MotoGP: Questione di gomme

MotoGP: Questione di gomme©  Milagro

Il nuovo pneumatico posteriore ha aumentato sensibilmente il grip al retrotreno, obbligando le Case ad adeguarsi nella progettazione  
della moto. E c’è chi, come la Ducati, sembra avere parecchia strada da compiere

Neil Spalding

13.03.2020 15:19

Ducati 


La moto vice campione del Mondo, negli ultimi anni si è sempre concentrata su potenza e aerodinamica, per poi finire per essere battuta dalle doti di guida stellari di Marc Marquez. Ora che anche i rivali hanno raggiunto enormi picchi di potenza, i piloti Ducati sanno di avere bisogno di maggiori doti di maneggevolezza. Non c’è dubbio, comunque, sul fatto che la Ducati abbia lavorato parecchio su quest’ultima esigenza, ma il livello è così alto che servirà operare ancora.  

Un refrain ascoltato dai piloti in questi anni è che la Ducati non riusciva a mantenere la traiettoria in curva. Questo perché è stato compiuto un sacrificio in nome del downforce necessario per le accelerazioni in uscita dalle curve. L’effetto collaterale di una buona aerodinamica e del downforce sul dritto è che in curva l’anteriore viene spinto fuori linea, con una traiettoria che finisce per allargarsi quando si è al massimo angolo della piega.  

La flessibilità del telaio può fare un’enorme differenza nel grip a centro curva, l’abilità del telaio di esercitare la corretta pressione sulla spalla della gomma per generare grip è soprattutto il risultato della corretta flessibilità laterale.  

Questa è un’ulteriore area in cui serve il giusto compromesso. Anche se non è facile far lavorare il pneumatico nella misura più adatta, anche perché si finisce per coinvolgere frangenti come la stabilità della frenata oppure l’ingresso di curva.  

Consapevole che si trattava di un’area che necessitava di correttivi, soprattutto un’area toccata direttamente dall’introduzione delle nuove Michelin, la Ducati ha debuttato con un telaio a “flessibilità regolabile” già nei test di Valencia . Subito sopra il forcellone, c’è una sezione del telaio con un solo strato e molto stretta. Le piastre di rinforzo possono essere avvitate in posizione dietro il trave per aumentare la rigidezza. Piastre con differenti spessori e con differenti numeri di viti e differenti rapporti di coppia possono fare la differenza, ed è stato sorprendente vedere quante volte una moto sia stata utilizzata senza le viti al loro posto. 

La scarsa rigidezza laterale ha anche i suoi vantaggi. Nel caso della Ducati, però, sembra esserci anche un effetto collaterale, con alcuni piloti - e alcuni osservatori da bordo pista - che hanno spiegato come la Ducati si muova ancora tanto in accelerazione. Senza dimenticare l’opinione di chi ha continuato a vedere una moto che faticava a tenere la linea in curva. In questo caso, è possibile che la Ducati abbia compiuto miglioramenti che però sono stati cancellati dal grip della nuova gomma posteriore, che spinge e genera eccessiva potenza sull’anteriore. Creando così scompensi evidenti sull’assetto.  

Si è generato poi un dibattito in merito alla capacità della Ducati di ridurre l’altezza della moto sul rettilineo, e non soltanto in partenza. Oggi, i piloti utilizzano il freno dietro per abbassare la moto in fase di trazione: si tratta di un effetto collaterale legato al fatto di disporre di più potenza di quella che può essere effettivamente utilizzata. Con una moto più bassa sui rettilinei, si riduce per esempio l’impennamento e si può ottenere una velocità di punta superiore.  

Oltre dieci anni fa, la Ducati brevettò un sistema elettronico di adeguamento dell’altezza della moto, localizzato nel link della sospensione posteriore della 916. Quel concetto era utilizzabile in MotoGP ma non attraverso controlli elettronici. Il regolamento prevede infatti che gli aggiustamenti possano essere fatti soltanto manualmente oppure attraverso comandi meccanici o idraulici. Sembra che la Ducati abbia trovato una soluzione in merito, ma serve tempo per perfezionarla. 

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Sul muso della moto di Danilo Petrucci c’era un congegno che somiglia tanto al serbatoio dell’ammortizzatore Öhlins con l’assorbitore d’urti inserito nella cavità del cupolino. L’ammortizzatore è stato marchiato “Kit 4”, quindi presumibilmente esistono altri tre kit che l’hanno preceduto. A ciò si aggiungono un paio di pulsanti di controllo sul manubrio. Il sospetto è che la sospensione posteriore possa essere abbassata meccanicamente o idraulicamente, poi automaticamente “ri-estesa” e riportata all’altezza normale in frenata. I controlli sul manubrio sono essenzialmente grilletti da premere, di solito il rosso indica la ri-estensione manuale e il verde la “compressione”. Il sistema potrebbe richiedere aria compressa o pressione idraulica attraverso una molla per il “pompaggio” della sospensione posteriore. Non è chiaro ancora il comando, ma di certo la Ducati non ha pensato al sistema per puro divertimento o un fatto estetico.

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