MotoVip: Fabrizio Donato, dall'atletica alla pista

MotoVip: Fabrizio Donato, dall'atletica alla pista

L'atleta laziale racconta la sua passione per le due ruote: "Conclusa la carriera nell'atletica, posso dedicarmi alle moto. Sono ducatista nell'anima, ho girato a Vallelunga e non vedo l'ora di rifarlo"

22.01.2022 ( Aggiornata il 22.01.2022 19:55 )

Il 2021 è stato l’anno dello sport italiano, l’Inno di Mameli è risuonato tante volte, riconsegnando all’Italia uno status nell’elite mondiale. Ma il 2021 sarà ricordato anche come l’anno dei ritiri illustri, di atleti che nelle loro discipline hanno tracciato un solco, lasciando un’eredità sportiva estremamente importante. Come Valentino Rossi e Antonio Cairoli, ma anche Federica Pellegrini e Fabrizio Donato.

Proprio quest’ultimo, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012 nel salto triplo e detentore del record italiano con 17,73 metri, è un grande appassionato di moto e di corse, fan di Rossi ma anche ducatista. Il quarantacinquenne ha annunciato il ritiro proprio il giorno dopo Valentino, il 6 agosto, dopo 23 titoli nazionali, un bronzo olimpico e cinque partecipazioni ai Giochi, numeri che lo hanno consegnato alla storia dello sport italiano. Si apre un nuovo capitolo nella vita sportiva e non soltanto dell’atleta laziale, che farà da mentore per le nuove promesse dell’atletica azzurra, e con più tempo da dedicare alla passione per le due ruote.

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Donato: "Atletica e moto, quanta adrenalina"


Come nasce la tua passione per i motori?

“Nasce da lontano, ricordo i primi tentativi di comprarmi la moto, alla fine degli anni ‘90, ovviamente una Ducati, la 916. I miei genitori però non volevano, mi dicevano che ero un atleta e che non dovevo rischiare. Quindi per anni mi sono trattenuto, perché la mia priorità era la carriera”.

Cosa hanno in comune salto triplo e moto?

“La passione, l’adrenalina e il brivido. Spesso esco in moto anche se vorrei farlo di più, e quando torno a casa stanco dopo tanti km percorsi, ho sempre un grande sorriso, è una passione che mi rende felice, che mi fa stare bene, la mia moto mi regala sempre emozioni. Le stesse sensazioni che provavo quando saltavo bene me le regala la mia moto che, tra l’altro, si chiama Olimpia”.

Qual è la fase della guida che accosti alle emozioni di un salto perfettamente riuscito?

“Senza dubbio l’accelerazione, io poi ho una Panigale V4, comprata con i soldi della medaglia olimpica, quindi capiamo bene che servono tanta cura e tanto rispetto nell’aprire il gas, non si può aprire tutto, l’acceleratore va rispettato. È un’emozione unica, è come il mio salto: il salto va rispettato, se sbagli qualcosa il tuo corpo accusa il colpo. Per esempio quando noi facciamo il primo salto, dei tre, scarichiamo a terra più di mille chili, quindi è una fase molto delicata, come l’accelerazione. Quello è il frangente più bello: accelerare pian piano uscendo dalla curva per poi sfogare tutti i cavalli. Poi ovviamente anche la piega è entusiasmante, cosi come la derapata, l’abilità di gestirla in curva, sentire l’avantreno che si alleggerisce”.

Segui la MotoGP, che hai conosciuto anche ai box: quali sono i tuoi piloti di riferimento e come hai vissuto la visita nel paddock del Motomondiale?

“Nel 2012, il mio anno magico, in seguito alla conquista del bronzo olimpico, dopo un’intervista in cui parlai di moto citando la Ducati, la Casa di Borgo Panigale mi contattò per invitarmi al GP di Misano nel box di Valentino Rossi e Nicky Hayden! Ho avuto la fortuna di passare una giornata bellissima e indimenticabile, ho conosciuto Valentino, ho scambiato qualche parola con lui e questo ha aumentato ancora di più la mia passione. Ho sempre seguito la MotoGP e sono sempre stato tifoso di Rossi; la sua carriera, anche se in maniera più amplificata, è stata simile alla mia, fatta di cadute e di riscatti. Lui ha vinto tantissimo, io ho vinto qualcosina, però molto spesso mi sono rispecchiato in lui. Valentino è il mio idolo delle moto e lo rimarrà sempre”.

