Giovanni Sandi, il mago della classe intermedia

Giovanni Sandi, il mago della classe intermedia© Milagro

"Con la 250, un capotecnico doveva saperla lunga: dovevamo lavorare sul motore e le vittorie le sentivamo ancora più nostre. Ho trionfato con Harada, Biaggi, Lorenzo: tre piloti con tante caratteristiche"

17.12.2021 ( Aggiornata il 17.12.2021 21:32 )

Il nome di Giovanni Sandi è associato a quelli di grandi piloti che nel Mondiale hanno fatto la storia: Max Biaggi, Tetsuya Harada, Jorge Lorenzo. Fino a Enea Bastianini, protagonista assoluto del mondiale Moto2 del 2020. Sandi è il mago della classe intermedia, oggi a quattro tempi e in passato a due. Erano i tempi della 250, quando Sandi vinceva i titoli con il Corsaro, il giapponese e il maiorchino, e si toglieva anche qualche soddisfazione in più a livello tecnico.

Giovanni, come definiresti la 250?

“Bellissima e importante, anche dal punto di vista della formazione per i piloti. Soprattutto per quel periodo in cui c’era il passaggio alla 500. Era una categoria già con una potenza e un peso significativi, e aveva prestazioni importanti”.

In due aggettivi?

“Bella e buona. I piloti che hanno avuto l’occasione di provare questo tipo di moto sono stati felicissimi, il commento era sempre: ‘Ecco, questa è una moto!’. Adesso i piloti non hanno molte sensazioni alla guida di una Moto2, è un po’ come una 600 Supersport, moto assimilabili alle stradali”.

Quante emozioni ti ha dato la 250?

“Tantissime. Innanzitutto il lavoro era molto importante, si doveva essere veramente meccanici o tecnici, per essere competitivi bisognava saperla lunga. Il motore due tempi soffriva tanto la variazione di pochi gradi, di temperature, di umidità, di pressione, erano tutte combinazioni da dover mettere assieme. Inoltre bisognava proprio ‘fare’ il motore, c’era molto più lavoro e occorreva prestare più attenzione”.

"Piloti forti? Ne ho avuti tanti"


Erano moto differenti da guidare.

“I piloti ne sapevano un po’ di più di tecnica. Per farle rendere al meglio andavano tirate molto in termini di carburazione, quindi il pilota doveva stare molto attento a non rompere il motore. Doveva imparare a chiudere il gas in un certo modo, guidare senza gli odierni traction control significava gestire la potenza. Il pilota doveva essere un pilota vero, per vincere”.

Qual è il pilota più forte che hai avuto?

“Ne ho avuti parecchi, quelli che hanno vinto si equivalevano, anche se poi c’erano quelli con il carattere, tipo Biaggi: Max aveva una determinazione superiore. Una cosa incredibile unita a tanto talento. C’è stato Harada che era fortissimo anche dal punto di vista tecnico, ma non con la stessa determinazione, e con lui ho vinto il primo Mondiale. Poi c’è stato anche Jorge Lorenzo, uno alla Biaggi, fortissimo. Conosceva soltanto la vittoria e a volte non gli bastava neanche essere primo. Mi diceva: ‘Come mai gli ho dato così poco distacco?’”.

C’è stato un pilota con cui invece hai avuto più problemi?

“Mi viene in mente soltanto Fonsi Nieto: con lui ci stavamo giocando il Mondiale e nella pausa di agosto in cui non si correva si divertì un po’ troppo. Quando tornò, non era più quello che avevo lasciato. Poteva fare di più con il talento che aveva, ma non aveva quella determinazione. In generale, però, non ho avuto piloti con cui non ho avuto soddisfazioni”.

Non c’è neanche mai stata una litigata all’interno del box?

“Fra di noi no. Siamo stati un team affiatato, con molte persone ho lavorato per più di 20 anni. Magari con il pilota c’era quell’attimo di screzio, Lorenzo tirava pugni ai pannelli del box perché magari gli era andato storto qualcosa, ma niente di più”.

Preferivi le moto due tempi alle quattro?

“Per quanto riguarda il lavoro sì. Dal punto di vista meccanico sulle quattro tempi non fai molto. In Moto2 monti il motore che è già pronto e resta il lavoro da compiere sull’elettronica e sulla ciclistica. Quando invece preparavamo il motore e poi il pilota vinceva, era una soddisfazione in più”.

Harada, Biaggi e Lorenzo


Cosa ricordi del trionfo con Harada in Yamaha? In quel 1993 lui debuttava sui tracciati europei.

“Ed era un periodo in cui c’erano piloti forti: lui arrivava in Europa senza aver mai visto un circuito. Avevamo fatto soltanto un paio di test prima della partenza. Ricordo che il primo era stato a Jerez e senza conoscere la pista dopo 25 giri siglò il record. Vinse il Mondiale al primo anno, con una moto che potenzialmente era anche inferiore, ma aveva una grande guidabilità. Lui fu fenomenale. Inoltre era un giapponese e aveva anche alcune difficoltà legate a quello. L’inizio non fu facile. Però era un gran tecnico, era stato collaudatore Yamaha e da quel punto di vista diede una mano anche a noi. Era veramente bravo”.

Nel 1998 Harada venne battuto da Loris Capirossi all’ultima gara.

“Più che altro è stato abbattuto (sorride amaro)! A mio avviso Capirossi commise una grande scorrettezza. Lo vedo come un incidente voluto, non come uno di gara, mi arrabbiai un bel po’. Un pilota corretto come Harada, proprio per il suo modo di essere, non lo meritava. Pensate che dopo la caduta non raddrizzò la moto perché aveva visto che si era rotta la bomboletta d’olio dei freni e non voleva sporcare la pista per gli altri piloti. Per dire quanto fosse premuroso”.

Parlando di Biaggi e Lorenzo, si può dire che erano il maestro e l’allievo?

“Erano molto simili, sia come piloti che come talento. Biaggi era un po’ più ‘manager’, più completo, mentre Lorenzo era più un ragazzino e aveva una mentalità diversa. Inoltre Max aveva attenzioni superiori, non si accontentava mai, voleva fare test, stare sulla moto, cercava sempre qualcosa in più. Con lui siamo rimasti amici davvero, mi ha dato tanto anche a livello umano”.

Quali sono i ricordi più belli dei tuoi anni in 250 con Biaggi?

“Sono quelli legati a quando ci siamo giocati, e abbiamo vinto, il Mondiale all’ultima gara. Come nel 1994, e anche nel 1996, con così tante difficoltà. Nel secondo caso, Max aveva il miglior tempo nelle qualifiche, nel warm up si era messo a piovere e Ralf Waldmann, il suo diretto avversario, era superiore sul bagnato. Ci avrebbe sicuramente battuto, invece poi il meteo cambiò, uscì di nuovo il Sole e Max andò fortissimo e vinse. I Mondiali sofferti sono quelli che ti rimangono più dentro. Ci penso ancora adesso a quelle gare".

Il ricordo peggiore invece?

"Risale al 1997. Perdemmo un Mondiale con Harada proprio contro Biaggi, passato alla Honda. Quella è stata la delusione più grande perché eravamo superiori a Max e alla Honda, ma pagammo diversi inconvenienti meccanici”.

Marcellino Lucchi, il super collaudatore della 250

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