Marco Lucchinelli: “Quel consiglio di Sheene a Imola 1981...”

Marco Lucchinelli: “Quel consiglio di Sheene a Imola 1981...”© GpAgency

Il ligure riportò l’italia al vertice della classe regina, ma anche la Suzuki, che non vinceva dai tempi di Sheene. "Merito anche dell’onestà dell’inglese a Imola, dove mi suggerì la gomma giusta: grazie a quella mossa, fui in grado di batterlo! e che goduria ricevere i complimenti di Roberts"

30.06.2021 20:04

Con il titolo mondiale nella 500 del 1981, Marco Lucchinelli riportò l’Italia al vertice della classe regina per la prima volta dai tempi di Giacomo Agostini. Quel 1981 fu trionfale per Lucky, al secondo anno con la compagine di Roberto Gallina, ma al debutto sulla Suzuki Gamma che sostituì la RGB. Nel 1981 Lucchinelli era l’unica punta del team spezzino, che la stagione precedente aveva schierato anche Graziano Rossi. Un attacco con un’unica punta in una griglia della classe regina ricca di grandi nomi: da Kenny Roberts sulla Yamaha, vincitore degli ultimi tre mondiali consecutivi, a Randy Mamola sulla Suzuki del Team Heron, poi il suo compagno di squadra Graeme Crosby, Barry Sheene sulla Yamaha del Team Akai, e i forti olandesi Boet Van Dulmen su Yamaha e Jack Middelburg su Suzuki e il sudafricano Kork Ballington sulla Kawasaki. Lucchinelli fu capace di “bastonarli” tutti, con una stagione da incorniciare: cinque vittorie, un secondo e un terzo posto su 11 Gran Premi lo proclamarono campione del Mondo, detronizzando Roberts e tarpando le speranze dell’arrembante Mamola.

La storia della Suzuki, tra tradizione e famiglia

1980-1981


“Ho vinto il Mondiale nel 1981 però nel 1980 camminavo molto più veloce” esordisce schietto Lucchinelli, 66 anni, quando gli chiediamo di raccontare la sua stagione iridata. Per me il 1981 è stata la conferma che avrei potuto vincere il Mondiale già nel 1980, e non lo vinsi per cattiva sorte: a Misano ruppi il motore mentre ero primo, in Olanda mi si appannò la visiera del casco e mi dovetti ritirare, in Finlandia ero primo davanti a Graziano Rossi quando mi si ruppe la guarnizione della testa, e in Inghilterra ho dechappato quando ero terzo. Morale: se io avessi finito tutte le gare avrei vinto il Mondiale già nel 1980”.

Quindi nel 1981 l’idea iniziale era quella di vincere?

“Dentro di me lo sapevo che andavo forte, forte, forte… Poi ha girato anche tutto per il verso giusto e non ce l’ho fatta a perdere il Mondiale anche quell’anno… Anche se ci ho provato in Inghilterra, cadendo al primo giro per evitare Roberts, Sheene e Crosby e quindi prendendo zero punti, però è stato un Mondiale partito forte da subito. Dentro di me avevo la fiducia piena, avevo vinto l’ultima gara del 1980 al Nürburgring, avevo capito che ce l’avrei fatta”.

La stagione, però, non partì nel migliore dei modi: il primo GP lo vinse Mamola davanti a Crosby e al giapponese Hiroyuki Kawasaki. Tutti con le Suzuki.

“In Austria debuttai con un ritiro per la rottura del freno anteriore, ma stavo andando forte. Il Salzburgring è uno di quei circuiti dove sono sempre andato bene, anche con la Honda. In Germania mi sono rifatto con una gara leggendaria: terzo dietro a Roberts e Mamola, che non erano Mimì e Cocò… Eravamo uno in fila all’altro, tutti e tre in 69 millesimi, significa che potevamo vincere tutti, ma all’ultimo giro all’entrata del Motodrom furono più bravi loro, ed ebbero anche un po’ più di sorte. A Hockenheim c’erano quei due o tre rettilinei dove si sfruttavano le scie, e con le moto abbastanza simili ci sorpassavamo di continuo. Fu una di quelle gare che se fosse stata fatta con le telecamere che ci sono oggi, la gente si sarebbe alzata in piedi. Non sono arrivati Stoner e Valentino a far alzare la gente, la facevo alzare un bel po’ anche io…”

Quindi il GP Nazioni a Monza: sul podio Roberts, Crosby e Sheene. E tu?

“Avevo fatto la prima pole della stagione, ero veloce, ed era una gara dove avrei potuto giocarmela per vincere. Pioveva ma a me non interessava, andavo forte anche sul bagnato, come ho fatto a Imola negli ultimi giri, oppure ad Assen… Invece, purtroppo, ebbi un problema di perdita di potenza. Un ‘pirolino’ della gomma rain si staccò e andò ad infilarsi nel carburatore: la moto andava a volte a tre cilindri e a volte a quattro: con il bagnato facevo fatica a stare in piedi e fui quinto”.

La prima vittoria arrivò in Francia, davanti a Mamola e Crosby.

“Al Paul Ricard sono sempre andato bene, anche l’anno prima avevo fatto il podio. Quell’anno lì camminai forte, ricordo di aver finito con qualche secondo di distacco sugli altri (4’’91 su Mamola, nde). Fu una bella gara, molto combattuta all’inizio, poi andai via”.

Arriviamo al GP Jugoslavia, sulla pista di Rijeka. Un altro arrivo in volata: secondo ma a soltanto nove decimi da Mamola.