Cosa ti ha impressionato di Rossi vedendolo lavorare nel box?

“La sua maniacalità, molto simile alla mia in termini di approccio al lavoro. La differenza nelle gare va ricercata nel particolare, tutti siamo capaci di allenarci, ma il particolare spesso è fondamentale. Ho visto molte similitudini tra la sua sensibilità nella messa a punto della moto e la mia sensibilità nel salto. Rossi curava ogni minimo particolare, con indicazioni molto precise. Un’altra cosa che mi impressionò fu la sua disponibilità nonostante stesse lavorando per un weekend di gara, in questo senso è un aspetto in cui divergiamo, perché io quando gareggio voglio rimanere solo, concentrandomi soltanto con me stesso, invece lui era molto disponibile. Una semplicità nel gestire la tensione della gara davvero ammirevole".

Tu e Rossi avete annunciato l’addio alle gare quasi in contemporanea.

"Lui adesso sta formando giovani piloti attraverso la VR46 Academy e ha creato i suoi team nel Motomondiale. Io sono partito più tardi rispetto a lui, mi sono proiettato da poco in questo senso e ho formato un gruppo di cinque giovani atleti talentuosi cercando di trasmettere più cose possibili e cercando di formare un nuovo Donato. Vedere i suoi ragazzi che nel suo ultimo GP l’hanno omaggiato è stato bellissimo, come è bello pensare che gli allievi possano superare il maestro. Mi piacerebbe molto incontrarlo al Ranch, nei loro allenamenti c’è tanto divertimento ma anche molta sensibilità, la stessa cosa che succede qui a Castel Porziano nel centro sportivo delle Fiamme Gialle con il mio team. Io detengo i record nazionali Outdoor e Indoor da ormai vent’anni, ma qualcuno prima o poi li batterà, e spero che sia un mio ragazzo”.

Quali sono i tuoi prossimi impegni sportivi?

“Il mio sogno è quello di creare una vera scuola di saltatori, per tramandare il mio sapere, la mia esperienza. Sono fortunato perché le Fiamme Gialle puntano su di me e mi mettono a disposizione le strutture per inseguire l’obiettivo. Spero di trovare un po’ di spazio in più nell’ambito della Federazione”.

Se dovessi accostare una tua impresa a quella di un pilota di moto, quale sceglieresti?

“Spesso sono caduto e mi sono rialzato, la cosa che più mi impressiona dei piloti della MotoGP è che dopo un brutto infortunio, una caduta o un trauma riescono sempre a tornare più forti di prima, e questo è anche il mio modello e stile di vita".

Uno sguardo al futuro


Quali sono i favoriti della prossima stagione di MotoGP e SBK?

"Per la Superbike dico Alvaro Bautista, è tornato in Ducati e lui sulla Rossa fa paura, devono tremare tutti. Per la MotoGP il cuore è sempre italiano, mi piacerebbe che vincesse Dovizioso perché meriterebbe di terminare la carriera in questo modo. Inoltre sarebbe bello vedere Luca Marini lottare con Fabio Quartararo e Pecco Bagnaia. Indicare Pecco come favorito è persino troppo facile, abbiamo visto tutti cosa è stato in grado di fare nelle ultime gare. A me piacciono le sorprese, mi piace pensare a qualcosa di diverso dallo scontato. Quando gareggiavo, a volte non mi davano per favorito e neppure per partente, e poi alla fine vincevo. In ogni modo, l’importante è che vinca una Ducati”.

Si denota un cuore rosso Ducati.

“Mi sarebbe piaciuto molto provare a Jerez la nuova Panigale V4, anche perché un po’ di amici sono andati a guidarla. Io cerco sempre di andare in moto, ho degli amici a Roma con cui condivido la passione, in particolare Lorenzo e Dario, che sono due Youtuber, in arte Spavald e Darietto. Quando posso mi unisco a loro e passiamo giornate a dir poco fantastiche tra curve, risate e buon cibo. Per loro la moto è uno stile di vita, riescono a trasmettere con i loro video e con estrema semplicità bellissimi valori: il motociclismo e gli sport in generale sono uno strumento educativo e sociale”.

Hai mai provato la Ducati stradale in pista?

“Sì, sono invitato da Ducati Roma a Vallelunga, è stato bello anche perché ho avuto un maestro non indifferente, Dario Marchetti. In quell’occasione ho raggiunto limiti che pensavo di non toccare, mi sono davvero divertito e mi sono ripromesso di tornarci”.

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