Ritiri eccellenti: cosa sto facendo qui?

Ritiri eccellenti: cosa sto facendo qui?©  Milagro

Se lo domandò Angel Nieto nel 1986: fu il segno che la sua leggendaria carriera era finita. Come lui, Agostini, Roberts, Hailwood, Spencer, Stoner, Lawson e Gardner dimostrano che l’addio ha mille volti. E che la riflessione davanti a Rossi è complicata

Manuel Pecino e Antonio Lopez

28.03.2020 09:10

I 28 titoli di Ago e Nieto


GP Austria 1986: Angel Nieto è sulla griglia della classe 80, in mezzo a giovani promesse che da un po’ di tempo precedono il campionissimo. Gente che non si lascia abbagliare dagli innumerevoli trofei del trentanovenne, che ormai ha abbandonato i propositi di agganciare Giacomo Agostini a 15 Mondiali (lui che è a 12+1) e di salire nella 250. "Cosa sto facendo qui?" si chiede Nieto. È il momento in cui capisce che è ora di smettere. Il campione più titolato del motociclismo spagnolo, il dominatore delle categorie più piccole, metterà fine alla propria carriera a fine stagione.

Ogni pilota sa che, prima o poi, quel momento arriverà, anche se non è facile da accettare. Il grande Ago, per esempio, decise di lasciare una volta compreso di non poter più vincere secondo le abitudini. Persi due titoli di fila nella 500, Agostini recuperò nel 1975, e il 15° titolo divenne il suo zenith, l’addizione perfetta per completare una carriera da leggenda.

Il cambio generazionale, incarnato da Barry Sheene, grazie al carisma e alle vittorie, e il mancato supporto ufficiale di una Casa fecero realizzare a “Mino” che l’epilogo era arrivato. Senza più nulla da dimostrare, e con un conto in banca molto più che rispettabile, Agostini decise di ritirarsi a 35 anni

Addio al top


Dire addio dopo una vittoria. È il 1983, e il caso è quello di Kenny Roberts, che a Imola conquista una delle più belle gare di sempre, inutile però per conquistare il titolo della 500 nel duello con Freddie Spencer. Il californiano chiude la carriera dal gradino più alto del podio, anche se pesa di più il titolo sfuggito dopo un’annata in cui lui e l’astro nascente Spencer si sono spartiti tutte le vittorie.  

Il successo di Imola di Roberts si rivela inutile perché nella gara precedente, in Svezia, Freddie aveva vinto il duello con una manovra rischiosa quasi al punto di sembrare suicida. Dopo aver rischiato di finire a terra assieme a Spencer, autore della manovra, Roberts aveva capito di non essere più disposto a rischiare la vita per un Mondiale: "Un titolo non è sufficiente per rischiare fuori dall’ordinario". A Imola King Kenny vince e mette fine a una carriera iridata breve (sei anni) quanto leggendaria

Per capire quella decisione, serve contestualizzarla e tornare agli anni ‘80, quando i viaggi transoceanici non erano paragonabili a quelli di oggi. Per correre nel Mondiale, Roberts era costretto a trascorrere tanto tempo lontano da casa e dalla famiglia, passando mesi interi senza vedere i suoi figli.

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