Esclusiva, Takahiro Sumi: "Ci vediamo in Qatar"

Esclusiva, Takahiro Sumi: "Ci vediamo in Qatar"© Milagro

Il project leader della Yamaha dà appuntamento al Mondiale: "Abbiamo sviluppato elettronica, telaio, motore. Noi per primi siamo curiosi di vedere tutto assieme"

31.01.2020 13:09

Da pochi giorni, Takahiro Sumi ha festeggiato il primo anno nel ruolo di ingegnere di riferimento della Yamaha MotoGP. La sua nomina a project leader era stata quasi un intervento da pompiere, essendo stato chiamato in “soccorso” dalla produzione, dove lavorava, per estinguere il fuoco che bruciava nel progetto della top class. 

Al contrario di dirimpettai come Gigi Dall’Igna (Ducati), Takeo Yokoyama (Honda) e Romano Albesiano (Aprilia), Sumi è una figura quasi sconosciuta non soltanto ai tifosi del racing, ma anche ai media. Per questo in noi è maturata la curiosità di conoscere il profilo dell’uomo chiamato al vertice del progetto MotoGP Yamaha. L’intervista è stata effettuata non soltanto grazie allo staff Yamaha, ma persino su loro incoraggiamento, un fatto tutt’altro che normale in un mondo dove quello di “isolamento” è sempre più un concetto-mantra. A sorprendere è stato il fatto che Sumi sia arrivato all’appuntamento in anticipo e da solo, visto che solitamente un ingegnere al top – in particolare giapponese – arriva scortato dal capo della comunicazione. Ma Sumi ha iniziato senza attendere gli uomini della comunicazione, una chiacchierata informale con cui ci ha messo a nostro agio. E con cui si è mostrato sicuro di sé di fronte al “diavolo” rappresentato dai media.

Il bello è che, nell’aspetto, sembra un neolaureato, ma l’aspetto giovanile non deve ingannare: appena ha iniziato a parlare, Sumi ha mostrato di essere tutto meno che un novellino, sfoggiando anche un eccellente inglese. E a noi ha risposto senza esitare, senza soppesare al massimo ogni parola, come fanno gli ingegneri giapponesi.

Nella tua prima apparizione pubblica, in una conferenza stampa dei direttori tecnici, hai spiegato che la Yamaha ha compreso le ragioni della propria crisi, senza però specificarle. La soluzione è stata una migliore comprensione della centralina e del software?

"La ragione della crisi era semplice: non riuscivamo a vincere! Abbiamo vissuto il digiuno più lungo della nostra storia, e non per una sola ragione. Abbiamo perso performance a causa dell’elettronica, è vero, ma abbiamo sofferto soprattutto nell’utilizzo delle gomme. Alla fine, le gare sono una somma di funzioni e individui. Se vogliamo vincere, tutti questi fattori devono essere a posto".

In passato, quando gli ingegneri progettavano un motore, le uniche limitazioni erano regolamentari. Ma dall’arrivo della centralina unica, è stata la gestione elettronica la priorità da curare. È corretto pensarla così?

"Sì, in alcune aree è così. Credo che stiamo imparando e migliorando, a livello di uso del software. In passato, il motore migliorava parallelamente ai progressi del software. Ora il limite è fissato dal software, lo comprendiamo. Sfortunatamente abbiamo avuto bisogno di molto tempo per capire il nuovo software, abbiamo faticato di più rispetto agli altri. Le esigenze per il motore sono cambiate: puoi avere un propulsore superbo, ma le attuali limitazioni dell’ECU decidono la sua performance".

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