Esclusiva, Poncharal: "Il ritiro di Rossi non è la causa del flop MotoGP"

Esclusiva, Poncharal: "Il ritiro di Rossi non è la causa del flop MotoGP"© Luca Gorini

Il manager Tech3 si racconta: "Da Presidente IRTA, sono felice del lavoro svolto con Ezpeleta. Abbiamo superato la pandemia, ma il flop del Mugello..."

25.08.2022 ( Aggiornata il 25.08.2022 13:04 )

Le colonne del Motomondiale sono diverse, Herve Poncharal rappresenta la più solida, salda al terreno e legata a tutte le epoche, da proprietario della squadra Tech 3 equipaggiata KTM e da presidente dell’International Racing Team Association (IRTA).

Eppure, è il modo in cui ci rivolge un appunto a illustrare il carattere del manager francese: “Se pensi che io lavori nel paddock da 40 anni, ti sbagli… mi trovo qui da quasi 50 (ride). La gente dice: ‘Wow, Herve esisterà per sempre, forte dello spirito da ragazzo con cui spende la propria quotidianità. Lui piace alle donne e adora il suo lavoro’. Ecco qui”.

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Ami ancora il tuo mestiere?

“Sì, anche se l’epoca preferita risale agli albori della carriera, avevo 25 anni ed era il cosiddetto Continental Circus: si correva principalmente in Europa, usando poco gli aerei. Guidavamo da un posto all’altro, allestendo un vero e proprio campeggio: arrivava la lunga fila di caravan, sembrava di stare in vacanza per sette mesi. Questa caratteristica mi manca. Un’altra, invece, non mi manca per niente”.

Te la senti di parlarne?

“Devo. Perdevamo un amico in quasi tutti i weekend. Le gare su strada erano pericolose, le morti si registravano spesso. Io ho visto andarsene persone a me care e vicine. E fatico a nominarle: troppe persone e tutte della stessa importanza. Immagina quanto fosse difficile accettare certi incidenti. Mi è capitato di uscire il sabato sera con persone che, il giorno dopo, se ne sono andate. Terribile”.

Ai tempi, cosa sognava chi frequentava quel Circus?

“Un motociclismo proposto dai media e trasmesso in TV. Non sempre è stato possibile portare le emittenti, siamo andati anche in posti dove mancavano l’acqua o l’elettricità. Si doveva combattere per arrivare, per poi cercare un modo per sopravvivere, per lavorare. Altro che internet!”.

Internet, un male necessario?

“Non apprezzo internet né i social, da dove sono assente. È roba che ammazza le menti. Io sono romantico e penso fosse meglio il passato, perché le cose erano più semplici, Era difficile trovare il budget per le competizioni, però vivevamo con la mente libera. Eravamo decisamente artistici”.

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