Duelli da leggenda: Alzamora, Melandri e lo "zero" vincente

Duelli da leggenda: Alzamora, Melandri e lo "zero" vincente© Milagro

Pur senza vincere un solo GP, nel 1999 Alzamora conquistò il titolo per un punto. A Melandri, costretto a inseguire dopo il ko iniziale, non bastò un recupero prodigioso, e nell’ultima gara cercò invano il sorpasso, con ogni mezzo. E oggi ammette: "Il mio non fu un bel gesto"

22.12.2021 ( Aggiornata il 22.12.2021 20:34 )

Quel Mondiale ha fatto la storia: se ne parla ancora oggi. Del resto il successo di Emilio Alzamora è stato unico nel suo genere: lo spagnolo si laureò campione del Mondo 125 senza vincere una gara. E contestualmente lo scopritore dei fratelli Marquez tolse a Marco Melandri (ai tempi 17 anni) la possibilità di diventare il più giovane campione del Mondo ogni epoca. Ma l’epilogo di quel Mondiale ricco di imprevisti e colpi di scena viene ricordato anche per le polemiche. E un comportamento del quale Melandri oggi non va orgoglioso.

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Inizio di stagione in salita per Marco


L’inizio di una nuova stagione del Motomondiale è sempre un momento di grandi aspettative per i piloti: l’edizione del ‘99 partì con Melandri, che correva con il principale team della Honda, tra i favoriti della 125. L’anno precedente, nella prima stagione intera nel Motomondiale, il romagnolo era riuscito a chiudere terzo con 202 punti, alle spalle di Kazuto Sakata e Tomomi Manako, con una bella progressione nella seconda metà dell’annata. Nonostante la giovanissima età (vinse la sua prima gara del Motomondiale ad Assen a 15 anni e 324 giorni) “Macio” aveva già capito che per inseguire il titolo serviva la costanza, e proprio quella virtù fu il suo problema nel 1999. Per l’enfant prodige la stagione fu immediatamente in salita, visto che nella storica prima del Motomondiale a Sepang, Melandri non era sulla griglia di partenza.

Nelle prove, infatti, cadde e si fratturò il radio sinistro, e fu costretto a saltare anche la successiva gara di Motegi, rientrando a Jerez, dove chiuse ancora con uno zero: “Un infortunio stupido – racconta oggi Melandri – quando rientrai alla terza gara, anticipando i tempi, avevo ancora un gran male al polso che mi ero rotto. A Jerez mi buttarono giù all’ultimo giro mentre ero nono. E mi feci ancora male a metà stagione, fu tutto molto complicato”.

Partito per vincere con Melandri, il Team Playlife si trovò ugualmente al vertice, grazie però a Masao Azuma, che centrò cinque vittorie nei primi otto GP, compreso il tris iniziale. Alzamora rispose con sei podi in quei primi otto GP, senza mai scendere sotto il sesto posto. Melandri era in difficoltà ma con il progressivo recupero dall’infortunio, anche i risultati si fecero più costanti: sesto a Le Mans, secondo al Mugello e terzo a Barcellona. Per risollevarsi del tutto mancavano le vittorie, e queste iniziarono ad arrivare quando la stagione sembrava compromessa, dato che Melandri era finito a -82 dalla vetta occupata da Azuma e a -62 da Alzamora: in un’ideale staffetta con Azuma – la coppia del Team Playlife vinse 10 gare! – il romagnolo infilò tre successi consecutive. Prima in Germania, dove vinse dopo una bagarre con Alzamora, poi a Brno e Imola. A Valencia, Melandri fece di nuovo uno “zero” ma poi tornò alla vittoria a Phillip Island, fu terzo in Sud Africa e secondo a Rio de Janeiro.

La gara australiana fu uno dei momenti cruciali della stagione poichè avvenne un fatto particolare: Alzamora cadde ma seppe rialzarsi e rimontare fino a tagliare il traguardo in quindicesima posizione grazie al compagno di team, Angel Nieto jr., che gli cedette il passo sul traguardo. Quel “misero” punto si rivelò decisivo...

La gara decisiva. E le annesse polemiche


Prima del conclusivo GP Argentina, la situazione in classifica vedeva Alzamora in testa con 207 punti seguito da Melandri con 201 e Azuma con 190. Allo spagnolo sarebbe bastato un secondo posto, ma al tempo stesso Melandri si sentiva forte: nelle precedenti sei gare in cui aveva tagliato il traguardo, aveva sempre preceduto Alzamora Tuttavia in gara, di fronte a una situazione di tensione che cresceva giro dopo giro, Melandri superò il limite. Al via, Roberto Locatelli balzò al comando seguito da Melandri e Alzamora. Poco più indietro anche Manuel Poggiali, Noboru Ueda e Lucio Cecchinello, mentre Azuma cadde subito. Melandri dovette cercarsi un altro “alleato” in grado di precedere Alzamora: poteva essere Cecchinello, che prese il largo assieme a Marco, ma anche l’attuale team manager in MotoGP scivolò. Mentre Alzamora superò Locatelli e salì al secondo posto.

A questo punto, la vittoria di un Melandri che aveva preso un vantaggio cospicuo sugli inseguitori non avrebbe avuto alcun valore. Capendo di aver sbagliato strategia, allora, il romagnolo attese lo spagnolo, rallentando vistosamente. Melandri si fece sorpassare e poi provò a chiudere la strada in curva al rivale. L’intenzione era quella di ostacolarlo per favorire il ritorno di Locatelli. Ma poi si andò oltre, con un tentativo di “spallata” per mandare fuori pista Alzamora. Nell’ultimo giro le posizioni si cristallizzarono, Marco portò a casa il successo in gara, ma con il secondo posto Alzamora conquistò il titolo per un punto.

La bufera che si scatenò dopo offuscò tutto: ai box venne per poco evitata una discussione accesa tra i due piloti. Lo spagnolo si dichiarò contento del titolo che reputò meritato, sebbene non avesse vinto neppure una gara, un fatto raro che non accadeva dal Motomondiale 1989 con Manuel Herreros nella 80. Dall’altra parte il romagnolo ribattè con parole dure: “Credo si sia visto che il più forte in questa classe è seduto sulla moto con il numero 13". Melandri si mostrò rammaricato anche per il mancato aiuto ricevuto dagli altri piloti italiani. "Le moto sono uno sport individuale” glissò per esempio Locatelli.

"Mi sentivo derubato"


Il commento di Marco, a distanza di 21 anni ricostruisce il suo comportamento: Mi sentivo derubato di un campionato che ritenevo mio. Diciamo che non è stato uno dei gesti più belli. Credo però che se tutto ciò non fosse avvenuto in quell’occasione, magari sarebbe stato un gesto che avrei fatto più avanti. E invece quando ti succede una cosa del genere impari, e ti fa riflettere per il futuro. Di certo, però, a fine gara non andai a complimentarmi con Alzamora, avendo io vinto cinque gare e lui nemmeno una”.

L’allora diciassettenne venne additato come “scorretto” soprattutto dalla stampa spagnola. La vicenda andò avanti a lungo e ancora oggi, insieme al brutto infortunio di Mick Doohan in 500 e alla vittoria del Mondiale di Valentino Rossi in 250, quell’episodio polemico è il fatto che più viene ricordato di quella stagione 1999. Una brutta pagina che Melandri si è messo alle spalle con il titolo del 2002 in 250.

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