Tecnica: l'evoluzione degli impianti frenanti

Tecnica: l'evoluzione degli impianti frenanti

Un processo graduale ma che ha avuto salti epocali: il principale è stato il passaggio dai tamburi ai dischi

19.04.2022 ( Aggiornata il 19.04.2022 20:03 )

Diametri


Gli aumenti dei diametri dei dischi si sono verificati un poco alla volta, raggiungendo a un certo punto valori che poi sono rimasti più o meno invariati a lungo. Si è trattato di un’evoluzione graduale, che ha avuto luogo a piccoli passi. Considerevoli innovazioni hanno comunque interessato tutti i componenti dei sistemi frenanti, ovvero oltre ai dischi anche le pinze e le pompe (alle quali si pensa piuttosto poco ma che hanno invece un’importanza assai rilevante). Ma andiamo con ordine, sempre rimanendo nell’ambito dei freni delle moto da competizione e con specifico riferimento alla classe regina.

I dischi sono la parte rotante dei freni e quindi non soltanto rientrano nelle masse non sospese ma influenzano gli effetti giroscopici; il loro diametro e il loro peso hanno quindi non trascurabili conseguenze per quanto riguarda la maneggevolezza della moto. Inizialmente si è anche cercato di ridurre la loro massa realizzandoli in lega di alluminio con riporto superficiale applicato per spruzzatura termica, ma le elevate prestazioni delle moto causavano il raggiungimento di temperature eccessive e ciò ha rapidamente posto fine al loro utilizzo.

L’alluminio infatti ha un elevato coefficiente di dilatazione termica, al contrario del rivestimento superficiale, e al di sopra dei 350 cm³ diventa decisamente troppo tenero. In seguito gli italiani hanno a lungo realizzato dischi in ghisa mentre i giapponesi hanno subito imboccato la strada dell’acciaio, poi rivelatasi vincente.

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