachsenring, di Brno e Imola, per poi trionfare ancora a Phillip Island, nel primo dei quattro GP extra-europei in chiusura della stagione.&nbsp;  Per laurearsi campione, Melandri avrebbe dovuto vincere in Argentina e avere un alleato capace di precedere Alzamora. Missione non facile ma neppure impossibile. Per ricoprire il ruolo di alleato sembrava perfetto il compagno di team di Melandri, Azuma, che a Buenos Aires conquist&ograve; la pole davanti ai due contendenti nella corsa al titolo.  Al semaforo verde Locatelli prese la vetta del gruppo incalzato da Melandri e Alzamora, l&igrave; vicino c&rsquo;era anche Poggiali tallonato da Ueda e Cecchinello. Al contrario, il possibile alleato Azuma perse subito terreno e gi&agrave; al secondo giro cadde e fin&igrave; fuori dai giochi. Per un po&rsquo; i piloti del gruppo di testa si studiarono, presero le misure, c&rsquo;era da capire chi sarebbe riuscito a restare e chi invece di l&igrave; a poco si sarebbe arreso.  Nel corso del sesto giro Melandri ruppe gli indugi, era rimasto a osservare fin troppo. Si port&ograve; quindi davanti a Locatelli e Cecchinello con Alzamora quarto. Tutto perfetto, non fosse che Cecchinello - configuratosi come il pilota in grado di staccare Alzamora e quindi aiutare Melandri - cadde a sua volta&hellip; Melandri, senza riflettere troppo, continu&ograve; la sua cavalcata: si sentiva come un toro nell&rsquo;arena, vedeva soltanto rosso, anzi a scacchi, tanto che inizi&ograve; a girare sempre pi&ugrave; forte accumulando prima un secondo, poi due, e arrivando a quasi tre secondi e mezzo sui rivali. Ma non sarebbe bastato, perch&eacute; Alzamora pass&ograve; Locatelli e si port&ograve; al secondo posto. Un gran bel grattacapo per il ravennate.&nbsp;  L&rsquo;enfant prodige romagnolo, allora, inizi&ograve; a rallentare vistosamente con l&rsquo;idea di tornare a fare gruppo con la speranza che lo spagnolo, che a pochi giri dalla fine era ancora secondo, venisse raggiunto e sorpassato.  All&rsquo;ultimo giro, ecco la manovra che sollev&ograve; il polverone: Melandri, senza pi&ugrave; armi a disposizione visto che il terzo (Locatelli) era distante, si volt&ograve; e vide Alzamora in scia, cos&igrave; lo aspett&ograve;, si fece sorpassare e poi prov&ograve; a spingerlo fuori. E dopo il contatto sfiorato, Melandri torn&ograve; a rallentare il ritmo, nell&rsquo;attesa che da dietro arrivasse Locatelli. Nemmeno quest&rsquo;ultimo e disperato tentativo funzion&ograve;. Melandri riusc&igrave; a tagliare il traguardo per primo ma Alzamora, arrivando secondo, and&ograve; a vincere il titolo iridato per un punto.  &quot;Venivo da una stagione difficilissima - &egrave; il commento di Melandri a distanza di quasi 21 anni - la prima corsa la persi per un infortunio stupido. Quando rientrai alla terza gara, anticipando i tempi, avevo ancora un gran male al polso che mi ero rotto, e poi mi buttarono gi&ugrave; all&rsquo;ultimo giro mentre ero nono. Quindi mi feci ancora male a met&agrave; stagione, fu tutto molto complicato&quot;.  Con l&rsquo;analisi di quel 1999 vivida nella mente di Marco, la gara dell&rsquo;Argentina continua a essere un ricordo poco piacevole, di quelli che hanno lasciato un segno difficile da cancellare: &quot;A Buenos Aires le cose si erano messe bene - prosegue - ero riuscito ad andare in testa con Cecchinello secondo e avevamo creato un po&rsquo; di gap sul terzo. Ero contento e convinto di arrivare al traguardo cos&igrave; ma purtroppo Lucio cadde, e a tre giri dalla fine spensi il cervello. Mi sentivo derubato di un campionato che sentivo mio. L&rsquo;unica cosa che potevo provare a fare, visto che Alzamora era secondo, era rallentarlo in modo che chi era dietro di lui lo raggiungesse e poi lo superasse. Quindi feci tutto quello che mi veniva in mente. Diciamo che non &egrave; stato uno dei gesti pi&ugrave; belli. Quando ti succede una cosa del genere impari, ti fa riflettere per gli anni successivi. Di certo, per&ograve;, a fine gara non andai a complimentarmi con Alzamora, avendo io vinto cinque gare e lui nemmeno una. Ero arrabbiato anche per alcuni fatti che erano accaduti durante la stagione e che lo avevano visto protagonista. La sera, dopo qualche ora, riuscii a sbollire e andai a parlarci un po&rsquo;&quot;. Dal canto suo, Alzamora ricorda questa gara come &quot;Il massimo momento della carriera. Una corsa strana, particolare&quot;.&nbsp;   Il GP Argentina 1999 chiuse la stagione 125 con tanti punti di domanda ma anche con un grande insegnamento: per vincere un campionato servono costanza e un pizzico di fortuna. Quando Melandri rientr&ograve; al box indoss&ograve; mesto la t-shirt &ldquo;Quasi World Champion&rdquo; che il suo team aveva preparato per lui. Quel titolo sfiorato, avrebbe potuto davvero vincerlo. Sarebbe stato il primo e l&rsquo;unico in 125 dato che &ldquo;Macio&rdquo; dall&rsquo;anno successivo pass&ograve; in 250, dove riusc&igrave; poi a conquistare il Mondiale nel 2002. Un balsamo per provare a cancellare quella delusione, anche se quel &lsquo;99, forse, non l&rsquo;ha ancora digerito.  Melandri VIP Experience: ecco la scuola di &ldquo;Macio&rdquo; 

