MotoGP, Michelin sotto accusa: problemi oggettivi o di "testa" dei piloti?

MotoGP, Michelin sotto accusa: problemi oggettivi o di "testa" dei piloti?© Milagro

La Casa del Bibendum ha introdotto quest'anno una nuova copertura posteriore che ha scombussolato le idee a più di mezza griglia. Eppure, Piero Taramasso ha spiegato come operare per evitare guai

05.10.2020 ( Aggiornata il 05.10.2020 11:03 )

Gomma, ovvero, prodotto adesivo ottenuto da diverse specie di piante. Oppure, gomme, ossia prodotti caratterizzati da elevata elasticità e deformabilità: perfette per conferire aderenza tra ruote ed asfalto.

Sentendo le opinioni dei piloti, gli pneumatici rappresentano un elemento dalla elevatissima importanza, nel complesso di un mezzo meccanico a motore; alcuni corridori sostengono che il ruolo delle coperture determini il 70% del rendimento in pista, altri addirittura, arrivano a dire ben il 90%. Al di là delle percentuali, sì, possiamo confermare quanto e come le gomme rappresentino la perfetta (o imperfetta) interfaccia tra polso, fondoschiena e piede destro con il suolo.

Nel caso delle moto, forse, le gomme sono ancora più importanti, perché vengono addirittura chiamate “scarpe”. Provate ad immaginare Usain Bolt, micidiale velocista giamaicano, detentore di vittorie e record mondiali. Seppur scalzo, l’alto e muscoloso atleta scatterebbe come un colpo di pistola ma, ben “gommato” - cioè, con le calzature giuste, realizzate ad hoc - il campione rendeva pure meglio, perché il grip sotto ai suoi lunghi piedi era ottimale.

Stesso discorso per le moto. Il ragionamento del pilota è “datemi tanta potenza, affidatemi un buon telaio però, soprattutto, esigerei un bel paio di pneumatici”. Ecco fatto, da questo ragionamento nascono leggende da paddock, polemiche, sospetti e fraintendimenti,

L'epoca della fornitura libera: la “Tyre war”


Sono ormai lontani e - forse - anacronistici i tempi nei quali si presentavano alle corse diversi brand di gomme. La Formula 1 chiamava quell’epoca “Tyre war”, guerra tra i gommisti.

Chiaramente, giravano tanti soldi nell’ambiente. Tantissimi, pure nel Motomondiale. Facendo riferimento alla sola Classe Regina - 500 due tempi, MotoGP quattro tempi - Michelin, Bridgestone e Dunlop si sfidavano a suon di esperimenti, sviluppo, test e soluzioni avveniristiche.

Era una cosa bella, tuttavia, parecchio costosa. Perché, sempre e comunque, saltava fuori un pilota che manifestava esigenze particolari, tutte sue, in relazione alla moto che guidava ed allo stile di guida che esibiva. L'asticella si alzava di uscita in uscita, i soldi uscivano dalle aziende come fiumi in piena.

Succedeva che le Case di pneumatici investivano parecchio, spesso senza badare a spese. Succedeva nel Motomondiale, in SBK ed in Formula 1: all’epoca, il pacchetto tecnico proponeva il seguente trend: le gomme dovevano adattarsi a moto (o auto) e pilota, con tanto lavoro di prove e sviluppo. Oggi non è più così.

Gomme uguali per tutti: Pirelli ha tracciato la strada


Scelta geniale, quella fatta dalla Casa milanese. Correva l’anno 2004 e, un po’ per esigenza collettiva, un po’ per livellare i rendimenti della griglia SBK, Pirelli introdusse la monofornitura, già proposta con successo nella Superstock 1000, poi passata anche a Superbike, Supersport 600 e Stock 600.

L’idea fu azzeccata e ben concepita: con una cifra pattuita e fissa, i team potevano - e possono tutt’oggi - godere dello stesso trattamento, riservato a strutture ufficiali o squadre indipendenti. Molto bene, per il pilota meno “beghe” da affrontare e meno sospetti maturati reciprocamente.

In questo caso, è mutata la mentalità; se prime le gomme dovevano essere adattate a moto e pilota, ora è il contrario: sono il cavaliere e la cavalcatura a doversi adattare agli “zoccoli”, sapendo che, comunque, il “maniscalco” lavora benissimo e lo fa per ogni partecipante, nel medesimo modo. La sfida è cambiata. Il fornitore ha lo stimolo di vedere moto dal diverso marchio al vertice e tempi sul giro di riferimento, sia dai piloti ufficiali che indipendententi. L'uniformità di prestazione è primaria.

Pirelli detiene il monopolio pure in Formula 1, con successo. Nel Motomondiale, Dunlop fornisce coperture alle classi Moto3 e Moto2, mentre nella MotoGP fu Bridgestone, in primis, ad emulare Pirelli. La guerra tra i gommisti era finita, cominciò quella delle polemiche, esplosa definitivamente con l’avvento di Michelin.

Il Bibendum era uscito, Bridgestone imperversava


Nel 2008 la Top Class presentava ancora diversi fornitori. Michelin e Bridgestone facevano a gara per chi più performava e, passo passo, il marchio giapponese piegò quello francese. Soprattutto parlando di opzioni dedicate all’anteriore, Bridgestone offriva un prodotto di riferimento, a detta dei piloti “formidabile in termini di grip in ingresso curva. Però, bisogna fidarsi”. Chi si fidava, andava forte, Gli altri, un po’ meno. Nel 2009 Michelin uscì dalla contesa e Bridgestone divenne la Pirelli della Classe Regina. L’azienda del Bibendum preferì investire nei trattori e nei macchinari agricoli, settore ritenuto più proficuo.

