Affari interni: il caso Yamaha

Affari interni: il caso Yamaha

Seconda puntata: la casa di Iwata è stata vittima dell’involuzione partita dal duello Rossi-Lorenzo del 2015. Sullo sfondo, le variabili impazzite Zarco e Tech3

 

Redazione

23.01.2018 ( Aggiornata il 23.01.2018 11:06 )

Secondo capitolo del dossier sul “dietro le quinte” della MotoGP. Dopo la Suzuki, lo sguardo è sulla Yamaha, che ha vissuto un 2017 molto complicato, con l’involuzione della M1 passata dai tre trionfi – con Maverick Viñales – nelle prime cinque gare ai risultati negativi della seconda parte dell’annata. Quando Johann Zarco è stato spesso davanti ai due ufficiali, Viñales e Valentino Rossi, e anche i rapporti tra Iwata e il Team Tech3 sono stati parte della tensione che si è generata nel mondo Yamaha. Una tensione che parte da lontano, e dal controverso finale della stagione 2015, che pure doveva rappresentare il punto più alto per la Casa, con due piloti – Jorge Lorenzo e Rossi – a dominare la stagione e a contendersi il titolo fino all’ultimo metro.  


 
IL FATTORE 46 - Un fatto che caratterizza i rapporti interni alla Yamaha è ovviamente Valentino Rossi. La sua presenza e il suo peso sono così potenti che esiste persino chi pensa che il nome del pilota, e non quello della Casa o del team, dovrebbe campeggiare sull’hospitality, mentre i corridoi non dovrebbero essere colorati di blu, ma di giallo. Nessuno meglio di Lorenzo conosce la situazione. Come dice Lin Jarvis, managing director nonché l’occidentale “obbligatorio” per la Casa di Iwata: «Non è facile, per un pilota, dividere il box con Valentino, neppure nei momenti in cui questo pilota vince. Anche quando Jorge conquistava i suoi Mondiali, l’80% della gente che veniva all’hospitality, lo faceva per vedere Rossi». 
Gli scontri tra Rossi e Lorenzo sono passati alla storia e hanno fatto scorrere fiumi di inchiostro. La goccia che fece traboccare il vaso fu ovviamente il 2015 quando, ignorando i consigli provenienti dal team, Jorge si appellò al Tas dopo il fattaccio in Malesia tra Valentino e Marc Marquez. Fu un comportamento di reazione nei confronti di un team che, secondo Lorenzo, lo sfavoriva, agendo in favore degli interessi di Rossi. 


 
TEAM SCHIERATO
- Fino a quel momento, la Yamaha era stata in grado di garantire la perfetta uguaglianza tecnica ai due piloti, ma quando arrivò il conflitto di Sepang, il team non esitò a schierarsi dal lato di Rossi. La domanda che resta sospesa, e che mai otterrà una risposta, è: a parti invertite, tra Lorenzo e Rossi, la Yamaha avrebbe mantenuto la stessa posizione? 
La situazione si trasformò nell’ormai celebre (per chi era presente) “funerale di Valencia”, cioè le facce di disperazione tra i membri del team (aveva vinto la M1 sbagliata…) e addirittura la mancata celebrazione del titolo conquistato da Lorenzo. Nessuna festa, le magliette “Jorge Campeón” che Movistar aveva preparato non vennero mai estratte dagli scatoloni, e tutti gli atti istituzionali vennero cancellati. Ci fu soltanto una cena per festeggiare il titolo con gli uomini di Lorenzo, soltanto perché a organizzarla era stato l’entourage di Jorge. E si parla di un team che era tornato a vincere dopo tre anni! 
Ma Rossi significa tanto, ovviamente, per la Yamaha, ed ora è Viñales a dover gestire la situazione.  
 
NESSUNA LUNA DI MIELE - Negli ultimi mesi del 2017, in numerose occasioni vi abbiamo raccontato anche del binario morto a cui sono giunte le relazioni tra la Yamaha e il suo team satellite, il Tech3. Forse sarebbe meglio parlare di disaccordo totale tra il massimo responsabile del Motorsport Development della Casa, il plenipotenziario Kouichi Tsuji, e il boss della scuderia francese, Hervé Poncharal.  
E dire che con l’eccellente rendimento dei piloti della struttura francese, il rapporto tra Casa e team dovrebbe somigliare a una luna di miele. Niente è più lontano dalla realtà. «Chiariamo una cosa sin dal principio: non siamo un team che appartiene alla Yamaha. Tech3 è una squadra indipendente. L’unico contratto che ci unisce alla Casa è il noleggio delle moto» ha ripetuto più volte Poncharal. Da queste parole non emerge grande sintonia... 
Il motivo di questa totale mancanza di empatia è nell’atteggiamento – come definirlo, arrogante? – di cui fa sfoggio Tsuji, tanto brillante come organizzatore quanto negato a livello di pubbliche relazioni e diplomazia.  
 
