MotoGP, Pit Beirer: “La KTM continua sulla sua strada”

MotoGP, Pit Beirer: “La KTM continua sulla sua strada”© Milagro

"Per coronare il sogno del titolo in MotoGP, abbiamo scelto una strada differente, costruendoci i campioni in casa fin dalla Rookies Cup. In cambio, chiediamo fiducia: Zarco e Martin non ce l’hanno concessa, Oliveira e Binder sì"

24.05.2021 17:17

Osservare le entry list del Motomondiale è un esercizio che aiuta a comprendere il clamoroso valore della filiera KTM-Red Bull, che parte dalla Rookies Cup. Mir, Zarco, Brad Binder, Martin, Oliveira e Savadori in MotoGP; Baldassarri, Di Giannantonio, Bendsneyder, Beaubier e Raul Fernandez in Moto2; Sasaki, Darryn Binder, Tatay, Acosta, Öncü e Dupsaquier in Moto3. Una lista sconfinata, che fa intendere quanto il Mondiale debba alla Rookies Cup.

Da quando, nel 2007, Red Bull e KTM hanno messo in piedi il monomarca propedeutico al Mondiale, questa formula promozionale è diventata un serbatoio che alimenta i GP, una rampa di lancio per gli aspiranti campioni. Joan Mir è l’attuale re della MotoGP, come lui anche Johann Zarco (leader della MotoGP dopo il Qatar), Danny Kent, Jorge Martin e Brad Binder sono stati iridati nelle classi inferiori. La storia è destinata a continuare, perché a Jerez hanno vinto Fabio Di Giannantonio e Pedro Acosta, piloti usciti dalla Rookies Cup. Del resto, quando gli austriaci organizzano e finanziano un campionato come questa anticamera del Mondiale, lo fanno con in mente un obiettivo. E nessuno meglio di Pit Beirer, responsabile racing della KTM, può spiegarlo.

“Ovviamente l’obiettivo finale della Casa è il titolo della MotoGP. È l’obiettivo del secolo. Detto in modo onesto: se non dovessimo farcela, non ne faremo un cruccio, ma oggi siamo spinti da questa motivazione. Ce la faremo? Credo sia presto per dirlo”.

Di certo, la Casa che lo scorso anno è stata la rivelazione della MotoGP con tre successi, vuole provarci.

“Sono molto orgoglioso del nostro lavoro e del supporto ottenuto dall’azienda, non dimentichiamoci che l’ingresso in MotoGP ha comportato quasi il raddoppio del budget per il Motorsport. E l’azienda ha compiuto il passo senza disfarsi di un solo pilota di Motocross o dell’Enduro”.

 

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La Rookies Cup


 Organizzate la Rookies Cup da quasi 15 anni: potreste spostare l’attenzione su altri progetti?

“No, semmai pensiamo a organizzare il campionato per ulteriori 15 anni. Non abbiamo la minima intenzione di fermare la Rookies Cup, e credo che come la KTM anche la Red Bull abbia lo stesso livello di convinzione del primo giorno. Stiamo valutando come evolvere le moto, se cambiare a metà stagione i telai, poi le sospensioni e i motori. Pensiamo a una rivoluzione progressiva in alternativa a una più netta. È la conferma dell’impegno”.

Come possiamo definire la partnership tra KTM e Red Bull, che per il grande pubblico sembra un binomio inscindibile?

“Anche per me a volte è un marchio unico, Red Bull KTM. Ogni volta che ci mettiamo assieme, creiamo un progetto forte: in ogni campionato disputato abbiamo vinto, in tutte le classi del Motocross e dell’Enduro, poi la Dakar, la Moto3. Ma c’è ancora il bersaglio grosso da inseguire... Siamo orgogliosi di questa partnership, pensiamo anche al valore della Rookies Cup, che non è un progetto pensato per un ritorno prettamente commerciale, è un investimento sulle nuove generazioni. Possiamo lavorare in una struttura per gli allenamenti (il Red Bull Athlete Performance Center, nde) dove i piloti sono seguiti da trainer, fisioterapisti, nutrizionisti, nel paddock abbiamo una dieta specifica anche per i meccanici, perché Red Bull non è soltanto un logo, è sinonimo di qualità. Ci prendiamo cura delle persone che lavorano con noi, e questo rende più facile ingaggiare un pilota o un tecnico: sa che con noi starà bene. Il collettivo è più forte del singolo”.

Scorrendo la lista dei piloti del Mondiale lanciati dalla Rookies Cup, è ovvio come la KTM non abbia l’esclusiva, perché non avete abbastanza moto per tutti quei ragazzi. Come scegliete chi resta con voi nel Mondiale?

 “Io e Mike Leitner (project manager MotoGP, nde) analizziamo i piloti, e ascoltiamo anche l’opinione di Herve Poncharal, nostro partner con il suo Team Tech 3. Ma alla fine è il nostro direttivo che decide, e la loro è un’opinione forte, non potete immaginare quanto siano coinvolti nelle corse. Quindi non possiamo ingaggiare un pilota per la MotoGP e mettere il Board davanti al fatto compiuto. Non è facile, è come comprare sul mercato azionario, c’è chi è troppo costoso e c’è chi sta vincendo e non se la sente di lasciare la moto con cui sta brillando. Questo spiega meglio perché vogliamo ‘crearci’ i piloti in casa. Ma non è facile, soprattutto in MotoGP”.

Piloti cresciuti in casa


Perché?

“La nostra moto è molto differente dalle altre: se abbiamo problemi di sospensioni o gomme, non abbiamo modo di parametrarci a Honda o Yamaha, perché siamo differenti per ciclistica e sospensioni. Però abbiamo qualcosa che gioca a nostro favore”.

Cosa?

Se 'coltiviamo' un pilota facendolo crescere attraverso Rookies Cup, Moto3 e Moto2, finiamo per conoscerne pregi e difetti in profondità e possiamo capire se sia adatto alla Casa. L’anno scorso abbiamo perso Pol Espargaró e lo stesso Jorge Martin, il quale era sotto contratto. A quel punto ci siamo detti di smetterla di pensare ai grandi piloti ‘da fuori’, e abbiamo puntato su Miguel Oliveira e Brad Binder”.

Puoi spiegare il concetto di 'pilota adatto alla Casa'?

Un contratto non ha valore se un pilota non è a suo agio. Con Johann Zarco, per esempio, non ha funzionato. Ci siamo separati, lui è tornato a mostrare il proprio valore - perché è un grande pilota - e noi abbiamo vinto, perché abbiamo grandi mezzi. Ma assieme non eravamo efficaci. A volte bisogna rendersene conto e una separazione può essere la soluzione giusta. Lo stesso è avvenuto con Martin: se davvero non credeva in noi, non doveva sentirsi costretto a rimanere, non impieghiamo tempo per chi non crede in noi. Lo facciamo per chi crede in noi, come Miguel e Brad, Avevamo avuto coraggio, l’anno scorso durante il lockdown, a creare quel tipo di formazione per il 2021, ma poi loro sono andati forte e hanno vinto. Ed è più facile affermare che sono buoni piloti”.

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