        All'et&agrave; di 71 anni si &egrave; spento Pat Hennen, il pilota che nel 1976 segn&ograve; l'inizio dell'epoca vincente degli americani nel motomondiale grazie alla vittoria ottenuta in occasione del GP di Finlandia a Imatra nel 1976, dopo aver battuto l'idolo di casa Teuvo Lansivuori. Originario di Phoenix, Hennen si trasfer&igrave; in California e inizi&ograve; a correre nel dirt track nel 1968; pass&ograve; poi alla pista, insieme alla Suzuki, ottenendo successi notevoli. Nel 1976 partecip&ograve; al Transatlantic Trophy nello stesso anno prese parte alla sua prima annata in classe regina nel motomondiale, in sella alla Suzuki 500 RG del team privato del neozelandese Coleman. Le prime gare della stagione 1978 furono simboliche del talento del texano, presentatosi sin da subito come rivale principale della giovane e arrembante matricola, Kenny Roberts. Tuttavia un terribile incidente che lo vide sfortunato protagonista al Senior TT, lo tolse dalla possibilit&agrave; di competere per il titolo mondiale, spingendolo a ritirarsi a fine stagione.&nbsp; MotoGP, Bastianini potrebbe "rifare l'americano" nel GP di Austin Ad Imatra nel 1976 la prima vittoria Il ruolo storico di Hennen, relativamente al percorso che la classe regina ha compiuto dalla prima edizione fino ad oggi, &egrave; di straordinaria importanza, essendo stato il primo vincitore americano in 500 e aprendo di fatto la strada per i futuri protagonisti a stelle e striscie. Come accennato, in occasione del GP della Finlandia, disputatosi ad Imatra nel 1976, Hennen conquist&ograve; il gradino pi&ugrave; alto del podio, trionfando davanti a Lansivuori, Couloun, Newbold ed il nostro Marco Lucchinelli. Al termine di quella che fu la sua prima stagione nel motomondiale, Hennen concluse in terza posizione, alle spalle di Lansivuori e del campione del mondo Barry Sheene, vincitore di tutte le gare svolte, tranne, per l'appunto, il GP di Finlandia vinto da Hennen. La rivalit&agrave; con Kenny Roberts L'anno successivo Hennen replic&ograve; gli stessi risultati, terminando al terzo posto iridato in classifica, alle spalle di Barry Sheene (nuovamente campione) e Steve Baker. L'americano riusc&igrave; a vincere un altro GP, a Silverstone, tagliando il traguardo precedendo Lansivuori, Baker e Gianfranco Bonera. Come gi&agrave; anticipato, la stagione 1978 si present&ograve; come la pi&ugrave; promettente. Nei 5 GP disputati prima di incorrere nell'incidente al Senior TT, Hennen sal&igrave; sul secondo gradino del podio in ben tre occasioni; riuscendo a vincere il GP di Spagna, a Jarama, davanti al rookie Kenny Roberts, che a fine campionato si laureer&agrave; poi campione del mondo.&nbsp;  MotoGP Orari, GP Austin 2024: la programmazione TV8 e SKY          

Il nativo di Phoenix &egrave; scomparso all'et&agrave; di 71 anni; fu il pioniere della generazione di piloti americani che caratterizz&ograve; la classe regina

