Hockenheim 1992: quella 'tripla corona' che rese grande Aprilia

Hockenheim 1992: quella 'tripla corona' che rese grande Aprilia

Sul veloce tracciato tedesco Chili, Biaggi e Reggiani consegnarono agli annali una affermazione perentoria per la Casa italiana. Fu l’antipasto di quello che negli anni a seguire divenne un dominio per le bicilindriche di Noale

13.04.2021 20:28

Vittoria totale. Già nel 1991 si ebbero i primi vagiti di una forte competitività con le vittorie di Chili ad Assen e Loris Reggiani a Le Mans. Ma fu l’anno seguente, il ’92 che Aprilia sventolò fiera la ricetta per battere la Honda nel mondiale 250. Ma anche in 125 (con il primo Mondiale targato Alex Gramigni).

Il GP di Germania del 1992 è da annoverarsi come snodo tra i più significativi del motociclismo di casa nostra. In particolare per una Casa, l’Aprilia, che in quel periodo, dopo un lungo e paziente lavoro di riorganizzazione dell’intera struttura del Reparto Corse (con l’innesto di uomini come Jan Witteween responsabile tecnico e con Carlo Pernat arrivato dalla Cagiva a sovrintendere sugli aspetti manageriali e sportivi) era l’astro nascente nel Motomondiale.
Fu sui lunghi rettilinei del Ring di Hockenheim, che le quarto di litro 2T percorrevano a oltre 190 km/h di media, o in veloci "esse" come la "Senna-Kurve" o la "Clarke-Kurve", che si iniziò a vedere in modo inequivocabile la forza di un progetto che, in seguito e per oltre un decennio, dominò la scena iridata della 250 Mondiale.

Domenica di gloria


“Se oggi non vinciamo mi licenzio”, sentenziava un esplosivo Carlo Pernat dopo aver assistito alla vittoria in 125 di Bruno Casanova in sella alla ottavo di litro di Noale targata Scot. Allo spegnersi del semaforo della 250 le tre AF1 del debuttante di stagione Massimiliano Biaggi (pole per lui), Loris Reggiani e Pierfrancesco Chili scattarono subito forte, trainandosi a vicenda fino a scavare un solco con i più immediati inseguitori. In un tracciato velocissimo come l’Hockenheimring, il gioco delle scie recita un ruolo fondamentale. Perdere il treno buono diventa un problema. Lo sapeva benissimo Luca Cadalora che perse quel traino, impegnato nella lotta tutta Honda contro Helmut Bradl ed il giapponese Masahiro Shimizu. Si ritrovò quarto, con il vuoto attorno e le tre Aprilia lontane 20 secondi (dirà il distacco finale).

Tre uomini in fuga


I tre italiani arrivarono in parata all’ingresso dell’ultimo “Motodrom”. Fu Chili a presentarsi davanti a tutti sfruttando al meglio l’ultima frenata alla fine del rettilineo per pararsi da eventuali contromosse dell’inesperto, ma determinato quanto talentuoso Max e del ben più navigato Loris. Il pilota in sella alla AF1 numero 7 seppe poi sfruttare al meglio una leggera superiorità mostrata nell’arco della gara proprio sul guidato tratto finale. Chili, Biaggi e Reggiani, nell’ordine sul podio. Con il Campione del Mondo, su Honda, Luca Cadalora in quarta posizione. Lo stesso Luca poi riconobbe la superiorità delle moto veneta: “In velocità di punta erano superiori di appena 2 km/h rispetto alla mia Honda. Il segreto di quel successo - raccontava al periodo il modenese - non è da ricercarsi solo nel motore, ma nella moto, nel suo complesso”.

Tris mondiali


Un tris Aprilia che entrò negli annali: prima di quel momento mai una Casa italiana era riuscita a conquistare l’intero podio con piloti italiani.

C’è da aggiungere che nel corso della stagione arrivavano altre importanti dimostrazioni di forza con Reggiani sempre sul podio e secondo posto in campionato. La “tripla corona” tutta tricolore si ripetè anche in occasione dell’ultima tappa, in Sudafrica, sul tracciato di Kyalami con Massimiliano “Max” Biaggi a siglare il successo. Il primo del pilota romano in 250. Il primo di una lunga serie…

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