MotoGP Story: 2004, l'anno del trionfo di Valentino Rossi in Yamaha

MotoGP Story: 2004, l'anno del trionfo di Valentino Rossi in Yamaha© Milagro

Considerato un salto nel buio, lo storico trasferimento di Rossi dalla Honda alla Yamaha si rivelò un successo immediato: Valentino conquistò il titolo mettendo in fila l’armata HRC

14.12.2021 ( Aggiornata il 14.12.2021 19:30 )

Se mi lasci non vale. Chissà se in Giappone conoscono la canzone di Julio Iglesias. Racconta di una donna ferita nell’orgoglio che per reazione decide di andarsene. Fatta eccezione per il genere, ricorda il benservito di Valentino Rossi alla Honda a fine 2003 per passare alla Yamaha, con cui firmò un biennale per una dozzina di milioni di Euro annui. “Non ti sembra un po’ caro il prezzo che adesso io sto per pagare?” recita una strofa di questa hit che fu composta da due italiani, uno dei quali si chiama proprio Rossi (Luciano). Che avrebbe pagato a caro prezzo il trasferimento, la Casa dell’Ala Dorata non lo credeva: in fondo, nella stagione appena archiviata le RC211V avevano vinto 15 GP su 16 e ottenuto 38 podi su 48.

Le M1 invece non erano andate oltre un unico terzo posto in gara e il settimo nella classifica piloti, complice un motore troppo scorbutico che spediva a terra i piloti con grande frequenza: Alex Barros, per dire, cadde 16 volte.

Honda, quanti addii 


Oltre a farsi sfuggire Valentino, la Honda commise l’errore di consentirgli di portarsi dietro il capotecnico Jeremy Burgess - che prima dei tre titoli con Rossi ne aveva vinti cinque con Mick Doohan e uno con Wayne Gardner - e buona parte dei meccanici (gli australiani Alex Briggs e Gary Coleman e il belga Bernard Ansiau). Al loro fianco i riconfermati Matteo Flamigni e Brent Stephens (neozelandese), team manager Davide Brivio – determinante per agganciare il pilota più forte del momento – mentre a capo del progetto venne posto Masao Furusawa che spiegò: “Abbiamo apportato molti cambiamenti alla nostra organizzazione nelle competizioni. L’obiettivo è mettere Valentino nelle condizioni di correre per vincere già dalla prima gara a Welkom”.

Un giudizio non condiviso da Rossi, che la Casa di Tokyo aveva blindato fino al 31 dicembre, impedendogli quindi di scendere in pista con la nuova moto a novembre, mentre da metà dicembre a metà gennaio i test erano vietati: “È un handicap pesante perdere un mese e mezzo di test, in pratica ci siamo giocati i primi due GP”. I primi test vennero saltati anche da Nicky Hayden, operato alla mano destra per la microfrattura di Valencia, e da Marco Melandri, anch’egli finito sotto i ferri.

Una delle prime moto a girare fu invece la Ducati, reduce da una vittoria e nove podi e dal quarto posto finale di Loris Capirossi, riconfermato come Bayliss. Rispetto alle moto dell’anno prima, girate al team satellite (piloti Neil Hodgson, campione Superbike 2003, e Ruben Xaus), la nuova Desmosedici cambiò 915 componenti: il motore guadagnò dieci cavalli, diminuì il diametro degli steli della forcella, e anche carene, serbatoio e forcellone furono ridisegnati. In direzione opposta a Rossi si mosse Barros, dopo essersi liberato del contratto con l’Altadis, i cui due marchi restarono sulle Yamaha: Gauloises per Rossi e Norick Abe, Fortuna per Melandri e Carlos Checa, gestiti da Hervé Poncharal. Addirittura sei le Honda ufficiali per Hayden e il brasiliano (HRC Repsol), Colin Edwards, Max Biaggi, Makoto Tamada e Sete Gibernau.

