Tecnica: i segreti della Yamaha M1 Campione del Mondo

Tecnica: i segreti della Yamaha M1 Campione del Mondo

La moto giapponese è frutto di una lunga evoluzione, senza rivoluzioni, che ha trovato nel tempo la sua identità

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13.03.2022 20:08

Un viaggio nella storia della M1


Quando un costruttore parla della sua nuova moto per la stagione successiva, ben di rado si tratta di un modello completamente inedito, ovvero progettato ex novo. In ogni caso, i dati forniti dalle Case da molti anni a questa parte sono pochissimi. Non vengono comunicati neanche l’alesaggio e la corsa, e di norma per quanto riguarda le prestazioni si parla genericamente di “oltre 240” o di “oltre 250” cavalli. Qualcosa di più si riesce comunque a sapere e qualcos’altro è abbastanza evidente. È inoltre possibile effettuare qualche calcolo grazie al quale si possono avere informazioni interessanti relative ad alcuni parametri e a qualche dimensionamento. Per fare un esempio, oggi il regolamento indica in 81 mm il massimo valore dell’alesaggio, che certamente adottano tutti dato che per avere un elevato rendimento volumetrico a regimi molto elevati occor re impiegare valvole molto grandi. Una volta fissato l’alesaggio è facile calcolare la corsa.

La Yamaha YZR-M1 ha iniziato la sua carriera nel 2002, primo anno della MotoGP, per la quale la FIM indicava una cilindrata massima di 990 cm3 . La ciclistica era in pratica quella della precedente 500 GP mentre il motore era assolutamente inedito. Si trattava di un quadricilindrico in linea con distribuzione bialbero comandata da un sistema misto, ossia a catena più ingranaggi, collocati sul lato destro. Le valvole erano cinque per cilindro. Il basamento era ricavato dal pieno, cosa che consentiva di impiegare una lega di alluminio dalle caratteristiche superiori rispetto a quelle utilizzate per le fusioni. Inoltre l’effettuazione di eventuali modifiche era rapida e semplice. Pare che per realizzare un basamento fosse necessaria una settantina di ore di lavorazioni.

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