Addio a Pat Hennen, il primo americano a vincere una gara in classe regina

Con la stagione 2024 della MotoGP ormai terminata, con la vittoria di Pecco Bagnaia su Jorge Martin, &egrave; tempo di tuffarci in un p&ograve; di storia delle due ruote, andando a scoprire i piloti pi&ugrave; iconici degli anni 70&#39;. Un&#39;epoca particolarmente importante per il motomondiale ed il motorsport italiano, con la presenza vincente e iconica, di molti piloti di stampo tricolore. In questo decennio Giacomo Agostini concluse la sua straordinaria carriera e Kenny Roberts inizi&ograve; l&#39;era dell&#39;epopea americana, chiudendo a suo favore le ostilit&agrave; della top class per tre anni consecutivi dal 1978 al 1980.  Tra le cinque categorie previste in quegli anni abbiamo scelto: Angel Nieto, 13 volte campione del mondo tra classe &quot;50&quot; e &quot;125&quot;; Pierpaolo Bianchi, tre volte iridato della &quot;125&quot;; Jarno Saarinen, campione del mondo della 250; Walter Villa, quattro volte iridato tra la &quot;250&quot; e la &quot;350&quot;; Giacomo Agostini, quindici volte campione del mondo tra la &quot;350&quot; e &quot;500&quot;; Phil Read, sette volte campione tra &quot;125&quot;, &quot;350&quot; e &quot;500&quot;; Barry Sheene, bicampione del mondo della &quot;500&quot;; il sopracitato Kenny Roberts ed infine il quattro volte mattatore tra &quot;250&quot; e &quot;350&quot;, Kork Ballington. Il nostro viaggio nel tempo inizia da Angel Nieto, il secondo pilota della storia per titoli mondiali vinti alle spalle solamente di Giacomo Agostini.&nbsp;&nbsp;  I 10 piloti pi&ugrave; carismatici della storia del motociclismo  I campioni delle piccole cilindrate: da Angel Nieto a PierPaolo Bianchi  Il re delle piccole cilindrate, Angel Nieto, occupa un posto speciale nell&#39;olimpo dei piloti migliori di sempre, dall&#39;alto dei suoi 13 titoli e 90 successi nei GP. Lo spagnolo, pioniere della scuola iberica delle due ruote, negli anni 70&#39; mise in scena il suo dominio (vincendo 8 dei suoi 13 mondiali in questo decennio), pi&ugrave; specificatamente tra le classi &quot;50&quot; e &quot;125&quot;. Nella pi&ugrave; piccola tra le due categorie Nieto trionf&ograve; in sei occasioni, la prima volta nel 1969, seguito dal bis iridato l&#39;anno successivo, poi nel 1972 e infine dal 1975 al 1977. Nella 125 lo spagnolo vinse nel biennio 1971\72, per poi ripetersi nel 1979 e successivamente, ininterrottamente dal 1981 al 1984.&nbsp;  A met&agrave; degli anni 70&#39;, un italiano svett&ograve; su tutti nella 125, trionfando nei campionati del 1971 e del 1972 e vincendo nuovamente poi nel 1980, per un totale di 24 GP vinti. Parliamo di Pierpaolo Bianchi, che nel 1971 vinse in sella alla Morbidelli precedendo in classifica proprio Angel Nieto, mentre l&#39;anno successivo ebbe la meglio (sempre con la Morbidelli) sul connazionale, Eugenio Lazzarini. L&#39;ultimo iride arriv&ograve; insieme alla MBA, dopo aver sopravanzato il francese Guy Bertin.    I re della &quot;250&quot;: Jarno Saarinen, Walter Villa e Kork Ballington  Un innumerevole quantit&agrave; di puro talento caratterizz&ograve; la classe intermedia negli anni 70&#39;: da Jarno Saarinen, leggendario pilota finlandese tragicamente scomparso nel 1973 durante il GP d&#39;Italia di Monza; a Walter Villa, dominatore assoluto per tre anni di fila, ed infine Kork Ballington, il pilota sudafricano pi&ugrave; vincente di sempre. Saarinen conquist&ograve; il titolo nel 1972 battendo la concorrenza del compianto Renzo Pasolini ed esaltando, in tutte le piste del calendario, il suo stile di guida innovativo (Saarinen fu uno dei primissimi piloti a sporgere il busto fuori dalla moto in entrata ed in uscita di curva). Villa fu il dominatore della classe di mezzo dal 1974 al 1976 in sella alla Harley-Davidson; battendo Dieter Braun, Michel Rougerie e Johnny Cecotto, per poi chiudere a quattro il computo totale dei mondiali conquistati grazie al successo ottenuto in &quot;350&quot; nel 1976 ai danni nuovamente di Cecotto. Infine Ballington, autore di due doppiette, nella &quot;250&quot; e nella &quot;350&quot; negli anni 1978 e 1979. Nella mezzo di litro il sudafricano precedette in classifica generale Gregg Hansford, mentre nella classe appena superiore, Takazumi Katayami e Patrick Fernandez.  Le leggende della 500: Giacomo Agostini, Phil Read, Kenny Roberts e Barry Sheene  Il decennio degli anni 70&#39; vide proliferare nomi divenuti storici e iconici del motorsport d&#39;altri tempi, in primis ovviamente Giacomo Agostini, recordman all-time per ci&ograve; che riguarda sia i mondiali che i GP vinti. L&#39;alfiere della MV Agusta conquist&ograve; sette titoli consecutivi in &quot;350&quot; dal 1968 al 1974, al quale ne aggiunse otto in classe regina, ottenuti dal 1966 al 1972 e poi ancora nel 1975. Uno dei acerrimi rivali di &quot;Ago&quot;, ovvero Phil Read, caratterizz&ograve; gli anni 70&#39; in virt&ugrave; dei titoli del 1971 in 250, e soprattutto dei successi in classe regina del 1973 e 1974, quando ebbe ragione di Kim Newcome e Gianfranco Bonera. Nel corso della sua leggendaria carriera, l&#39;inglese vinse altri quattro titoli, nel 1964, 1965 e 1968 in &quot;250&quot; e nel 1968 in &quot;125&quot;. Alla fine degli anni 70&#39;, un americano venuto dalla California e soprannominato &quot;Il Marziano&quot;, ovvero Kenny Roberts, fece piazza pulita in classe regina, per la precisione dal 1978 al 1980 (battendo la concorrenza di Sheene, Ferrari e Mamola), per un totale di tre titoli e 24 vittorie. Poco prima dell&#39;avvento di Roberts, la scena della classe regina fu dominata, per un paio di stagioni, da Barry Sheene. L&#39;inglese trionf&ograve; nel 1976 su Teuvo Lansivuori e nel 1977 precedendo Steve Baker.  &nbsp;    &quot;No ai Marquez in Yamaha&quot;: Alex vittima di un veto nel 2019  &nbsp;       &nbsp;         &nbsp; 