Il trionfo di Welkom


Ancor prima che Rossi salisse in sella, però, Mick Doohan profetizzò: “Valentino è un leader e la Yamaha non ne ha uno dai tempi di Rainey e Lawson. Potrà dirigere la squadra, è quello di cui c’è bisogno. Guardate la Ferrari, finché non è arrivato Michael Schumacher non c’era nessuno che desse una direzione”. I test in Malesia confermarono la sua tesi e anche le ultime prove, a Jerez, videro nuovamente Rossi davanti a tutti. Il resto è storia con il debutto in Sud Africa con la pole e la vittoria dopo un’avvincente battaglia con Biaggi. Un trionfo celebrato con un bacio alla sua M1 prima di riportarla al parco chiuso: “Le dicevo ‘È quasi fatta, dai che ci arriviamo’. Volevo dimostrare che è il pilota che conta, non soltanto in gara, ma nell’evoluzione della moto, nella preparazione. Una gara così non arriva per miracolo”. Quel giorno le altre Yamaha chiusero dal 9° all’11° posto, a 36 secondi dal fenomeno di Tavullia.

Rientrato in Italia, Valentino si presentò a Fiorano per provare una monoposto Ferrari di F1 e dopo un paio di testacoda nei primi giri scese sotto la barriera del minuto. A Jerez, nel secondo GP stagionale, segnato dalla forte pioggia, Biaggi andò ancora in fuga, ma con Gibernau che poi ebbe la meglio. L’1-2-3 della Honda interruppe la serie record di 23 podi di Valentino che bissò la quarta piazza a Le Mans. Vincendo ancora, il catalano si portò a +10 su Biaggi e +15 su Rossi, che non era così attardato dal debutto in 500.

Una stagione combattutissima


La risalita cominciò al Mugello, davanti a 85.169 spettatori, in una gara in due atti: già prima dell’interruzione per pioggia il nuovo beniamino della Yamaha era in testa e tornò a esserlo negli ultimi giri della gara-sprint (sei giri), disputata con le gomme da asciutto sul bagnato. Soltanto la fortuna evitò conseguenze gravi a Shinya Nakano e Makoto Tamada, vittime dei cedimenti della posteriore Bridgestone, il primo a 300 km/h in pieno rettilineo.

Anche al Montmeló Vale e Sete furono i protagonisti indiscussi, guadagnando un secondo e mezzo in soli cinque giri. L’hondista tornò al comando all’inizio del quartultimo giro prima di subire analoga mossa nello stesso punto, due tornate dopo. Ad Assen Rossi infilò il terzo successo consecutivo, tutti con pochi decimi sull’iberico, ma mancando il podio a Rio e in Germania i due fecero rientrare in gioco Biaggi: in Brasile caddero entrambi, al Sachsenring scivolò soltanto Gibernau con Rossi quarto. Con una vittoria e un secondo posto il romano salì a un punto dalla vetta, occupata dal connazionale. Tuttavia vincendo a Donington e approfittando delle debacle altrui, Vale andò in vacanza con +22 su ambedue. A Brno, dove per la prima volta i due hondisti ricevettero la RCV Evoluzione, il terzetto si ritrovò sul podio per l’ultima volta in stagione: vinse Gibernau.

Il sigillo sul titolo iridato


La gioia dell’HRC svanì all’Estoril e a Motegi, malgrado una vittoria e un secondo posto per Tamada: Biaggi uscì dai giochi con due “zero”, mentre Gibernau con un quarto e un sesto posto piombò a -39 da Rossi. Mondiale archiviato? Nemmeno a parlarne perché in Qatar, nella foga di rimontare dal penultimo posto in griglia per la controversa penalità del pre-gara, il figlio di Graziano finì gambe all’aria, permettendo a Gibernau, che insieme a Edwards regalò la prima doppietta al Team Gresini, di riportarsi a 14 punti. Nelle tre gare restanti però Valentino si incollò al gradino più alto del podio e già a Phillip Island si riconfermò campione, eguagliando il back-to-back del 1988 e 1989 di Eddie Lawson, unico iridato in top class per due stagioni di fila con costruttori differenti. Dopo 12 anni di astinenza la Yamaha era di nuovo in cima al Mondo, mentre la Casa più grande del Mondo masticava amaro.

  • Link copiato

Commenti

Leggi motosprint su tutti i tuoi dispositivi