Duelli da leggenda: Jacque e Nakano raccontati da Poncharal

Duelli da leggenda: Jacque e Nakano raccontati da Poncharal© Milagro

Poncharal ricorda il duello tra i compagni di squadra, risoltosi in favore di Jacque per appena 14 millesimi. Fu una doppietta nata due anni prima: "Convinsi la Yamaha a tornare in 250, poi Olivier e Shinya fecero il resto: due compagni di team amici tra loro, corretti quanto veloci"

17.10.2021 16:50

Un Mondiale deciso per 14 millesimi, non per sette punti. È la storia del duello tutto in casa Tech 3 della 250 nel 2000, quando i compagni di squadra Olivier Jacque e Shinya Nakano giunsero a Phillip Island separati da due punti: vincere il GP Australia avrebbe garantito anche il titolo della classe di mezzo, da successori di Valentino Rossi. E il francese la spuntò in volata, per 14 millesimi. A vent’anni di distanza, è Hervé Poncharal a raccontare la lotta tra i suoi piloti, grandi amici prima che rivali per il titolo.

Una coppia confermata dall’anno precedente, che seppe approfittare del salto in 500 di Rossi accompagnato da Loris Capirossi, e della scarsa esperienza in Europa del fenomenale Daijiro Kato (terzo nel Mondiale, preludio al titolo 2001) e di quella con la 250 di Marco Melandri. Quel titolo, l’unico per Jacque, consentì a Tech 3 di spiccare il volo verso una lunga e brillante parentesi in top class.

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Coppia confermatissima


Hervé, partiamo dall’antefatto: come si arrivò a quel 2000?

“Nel 1998 iniziammo a parlare con la Yamaha. La cosa divertente è che non erano più impegnati nel Mondiale 250 perché qualche anno prima avevano chiuso il progetto, dato che Tetsuya Harada si lamentava della moto, e quindi correvano solamente in Giappone con Nakano. Ad Assen nel 1998 cominciammo a parlare e mi proposi di fronte all’eventuale ritorno della Yamaha. Li sorpresi, perché nessuno riponeva fiducia nella loro moto. Io invece avevo visto Nakano da wild card a Suzuka ed ero rimasto impressionato. Fatto l’accordo, il 1999 fu il primo anno con la Yamaha e andò piuttosto bene: a Motegi, seconda gara, vincemmo con Nakano e durante l’anno ottenemmo grandi risultati ma ci furono anche problemi tecnici che ci impedirono di lottare davvero per il titolo”.

A fine ‘99 confermasti Jacque e Nakano.

“Nel 1999 eravamo felicissimi di Jacque e Nakano. C’era un pochino di lavoro da svolgere sulla moto ed è quello che facemmo nell’inverno prima del 2000. Per la prima volta la Yamaha ci diede la possibilità di provare e usare carene e selle diverse da quelle standard. Avevamo due piloti velocissimi e sapevamo che avremmo avuto meno problemi tecnici rispetto all’anno precedente. Kato e Tohru Ukawa con le Honda ufficiali erano gli avversari diretti, così dicemmo ai nostri piloti di essere veloci ma soprattutto costanti, e marcare punti in ogni gara”.

Non c’è che dire, ti ascoltarono: i risultati furono effettivamente incredibili.

Sì, ottenemmo tantissimi podi (23), otto vittorie e quattro doppiette. Kato non era mai lontano e fu un rivale fino all’ultima gara. Ricordo che all’Estoril, quintultima gara, Nakano era tranquillamente secondo quando Ukawa gli cadde davanti e Shinya non poté evitarlo, dovendosi ritirare. Arrivammo a Phillip Island con Jacque e Nakano primo e secondo ma i punti non erano sufficienti per vincere il titolo perché matematicamente Kato, a -11 dal leader, era ancora in corsa”.

Quel 2000 della 250 verrà ricordato per il duello “fratricida” per il titolo tra Jacque e Nakano. Ti saresti immaginato una sfida mondiale tra i tuoi piloti già al secondo anno con la Yamaha?

“Onestamente nel ‘99 avevamo visto che eravamo forti, Nakano era un pilota incredibile. Ricordo che a Jerez Valentino disse di non aver mai visto un pilota veloce come Nakano. Ed era un bel complimento. Anche Olivier era molto veloce ma gli mancava la consistenza nell’arco della stagione. Dopo una stagione di esperienza, Jacque e Nakano erano pronti per lottare per il titolo. Sebbene Olivier e Shinya lottassero tra di loro, c’era grande rispetto reciproco, un grande rapporto e nessuna tensione fino all’ultima gara”.

Nemici... fraterni


Nessun segno di cedimento?

“Soltanto all’ultimo GP, dopo il sabato, vidi tensione, ma era normale essendo la gara decisiva. C’era una grandissima atmosfera all’interno del team, sport allo stato puro e nessuna pressione dalla Yamaha per supportare l’uno o l’altro".

Come descriveresti il rapporto tra Olivier e Shinya?

"Un bellissimo rapporto, erano amici. Nakano viveva in Francia vicino alla nostra officina, lui e Olivier si allenavano insieme, andavano in bici insieme, a nuotare insieme, molte volte a cena insieme. Avevano un bellissimo rapporto, cosa che non succede spesso. Quando hai due piloti di pari livello che lottano per il titolo non è scontato che siano anche amici. Questo me lo ricorderò per sempre perché Olivier e Shinya erano dei veri gentleman”.

Quando realizzasti di aver messo in cassaforte il titolo?

“Ci furono più momenti durante la stagione, ci costruimmo davvero la possibilità di arrivare al titolo. Sapevamo che se tutto fosse andato nel modo giusto e senza incidenti o problemi, nelle ultime tre gare saremmo stati nella lotta per il titolo almeno con uno dei due piloti. Fino all’ultima gara però non eravamo sicuri di potercela fare. Parlai con Olivier e Shinya a Phillip Island il sabato prima del GP dicendo loro di pensare soprattutto al team. E lo fecero”.

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