Duelli da leggenda: il 2015, l'anno della discordia

Duelli da leggenda: il 2015, l'anno della discordia© Milagro

Il duello fratricida tra i piloti della Yamaha venne indirizzato dalla variabile-Marquez: in Malesia, dove alla vigilia era stato accusato da Rossi di comportamento scorretto, Marc venne a contatto con Valentino ed ebbe la peggio. Ma la conseguente penalità infranse il sogno del decimo titolo del Dottore

08.11.2021 ( Aggiornata il 08.11.2021 18:37 )

Il 2015 fu un anno ricco di situazioni che cambiarono radicalmente la MotoGP. La maggior parte dei tifosi ricorda quella stagione per gli episodi controversi nel GP Malesia, con la situazione esplosiva che si creò tra Valentino Rossi e Marc Marquez. Ma non fu l’unico episodio passato alla storia. Fu, per esempio, l’anno in cui si consumò la rottura tra Jorge Lorenzo (al suo ultimo titolo) e la Yamaha, un divorzio che sarebbe diventato effettivo a fine 2016. Fu anche il campionato in cui Marc Marquez capì di dover mettere da parte la filosofia “tutto o niente, gloria o morte”.

E fu anche l’ultimo anno targato Bridgestone come fornitore di pneumatici. Ma è ovvio e inevitabile che tutto debba partire dall’allontanamento, inconciliabidrosa arrivò soltanto al settimo tentativo. Le prime tre gare extra-europee non furono positive nemmeno per Lorenzo, che ritrovò la velocità di crociera soltanto al ritorno in Europa. Quando il primo scontro tra Rossi e Marquez si era già consumato...

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I fatti di Rio Hondo e Assen


Accadde in Argentina, in una gara che Marquez comandò con autorità finché le gomme non vissero un crollo, dopo essere state messe alla frusta. “Poco a poco, vidi Marc e la sua moto diventare più grandi di fronte a me: mi stavo avvicinando” raccontò Rossi per spiegare la rimonta fino a giungere a ruota del rivale a cinque giri dalla fine, con un ritmo chiaramente migliore rispetto a quello dello spagnolo. Lungi dal rassegnarsi, Marc difese la prima posizione con le unghie e con i denti. Iniziarono i contatti e le manovre al limite, principalmente da parte del pilota della Honda, che però ebbe la peggio. La disputa si risolse quando, in uscita da una curva, con Valentino davanti, le due moto si toccarono, e Marc finì a terra.

Il seme della discordia venne gettato quel giorno. Fu un contatto di gara oppure Valentino aveva difeso la posizione con troppa veemenza? Aveva senso che Marquez cercasse con quella ostinazione di rimanere con Rossi, sapendo che mancavano ancora cinque giri e che il rivale era decisamente più veloce? Interrogativi che restarono aperti, ma mai dimenticati. L’episodio seguente tra i due maschi Alfafu in Olanda, a fine giugno. In quel caso, Valentino si presentò al comando all’ultima staccata, la chicane prima del traguardo. Marquez, che complici i tre “zero” era già piuttosto fuori dalla corsa al titolo, fece ricorso a una manovra che – in previsione di tale epilogo – aveva provato al mattino nel warm up.

Tentò un block pass ai danni di Rossi, che però a sua volta aveva chiuso la traiettoria. Lo stesso Valentino aveva immaginato un finale del genere, e quindi rialzò la sua Yamaha non appena avvertì il contatto con la Honda di Marquez. Se avesse deciso di resistere, sarebbe caduto o avrebbe perso la propria inerzia. La manovra preparata e poi messa in atto da Rossi fu quella di saltare la chicane. Mantenne il gas aperto sulla ghiaia, rimettendosi in pista all’uscita della variante, per tagliare il traguardo da vincitore, davanti a un Marquez attonito. La Honda presentò un reclamo, spiegando che non poteva essere dichiarato vincitore un pilota che non aveva compiuto l’ultima curva della gara, e che con il proprio scooter aveva “testato” la consistenza delle vie di fuga tre giorni prima della corsa, proprio in previsione di una manovra del genere. Il risultato venne però confermato, e aprì una ferita in Marc.

In quella stagione, i piloti spagnoli mostravano sempre un miglior rendimento in qualifica rispetto a Rossi, che però in gara era sempre là davanti. In Argentina, per esempio, Valentino si qualificò ottavo ma poi vinse. A Le Mans scattò dalla terza fila, con il settimo tempo, e chiuse secondo in gara. Al Mugello passò dall’ottavo tempo al terzo posto sul traguardo. Una concretezza che gli consentì di mantenere la vetta del Mondiale nonostante il ritorno e la velocità di Lorenzo. Ma la tensione saliva, e la gara di Phillip Island la fece detonare.

