MotoGP in staccata: freno e vado più forte

MotoGP in staccata: freno e vado più forte© Milagro

Pellegrini (Brembo) e Giribuola, capotecnico di Dovizioso, spiegano l'evoluzione didischi, pinze e materiali. "La carbon ceramica può essere il futuro, ma oggiè difficilissimo trovare qualcosa che sia meglio del carbonio"

26.06.2020 09:55

Motore, aerodinamica, gomme, assetto, oltre ovviamente al talento dei piloti. Ma esiste un altro fattore determinante e che spesso è sottovalutato: i freni. Perché per moto vicine ai 300 cavalli e che superano i 340 orari in metà delle piste del Mondiale, fermarsi nella maniera giusta è più che decisivo. Ne abbiamo parlato con Alberto Giribuola, capotecnico di Andrea Dovizioso, la cui Ducati è la moto più performante sul rettilineo ma anche nelle staccate più “violente”, e Andrea Pellegrini, ingegnere che vive il Motomondiale per la Brembo, l’eccellenza italiana che è un’istituzione nel Motorsport.

Esistono due misure dei dischi, 340 e 320 millimetri.

PELLEGRINI: "Il disco da 340 è stato introdotto qualche anno fa a Motegi, perché era una gara molto severa con i freni, quindi è stato reso obbligatorio. Poi è stato trasportato anche su altri GP. Il 340 ha preso piede su più gare".

GIRIBUOLA: "Sul 99% delle piste abbiamo sempre il modello da 340, perché Dovizioso è particolarmente sensibile a livello di freni, è uno staccatore e gli piace la stabilità della leva del 340. Magari altri piloti che frenano in modo più morbido hanno meno problemi, Andrea invece è più esigente. Perché molto dipende da come i piloti staccano".

C’è molta differenza nello “stopping power” tra 320 e 340?

P: "Il braccio è differente, quindi il 340 ha un braccio maggiore e con meno pressione ottieni la stessa decelerazione che con il 320, c’è più potenza frenante".

G: "Dipende dalla morfologia del circuito e dalle preferenze del pilota e da come utilizza i freni. Per esempio Dovizioso, quando la leva diventa più “spugnosa” si lamenta subito, altri piloti invece non avvertono la differenza".

Come influisce il diametro sulla maneggevolezza della moto?

G: "Tutto ciò che concerne masse non sospese influenza l’agilità della moto, quindi se possibile è meglio diminuire le masse non sospese. Il compromesso è avere una moto che frena nel modo giusto, con l’attacco giusto dei freni. Ultimamente preferiamo andare sulla fascia bassa piuttosto che ultra-bassa per risparmiare peso e avere eguale potenza frenante".

P: "E poi si mantiene lo stesso feeling con la leva, il feeling con il 340 rimane uguale, con fascia alta o bassa".

In quale parte della guida influisce il cambio di diametro? Inserimento di curva, metà curva oppure nel cambio di direzione?

G: "Un po’ in tutto, ma soprattutto nell’inserimento. Nei cambi di direzione avvengono tante cose assieme che è dura valutare il singolo dettaglio. In una curva, che si approccia sempre alla stessa maniera, frenando sempre allo stesso modo, si avverte la differenza nel comportamento tra due impianti differenti. Forse la maggiore facilità si ha con gli impianti con meno massa, perché ciò che ha effetto giroscopico influenza la facilità nell’entrare in fase di piega".

Oggi in staccata il freno motore ha un’importanza simile al freno vero e proprio?

G: "Dipende dal grip sul posteriore, quando la gomma è usata si utilizza meno il freno motore, in più il posteriore si stacca e in quel momento il freno motore non agisce. Penso a Sepang, dove ci alziamo molto con il posteriore, e il freno motore lavora in percentuale contenuta. L’engine brake funziona di più in fase di inserimento di curva, perché le gomme sono entrambe a contatto con il terreno, l’anteriore è al limite del potersi chiudere e il pilota deve rilasciare il freno e non può usarlo come farebbe a moto dritta, a quel punto proviamo a utilizzare il freno motore per rallentare la moto, perché c’è contatto e il grip al posteriore è buono. In generale, in una staccata, nella prima parte il freno motore influenza poco, ma diventa più importante dopo".

L’uso del freno in uscita di curva: è celebre l’immagine di Casey Stoner che usava il freno posteriore. Ora quel lavoro lo fa l’elettronica?

P: "È diventato di moda il freno posteriore a pollice, collegato direttamente con la pinza dietro, c’è chi lo usa come traction control in uscita, c’è chi lo aziona nelle curve a destra perché in uscita non riesce a utilizzare tanto il pedale. Dipende non dall’impianto frenante ma dall’engine brake".

G: "In generale si cerca di non usare troppo il freno in accelerazione perché il pilota, per quanto possa essere preciso, potrebbe finire per rallentare eccessivamente la moto. Però il freno posteriore in fase di uscita crea nella moto l’effetto “pro-squat”, con la sospensione che tende ad abbassarsi. E questo influenza la dinamica dell’accelerazione. L’elettronica fa il proprio lavoro, il pilota in caso di necessità dà un “aiuto”. Oppure in piste dove c’è parecchio pattinamento in uscita, l’uso del freno dietro fa “calmare” la moto e l’accelerazione viene meglio. L’utilizzo si evolve durante la gara anche perché il freno motore può essere regolato, attraverso mappe create prima. Ci sono mappe per potenza, traction control e freno motore".

La pinza “anti-shaking”: Marc Marquez dice di essere l’unico che non la utilizza sempre.

