12 cilindri a V, il capolavoro incompiuto di Giancarlo Morbidelli

12 cilindri a V, il capolavoro incompiuto di Giancarlo Morbidelli© Fermino Fraternali

Come racconta Gambini, collaboratore di Morbidelli: "La suggestione era nella possibilità di sentire una moto cantare come una Ferrari"

Jeffrey Zani

22.02.2024 ( Aggiornata il 22.02.2024 10:44 )

Morbidelli 12 cilindri: la curiosità Honda


Il progetto di Morbidelli prevedeva infatti dimensioni decisamente ridotte, per alcuni impensabili. Ne è prova l’esito di un incontro avuto nel luglio del 2003 con due ingegneri della Honda che, incuriositi dalle voci sul progetto, tenuto comunque molto riservato, avevano chiesto di poter dare un’occhiata: “Quel giorno ero presente per immortalare la visita – ricorda Fermino Fraternali, una vita dietro l’obbiettivo della macchina fotografica – e sono stato testimone dell’immensa meraviglia espressa dai nipponici. Non riuscivano proprio a credere che qualcosa del genere potesse essere possibile. E così, in uno slancio di altruismo e rispetto, garantirono a Morbidelli la completa disponibilità nel fornire qualsiasi pezzo di ricambio”.

Il pesarese si trovava quindi a incassare il supporto informale di uno dei marchi più prestigiosi del globo. Dopo aver già ricevuto, in passato, la benedizione di Enzo Ferrari, patron del più celebrato reparto corse nella storia della Formula 1. Tanti, infatti, i confronti e gli scambi fra i due, con il Drake pronto ad aiutare il pesarese in diverse occasioni. Ne sono prova, fra le altre cose, alcune 125 da Gran Premio riconoscibili per aver stampato il Cavallino sui carter, realizzati proprio grazie alla struttura di Maranello.

Morbidelli non era dunque nuovo alle collaborazioni eccellenti, e ha sfruttato anche quella con la Honda. “Sulla scia della promessa degli ingegneri giapponesi – spiega ancora Gambini – pistoni, valvole e altri componenti destinati al V12 vennero presi in prestito da una vecchia cugina della CBR600RR, una 250 quattro cilindri di serie non importata in Italia. Per quanto riguarda il motore commissionammo, oppure realizzammo a seconda dei casi, parti come i cilindri e tutti gli altri componenti necessari, incluso l’albero motore, dietro disegno di Giancarlo. Il progetto prevedeva, in sintesi, che la nuova parte venisse in qualche modo incastonata nella base rappresentata dalla CBR. La parte segata via aveva lasciato, guardando il motore di profilo, uno spicchio vuoto di circa 90 gradi che, visto dal lato sinistro, corrispondeva alla porzione che divide l’orologio fra le 9 e le 12, da quello destro fra le 12 e le 3. L’albero motore sarebbe stato alloggiato lì, più o meno dove c’era il precedente, con sei cilindri puntati verso l’alto e altrettanti diagonali, in avanti”. Il progetto doveva inoltre contare su iniettori ad hoc, realizzati da una ditta specializzata. “Ricordo ancora il giorno in cui arrivarono, erano piccolissimi, chiusi in un contenitore grande più o meno come una scatola per le scarpe. Giancarlo, scherzando, mi disse che quegli aggeggi costavano più della Lancia Y che usava per raggiungere il museo e l’officina. Realizzati anche gli alberi a camme, restavano in sospeso i corpi farfallati, l’accensione e qualche altro dettaglio.

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