MotoGP, Hernandez: "Vi racconto Marc Marquez, tra vittorie e dolori"

MotoGP, Hernandez: "Vi racconto Marc Marquez, tra vittorie e dolori"© Luca Gorini-Getty Images

L'intervista esclusiva all'ex capotecnico del #93: "In tredici stagioni l’ho visto vincere, maturare e soffrire, ma non ha perso due prerogative"

27.01.2024 ( Aggiornata il 27.01.2024 08:16 )

Santi Hernandez racconta Marc Marquez


Quale fu la prima impressione del Marc pilota?

“La prima volta mi colpirono soprattutto i suoi commenti. Per quanto era giovane e per la poca esperienza che aveva, seppe esprimersi in merito alla moto, a quello che succedeva o meno, e mi stupì. Sembrava avere molta più esperienza. Mi impressionò”.

Dal punto di vista umano invece?

“Marc è sempre stato una persona molto buona, di cuore, una persona vera che dà tutto per i suoi amici e la famiglia. Come lo si vede sorridere in televisione, è così anche nella realtà. È una persona molto positiva. Anche quando le cose non vanno bene cerca sempre qualcosa di positivo, e questo mi piace tanto. Marc è un leader, traccia la direzione con la squadra e la sua gente. E soprattutto è una brava persona. Diciamo che è una persona normale, ed essere tali al giorno d’oggi, in questo mondo, è fantastico, perché è davvero difficile”.

Avete lavorato insieme tredici anni: com’è cambiato Marc in questo arco di tempo?

“Quando cominciammo era un ‘bambino’, è cambiato perché, come tutti a questa età, è cresciuto, però non ha perso quella motivazione, quella gioia di arrivare qui, per lavorare, divertirsi e vincere. Non è cambiato in questo. Il suo DNA è sempre lo stesso. Dà il 200% quando guida la moto. Certo, è più adulto, l’approccio che avevamo prima con un giovane non è lo stesso. Prima non era una persona così ‘importante’, ora è uno sportivo conosciuto in tutto il Mondo. È diventato diverso per esempio andare a cena con lui, ma a livello personale è lo stesso ragazzo dell’inizio”.

Qual è stato il momento più difficile che avete vissuto insieme?

“Ce ne sono stati due, e sono legati agli infortuni”.

Quali?

“Il primo risale al 2011, quando cadde in Malesia ed ebbe la diplopia. In quel momento divenne tutto incerto: non sapevamo nemmeno se sarebbe riuscito a tornare in sella. E poi la caduta a Jerez nel 2020. Quello è stato un periodo duro, con tutto quanto è successo e le operazioni a cui si è dovuto sottoporre”.

Personalmente, come hai vissuto quei periodi?

“Si vivono male. Nel 2011 il pensiero era per un ragazzo giovane, che avrebbe potuto fare grandi cose in questo sport: se fosse stato costretto a smettere di correre per un infortunio, sarebbe stato brutto, perché aveva tutta la carriera davanti. Ma era diverso anche perché non avevamo un rapporto ancora così stretto, mentre oggi siamo amici: non lavoreremo più insieme, ma resta l’amicizia. Per questo nel 2020 l’ho vissuta da un altro punto di vista: a livello personale vedevo un amico che stava soffrendo tanto. In quel caso il problema l’ho fatto mio”.

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