La rincorsa di Melandri si ferm&ograve; a una lunghezza da Alzamora, Campione senza aver vinto un GP. L&rsquo;epilogo fu controverso, con i tentativi disperati (e oltre il limite) del romagnolo, che oggi ammette: &quot;Spensi il cervello, mi sentivo derubato di un campionato che consideravo mio&quot;

Sfide Sprint, Melandri-Alzamora: Buenos Aires 1999, il finale amaro

Certe antipatie nascono a pelle, in maniera naturale. Se poi si tratta di una questione tra piloti, che gi&agrave; in pista sono avversari, allora si possono raggiungere livelli incandescenti, e il dualismo Rossi-Biaggi ne &egrave; stato la vera testimonianza.  Gi&agrave;, anche perch&eacute; Vale e Max iniziarono a confrontarsi in pista nel 2000, in 500, ma se le &ldquo;promettevano&rdquo; da almeno tre anni: inevitabile di fronte a due caratteri da numero uno, desiderosi di marchiare il territorio. Il tutto a suon di stoccate dialettiche, sia faccia a faccia che attraverso i media (&quot;Io il Biaggi della 125? Casomai lui &egrave; il Rossi della 250...&quot; disse una volta Vale), con l&rsquo;irriverenza del pesarese, pi&ugrave; giovane di otto anni, nei confronti delle frequentazioni vip del romano. In Italia, poi, dove siamo tutti guelfi e ghibellini, lo sport &egrave; sempre stato animato dai dualismi, sin dai tempi di Coppi e Bartali. E una volta uno contro l&rsquo;altro in pista, la battaglia fu degna delle enormi aspettative che avevano accompagnato l&rsquo;attesa.&nbsp;&nbsp;    Nel 2000, Rossi debutt&ograve; sulla tanto amata e indimenticabile 500, e quando sal&igrave; sulla Honda, aveva gi&agrave; due titoli iridati all&rsquo;attivo: in 125 nel 1997 e in 250 nel 1999. Ma in quel primo anno in top class, il duello vero e proprio per il titolo non ci fu. Biaggi non fu particolarmente competitivo e la sua stagione, la terza in 500, fu piuttosto avara di risultati. Quattro volte iridato in 250 dal 1994 al 1997 dove si era dimostrato imbattibile, Biaggi nel 2001, a 29 anni, si gett&ograve; nella corsa all&rsquo;ultimo Mondiale dell&rsquo;era 500, sempre con la Yamaha.&nbsp;  Rossi, non ancora il Dottore, aveva lo stesso obiettivo, legittimato dai due successi da rookie, a Donington e in Brasile, con altri otto podi, risultati buoni per il secondo posto finale. In palio nel 2001, dunque, non c&rsquo;era soltanto l&rsquo;assegnazione del trofeo iridato, ma anche lo scettro del pilota italiano pi&ugrave; forte e, di conseguenza, una bella fetta di reputazione. Nella sfida diretta tanto attesa, chi sarebbe uscito vincitore?&nbsp;  A fare da contorno a questo dualismo c&rsquo;era anche il confronto tra Yamaha e Honda, da sempre rivali nel mondo delle competizioni. E proprio in casa dei costruttori, a Suzuka, si celebr&ograve; il primo GP, che subito lasci&ograve; intendere quanto Rossi e Biaggi fossero ai ferri corti. Max allarg&ograve; il gomito per impedire il tentativo di sorpasso di Rossi, spingendolo nell&rsquo;erba sul rettilineo, ben oltre i 200 orari.&nbsp;&nbsp;Al secondo tentativo, Rossi complet&ograve; il sorpasso, e una volta entrato in curva davanti al rivale, gli mostr&ograve; il&hellip; dito medio. Dopo la gara vinta, Rossi comment&ograve;: &quot;&Egrave; stato quasi un tentato omicidio&quot;.&nbsp;&nbsp;  Un altro episodio incandescente avvenne a Barcellona, sesto GP dell&rsquo;anno, al termine di un&rsquo;altra gara ricca di sorpassi spettacolari, una festa all&rsquo;italiana con un podio tricolore (Rossi-Biaggi-Capirossi, come l&rsquo;ordine di classifica a fine campionato) ma con la tensione alle stelle tra Valentino e Max nel parco chiuso, e una scaramuccia scoppiata poco prima della cerimonia del podio. All&rsquo;episodio segu&igrave; la convocazione di Rossi e Biaggi in Direzione Gara, dato che l&rsquo;antagonismo aveva decisamente superato il limite. All&rsquo;epoca i piloti non erano cos&igrave; politicamente corretti come oggi, tanto che Rossi al microfono disse, senza tanti giri di parole: &quot;Siamo tre italiani in testa al Mondiale, ma in mezzo a noi c&rsquo;&egrave; un imbecille&quot;.&nbsp;    All&rsquo;approdo del Mondiale a Brno, Rossi era al comando della graduatoria iridata con Biaggi dietro per soltanto 10 lunghezze, con sei gare da disputare, ma Max era in piena corsa grazie ai successi di Assen e del Sachsenring inframmezzati dal secondo posto di Donington alle spalle di Valentino. Inoltre, la pista ceca &egrave; sempre stata la preferita di Max, che intravedeva la possibilit&agrave; di ridurre ulteriormente il gap.