Una battaglia intensa tra Rossi, Lorenzo, Andrea Iannone e Marquez fu vinta da quest’ultimo, con un fenomenale ultimo giro. Valentino e il suo entourage, però, ravvisarono una condotta di gara di Marc atta a ostacolare Rossi. E questa visione, il nove volte campione la rese pubblica quattro giorni dopo, in una conferenza stampa divenuta storica, alla vigilia del GP Malesia. Fu un’evidente provocazione pubblica: qual era la finalità? Se l’obiettivo era quello di intimidire Marquez, la strategia generò un effetto opposto, per un tremendo errore. Perché Marc non si sgonfiò affatto, e non fece un passo indietro per lasciare che Rossi e Lorenzo si contendessero il titolo fino in fondo. Quanto si vide la domenica, nella penultima gara della stagione, superò decisamente i confini del fair play.

Sepang e poi Valencia: un finale di stagione infuocato


A Sepang, Pedrosa prese il comando della corsa, seguito da Marquez, Rossi e Lorenzo. Quest’ultimo impiegò un paio di giri per superare Valentino e Marc e mettersi all’inseguimento di Dani. Rossi e Marquez finirono per battagliare, e Marc decise di chiudere i conti per quanto riguardava l’Argentina, Assen e l’attacco in conferenza stampa di tre giorni prima. Per tre giri, Marquez ronzò come una mosca attorno a Rossi, come mai un pilota dovrebbe fare nei confronti di chi si sta giocando un titolo. I due finirono per “impantanarsi” in un duello gomito a gomito suicida, con numerosi sorpassi e incroci di traiettorie in ciascun giro. Il tutto, con Rossi che aveva molto di più da perdere. Non poteva finire bene, e infatti...

Rossi arrivò a un punto in cui, furioso, si dimenticò di essere in gara. Impostò la penultima curva del tracciato – a destra – rallentando vistosamente e allargando la traiettoria, portando Marquez verso l’esterno. Quando Marc tentò di completare la curva, le due moto entrarono in contatto, e Marquez finì a terra. Dopo la corsa, entrambi i piloti e i rispettivi manager vennero convocati in Direzione Gara: la Honda chiese una penalità per Rossi, difeso invece dalla Yamaha. Tale posizione fece arrabbiare Lorenzo, secondo in gara davanti a Rossi: il maiorchino interpretò la difesa della Yamaha nei confronti di Valentino come una mossa contro i propri interessi. La discussione tra Lorenzo e Lin Jarvis, massimo responsabile di Iwata in pista, fu a dir poco accesa. In quel post-gara, in Jorge maturò la decisione di lasciare la Yamaha. In un clima di tensione mai visto prima in MotoGP, Valentino vide il risultato ottenuto in pista nel GP Malesia confermato, ma contestualmente il pesarese venne penalizzato in vista del GP Valencia, con la partenza in fondo alla griglia. Una condanna nella corsa al titolo per Rossi, che alla vigilia dell’ultima gara poteva contare su un +7 sul rivale, ma per difendere il primato – e ottenere il tanto sognato decimo titolo – sarebbe dovuto arrivare almeno secondo a Valencia.

A Cheste, il Mondo dovette assistere a una delle gare più tristi di sempre. Lorenzo sempre davanti, e Rossi che da fondo griglia non poté fare meglio del quarto posto, distanziato dai tre spagnoli davanti. Tra loro, destò scalpore – per non dire vergogna a livello sportivo – il comportamento di Marquez, che scortò Lorenzo fino al traguardo, senza nemmeno tentare un sorpasso. Un’attitudine differente rispetto all’opposizione nei confronti di Rossi in Malesia. I fatti di Sepang 2015 divisero il mondo in due blocchi: pro-Marquez e anti-Marquez. Un tema che prosegue fino ai giorni nostri, anche perché i tentativi di “pulire” l’immagine di Marc sono stati infruttuosi. Nessuno discute il valore del pilota, ma nonostante i sei titoli in questi anni in MotoGP, l’affetto nei suoi confronti non è quello riscontrato per altri dominatori dell’era moderna: Mick Doohan, Wayne Rainey, Casey Stoner, per non parlare di Valentino Rossi...

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