Nell&#39;epoca della fine del dominio di Giacomo Agostini sono stati tanti i piloti in grado di lasciare il segno tra tutte le categorie

Motomondiale: i piloti pi&ugrave; iconici degli anni 70&#39;

        Sono molti gli sport pericolosi in cui gli atleti mettono a repentaglio la propria incolumit&agrave;, in primis il motorsport.&nbsp; Nel cadere, &egrave; frequente che i piloti si fratturano ossa e noi abbiamo stilato una classifica dei tre motociclisti che nella loro carriera si sono rotti pi&ugrave; parti del corpo. Calendario MotoGP 2023  Troy Bayliss &ndash; 14 ossa Sul gradino pi&ugrave; basso del podio troviamo il tre volte iridato nel campionato delle derivate di serie, l&rsquo;australiano Troy Bayliss: con all&rsquo;attivo 52 vittorie totali in SBK, molte delle quali conquistate in sella alla moto di Borgo Panigale, &egrave; il terzo pilota pi&ugrave; vincente del campionato delle derivate &ndash; dietro a Jonathan Rea a quota 118 e Carl Fogarty a 59 vittorie. Nella carriera l&rsquo;australiano si frattur&ograve; diverse ossa: spalla rotta, polso fratturato, dito amputato, clavicola per ben due volte, la caviglia, pollice sinistro, una vertebra, una costola ecc. Classifica piloti MotoGP 2023  Nella prossima pagina il secondo pilota &nbsp; Dani Pedrosa &ndash; 20 ossa rotte Non pu&ograve; restare fuori dalla classifica lo spagnolo bandiera della Honda HRC, ora collaudatore KTM MotoGP, dato che Dani nel corso della sua vincente carriera &egrave; incappato in scivolate da cui il &ldquo;Samurai&rdquo; si &egrave; rialzato con qualche frattura. Vediamo nello specifico alcune delle pi&ugrave; importanti: due volte la clavicola destra, nel 2011 e nel 2016; frattura della testa dell&rsquo;omero destro; clavicola sinistra due volte; rottura del radio distrale del polso sinistro; trauma lombare; frattura tibia sinistra... Classifica squadre MotoGP 2023  Per scoprire il primo posto vai alla prossima pagina &nbsp; Barry Sheene - il pilota pi&ugrave; fratturato della storia Non poteva mancare il pilota britannico soprannominato &ldquo;Baronetto&rdquo;, che entra&nbsp; di nuovo nella nostra classifica. Sheene ha fatto parte della griglia del motomondiale dal 1970 al 1984 e ha vinto due volte il titolo di campione del mondo nel 1976 e 1977 in sella alla Suzuki RG 500. Barry possiede senza alcun dubbio la nomea di pilota pi&ugrave; fratturato della storia del motociclismo e tra le molteplici eccone solo alcune di cui abbiamo conoscenza: femore sinistro, frattura a radio e ulna destra, 4 vertebre, 3 costole rotte e un&rsquo;infinita serie di terribili abrasioni quali amputazione, mignolo sinistro e arti inferiori tenuti insieme da viti. Classifica costruttori 2023        

