Ritiri eccellenti: cosa sto facendo qui?

Ritiri eccellenti: cosa sto facendo qui?©  Milagro

Se lo domandò Angel Nieto nel 1986: fu il segno che la sua leggendaria carriera era finita. Come lui, Agostini, Roberts, Hailwood, Spencer, Stoner, Lawson e Gardner dimostrano che l’addio ha mille volti. E che la riflessione davanti a Rossi è complicata

Manuel Pecino e Antonio Lopez

28.03.2020 09:10

Il ritiro forzato


"Guardatemi, sembro avere 100 anni… questo è ciò che le gare mi hanno lasciato". A dirlo è Mike Hailwood, parlando con un amico, a 27 anni, poco prima di lasciare il Motomondiale.

In quel momento, Mike viene da due titoli consecutivi sfuggiti nella 500 contro Agostini e la MV Agusta, mentre la Honda dell’inglese è veloce quando difficile da guidare e scarsamente affidabile. È il 1967 e Hailwood - reduce dal successo nell’ultimo GP dell’anno precedente - viaggia alla volta del Giappone prima di inizio stagione, convinto di poter aiutare la Casa a sviluppare il nuovo motore V4. In realtà la convocazione è per un’altra ragione: la Honda si ritira dalle competizioni

Si disse che la Casa giapponese elargì all’inglese una cospicua somma di denaro per non farlo correre per un’altra Marca, ma la realtà era ancora più semplice: nessuna altra moto poteva consentire al leggendario Hailwood di sfidare Agostini e la MV. Per questo “The Bike” scelse di passare alle auto, diventando anche un pilota - di buon livello - in Formula 1, pur non avendo mezzi competitivi.

Hailwood avrebbe continuato a correre in moto in maniera sporadica, ma fuori dal Motomondiale. Il momento storico fu nel 1978, quando tornò al Tourist Trophy: una teorica follia, ma nella gara che vedeva Phil Read favorito, sulla Honda, Mike fece “risorgere” una Ducati virtualmente Stock.

E andando contro il parere degli amici, che gli consigliarono di non correre perché avrebbe rischiato di intaccare la propria reputazione, Hailwood diede vita a una storia degna di Hollywood, con il successo numero tredici sull’Isola, buono per rafforzarla ulteriormente, la sua reputazione.

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Tra i grandi ritiri, una delle storie più singolari è quella di Freddie Spencer. Iridato in 500 nel 1983 dopo la straordinaria battaglia con Roberts, viene spodestato nel 1984 anche per colpa di una moto-laboratorio equipaggiata con tutte le invenzioni che gli ingegneri della Honda potevano sognare. Nel 1985, Spencer non lascia ma raddoppia, e diventa l’ultimo pilota in grado di compiere una doppietta iridata nello stesso anno, in 250 e 500. Da lì in poi, basta, nemmeno un podio: dall’Olimpo al Limbo dei Dimenticati.  

E dire che il 1986 sembra iniziare sulla scia dell’anno precedente, con il dominio dello statunitense nella 500 a Jarama, un dominio interrotto da un sovraccarico muscolare all’avambraccio (arm pump). È l’inizio di una lunga serie di guai fisici tali da mettere in dubbio, di volta in volta, la presenza di Spencer in gara, un dubbio che trova risposta soltanto all’immediata vigilia del GP. Nel 1987, tutto sembra risolversi ma Spencer si infortuna alla Daytona 200, poco prima del Mondiale. Il ritorno non avviene prima di Donington, nono GP stagionale, dove l’inizio è epico, con il primo giro vissuto al comando della gara, ma poi Fast Freddie deve ritirarsi per noie meccaniche. L’87 finisce senza gloria, il 1988 nemmeno comincia e nel 1989, a 27 anni, Spencer riceve un’occasione dalla Yamaha del Team Agostini e un contratto munifico, giudicato da molti il maggiore incentivo.

Si tratta di un pilota che sembra aver imboccato da un pezzo il viale del tramonto, eppure ha soltanto 27 anni, ed è più giovane dei successori nell’albo d’oro iridato, Lawson e Gardner, quindi avrebbe il tempo per rimettere in piedi la carriera. Invece Spencer non ingrana, e a metà stagione viene persino appiedato - in seguito al ritiro nel GP Francia senza un’apparente ragione - dopo aver trovato un accordo economico per la separazione. 

L’incredibile è che il 1989 non è l’ultima stagione, perché un nuovo tentativo arriva nel 1993, quando da “Fast”, veloce, è diventato “Fat”, grasso. Fuori forma e senza il passo per correre nel Mondiale contro grandissimi avversari, l’immagine di Spencer che rotola sull’asfalto di Eastern Creek come una bambola di pezza è un colpo al cuore degli appassionati. Altre due gare con la Roc-Yamaha e poi l’addio definitivo.

Per fortuna, il ricordo di Spencer resta quello dei primi anni ‘80, con il primo Mondiale della Honda in top class, un titolo vinto da iridato più giovane di sempre battendo Roberts, e poi per l’incredibile doppietta del 1985. 

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