&nbsp;  Ma proprio a Brno una scivolata di Biaggi, al comando con Rossi a tallonarlo, cambi&ograve; l&rsquo;inerzia del Mondiale: Valentino vinse in Repubblica Ceca e all&rsquo;Estoril e poi limit&ograve; i danni a Valencia, visto che al suo 11&deg; posto Biaggi rispose soltanto con il 10&deg;.&nbsp;La resa dei conti arriv&ograve; al GP Pacifico, a Motegi, con Biaggi di nuovo a terra, mentre era in lotta con Rossi per il primato.  Il primo match-point per il titolo del pilota Honda fu nel meraviglioso scenario di Phillip Island, in Australia, da sempre palcoscenico di grandi gare: a Rossi sarebbe bastato soltanto un ottavo posto per portare a casa il primo titolo iridato nella classe regina.&nbsp;  Tuttavia Biaggi inizi&ograve; bene il fine settimana conquistando la pole position davanti a Rossi, segno che non aveva alcuna intenzione di arrendersi. In avvio, ai duellanti si aggiunsero anche Alex Barros e Tohru Ukawa, ma negli ultimi sette giri i due italiani si presero le luci della ribalta, per un duello di quelli storici, con un continuo scambio di posizioni. I due restarono separati da pochi millesimi fino al penultimo giro, quando Biaggi mise tra s&eacute; e l&rsquo;avversario poco meno di quattro decimi, pregustando il bis del successo di 12 mesi prima, in volata su Capirossi e proprio su Valentino.  Quel vantaggio, per&ograve;, Rossi lo seppe ricucire proprio all&rsquo;ultimo giro, arrivando all&rsquo;ultima staccata possibile, quella in discesa verso il tornantino a destra, con ancora tutto in gioco. Rossi vicino alla Yamaha numero 3, pronto per il sorpasso memorabile, tanto da sembrare disegnato: il piano di Valentino and&ograve; a buon fine, e il successo si concretizz&ograve; per poco pi&ugrave; di un centesimo di secondo sul traguardo. In un colpo solo, il ventiduenne si prese la gara e il titolo in un duello con il rivale pi&ugrave; accanito.&nbsp;  Ripensando a quel 2001, arricchito anche dal trionfo alla 8 Ore di Suzuka in coppia con Colin Edwards, Rossi ha ricordato: &quot;Quella del 2001 &egrave; stata una delle migliori stagioni della mia carriera. Siamo arrivati a Phillip Island, che &egrave; una delle piste pi&ugrave; belle come ambientazione, anzi probabilmente la pi&ugrave; bella perch&eacute; &egrave; l&rsquo;unica dove si vede il mare. Potevo chiudere ottavo per vincere il titolo, avevo un buon vantaggio per&ograve; c&rsquo;era la lotta con Biaggi&hellip; La rivalit&agrave; con lui &egrave; sempre stata acerrima, ma su quella pista l&rsquo;anno prima mi aveva battuto all&rsquo;ultimo giro. Quindi avevo deciso che dovevo ricambiargli il &#39;favore&#39;. Mi ricordo gli ultimi giri, bellissimi: lui aveva allungato, ma io sono riuscito a ricucire e l&rsquo;ho superato proprio all&rsquo;ultima staccata possibile per il sorpasso. &Egrave; stato uno dei sorpassi pi&ugrave; belli della mia carriera. Si veniva da questa curva lunga a sinistra, che scollina e quindi &egrave; cieca, l&rsquo;abbiamo fatta uno attaccato all&rsquo;altro e in staccata sono riuscito a superarlo. Poi lui mi ha preso la scia e siamo passati sul traguardo uno di fianco all&rsquo;altro. Ho vinto per un pelo, ma era quello che serviva&quot;.&nbsp;&nbsp;    Quel 14 ottobre del 2001 consacr&ograve; il pesarese, con un sorpasso perfetto sulla Yamaha del rivale, e con un titolo conquistato con due gare d&rsquo;anticipo, due GP che Valentino avrebbe vinto ugualmente, in Malesia e Brasile.&nbsp;  Dovendo stilare una lista delle vittorie pi&ugrave; belle di Valentino in tutta la sua carriera, quel trionfo a Phillip Island occuperebbe una delle prime posizioni. Inoltre con quella vittoria Rossi fece suo un record, diventando il primo italiano a vincere il Mondiale in tre diverse categorie (le &ldquo;vecchie&rdquo; 125, 250 e 500), un&rsquo;impresa che in precedenza era stata compiuta soltanto dai britannici Phil Read (125, 250 e 500) e Mike &ldquo;The Bike&rdquo; Hailwood (250, 350 e 500) negli anni Sessanta e Settanta. Ma un anno pi&ugrave; tardi, Rossi avrebbe fatto il poker, conquistando subito la neonata MotoGP. E con l&rsquo;odierno Mondiale a tre classi, il record di Vale pu&ograve; durare all&rsquo;infinito.  Rossi sugli avversari: &ldquo;Con Biaggi la rivalit&agrave; pi&ugrave; intensa&rdquo; 

