Duelli da leggenda: la vittoria del baby prodigio Poggiali su Rolfo

Duelli da leggenda: la vittoria del baby prodigio Poggiali su Rolfo© Milagro

Pur essendo al debutto nella 250, nel 2003 il ventenne Poggiali vinse d’autorità, guidando la classifica dal primo all’ultimo metro della stagione. A insidiare il sammarinese fu l’amico Rolfo

27.12.2021 ( Aggiornata il 27.12.2021 12:23 )

Singolare che, prima del recente trionfo di Enea Bastianini, nel Terzo Millennio l’unico pilota di lingua italiana a vincere un titolo nelle tre grandi classi del Motomondiale soltanto all’ultima gara non avesse fatto suonare l’Inno di Mameli. Già, perché si tratta di Manuel Poggiali, sammarinese iridato in 125 all’ultimo GP nel 2001, precedendo Youichi Ui (anche se il trionfo era già stato ipotecato nella penultima gara), e poi nel 2003 in 250. Battendo Roberto Rolfo. Quel duello nella 250, vera “scuola” per i piloti appartenenti al paddock dei prototipi e non soltanto, fu tra due piloti che oggi si sono incontrati spesso negli studi televisivi. Entrambi ricordano quel campionato ricco di sfide, di tensione e di sportività: "Il mio avversario era tenace, ma corretto. Misurarsi con lui fu un vero piacere” è l’opinione unanime. E ripercorrendo le 16 tappe della stagione conclusasi a favore di Poggiali, emerge un sentimento di sorpresa.

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Perché tale sensazione? I motivi sono differenti e validi. Come detto, Manuel aveva vinto due anni prima il titolo della ottavo di litro, portando la Gilera in vetta alle classifiche iridate, e nel 2002 sfiorò il bis in 125. Per lui, l’esordio nella quarto di litro del 2003 proponeva incognite, poiché affrontato con la super competitiva ma non facile Aprilia, moto che esprimeva un grande potenziale, ma che richiedeva un perfetto lavoro di set up e una guida “particolare”: “È vero – conferma l’unico iridato del Monte Titano – la RSV 250 era veramente potente, però altrettanto sensibile alle modifiche e ai cambiamenti del meteo. Da debuttante, la cosa più difficile fu abituarsi allo stile di guida della categoria. Se con la 125 potevo rimanere piegato quanto e come desideravo, con la 250 no, perché aprendo il gas, l’erogazione appuntita e la botta di potenza facevano partire in derapata il posteriore. Poi le gomme si consumavano parecchio e a metà gara ero costretto a cambiare linee”.

Difficoltà superate egregiamente sin da Giappone e Sud Africa, con due successi ai primi due tentativi: “Ne uscii sorpreso – Poggiali spiega il suo fantastico inizio – per me tutto era nuovo, avevo svolto eccellenti test, ma le gare erano una situazione più dura. Cominciai nel migliore dei modi a Suzuka e Welkom, vincendo entrambi i Gran Premi, mentre Rolfo accusò qualche difficoltà”.

Roberto non partì benissimo. Un grosso cambiamento tecnico apportato alla NSR spiazzò momentaneamente i piloti Honda: “Il passaggio da bialbero a monoalbero rese il motore meno potente – svela l’attuale campione del mondo Endurance classe Superstock – perciò pativo in accelerazione e velocità di punta. Nelle prime due uscite portai a casa punti, ma non ero soddisfatto. I successivi podi di Jerez e Le Mans mi diedero morale, facendomi capire che la strada intrapresa era in salita ma buona”.

Pochi punti a separare i due contendenti


Al Mugello, dopo due successi di Toni Elias, Poggiali tornò a vincere, Rolfo giunse quarto e, con il nono posto di Barcellona, approfittò dello “zero” rimediato dall’avversario. Dopo Assen e Donington – nella gara britannica andò meglio il portacolori del Team Aprilia MS – arrivò il tortuosissimo Sachsenring, teatro dell’affermazione firmata dal pilota di Gresini: "In Germania guidai veramente bene. Sebbene la NSR avesse poca potenza, potevo essere efficace in staccata e ingresso curva. Ricordo quel giorno con emozione, dato che parliamo della mia prima vittoria nel Motomondiale. Oltretutto, Manuel concluse ottavo e io gli soffiavo ancora sul collo”. A Brno e all’Estoril, risultati abbastanza in linea tra i due contendenti alla corona, fino al Brasile. A Rio de Janeiro, Poggiali salì per la quarta volta sul gradino più alto del podio, Rolfo si posizionò pochi centimetri più sotto. I reciproci complimenti lanciarono la fase finale di quel caldo 2003: “Eravamo divisi da pochi punti – ricordano all’unisono – e ci preparavamo alla lunga trasferta oceanica: Motegi, Sepang e Phillip Island, tre piste differenti, con climi variegati”.