Vi siete mai chiesti chi sia il pilota che detiene questo record? Scopritelo nella nostra classifica

I 3 piloti con più ossa rotte della storia del motociclismo

        Vero e proprio &ldquo;cavaliere del rischio&rdquo;, che ha contribuito a rendere grande il motociclismo degli anni '70 e '80, ma scomparso prematuramente a causa di un tumore il 10 marzo 2003 a soli 52 anni. E' questa, l'intensa storia di Barry Sheene, pilota britannico divenuto iconico per le sue vittorie in sella alla Suzuki in 500 e per il suo inconfondibile numero 7. MotoGP: Aleix e Aprilia puntano in alto, tra conferme e incertezze Barry Sheene, un pioniere dell'era moderna  Oltre ad essere diventato una leggenda del motociclismo conquistando due titoli mondiali nella classe 500 nel 1976 e nel 1977, Barry &egrave; stato un vero e proprio pioniere dell'era moderna. Fu infatti il primo pilota a rinunciare volontariamente al numero 1 sulla carena dopo la vittoria del campionato, mantenendo quel 7 che l'ha accompagnato per tutta la carriera. Inoltre, fu uno dei primi ad indossare sempre il paraschiena in gara e a boicottare il Tourist Trophy sull'Isola di Man ritenendo la gara sul Mountain Course eccessivamente pericolosa. Il TT, ancora vivo e vegeto tutt'ora ma come gara a s&eacute; stante, venne infatti eliminato dal calendario del Motomondiale.  Sheene, un esempio per le nuove generazioni  Sheene aveva diversi soprannomi, ma i pi&ugrave; utilizzati erano &ldquo;Baronetto&rdquo; essendo diventato un Membro dell'Ordine dell'Impero Britannico, e &ldquo;Iron Man&rdquo;, per via dei numerosi ferri, viti e placche di metallo presenti nel corpo a causa dei tanti infortuni che ne hanno segnato la carriera. E' diventato un punto di riferimento anche per i piloti di oggi, con un esempio su tutti: quello di Barry Baltus. Il giovane centauro belga, impegnato in Moto2 con il team RW Racing, porta il suo nome in quanto i suoi genitori avevamo Sheene come idolo, il quale &egrave; diventato il pilota preferito anche dello stesso Barry, che corre fin dai tempi delle serie minori con il numero 7 sulla carena. Se n'&egrave; andato troppo presto a causa di un male incurabile, &egrave; vero, ma Barry Sheene ha lasciato un'eredit&agrave; importante nell'intero panorama delle due ruote. Aprilia RS 660 Cup, calendario 2023: date, orari TV, dove vederla       

Aveva diversi soprannomi, ha vinto due mondiali in 500 ed &egrave; diventato un'icona della Suzuki con il suo inconfondibile numero 7, non venendo mai dimenticato dagli appassionati