Sebbene i problemi di tenuta erano stati risolti, ogni tanto qualche magagna veniva a galla. Tutto normale, glissavano gli ingegneri giapponesi, ma ai piloti la cosa non piaceva. Però, mediamente, con le Bridgestone era stata raggiunta una comfort zone piuttosto gradita a tutti, ma l'acqua cheta fa danni e prima o poi, le gocce finiscono. La Casa nipponica esaurì il proprio effort e, più avanti, i dirigenti di Clermont-Ferrand si rifecero vivi e prepararono il ritorno alle competizioni di massimo livello.

Il ritorno di Michelin


Era il 2016. La prima cosa che accadde fu - per certi aspetti - inevitabile. I piloti abituati (o assuefatti) alle caratteristiche meccaniche, dinamiche e comunicative delle Bridgestone, cominciarono a paragonare le nuove Michelin alle Bridgestone stesse: “L’anteriore è strano, diverso. Non offre la stessa confidenza e si perde l’avantreno quando meno ce lo si aspetta”.

Le prime critiche furono aspre e, storicamente, il corridore ha, di base, la tendenza al lamentio. Non lo diciamo noi, lo racconta la storia: Niki Lauda si lamentava della Ferrari, Ayton Senna dei regolamenti, Max Biaggi un po’ di tutto, Valentino Rossi quasi ogni tanto gli somiglia.

É nella natura del pilota: osservare ciò che non va bene è più importante di focalizzarci sulle cose che funzionano. Anche perché, ciò che già funziona, non va toccato. I difetti, invece, si possono rimediare.

Quando un pilota si lamenta, solitamente, se la prende con le gomme. Il commento standard è: “Non le sento, non ho fiducia, non posso spingere”.

Tutto normale, o quasi.

L’attacco della MotoGP a Michelin


Ad inizio stagione, lo staff francese ha introdotto una inedita copertura posteriore. Questa unità - uguale per ogni pilota - richiede due interventi: il primo, sull’assetto delle motociclette. Il secondo, nello stile di guida.

Avendo porzioni di grip da offrire in abbondanza, la Michelin “dietro” può essere sfruttata in frenata, in accelerazione. Certo. Ma non solo: la rotondità della carcassa ed una mescola dall’aderenza micidiale nella fascia dal bordo a due terzi dell’impronta, consente una maggiore velocità in curva nella massima piega.

Perciò, chi rialzava prestissimo la moto e dava tutto gas, è rimasto spiazzato, dato che lo pneumatico doveva e deve essere sfruttato in maniera contraria: meglio percorrere la traiettoria tondi come un compasso, rapidi e puliti; il cronometro vi darà ragione.

Il lockdown e la relativa impossibilità di sviluppare e provare a pieno le moto, ha mandato in crisi i protagonisti della Top Class. Non tutti, a dire il vero

Gomma lunatica? No, estremamente sensibile


Si sono lamentanti in tanti. Per esempio, Maverick Vinales, Andrea Dovizioso, Pol Espargarò. Altri hanno evidenziato problemi, oppure, semplici timori. Chi come Francesco Bagnaia, ha sollevato una questione. Sembra quasi che i piloti non abbiamo capito che - come già precisato - stile ed assetto devono essere adattati alle gomme e non viceversa.

Lo ha spiegato Piero Taramasso, Responsabile Michelin nei campi gara: “Le nostre nuove gomme sono molto evolute, sofisticate, realizzate con macchinari e tecnologie all’avanguardia. Per rendere al meglio, sono molto importanti i trattamenti da adottare prima del montaggio e sulla griglia di partenza. Scelta della mescola a parte, è fondamentale il range di utilizzo e l’utilizzo stesso in corsa. Parliamo di temperature nelle termocoperte e pressioni di gonfiaggio. Se uno di questi elementi non è allineato agli altri, il castello cade e il pilota può avere problemi. Noi diamo indicazioni precise di come operare, il resto lo fanno i team: hli assetti di telaio e sospensioni devono essere adeguati alle condizioni meteo e alla scelta delle mescole. Noi di Michelin facciamo controlli di qualità molto accurati e, quando abbiamo 20 piloti racchiusi in un secondo, possiamo dire di avere prodotti di ottimo livello".

Piero lo ha detto: ogni operazione deve essere apportata secondo ben precise procedute, in tempi e temperature perfette, ideali. Se qualcosa va storto, il rendimento cala. Oppure, la confidenza in sella viene a mancare. In un campionato “strano”, senza tregua, in condizioni meteo inusuali, è normale che emergano i problemi. Non solo di gomme, ma di tutto. Però, i piloti preferiscono puntare il dito sugli pneumatici che, a differenza di motore ed elettronica, non possono “difendersi", perché la telemetria svela i comportamenti di propulsore e gestione, mentre le gomme - se scivolano o no - è sempre colpa loro, nel senso che c'è l'attitudine di chi le usa ad imputarne i difetti. Del resto, il feeling è una sensazione soggettiva e, spesso, alterata dalle percezioni della mente. Quando un pilota vince, non ha mai problemi di gomme. O quasi

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