Max Biaggi: “Molti fan vogliono un rientro da qualche parte”

Max Biaggi: “Molti fan vogliono un rientro da qualche parte”©  Milagro

Ambasciatore Aprilia, manager in Moto3 con l’Husqvarna e Fenati, MotoGP Legend: a quasi 49 anni,  il sei volte campione del Mondo ha più che mai le due ruote nel cuore

14.04.2020 09:10

Max Biaggi e il motociclismo sportivo sono un binomio indissolubile, come due elementi saldati insieme con la fiamma ossidrica: se mai fosse servita una conferma, questa è arrivata dopo i tre giorni di pista a Sepang, proprio sul circuito dove il sei volte iridato aveva disputato la sua ultima gara nel mondiale Superbike, quasi cinque anni fa. In Malesia, Max è tornato corsaro e in sella all’Aprilia RSV 4X Limited Edition ha siglato tempi di tutto rispetto, annunciando subito ai fans di essere "Purtroppo ancora veloce". Superato completamente, dunque, l’episodio del brutto incidente in Supermotard a Latina tre anni fa, dopo il quale Max aveva promesso che non sarebbe più risalito in sella a una moto. Ma, l’abbiamo detto, il romano e le due ruote motorizzate sono una cosa soltanto. Al punto che per Biaggi si era parlato di un cammeo sulla RS-GP nei test sempre a Sepang. Sarebbe stato un record, trattandosi di un pilota di quasi 49 anni su una MotoGP.  

"Quel test sulla stradale era una tre giorni organizzata dall’Aprilia in Malesia, e io sono andato nel mio ruolo di ambasciatore del Marchio, però sono stato anche tanto in pista, con dei customer di Aprilia malesi, indonesiani" ci dice Biaggi con un sorriso gigantesco. "Ho girato per tre giorni senza stop (160 tornate, nde). Ho messo alla prova il mio fisico e la mia mente, per capire se l’incidente che mi è quasi costato la vita fosse ormai alle spalle. Essere riuscito a superare questo scoglio è stata un’enorme soddisfazione, sia come pilota che come uomo. Mi sono divertito tantissimo, perché tutto era uguale all’ultima volta, anche se sono passati ormai quasi cinque anni. Tutto era molto simile, la moto non era una Superbike ma le sensazioni erano molto simili e non dico che lo erano anche i tempi, ma quasi, considerando che ero su una moto diversa e meno performante. Ti rendi conto che la differenza rispetto a prima non è poi tanta…".  

Parole da pilota, ma soprattutto da uomo impegnato su mille fronti nel 2020, con l’Aprilia e con il suo team della Moto3, che con le Husqvarna schiererà Romano Fenati e Alonso Lopez.

La scuola dei campioni


Parliamo del nuovo campionato italiano: all’Aprilia All Stars, il 9 maggio al Mugello, sarai il coach d’eccezione di piloti giovanissimi. Quanto è importante un’iniziativa come questa? 

"La Sport Production è una scuola storica, perché risale agli anni Ottanta. Nei primi anni Novanta ho iniziato anch’io con la 125. Non ho più visto campionati così affollati: c’erano quattro selezioni, Nord, Centro, Isole e Sud, più di 150 iscritti. Chi vinceva fra tanti aveva la possibilità di far carriera".  

Cosa pensi del fatto che si potrà scendere in pista già a 11 anni? 

"Prima si partiva un po’ più grandi, adesso con queste moto dai pesi più contenuti penso che sia corretto, è un giusto compromesso. Chi affronta questo campionato lo deve fare con l’entusiasmo di coltivare un sogno. Certo, non tutti nascono o crescono con l’idea di diventare campioni, ma è bello anche per provare la competizione, che poi tra ragazzi così piccoli c’è soltanto in pista, ma giù dalla sella no".

Che moto sarà? 

"Sono curioso di veder girare la nuova Aprilia, perché sono tanti anni che non si vedono in pista moto così piccole. Questo sarà un monomarca, ma penso di vedere qualcosa già di livello. Immagino che il prodotto sia valido, perché già allora l’Aprilia vinceva… ricordo che era fornitrice anche del Team Italia. Io ho corso con quella moto e mi piacerebbe rivedere in un ragazzo giovane, oggi, quella scala di successo degli anni Novanta: Aprilia, Team Italia e poi il Mondiale…".  