Barry Sheene: il ricordo di “Iron Man”, a 20 anni dalla scomparsa

Quale pilota, prima della superstar Valentino Rossi, era stato in grado di trascendere i confini del motociclismo? Se la vostra risposta sar&agrave; Barry Sheene, non sbaglierete. La popolarit&agrave; dell&rsquo;inglese va oltre un palmares comunque eccellente, con due titoli mondiali consecutivi nella 500, nel 1976 e nel 1977. Le vette pi&ugrave; alte toccate da Sheene furono estreme, a mancare forse &egrave; stata la longevit&agrave;. Ma in termini di glamour &ldquo;esportabile&rdquo; oltre il paddock e il settore delle due ruote, Sheene non ha mai temuto confronti, almeno fino a Rossi. Il quale ha ricevuto i geni da pilota dal padre Graziano, ma per molti versi Valentino &egrave; stato un erede di Sheene. Un vero Valentino prima che il vero Valentino nascesse. E proprio Rossi omaggi&ograve; Sheene dopo la scomparsa, celebrando una vittoria con il numero 7. Il numero che Barry continu&ograve; a utilizzare anche da campione in carica. Una moda che successivamente proprio Valentino avrebbe seguito.    La storia della Suzuki, tra tradizione e famiglia  L&#39;esplosione di un fenomeno   Barry &ldquo;Cool&rdquo; Sheene emerse in un&rsquo;epoca vibrante del motociclismo britannico, capace di sfornare parecchi piloti di grande qualit&agrave;. Ma Barry si distingueva rispetto ai colleghi, e non soltanto perch&eacute; si trattava di un londinese, ma perch&eacute; aveva un modo di porsi molto poco britannico. A conferma del quale c&rsquo;era la capacit&agrave; di parlare francese e spagnolo e un tutto sommato decente italiano e persino di farsi capire in giapponese. Giusto per evitare problemi di &ldquo;lost in translation&rdquo;. Un personaggio aperto, lontano dallo stereotipo dell&rsquo;inglese diffidente, riservato e abituato a guardare dall&rsquo;alto in basso. A rendere celebre Sheene fu anche la capacit&agrave; di superare due terribili incidenti ad altissima velocit&agrave;. Due recuperi famosi almeno quanto i due titoli che fecero da ponte dall&rsquo;era di Giacomo Agostini &ndash; campione nel 1975, prima dell&rsquo;inglese &ndash; a quella di Kenny Roberts, che dopo Sheene avrebbe firmato il proprio tris. A rendere famoso Sheene fu anche il documentario TV che mostr&ograve; il drammatico incidente di Daytona nel 1975, ad altissima velocit&agrave;, e causato da un&rsquo;avaria (lo scoppio della gomma posteriore) a 270 orari.    Nel 1976, Barry divenne l&rsquo;uomo di punta del nuovo Team Suzuki-Heron, condotto dall&rsquo;importatore britannico del Marchio di Hamamatsu, dopo che la Casa madre decise di abbandonare l&rsquo;impegno ufficiale nelle corse. Attraverso un significativo investimento finanziario, dopo che la sua precedente attivit&agrave; - Lambretta - improvvisamente svanita, Peter Agg trov&ograve; subito un nuovo socio, Gerald Ronson, con una grande azienda come la Heron. Le corse erano la loro principale forma di promozione, al contrario sia per la Suzuki che per i distributori di benzina Texaco-Heron erano soltanto una parte della vasta operazione Heron, con sede nella City di Londra. Sheene fu determinante non soltanto per i risultati in gara, perch&eacute; in precedenza lo era stato anche nello sviluppo della moto.  Dopo un anno con la Suzuki ufficiale dai colori bianco e blu, prima che Hamamatsu ritirasse l&rsquo;impegno diretto, Barry divent&ograve; la prima guida della moto con la nuova livrea Texaco-Heron, con la Suzuki RG500, con al suo fianco i connazionali John Williams e John Newbold. I quali vinsero una gara a testa in un anno storico per la Suzuki &ndash; che monopolizz&ograve; le prime sei posizioni del Mondiale piloti della 500 &ndash; ma tutta l&rsquo;attenzione era per Sheene, che si laure&ograve; campione del Mondo con cinque vittorie e un secondo posto nelle sei gare a cui prese parte. &ldquo;Bazza&rdquo; era il perfetto completamento della leggera RG quattro cilindri (meno di 135 kg), con misure di alesaggio e corsa 54x54 mm. Sheene domin&ograve; mostrando di aver imparato da mostri sacri come Giacomo Agostini e Phil Read, visto che non aveva avuto realmente modo di confrontarsi con Mike Hailwood. Barry divenne imprendibile sui circuiti permanenti e non pi&ugrave; stradali, quindi pi&ugrave; brevi rispetto a tracciati come il Tourist Trophy, e sulle nuove gomme da asciutto. Era l&rsquo;inizio dell&rsquo;era delle moto due tempi a farla da assolute padrone, e Sheene fu il primo grande specialista. Ma non fu soltanto per i risultati che l&rsquo;inglese divenne celebre, trionfando per la prima volta nello stesso anno di un altro britannico famoso ben oltre i confini del Motorsport: James Hunt, campione in Formula 1.  