Ritorno al Futuro, 2010: Simoncelli, il rookie più amato

Ritorno al Futuro, 2010: Simoncelli, il rookie più amato©  Milagro

Il SIC fu protagonista del salto di categoria dopo essersi preparato tra la 250 e una wild card di successo in Superbike: in MotoGP convinse subito, entrando nelle case degli italiani

Redazione

31.05.2020 15:51

A quali debuttanti della MotoGP è bastato un solo anno per catturare l’attenzione? Nel decennio appena trascorso, quei nomi si contano sulle dita di una mano. Marc Marquez, ovviamente, che da rookie vinse il titolo della top class. Naturalmente Fabio Quartararo, autore di sei pole position e sette podi. E Marco Simoncelli. Già, perché anche se i suoi risultati al primo anno di MotoGP non furono gli stessi dell’attuale campione e del francese, a fine 2010 il SIC poteva già essere tranquillamente considerato un big della MotoGP, ben oltre l’ottavo posto finale. Un piazzamento che non gli fruttò il premio di miglior debuttante, andato a Ben Spies, sesto e destinato a sostituire Valentino Rossi nel team ufficiale Yamaha, dove avrebbe anche vinto un GP. Presto, però, l’ex iridato Superbike sarebbe finito nell’oblio.

A differenza del ragazzo di Coriano, e non soltanto perché la scomparsa di Simoncelli, avvenuta in diretta televisiva con immagini impossibili da rimuovere dalla mente, scatenò una commozione generalizzata. Il SIC non monopolizzò gli spazi “generalisti” della TV esclusivamente per il funerale in diretta Rai, perché era già diventato un personaggio noto anche ai non appassionati, era già entrato nelle case di tutti gli italiani. Merito di ciò che faceva in pista ma non soltanto.

Questo, anche prima di quel 2011 finito in modo tragico, un anno in cui Marco fu costantemente al centro degli eventi: fece in tempo a punzecchiarsi con Jorge Lorenzo alla vigilia del GP Portogallo, a vivere gli incidenti con Dani Pedrosa a Le Mans e con lo stesso Lorenzo ad Assen, si rammaricò per le occasioni perse a Jerez e Silverstone sul bagnato, subì l’assurdità delle minacce di morte anonime prima del GP Catalunya, e la sua risposta più evidente fu con la pole position. Quella nel dietro le quinte, invece, fu con la disarmante capacità di sdrammatizzare, invitando i due agenti inviati come scorta a partecipare alla consuetudine delle partite a carte nell’hospitality del Team Gresini.  

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E nelle sue ultime settimane, Marco passò con la stessa spontaneità dal brivido della Ford Fiesta WRC di Mikko Hirvonen alla Karatella Race - la spericolata discesa sui carretti, dalle colline fino al centro di Coriano - fino allo splendido secondo posto di Phillip Island, una settimana prima di Sepang. Trascorse più tempo sotto i riflettori il SIC in quel solo 2011 che alcuni top rider della MotoGP in un’intera carriera

Già a fine 2010 il Sic era diventato un volto noto anche fuori dal paddock. Merito del talento, e di una riconoscibilità unica: i capelli, la voce, la battuta prontissima, l’ironia semplice ma mai banale, lo rendevano irresistibile. Le pubblicità oppure le presenze da ospite in trasmissioni non sportive - dopo dieci anni, fa ancora effetto rivedere il suo sketch con Geppi Cucciari - si unirono all’amicizia e alla complicità con il pilota che aveva reso la MotoGP un fenomeno globale, Valentino Rossi. Amico e compagno di allenamenti che proprio in quel periodo maturò l’idea del Ranch.

Purtroppo, proprio Rossi, per un tragico gioco del destino, fu coinvolto nell’incidente fatale a Marco. 

Simoncelli piaceva anche alla Honda e al suo uomo forte dell’epoca, Shuhei Nakamoto, che per ridestare il gigante - vincitore di un solo titolo in sette anni dopo la partenza di Rossi - aveva optato per un profondo rinnovamento. Quindi la corte a Casey Stoner e Livio Suppo per il Team HRC, e un occhio di riguardo per il SIC, l’astro nascente da coltivare, soprattutto in vista del ritorno alle 1000 di cilindrata, con una potenza più adatta a un pilota di stazza come il ragazzo di Coriano. Un ritorno alle origini programmato per il 2012, ma il destino impedì al romagnolo di gareggiare sulla moto tanto desiderata (la RC213V con specifica “factory”), e conosciuta nei test di metà 2011.  

Ma anche sulla RC212V, la 800, il SIC sprigionò il proprio talento. E lo fece già in un’annata da rookie in cui mostrò di imparare in fretta. Nel 2010, Marco sbagliò pochissimo, mostrando di valere una moto per il 2011 molto vicina alle tre Honda-Repsol di Stoner, Pedrosa e Andrea Dovizioso.  