FRIZIONI LONTANE - L’ingegnere giapponese ha più volte imposto “per decreto” gli interessi della Casa, anteponendoli a quelli del team che Poncharal possiede e gestisce. L’origine delle frizioni risale al periodo tra 2015 e 2016, quando il team francese aveva autorizzato i suoi piloti – Pol Espargaró e Bradley Smith – a correre con il Team Yamaha Factory la 8 Ore di Suzuka. Cioè una gara molto importante per le Case giapponesi, che la Yamaha ha vinto in entrambe le occasioni, con i piloti del Tech3. Ma il prezzo è stato con il rischio e con cadute che fortunatamente, a Suzuka, non hanno avuto conseguenze serie.  
Almeno fino alla fine del 2016, quando un incidente di Smith – durante un test con il team Yamaha Endurance, in corsa per il titolo iridato grazie anche all’aiuto dell’inglese – ha portato un serio infortunio a una gamba occorso al pilota inglese. In quell’occasione il Team Tech3 ha chiesto alla Yamaha che Alex Lowes, pilota ufficiale della Casa in Superbike, sostituisse Smith durante la convalescenza. Una richiesta respinta in un primo momento, citando ragioni di incompatibilità con la sua presenza in MotoGP nel Team Tech3. Soltanto dopo lunga insistenza, e qualche discussione presumibilmente a toni alti, la Yamaha ha ceduto.  
Fino al 2017, quando il vertice di Yamaha Racing ha nuovamente chiesto a Tech3 la disponibilità dei suoi piloti – in questo caso Johann Zarco e Jonas Folger – per la 8 Ore di Suzuka, nell’edizione particolarmente prestigiosa dei 40 anni della corsa. Questa volta da Tech3 è arrivata una risposta categorica: «Non ve li daremo mai!».  
 
CLIENTI E BASTA? - Tsuji ha esercitato tutta la pressione che era in suo potere, ma non ha vinto il braccio di ferro. «Se la corsa è tanto importante per la Yamaha, perché non schiera i suoi piloti ufficiali? Troppo rischioso? Ma è lo stesso rischio che correrebbero i miei piloti!» ha spiegato Poncharal. Da quel momento in poi le relazioni, già molto fredde, si sono congelate. 
«Sono stufo – ha continuato Poncharal – quando noi chiediamo qualcosa, a livello tecnico o di evoluzioni, la risposta è sempre la stessa, cioè che Tech3 è un cliente, che paga per avere certe moto e quelle moto se le deve tenere. Ma quando la Yamaha vuole qualcosa da Tech3, come i suoi piloti, diventa un “obbligo” e allora noi diventiamo parte della famiglia Yamaha». 
 
PROBLEMA MOTORI - Un’altra ferita aperta legata al trattamento della Casa di Iwata nei confronti del team satellite è legata ai motori: i piloti Tech3 ne hanno avuti a disposizione cinque per la stagione 2017, due in meno rispetto ai sette consentiti dal regolamento. Diventa facile presupporre che la “politica del risparmio” avesse fatto sì che i motori di Zarco e Folger ruotassero a circa mille giri in meno rispetto a quelli di Rossi e Viñales.  
Nonostante questo, il pilota francese è stato in ben sei gare il miglior rappresentante della Yamaha. Un pregio che, però, non è stato riconosciuto dalla Casa in nessun momento, visto che i risultati di Zarco sono sempre stati considerati un merito della moto, non del pilota. Per questo, quando a Valencia Rossi e Viñales sono scesi in pista con la stessa M1 di Zarco e quest’ultimo ha preceduto ancora una volta i due ufficiali, nel Team Tech3 si era commentato: «Qualcuno si accorgerà del valore del pilota e dei suoi meriti per i risultati che ha ottenuto?».  

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi