L'intervista ad Aki Ajo, lo scopritore dei fenomeni

L'intervista ad Aki Ajo, lo scopritore dei fenomeni© Milagro

Da Marquez a Zarco, da Binder a Oliveira, fino al 2021 con Acosta, Gardner e Raul Fernandez: il team di Aki Ajo è un riferimento nelle classi minori. "Il 50% del nostro lavoro è legato ai risultati in Moto2 e Moto3, l’altra metà è connessa alla crescita dei piloti in ottica MotoGP. Che bravo Pedro a gestire la stagione!", ci ha raccontato in esclusiva 

27.11.2021 ( Aggiornata il 27.11.2021 17:21 )

Una squadra vincente


Siete un team di riferimento per Moto3 e Moto2: quanto sei orgoglioso?

“Sono orgoglioso dei miei piloti, del mio staff e della passione che emerge dal nostro box. Amo il mio lavoro e sono felice di poterlo svolgere. E sono consapevole che senza partner come Red Bull e KTM tutto questo non sarebbe stato possibile”.

Qual è il vostro segreto?

“Non saprei, forse ci sono tante ragioni. L’esperienza aiuta, certamente, io vivo da tanto tempo il paddock, e come me tante persone del nostro team. E poi sono fortunato perché condividiamo certi valori, è ciò che cerchiamo quando assumiamo le persone. Siamo sempre disposti a imparare, e abbiamo avuto un’altra grande fortuna: abbiamo lavorato con numerosi piloti di talento. E quando lavori con i giovani piloti, respiri il loro entusiasmo, e puoi beneficiare del fatto che siano i più ‘onesti’ e affamati”.

Sei anche manager personale di alcuni piloti: come riesci a conciliare le due attività?

“Provo a mescolare le due esperienze, e a volte i piloti che gestisco si allenano assieme a quelli del team: è un bel modo per creare un aiuto reciproco. Per Acosta, per esempio, allenarsi con Jack Miller – di fatto l’unico pilota extra-team che gestisco – o Maverick Viñales è un’esperienza formativa”.

Sei tornato a vincere in Moto2 cinque anni dopo la doppietta di Johann Zarco.

“Sono felice per il suo ritorno al top in MotoGP, dopo i momenti difficili di due anni fa, nei quali la sua vita è un po’ cambiata. È sempre bello vedere qualcuno che supera un momento difficile. Significa che poi diventa più forte”.

In passato avevi cercato di ingaggiare anche Fabio Quartararo.

“Sì, per la Moto3. Ci incontrammo nel mio ufficio, e compresi subito che era la persona che volevo per il team. E credo che lui stesso intuì questo feeling. Ma emersero ragioni, legate forse al suo management, che impedirono la definizione dell’affare. Sono comunque contento per il suo titolo".

Il primo titolo, nel 2010 in 125, Marc Marquez lo vinse con te.

"Sono felice anche per il suo ritorno al successo quest’anno. Marc ha vinto tanto ma è sempre rimasto un ragazzo con i piedi per terra. Ha vissuto un momento durissimo, ho compreso la sua frustrazione di fronte all’impossibilità di poter dare il massimo. Credo che le tre vittorie gli abbiano restituito fiducia e forza mentale”.

Il tuo team ha rinnovato per cinque anni l’impegno in Moto2 e Moto3, ma non c’è la curiosità di mettersi alla prova in MotoGP?

“In realtà, io credo che siamo parte del progetto MotoGP. Perché il 50% del nostro lavoro è legato ai risultati in Moto2 e Moto3, l’altro 50% è connesso alla crescita dei piloti in ottica MotoGP. Per questo sono felice di essere in questo programma. Lavorare ‘direttamente’ in MotoGP sarebbe una bella opportunità, ma non ho spinto e non sto spingendo per averla. Lottare ogni anno per il titolo in Moto2 e Moto3 non è male”.

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