MOTOVIP, Max Giusti: "boss in incognito” amante dell'off-road

MOTOVIP, Max Giusti: "boss in incognito” amante dell'off-road

“Ho corso quattro anni nel cross cadetti, e adoravo vedere il mio nome su Motosprint. Ho ripreso perché la moto mi toglie 30 anni. Ho girato con Cairoli e Petrucci e fanno paura. E posso dire di essermi fatto male nello stesso salto di Prado", ci dice il conduttore televisivo

29.12.2020 16:18

La passione di Max Giusti per le moto è esplosa quando l’attore e conduttore televisivo era giovanissimo. E ancora oggi, nonostante gli impegni di lavoro, appena può Max salta in sella e si lancia a smanettare e saltare sugli sterrati: non solo per divertirsi, ma puntando anche al risultato. Anche per le vie della sua Roma gira su due ruote, con un T-Max. Lo scorso anno si è cimentato anche nell’enduro, al Rally di Sardegna su una Yamaha, e poi è tornato al suo amore di sempre, la KTM, e due mesi fa ha disputato una gara di Motocross d’Epoca a Ponte Sfondato, nel reatino, insieme ad altri 250 partecipanti.

“I risultati sono stati scarsi ma è stato veramente emozionante, grazie a tutto l’ambiente KTM, dal team Milani a Roberto Rossi, a Bruno Ferrari che mi ha restaurato la moto, una KTM del 1985”, ci dice Max Giusti reduce da un record assoluto di ascolti su Rai1 con la sua trasmissione “Boss in incognito”, che alla prima puntata ha registrato oltre 2.180.000 spettatori.

Come nasce la tua passione per le moto?

“Mio papà è di Fermo e da bambino mi portava le gare al crossodromo di Monterosato, come la gloriosa Coppa Mille Dollari. Vedevo correre il mio beniamino, Franco Perfini, che è stato pluricampione italiano e ha fatto anche dei grandissimi risultati al mondiale. E’ proprio di Fermo e immagina la soddisfazione che ho avuto due anni fa a girare in pista a Pasqua insieme a lui e Eno Carducci, altro grande campione italiano, anche lui marchigiano…”

“La moto mi toglie 30 anni”

Che emozioni ti regala la moto?

“Mi toglie 30 anni anche se non si direbbe”, risponde Max con un grande sorriso. “Mi fa tornare bambino, mi ricorda l’odore dell’olio di ricino, quando c’erano gli allenamenti in pista, le magliette colorate, i nomi dei piloti scritti dietro ai pantaloni di pelle… quello era il mio motocross e ci sono cresciuto per tutta la vita.

Ho la collezione di Motosprint dal 1981: allora a Roma arrivava il giovedì, e io andavo di corsa all’edicola perché non vedevo l’ora di leggere delle gare del mondiale di motocross, anche se allora lo spazio dedicato all’offroad era poco, poi è cresciuto nel tempo. E quando ho cominciato a fare il campionato cadetti non vedevo l’ora di leggere il trafiletto con il mio nome su Motosprint”.

Insomma eri già appassionatissimo!

“Ho avuto una fase da ‘feticista’, dagli 11 ai 20 anni: andavo a vedere tutte le gare nelle Marche, ma anche a Malagrotta, ho visto il mondiale 500 a San Marino alla Baldasserona e mi ricordo ancora quando a Ponte a Egola Claudio de Carli è stato il primo italiano a vincere una manche della 500. Poi ci sono stati gli anni del grande Andrea Bartolini… il motocross l’ho seguito in maniera religiosa almeno fino a quando ho avuto 25-26 anni. Rileggevo i giornali fino a consumarli”.

Oltre ad essere uno spettatore, sei stato anche pilota.

Ho iniziato a correre con i cadetti nel 1984 con una TM vecchia di 4 anni, ancora a disco rotante. Ho corso fino a metà dell’87, perché poi avevo fatto un brutto botto. Poi ho conosciuto il team Milani di Roma con il quale corro tuttora, e grazie al quale è nato l’amore con la KTM. Adesso sono fortunato perché in pista vado sempre con il team.