In un 2001 rovente, il primo vero confronto per il Mondiale tra Valentino e Max si risolse in Australia: il pesarese non si accontent&ograve; del titolo della 500, ma si prese anche il successo nel GP in un duello da brividi con il romano. &quot;L&rsquo;anno prima aveva prevalso lui a Phillip Island, volevo ricambiare il favore...&quot;

Sfide Sprint, Rossi-Biaggi: la consacrazione

Dopo il successo di &ldquo;Ritorno al futuro&rdquo;, con i ricordi pi&ugrave; belli dei quattro anni di inizio decennio (1980, 1990, 2000 e 2010), ecco la nuova iniziativa del nostro settimanale: si chiama &ldquo;Sfide Sprint&rdquo; e accompagner&agrave; i lettori sui numeri di giugno e luglio. Trenta pagine interne al giornale, staccabili, attraverso le quali racconteremo molte delle sfide e dei duelli che hanno caratterizzato il Motomondiale, la Superbike e il Cross degli ultimi 30 anni.  Alcuni esempi? Il Mugello del 2003 con Valentino Rossi, Max Biaggi e Loris Capirossi capaci di giocarsi la vittoria fino all&rsquo;ultimo metro. Hockenheim 2000 e la battaglia a colpi di sorpassi e carenate andata in scena nella seconda manche tra Nitronori Haga e Colin Edwards. E, sempre sulla storica pista tedesca, quella del 1991 tra Kevin Schwantz e Wayne Rainey. Ma c&rsquo;&egrave; anche la sfida tra Chicco Chiodi in sella all&rsquo;Aprilia contro David Philippaerts con la KTM agli Internazionali d&rsquo;Italia del 2007 al Galaello.  Sono solo alcune delle oltre 45 gare, decisive per una stagione, un titolo oppure per la carriera di un pilota, che racconteremo nel corso dei prossimi due mesi. Un modo per ricordare i momenti pi&ugrave; esaltanti e spettacolari del nostro sport e per prepararci in attesa della ripresa della stagione, prevista proprio per i mesi estivi.  La prima puntata di &ldquo;Sfide Sprint&rdquo; sar&agrave; in edicola, all&rsquo;interno di Motosprint, dal numero 22 del 2 giugno. Non perdetevelo! 

Una nuova sezione, di oltre 30 pagine, per raccontarti le gare e i duelli pi&ugrave; spettacolari degli ultimi 30 anni

4 risultati per 'Sfide Sprint'

Sfide Sprint, Eastern Creek 1994: la nascita del Corsaro

Sfide Sprint, Melandri-Alzamora: Buenos Aires 1999, il finale amaro

Sfide Sprint, Rossi-Biaggi: la consacrazione

Sfide Sprint: dal 2 giugno in edicola con Motosprint