Aveva diversi soprannomi, ha vinto due mondiali in 500 ed è diventato un'icona della Suzuki con il suo inconfondibile numero 7, non venendo mai dimenticato dagli appassionati
Vero e proprio “cavaliere del rischio”, che ha contribuito a rendere grande il motociclismo degli anni '70 e '80, ma scomparso prematuramente a causa di un tumore il 10 marzo 2003 a soli 52 anni. E' questa, l'intensa storia di Barry Sheene, pilota britannico divenuto iconico per le sue vittorie in sella alla Suzuki in 500 e per il suo inconfondibile numero 7.
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Oltre ad essere diventato una leggenda del motociclismo conquistando due titoli mondiali nella classe 500 nel 1976 e nel 1977, Barry è stato un vero e proprio pioniere dell'era moderna. Fu infatti il primo pilota a rinunciare volontariamente al numero 1 sulla carena dopo la vittoria del campionato, mantenendo quel 7 che l'ha accompagnato per tutta la carriera.
Inoltre, fu uno dei primi ad indossare sempre il paraschiena in gara e a boicottare il Tourist Trophy sull'Isola di Man ritenendo la gara sul Mountain Course eccessivamente pericolosa. Il TT, ancora vivo e vegeto tutt'ora ma come gara a sé stante, venne infatti eliminato dal calendario del Motomondiale.
Sheene aveva diversi soprannomi, ma i più utilizzati erano “Baronetto” essendo diventato un Membro dell'Ordine dell'Impero Britannico, e “Iron Man”, per via dei numerosi ferri, viti e placche di metallo presenti nel corpo a causa dei tanti infortuni che ne hanno segnato la carriera.
E' diventato un punto di riferimento anche per i piloti di oggi, con un esempio su tutti: quello di Barry Baltus. Il giovane centauro belga, impegnato in Moto2 con il team RW Racing, porta il suo nome in quanto i suoi genitori avevamo Sheene come idolo, il quale è diventato il pilota preferito anche dello stesso Barry, che corre fin dai tempi delle serie minori con il numero 7 sulla carena.
Se n'è andato troppo presto a causa di un male incurabile, è vero, ma Barry Sheene ha lasciato un'eredità importante nell'intero panorama delle due ruote.
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