L’abbigliamento del pilota: come è cambiato negli anni?

L’abbigliamento del pilota: come è cambiato negli anni?© GPAgency

Dalla semplice tuta in pelle e casco a scodella ai moderni sistemi di sicurezza. L’evoluzione dei sistemi di protezione

28.12.2022 ( Aggiornata il 28.12.2022 13:05 )

Il progresso tecnologico nell’abbigliamento ha aiutato e migliorato la sicurezza dei piloti, riducendo drasticamente gli infortuni e le morti in pista. Ma come è cambiato nel corso degli anni? Vediamolo insieme

Tuta di pelle e casco a scodella


Se nelle prime gare l’abbigliamento tecnico per andare in moto era costituito da un maglione a collo alto, pantaloni alla zuava e stivali con le stringhe, le prime vere tute si iniziano a vedere durante la stagione 1950 del Motomondiale grazie al britannico Geoff Duke. La semplice tuta in pelle aveva però una grossa limitazione: proteggeva dalle abrasioni ma non dagli urti.

Di pari passo con la tuta, anche il casco del pilota subisce il medesimo processo di evoluzione. Fino alla fine del 1960, si usava un casco a scodella che aveva anch’esso il difetto di non proteggere troppo dagli urti.

Inserti elastici e prime ginocchiere


Nel 1954 il DT della Moto Guzzi Giulio Cesare Carcano si inventa un nuovo modo di realizzare le tute da gara: grazie ad un modello della sella della moto, il pilota può simulare i movimenti che è solito fare ed il sarto può prendere le misure per realizzare la tuta ideale. Nascono le prime tute preformate con l’intento di ridurre lo stress e la fatica ed anche aumentare la protezione grazie al maggior spessore della pelle. Negli anni successivi l'abbigliamento migliora sempre di più grazie anche alle indicazioni dei piloti e nel 1974 Dainese introduce i primi inserti elastici nella tuta per migliorare i movimenti. Nella seconda metà degli anni 70, poi, si iniziano a vedere anche le prime ginocchiere, grazie a Barry Sheene e Roberto Gallina grazie al nuovo stile di guida portato da Jarno Saarinen (ginocchio in fuori). Jon Ekerold invece fissava dei pezzi di visiera alla tuta con il nastro adesivo..

Paraschiena e “gobba”


Nel 1979 arriva il primo paraschiena per proteggere la colonna vertebrale del pilota. Successivamente alla tuta si aggiungono anche le protezioni per spalle, gomiti, avambracci e tibie aumentando quindi il livello di sicurezza viste le velocità sempre più crescenti. Risale invece al 1987 la prima “gobba”, l’appendice esterna al corpo principale della tuta che permette una maggiore protezione della colonna vertebrale del pilota, oltre a contenere poi negli anni il sistema di idratazione. 

Tuta in pelle di canguro, inserti in fibre composite e ventilazione


Risale sempre al 1987 il primo esperimento di tuta in pelle di canguro, più elastica, leggera e resistente della pelle bovina. I primi piloti a portare in pista la tuta in pelle di canguro sono stati Mick Doohan e Max Biaggi. Nel 1995 si compaiono invece i primi inserti in fibre composite (carbonio e kevlar) prima su guanti e dorso della mano e successivamente su ginocchia e spalle per ridurre l’attrito nelle scivolate. Nel corso degli anni, poi, vengono apportate delle migliorie per quanto riguarda la ventilazione: le tute vengono dotate di aree traforate e tessuti interni per migliorare la temperatura del corpo del pilota.

Airbag


L’ultima grande evoluzione in ordine di tempo per quanto riguarda la tuta del pilota è l’introduzione dell’airbag elettronico. Novità introdotta per andare a proteggere quelle parti ancora delicate in caso di incidente come il collo, le clavicole, le spalle e la cassa toracica (nonostante la protezione anteriore). L’airbag si attiva subito in caso di caduta grazie a dei sensori collocati in posti strategici della tuta.

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