MotoGP, 20 anni fa l'addio delle 500: com'è cambiato lo stile di guida?

MotoGP, 20 anni fa l'addio delle 500: com'è cambiato lo stile di guida?

Il 2021 sarà ricordato come l'anno del ritiro di Valentino Rossi, un pilota capace di adattarsi ai tanti cambiamenti legati alla moto e alla guida. Un aspetto cambiato molto negli anni, soprattutto con l'arrivo delle MotoGP

09.12.2021 ( Aggiornata il 09.12.2021 18:11 )

L’addio di Valentino Rossi ha scandito il tempo del motomondiale come nessun altro ritiro aveva fatto prima d’ora, sono passati 21 anni dal debutto in top class del 9 volte iridato, e 20 dall’ultima apparizione delle “500”, per molti le moto da corsa per eccellenza. Il passagio alla MotoGP nel 2002 ha segnato un cambio di rotta importante, con la prepotente evoluzione dell’elettronica, decisamente meno presente fino a qualche anno fa, e oggi essenziale per gestire le prestazioni e affidabilità delle moto. Di pari passo all’evoluzione del mezzo ha viaggiato lo stile di guida, cambiato svariate volte negli anni e snodo cruciale per raggiungere i risultati migliori.

Dal ginocchio di Saarinen e Roberts fino a Valentino Rossi


Lo stile di guida è sempre al centro del dibattito di tecnici e tifosi, un marchio di fabbrica e di riconoscimento per il pilota, che attraverso di esso cerca di essere il più performante possibile. Negli ultimi vent’anni si è evoluto (o adattato) tanto a variabili tecniche in continuo miglioramento e affinamento, come appunto l’elettronica, ma anche le gomme, che oggi permettono angoli di piega e frenate prima difficilmente ipotizzabili. L’evoluzione della guida nel motomondiale poggia le sue radici in diversi, ma precisi momenti. Con Kenny Roberts e Jarno Saarinen per la prima volta il ginocchio iniziò a strusciare l’asfalto, con il duplice scopo di spostare più a centro curva il peso del comlpesso moto-pilota, "sentire" l’angolo della piega e di conseguenza raggiungere velocità maggiori in curva. Un’esigenza che man mano divenne comune trasformandosi in routine.

Con Kevin Schwantz e soprattutto Mick Doohan la guida si “sporcò”, andando contro alla canonica posizione in sella, ovvero con il corpo in linea con la moto, concetto portato ancor più avanti da Valentino Rossi, che un po' anche per la conformazione fisica, fu per molti addetti ai lavori, il precursore (inconsapevole) del corpo “fuori” dalla moto. Il “Dottore”, però, si porta dietro nel suo bagaglio d’innovazioni, anche la staccata, da sempre suo punto di forza, al quale per anni ha accompagnato la cosiddetta “gamba di salvataggio”, ovvero l’esposizione dal lato della curva, della gamba, che si stacca dalla pedana per assicurare maggiore stabilità in frenata secondo alcuni, e per agire da freno aereodinamico secondo altri. Sta di fatto che la tecnica del “Dottore” (mutuata dalla esperienza nel flat-track al Ranch), vista per la prima volta nel 2005 nel sorpasso all’ultima curva ai danni di Sete Gibernau, è stata presa ad esempio da moltissimi piloti avvenire, come Stoner e Marquez, fino a Quartararo e Bagnaia.

La svolta con Dani Pedrosa e Casey Stoner


Una svolta importante arrivò però nel 2006 con l’arrivo di Dani Pedrosa nella top class, e poi anche ma in maniera diversa, con Casey Stoner. L’innovazione che il pilota spagnolo portò è tutt’ora la base della guida delle moderne MotoGP. Lo stile dell’attuale collaudatore KTM consiste nello sporgersi molto con il busto in uscita di curva, raddrizzando la moto molto presto in modo da accelerare prima scaricando al meglio i cavalli a terra e riducendo l’intervento dell’elettronica. A questo modo di curvare, che divenne essenziale in virtù dell’evoluzione degli pneumatici, seguì la capacità di Stoner di girare la moto semplicemente con il polso destro, cioè attraverso la derapata, ovvero facendo scivolare la ruota posteriore per far girare la moto a centro curva. Uno stile di guida che rese il pilota australiano quasi inimitabile e che quasi lo avvicinava agli assi delle 500 che sfruttavano molto lo scivolamento della ruota posteriore per "chiudere" le traiettorie in percorrenza e in uscita.

Marquez e Dovizioso, Bagnaia e Quartararo


Nel 2013 la MotoGP entrò in una nuova era con l’approdo del meteorite Marquez, che apportò ulteriori innovazioni allo stile, con pieghe sempre più estreme (ricordando un po' Stoner) e poggiando il gomito a terra, come se fosse un altro "indicatore" del feeling in curva, alla stessa stregua del ginocchio, con un’ulteriore valenza però, ovvero quella di prevenire e delle volte salvarsi da chiusure dell’anteriore. Negli ultimi anni si è andati dunque in questa direzione, tutti i giovani piloti non hanno fatto altro che estremizzare lo stile di guida fin qui delineato, con un’eccezione però: Andrea Dovizioso. Le annate d’oro del forlivese in sella alla Ducati (dal 2017 al 2020) sono state caratterizzate da una controtendenza in termini di stili di guida.

Le caratteristiche che la rossa di Borgo Panigale ha sempre richiesto, di concerto con lo stile pulito di Dovizioso, hanno prodotto un binomio perfetto, in antitesi alla guida che estremizza e spettacolarizza i movimenti del corpo sulla moto. Con l’italiano si è tornati a vedere una guida più composta, ma ugualmente redditizia, senza eccessive esposizioni del corpo o “spigolature” della moto. Un modo di guidare che si vede in parte anche con Pecco Bagnaia. Oggi dunque tocca ai nuovi piloti di questa generazione: dalla guida pulita di Quartararo allo stile aggressivo di Mir, dalla guida scomposta di Rins e Miller all’esplosività di Vinales, e ovviamente alla tecnica di Marquez. Il tutto nella consapevolezza che lo stile di guida è destinato ad evolvere sempre.

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