Il salto in MotoGP si concretizzò con la Honda e il Team Gresini, dove il SIC venne accompagnato dal capotecnico Aligi Deganello, e dove creò un nucleo unito anche da consuetudini come le partite a carte e i pasti tutti assieme in hospitality. È con Deganello che Marco era riuscito a compiere il definitivo salto di qualità, vincendo il Mondiale della 250 nel 2008, un’impresa che il romagnolo avrebbe potuto bissare l’anno successivo, ma un infortunio allo scafoide in inverno lo aveva costretto a “regalare” i primi due GP e a vivere un inseguimento lungo un’intera annata. E vincere cinque gare nell’arco di sette GP dall’estate in poi non era stato sufficiente per agguantare Hiroshi Aoyama, ultimo campione nella storia della categoria a due tempi.  

Simoncelli, ai tempi 23 anni, si presentò al via del GP in notturna del Qatar nel 2010 dopo essere già stato protagonista in gara con le quattro tempi. A Imola, infatti, il regalo di addio dell’Aprilia era stato con una wild card nel mondiale Superbike: con moto, gomme e avversari inediti, il SIC era andato così forte da prendersi il podio in Gara 2, festeggiato con un burnout d’autore - un cerchio perfetto - alla Tosa. Per prendersi quel podio, Marco aveva superato alla Variante Bassa il compagno di team Max Biaggi, senza chiedere il permesso: "Aligi, mi avevi detto prima del via di non fare la caz….. di stare davanti al numero tre, ma la caz…... l’ho fatta lo stesso", aveva detto al rientro ai box dopo aver fatto divertire in pista con la sua guida, un concentrato di talento e generosità.

Era pronto per il salto in Honda, con Gresini che aveva preceduto la Yamaha e quella Ducati che attraverso Suppo aveva formulato a Marco una proposta in maniera inconsueta, in diretta TV. "SuperSic è stato bravissimo, ha guidato da Dio. Marco, non è che il prossimo anno vuoi guidare una nostra moto? Sei sempre nei nostri cuori e mi farebbe piacere. A questo punto bisogna che ne parliamo…" aveva detto dopo un successo del romagnolo in 250.  

Simoncelli entrò in una MotoGP a fortissima impronta italiana: Rossi era il campione in carica, Dovizioso era pilota factory HRC, lo stesso Loris Capirossi era ufficiale Suzuki, mentre il compagno nel Team Gresini era Marco Melandri, ex vice iridato.  

La prima Top 10 nella classe regina arrivò al terzo tentativo e con il decimo posto a Le Mans iniziò un poker di piazzamenti tra i migliori dieci. In Germania si registrò il primo ingresso tra i big, con il sesto posto a soltanto 7” dal vincitore. Una posizione replicata a Motegi e a Phillip Island, dove fu il miglior pilota Honda al traguardo, preludio all’esaltante corsa in Portogallo dove, a distanza dalla coppia Yamaha Lorenzo-Rossi, si accese una lotta tra piloti Honda e Ducati.  

Alla penultima uscita sulla Desmosedici, Stoner scivolò, mentre l’acciaccato Pedrosa calò alla distanza, e a giocarsi il podio furono Dovizioso, Simoncelli e Hayden, che chiusero in quest’ordine. "Sono veramente felicissimo per la gara che ho disputato. Sono riuscito a essere costante per tutti i giri fino alla fine. Dovizioso era un pochino più veloce di me in rettilineo però pensavo di riuscire a batterlo, invece all’ultimo giro sono uscito leggermente più piano dall’ultima curva e mi ha superato negli ultimi metri prima del traguardo". 

Quel filotto di buoni risultati rappresentò un autentico step per Marco, pur con il rammarico di aver perso il podio contro il rivale di una vita Dovizioso. La prima volta di Valencia, GP successivo e chiusura del 2010, fu legata alla qualifica, con il sospirato approdo in prima fila, impresa seguita in gara da un duello entusiasmante in avvio con Lorenzo, fatto di sorpassi quasi a ogni curva.  

"Chiaramente dobbiamo ancora migliorare, un po’ la moto, un po’ l’elettronica e sicuramente io devo metterci del mio, per salire spesso sul podio il prossimo anno".  

Il 2010 si chiuse con l’obiettivo centrato di vincere il duello interno con Melandri: "Un pilota veloce e di esperienza, batterlo significa essere in buona posizione" aveva detto a inizio stagione.  

Quell’anno da rookie sembrava potergli spalancare le porte del Mondo. E invece, sapendo come è andata, ripensare a quel periodo fa soltanto riemergere il rammarico e il dolore, per ciò che poteva essere e purtroppo non è stato.

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