SBK: Imola 2002, la gara perfetta  I successi   La sua celebrit&agrave;, infatti, &egrave; stata superiore a piloti che avevano vinto di pi&ugrave; o avrebbero vinto di pi&ugrave;. Merito del talento e della personalit&agrave; che Barry riusciva a esprimere anche fuori dalla pista. Ma &egrave; ovviamente nei GP che Sheene fece la differenza. Nel 1976 il dominio inizi&ograve; con i successi consecutivi a Le Mans, Salisburgo e al Mugello, poi salt&ograve; l&rsquo;odiato TT (dove l&rsquo;ultima esperienza risaliva al 1971) per poi rivincere ad Assen. A Spa chiuse secondo a causa di un problema di pompaggio della benzina, ma poi chiuse i conti in Svezia, dove port&ograve; la livrea Texaco-Heron (con il rosso, nero e bianco) sul tetto del Mondo. Sheene, da sempre il re degli anticonformisti, da campione del Mondo non partecip&ograve; alle gare in Finlandia (Imatra) e Cecoslovacchia (Brno) perch&eacute; l&rsquo;ingaggio per i piloti era basso, e salt&ograve; il N&uuml;rburgring, dove Agostini ottenne l&rsquo;ultimo successo con la MV, per problemi legati alla sicurezza del circuito tedesco. Sheene vinse nonostante la presenza di una lunga vite nel femore sinistro, retaggio degli incidenti del passato.  Martyn Ogborne, coordinatore tecnico del Team Suzuki-Heron, ricordava che una delle ragioni per cui Barry guidava in maniera cos&igrave; fluida e bella da vedere, era legata proprio alla virtuale &ldquo;impossibilit&agrave;&rdquo; di cadere, altrimenti sarebbero stati dolori. &ldquo;Non poteva cadere con quella vite nel femore, l&rsquo;avrebbe distrutta. Quindi doveva guidare in quel modo, e comunque cos&igrave; facendo non sarebbe andato piano, si &egrave; visto con i risultati&hellip; Era soltanto un altro modo di guidare e lui si adatt&ograve;&rdquo;.    Il secondo titolo, l&rsquo;anno successivo, arriv&ograve; in maniera altrettanto dominante, con un nuovo modello di RG 500 a sua disposizione. Aperta la stagione con un successo in Venezuela, a San Carlos, non partecip&ograve; alla gara boicottata da gran parte dei piloti a Salisburgo per la tragedia avvenuta nella gara della 350 con la scomparsa di Hans Stadelmann, quindi vinse tre GP consecutivi a Hockenheim, Imola e al Paul Ricard. In Olanda arriv&ograve; un raro secondo posto nella gara vinta in condizioni meteo precarie dall&rsquo;eroe locale Wil Hartog, ma Sheene si riscatt&ograve; vincendo a Spa-Francorchamps e Anderstorp. A quel punto, in Finlandia fu sufficiente un sesto posto per conquistare il secondo Mondiale consecutivo. Saltato il GP di Brno, nella gara di casa a Silverstone fu costretto al ritiro. Non arriv&ograve; il tris, in un finale di carriera che port&ograve; comunque altri sei successi nella top class: Sheene rest&ograve; nell&rsquo;ambiente dei motori come apprezzato commentatore in Australia, fino alla scomparsa a soltanto 52 anni per un cancro.  Di quelle sei gare vinte, cinque furono con la Suzuki: nel 1978 fu vice campione, sempre con i colori Texaco-Heron, alle spalle di Roberts, simbolo di una nuova era che stava iniziando e della quale avrebbero fatto parte anche i giovani Marco Lucchinelli e Franco Uncini, a loro volta campioni del Mondo della 500 con la Suzuki. Non c&rsquo;era pi&ugrave; lo stile di guida naturale di Sheene, capace di domare una moto potentissima. Sheene pass&ograve; alle Yamaha private, con cui corse tra 1980 e 1982, e in quest&rsquo;ultimo anno ebbe una terribile caduta in prova a Silverstone. Fu il secondo recupero durissimo da affrontare, e anche in questo caso Barry ci riusc&igrave;. E riusc&igrave; a tornare in pista con la Suzuki-Heron nel 1983 e nel 1984. Mentre il rapporto tra Suzuki e Heron-GB sarebbe durato fino al 1987.  Per spiegare la leggendaria storia di Sheene, ci aiutano le parole di Steve &ldquo;Stavros&rdquo; Parrish, che sulla moto marchiata Texaco-Heron fu compagno di squadra di Barry, oltre che suo amico. Perch&eacute; era cos&igrave; celebre? &ldquo;Perch&eacute; racchiudeva in s&eacute; tutto: accanto al pilota c&rsquo;era anche un uomo con competenze tecniche, aveva lavorato sulle moto due tempi con il padre Frank, detto &lsquo;Franco&rsquo;, sin da quando aveva 12 anni&rdquo; ha detto Parrish. &ldquo;Lui &egrave; cresciuto da predestinato, aveva anche grande talento e fiducia nei propri mezzi. E poi era anche un bel ragazzo, aveva le donne ai suoi piedi. Aveva un po&rsquo; di tutto, era eccellente in ogni aspetto, in pista e fuori. &Egrave; stato il Valentino Rossi dei suoi tempi&rdquo;.  Paolo Ciabatti: &ldquo;Troy Bayliss &egrave; stato il ducatista per eccellenza&rdquo; 