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Lontani da casa, i protagonisti del duello badarono poco alle strategie e, se queste furono studiate, non furono impostate su ragionamenti generati dal risparmio dei rischi. Certo, Manuel e Roberto fecero i conti con i propri staff (calcoli relativi a piazzamenti e punti di ogni tappa) e con i rivali della Top 10. C’era Elias, che in seguito sarebbe diventato campione di Moto2 e MotoAmerica. Per lui e la sua Aprilia, grandi traguardi, con tre successi, ma anche qualche battuta d’arresto. Per nulla appagato e ancora in corsa per il titolo, lo spagnolo si impose nei GP Pacifico e Malesia. Ma in Australia il diluvio bagnò le speranze di Elias, che naufragò all’undicesimo posto. Anche Poggiali ebbe noie, con una deludente nona posizione. Chi volò sotto e sopra l’acqua, fu proprio Rolfo, vero mago del bagnato: “Quanto mi piaceva correre in quelle condizioni – le parole dell’anfibio torinese – la mia sensibilità fu premiata a Phillip Island e la NSR lavorò al meglio L’erogazione dolce non offriva molta potenza, però io la gestivo tutta con il polso destro. La situazione del campionato si delineò ulteriormente: Elias poteva essere considerato fuori dai giochi, De Puniet anche. Randy era forte, tuttavia incostante. Fonsi Nieto rappresentava una mina vagante e, se consultiamo la classifica, troviamo quasi tutte Aprilia, io ero il pilota Honda meglio piazzato. Sebastian Porto andò bene, non benissimo. In vetta c’eravamo io e Poggiali, i più forti della griglia. Lui con la RSV io con la NSR. Due moto dalle filosofie differenti, due avversari con lo stesso spirito corsaiolo: poche parole, tanti fatti”.

I fatti dicono che a Valencia si consumò l’atto conclusivo di una competizione tirata ai massimi livelli. Nella 250 ogni dettaglio doveva essere curato: “Metodo di lavoro, strategia nella prove libere e in qualifica, carburazione, stile di guida, scelta delle gomme, attenzione alle mosse altrui, psicologia, alimentazione, allenamento” la lista di voci stilata da Poggiali e Rolfo. Vi sembra poco?

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Sette erano le lunghezze a separare il sammarinese, in vetta dal primo metro del campionato e a cui sarebbe bastato un secondo posto, e il piemontese. Al Ricardo Tormo ci si aspettava il confronto diretto che fu, invece, “differito”. In quasi tre quarti d’ora di gara, De Puniet ed Elias lottarono per la vittoria, andata a Randy. Per soltanto 72 millesimi, un fotofinish, l’Aprilia del francese beffò quella dello spagnolo. Con i due imprendibili là davanti, Rolfo avrebbe dovuto chiudere terzo e sperare in un Poggiali ottavo o peggio. E invece a completare il podio fu proprio la RSV del sammarinese, che fece meglio di Rolfo, 7°. Giunto nel proprio garage, il vincitore del secondo titolo della carriera a soltanto 20 anni – uno dei soli due rookie dell’era moderna a vincere in 250, l’altro è stato Dani Pedrosa, l’anno seguente – provò le stesse emozioni descritte oggi: “Non potevo crederci, ero felice e distrutto – ricorda – perché la gioia fu tanta e pure la tensione pre-gara. Le ambizioni dell’Aprilia furono soddisfatte e pure le mie, vincere in due classi così diverse tra loro mi sembrò una cosa irreale”.

Rolfo non portò alla Honda il titolo, ma non poté considerarsi sconfitto: “Ero comunque contento. La mia NSR si rivelò la migliore del lotto, in una stagione iniziata in salita e continuata cogliendo grossi risultati. La sfida tra me e Poggiali resterà per sempre nel mio cuore e, quando ci incontriamo, ci scambiamo complimenti e l’ammirazione è reciproca”.

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