“Non ho mai fatto grandissimi risultati però: quando correvo da ragazzo ho colto massimo il sesto posto al regionale assoluto, ma anche qualche quarto o quinto posto di manche l’ho portato a casa”.

“I piloti oggi sono dei funamboli”

Adesso hai ricominciato a gareggiare e affronti gli sterrati senza risparmiarti, a costo di correre qualche rischio.

“Sono quasi un paio di anni che sono tornato in moto e ho incontrato anche tantissimi amici di quando correvo io. E’ un’esperienza bellissima.

“Lo scorso anno a Malagrotta, sullo stesso salto dove si era fatto male Jorge Prado in allenamento, sono caduto e mi sono fatto male. Ho esagerato: anziché farlo in terza marcia l’ho fatto in quarta, la moto mi ha sbattuto troppo in aria e troppo a lungo. Invece di fare il salto doppio, che era molto lungo, l’ho superato, sono arrivato nella compressione e ho dato una botta fortissima.

Poi c’è da dire che adattarsi al nuovo stile di guida dopo tutto questo tempo che non corri non è semplicissimo”, aggiunge Max Giusti. “Le piste sono cambiate molto, si sta molto più in aria, i piloti sono sempre più dei funamboli, hanno un controllo delle moto che è spaventoso.

“Il motocross è nato come gara di velocità su sterrato, ma adesso gli ostacoli sono sempre più particolari, devi contare le whoops, le gobbe, servono tanto equilibrio e padronanza della moto”.

“Cairoli e Petrucci fanno paura”

Quest’anno sei allenato anche con Cairoli e Petrucci…

“Sì quella è stata una fortuna, mi ha invitato Cairoli a fare due giri a Malagrotta, insieme a lui e Danilo Petrucci, che andavano come dei mostri. Di Tonino lo sapevo ma non immaginavo che Danilo andasse così forte in fuoristrada. Sembra un professionista del motocross, con un vigore e una forza che mettono paura”.

In MotoGP per chi tieni?

“Tifo sempre per i piloti italiani. Oltre a Danilo Petrucci, ho tenuto molto per Dovizioso perché trovo assurdo che uno che lotta per il mondiale non abbia la sella per il prossimo anno”.

E nel Motocross, chi ti piace di più?

“Tony Cairoli. E ho sofferto molto per il suo ultimo infortunio, perché secondo me merita di arrivare a dieci titoli mondiali”.

“Il sorpasso è l’emozione più bella che c’è”

Faresti una gara in pista?

“Certo! Ho sempre avuto paura dell’asfalto, perché andare a 320/330 con una moto è davvero tanto… nel motocross le velocità massime sono ancora abbastanza limitate, e anche se picchio in terra e mi faccio male come mi è successo lo scorso anno, mi sembra sempre di rischiare meno rispetto all’asfalto. Però alle gare chi dice di no?”

L’enduro ti piace?

“Molto, ma non quello estremo, che è quasi trial. Come tutti quelli che hanno 50 anni, preferisco le cose di prima: sono nato con la regolarità di Gritti, Sala, Rinaldi e mi piacciono molto i fettucciati, le mulattiere… gli ostacoli così ‘nudi’ non mi fanno impazzire.

"Secondo me l’enduro è molto utile, perché ti dà grande sensibilità e ti aiuta a conoscere tutti i tipi di terreno e vorrei provare a fare qualche gara del trofeo enduro KTM. L’anno scorso grazie a Yamaha ho avuto modo di fare anche il rally di Sardegna, che è stata un’esperienza bellissima: mi sono tolto belle soddisfazioni.

"Ma rispetto al cross, nell’enduro mi manca il sorpasso: l’emozione più bella che c’è. Puoi anche lottare fra ultimo e penultimo, ma quando sorpassi il tuo rivale sei troppo felice…”, conclude Max Giusti.

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