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La squadra 2020 


Parliamo della Moto3: al primo anno da manager hai lottato per il Mondiale con Aron Canet e per il 2020 hai arruolato anche Fenati

"Ho voluto un italiano perché l’anno scorso non c’erano piloti italiani liberi promettenti o comunque consolidati: era nata l’occasione di Canet e l’avevo ingaggiato subito, senza pensarci troppo. Si è rivelata una scelta giusta: è andata male all’ultimo ma per tre quarti del campionato era stato al vertice della classifica. Dunque abbiamo svolto un bel lavoro e i ragazzi che ho scelto per la squadra sono stati bravi a metterlo nelle condizioni di gareggiare, secondo me, come mai aveva fatto fino all’anno scorso, perché è stato il più consistente fino a quattro gare dalla fine. Poi un po’ l’euforia, un po’ l’errore che ci sta, ha chiuso secondo, che rimane un ottimo risultato". 

Un successo forse anche oltre le aspettative? 

"Il nostro team ha debuttato nel Mondiale lo scorso anno, ma in realtà è composto da persone che hanno fatto anni di Mondiale. Quindi era una ‘pseudo’ novità, perché c’è un organico importante con tanta esperienza". 

E poi ci sei tu: qual è il tuo apporto? 

"Io sono operativo ma ovviamente lascio ognuno libero di esprimersi al meglio: il capomeccanico, il telemetrista, il pilota… Io posso dare qualche suggerimento per cercare di farli sbagliare una volta in meno, perché l’esperienza aiuta a non commettere un errore o comunque a non ripeterlo. Vado spesso in pista a vederli, mi piace guardarli da vicino". 

Fenati lo seguivi da tempo? 

"In realtà ho sempre seguito la MotoGP e prima ancora la 500 perché era la mia categoria, le classi più piccole le seguivo quando correvo in 250. Ovviamente negli ultimi tre anni ho guardato molto da vicino la entry class, dove puoi vedere ragazzi di 15 o 16 anni, all’inizio della loro carriera. Trovo più formativa la Moto3 della Moto2, perché anche come tipo di moto hai qualche libertà in più rispetto alla Moto2, che comunque negli anni sta cambiando, con l’introduzione sempre di qualcosa in più nell’elettronica, per renderla più personalizzabile".

Fenati è considerato un grande talento, ma con un carattere non facile. Qual è la tua valutazione? 

"Qualcuno dice così, qualcuno dice il contrario. Lo vedremo. Quando inizieremo ad andare in pista, ci faremo un’idea di tutto il pacchetto che avremo a disposizione. La nostra squadra è sdoppiata: ogni pilota avrà il suo organico. Abbiamo scelto i più adatti per un pilota e per l’altro, e visto che abbiamo Fenati e Lopez, abbiamo in squadra il 60% delle persone italiane e 40% spagnole".  

Dicevi che non ci sono troppe nuove leve italiane. Secondo te perché? 

"Non saprei, comunque arrivare al Mondiale non è facile. Di solito passi per il campionato spagnolo, che oltre a essere abbastanza costoso ha un livello decisamente alto: è un mondiale Junior nel vero senso della parola e a parlare sono i tempi, non è soltanto una sensazione. Più di una volta i primi di quel campionato, quando hanno fatto una gara una tantum nel Mondiale, sono andati a podio, pensate a Xavi Artigas a Valencia l’anno scorso. Questo testimonia che vanno forte". 

Il futuro


Torniamo a Max Biaggi pilota: qualche gara ti piacerebbe tornare a farla? 

"Non ci ho mai pensato, sento parlare soltanto i ragazzi, i fans…".  

Però su Instagram hai scritto un post che faceva sognare, ipotizzando di salire in sella all’Aprilia MotoGP… 

"Molti fans vogliono un rientro da qualche parte, ma per ora il mio ruolo in Aprilia è quello che conoscete". Un ruolo, anzi più ruoli: brand ambassador, proprietario di un team. E dal 2020, anche MotoGP Legend, con la premiazione al Mugello.

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