P: "Dovizioso l’ha utilizzata, e lui stesso ha riconosciuto come questa l’abbia aiutato a vincere delle gare. Come il freno a pollice, in tanti sono passati alle valvole, ti dà un vantaggio. Soprattutto ora, che con classifiche così corte basta poco per non passare in Q2, ogni dettaglio conta. In passato credo ci fosse un pregiudizio contro queste valvole".

Ci sono due aziende che realizzano il disco in carbonio.

P: "È un segreto… Noi abbiamo la fabbrica del carbonio, dove produciamo i dischi in carbonio per la Formula 1: è a Curno, dove c’è il reparto racing. Quindi pastiglie, dischi, per F1, Formula E e moto. Abbiamo investito tanto, tantissimo. Prima avevamo fornitori esterni, adesso stiamo cercando di portare tutta la produzione racing all’interno. Siamo avanti per quanto riguarda il carbonio nelle auto, per le moto vedremo in futuro".

Il carbonio prima era critico a livello di temperature, ora è utilizzato sempre sul bagnato: qual è stato il segreto di tale evoluzione?

P: "Innanzitutto il carbonio ha bisogno di una certa temperatura per poter funzionare, diciamo 280-300 gradi. Sul bagnato c’è meno grip e se non hai grip non riesci a mettere la necessaria energia sul freno e scaldarlo. Si è capito che con le coperture sui dischi per evitare che l’acqua finisca sul carbonio - un fatto che a quel punto varia il coefficiente di attrito - è possibile riscaldare il carbonio e i freni anche avendo poca energia da mettere. E poi i freni in carbonio offrono performance superiori rispetto ai dischi in acciaio, senza dimenticare la grande continuità da inizio a fine gara, un fattore molto apprezzato dai piloti".

È merito della “carena” sul disco, quindi?

P: "Abbiamo trovato il modo per scaldare i freni anche sul bagnato, dove hai poco grip e poca temperatura".

I dischi sono un elemento aerodinamico perché ricevono aria?

G: "Influenzano l’aerodinamica della moto, ma non possiamo fare più di tanto. Devono essere all’esterno della ruota, altrimenti si surriscaldano, anche per questo abbiamo dei condotti per convogliare l’aria sulle pinze o sui dischi. Ci sono piste dove è importante raffreddare la pinza, come Jerez".

Perché proprio Jerez?

P: "Perché ci sono tante frenate una dietro l’altra e la pinza non ha il tempo per “respirare”.

G: "Il disco può rimanere anche a 800 gradi e funzionare correttamente, ma in questi casi la temperatura diventa un problema per la pinza. Nei casi in cui invece la frenata è molto lunga, è il disco a soffrire di più e ha più bisogno di essere refrigerato".

Ci sono diverse specifiche di carbonio?

P: "Il carbonio ad alte temperature inizia a bruciare, ossida a contatto con l’ossigeno. Ci sono diverse specifiche di carbonio ma poi cambia il feeling al “bite” iniziale. E comunque ogni specifica di carbonio oltre una certa temperatura brucia. Ed è difficile, anche al giorno d’oggi, trovare un materiale che sopra i 950 gradi resista meglio del carbonio. Stiamo studiando il carbon ceramica, che ha usura più bassa e potrebbe avere una vita più lunga rispetto a un disco in carbonio. È il futuro, oggi lo stiamo applicando sulle auto stradali top di gamma. Il carbonio è costante ma ha bisogno di almeno 250 gradi per funzionare a inizio frenata. Ma per strada non puoi avere una temperatura di inizio frenata del genere, perché puoi avere bisogno di frenare appena uscito da casa. È stato sviluppato il carbonio ceramico, con parti di silicio, che aiuta a frenare anche in condizioni di freddo, e come performance è meglio dei dischi in ghisa e ha usura bassa. La MotoGP può essere un buon banco di prova anche per andare sullo stradale. Ma il percorso è ancora lungo".

Qual è l’utilizzo dello “scooter brake”?

G: "Il pilota predilige il piede, per il freno dietro. Ma per Dovi, per esempio, la necessità del freno a pollice è per le curve a destra, per via della posizione del piede, lui con la punta cerca la pedana e nelle curve a destra non ci riesce. Per il pilota che si sporge in piega è più facile utilizzare il freno posteriore a pollice piuttosto che azionare una leva, e in quella posizione è meglio spingere che tirare. Siamo aperti a provare nuove soluzioni, ma devono sposarsi con l’ergonomia del pilota quando si sporge dalla moto. Per esempio Lorenzo, quando è fuori dalla moto, apre le dita per potersi sporgere ancora di più".

Lo sviluppo del materiale in quale direzione va?

P: "Per le pinze c’è una doppia pista per lo sviluppo: una per l’idraulica, quindi le pompe freno, e una riguarda il carbonio. Sul carbonio è più difficile, sono necessari 7-8 mesi per cambiare la ricetta del carbonio. Per le pinze ogni team chiede pinze più leggere ma ugualmente rigide. Quindi si cerca di migliorare il raffreddamento della pinza e poi facciamo joint-venture con i team, che applicano prese d’aria e noi cerchiamo di migliorare il concetto sulle nostre pinze, senza andare a scapito della rigidezza. Nelle pinze nuove c’è un’alettatura per dare più scambio termico".

Ogni quanto si cambia il liquido dei freni?

G: "Tutti i giorni, non dopo ogni sessione, ma tutti i giorni".

Esiste il detto “Chi frena meno arriva primo”…

G: "Dipende quanto gira la moto. Se la moto non gira tanto, meglio fermarsi, altrimenti arrivi in tribuna...".

Qual è la staccata migliore della stagione?

G: "Per noi è una pista intera: l’Austria, lì staccavamo veramente forte. Stiamo portando a casa un buon compromesso per avere sia la staccata da dritto che l’inserimento alla perfezione".

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