“Sì, persi perché avevo il rapporto del cambio sbagliato: dalla quinta alla sesta c’era troppo distacco di giri e la moto calava in rettilineo. Nelle parti guidate del circuito riuscivo a superare Mamola, ma lui a ogni passaggio davanti ai box faceva quinta-sesta e mi ripassava. Fu un errore nostro, però facemmo una signora gara e alla fine arrivai secondo. Oggi ci sono piloti che arrivano sesti e si dichiarano contenti di aver fatto una bella gara…”.

Il momento chiave


Giro di boa del campionato ed ecco la chiave: tripletta di vittorie in Olanda, Belgio e a Imola, continuando la serie di sei partenze in pole position consecutive inaugurata a Monza.

“In Olanda mi presi una bella soddisfazione sotto la pioggia: recuperai e andai a vincere, a casa degli olandesi Van Dulmen e Middelburg che sul bagnato ad Assen erano dei marziani… E con quella vittoria passai in testa al campionato. In Belgio fu una delle mie gare più belle: ero in pole, ma a un certo punto mi trovai a sette secondi da su Roberts. Spa-Francorchamps era una pista molto lunga, recuperai e passai Roberts prima del rampino a destra, il Virage de la Source: gli entrai dentro in staccata con un’operazione da matto, che oggi susciterebbe un reclamo. Uscimmo dalla curva sfrizionando tutti e due, e riuscii a vincere: il traguardo era 70 metri dopo la curva. Poi Roberts venne a darmi la mano, uscirono anche le foto sui giornali, e mi disse: ‘Sorpasso fantastico, bravo’”.

E poi la gara di casa.

“A Imola, invece, ho vinto con tre secondi di vantaggio su Barry Sheene e sei su Crosby. Fu una gara molto indicativa su com’erano diversi i piloti una volta: era nuvoloso e nel giro di ricognizione io avevo messo una gomma intermedia davanti e una da asciutto dietro. Sheene mi disse: ‘Marcolino, change the tyres, metti le slick, se piove interrompono la gara’. Finito il giro di ricognizione Sheene mise la moto di traverso in griglia e mi diede la possibilità di cambiare la gomma anteriore. A pochi giri dalla fine la gara viene sospesa per pioggia e vinsi proprio davanti a Barry Sheene, ma grazie a lui che mi aveva fatto cambiare la gomma. Questo spiega quanto eravamo diversi rispetto a oggi”.

Arriviamo in Inghilterra, dove hai provato a perdere il titolo mondiale…

“Gettai via 15 punti: andavo forte, avrei potuto vincere, ma finii fuori al primo giro per evitare dei piloti che caddero davanti”.

Come hai vissuto il finale di stagione tutto scandinavo?

“Dopo Silverstone non avevo più tanto vantaggio sul secondo: si decideva tutto in Finlandia e in Svezia, due GP difficili, dove potervi trovare acqua, e quello della Finlandia era un circuito stradale, pericoloso… Un po’ di pensieri per la testa cominciavo ad averli”.

Invece proprio a Imatra ci fu il tuo dominio: primo con 15 secondi di vantaggio.

“Anche l’anno prima in Finlandia ero al comando con 15” di vantaggio su Graziano Rossi che aveva la mia stessa moto… La Finlandia decisamente mi piaceva: oltre al fatto che c’erano belle donne, andavo anche forte! E se non fossi andato a cercare le ragazze, sarei andato anche più forte…”.

Poi il GP Svezia, l’ultima battaglia.

“Anche in Svezia rischiai di mettere a repentaglio il Mondiale. In partenza quando lasciai la frizione stavo scivolando sulle strisce bianche della griglia, che una volta erano viscide. Mi ritrovai 14°. Mamola era davanti a me, e se fosse finita così sarebbe stato lui il campione del Mondo. Recuperai, gli arrivai a ridosso e lui cominciò a perdere posizioni. Poi disse che aveva problemi alle sospensioni ma secondo me quando gli sono arrivato dietro ha cambiato andatura, si è sentito perso. Il team ha esposto la stella con il numero 1 soltanto all’ultimo… la gara era bagnata e forse avevano paura che facessi qualche cagata!”.

"Roberts era il re"


Quale fu il tuo rivale più coriaceo in quella stagione?

“Mamola ha sempre camminato forte e ha fatto una bella carriera ma Roberts era il Re… Poi piaceva addirittura anche alla mia ex moglie, e allora cercavo di essere più veloce di lui anche per farle vedere che ero più bravo io. Come riferimenti ho avuto sempre Barry Sheene e Roberts, che non sapeva la lingua ma ci dava il gas a quattro mani”.

Come ti sei sentito da campione del Mondo?

“Non mi sono reso subito conto. Poi sono arrivato in dogana al Brennero e con grande sorpresa ho trovato una marea di motociclisti ad aspettarmi. Allora non c’erano i social, la TV non ne parlava e mi chiedo ancora oggi come avessero fatto a sapere che arrivavo… mi hanno quasi scortato fino a La Spezia, e hanno bloccato l’autostrada per 15 chilometri fino a casa mia. I giornali hanno detto che c’erano 40.000 persone… Però io ho capito che ero campione del Mondo soltanto qualche mese dopo: una sera ero da solo a casa a guardare delle cassette VHS, ho visto la gara di Imola e mi è venuto da piangere… Mi sono detto: ‘Minchia, ho vinto, sono proprio io’. Ho capito che avevo fatto una cosa grande”.

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