Fu il primo grande specialista delle due tempi nella 500, ma soprattutto seppe varcare i confini del paddock. Come ricorda L&rsquo;ex compagno di team Parrish: &quot;Barry aveva talento, conoscenze tecniche e&hellip; le donne ai suoi piedi. &Egrave; stato il Valentino Rossi della sua epoca&quot;

La storia di Barry Sheene, fenomeno fuori e dentro la pista

Barry Steven Frank Sheene, conosciuto da tutti come Bazza, &egrave; uno di quelli che ha vissuto a tutto gas. Un po&rsquo; come Steve McQueen e il suo connazionale e amico James Hunt. Non &egrave; nel cuore degli appassionati per i numeri. Di Barry &egrave; rimasto lo spettacolo e sono rimaste le cadute, il sorriso di chi la sa lunga e l&rsquo;atteggiamento un po&rsquo; spaccone da showman.  Nel mondiale gi&agrave; a vent&rsquo;anni, ci mette un po&rsquo; a trovare la sua dimensione. Nel &rsquo;71 &egrave; velocissimo sulla Suzuki 125, ma &egrave; con la 500 che diventa grande. Inizia a monopolizzare la scena ancor prima del 1976, anno del suo primo titolo. Barry &egrave; protagonista prima per le cadute, tante e spesso spaventose. Ci&ograve; che sorprende tutti &egrave; la capacit&agrave; con cui si rialza sempre, e dopo ogni incidente la filastrocca &egrave; la stessa: &ldquo;Se ho intenzione di tornare in pista? Perch&eacute; non dovrei?&rdquo;.  Danny Kent, sulle orme di Barry Sheene  Sheene conta pi&ugrave; viti in corpo della maggior parte dei suoi avversari, ma ai voli come quello di Daytona del 1975 &egrave; dura far l&rsquo;abitudine. &Egrave; per questo che sul finire degli anni 70 inizia a percepire la necessit&agrave; di maggior protezione, in particolare sulla schiena. Le moto di questi anni, in fondo, gi&agrave; sfiorano i 300 chilometri l&rsquo;ora, e di colleghi in sedia a rotelle se ne vedono troppi.  &Egrave; con Sheene che Dainese pensa ad una soluzione per uscire da questa situazione pericolosa. Unendo scienza e design, Lino d&agrave; vita al primo esemplare di paraschiena, apertamente ispirato al carapace dell&rsquo;aragosta.  Per saperne di pi&ugrave;, continuate a leggere la notizia su Demonerosso The Dainese Journal 

Nel 1979 l&#39;unione di due geni port&ograve; alla luce il primo protettore per il motociclismo

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