Moto2: Bastianini – Di Giannantonio, separati dalla nascita

Moto2: Bastianini – Di Giannantonio, separati dalla nascita

Compagni nel Team Gresini, poi rookie in contemporanea in Moto2, dove hanno conquistato assieme il primo podio. Enea: "Mi manca tutto dei GP, persino i viaggi aerei". Diggia: "Quest’anno so di poter puntare al titolo"

06.07.2020 12:40

Si conoscono fin da quando erano piccoli e si davano le sportellate in Minimoto, e sono sempre stati amici, fuori dalla pista. Sono Enea Bastianini, detto “Bestia”, romagnolo puro, e Fabio Di Giannantonio, detto “Diggia”, romano dell’Eur. Due ragazzi solari, con grandi numeri, tanto da essere stati vice campioni del Mondo in Moto3, rispettivamente nel 2016 e nel 2018. Proprio nella classe minore le loro strade si sono incrociate nel Team Gresini, e ora sono impegnati in Moto2, per il secondo anno, con lo stesso sogno: salire sul trampolino che porta verso la MotoGP. 

Enea ha iniziato il 2020 con il terzo posto in Qatar, il proprio secondo podio nella categoria di mezzo, eguagliando così Diggia, che grazie ai due secondi posti del 2019 era stato Rookie dell’Anno battendo in volata proprio Bastianini. E se ancora faticate a considerarli “separati” dalla nascita, l’ultimo e decisivo indizio è legato al primo podio in Moto2. Per entrambi è arrivato al decimo tentativo, nel GP di Brno, dell’agosto scorso, quando i due italiani erano stati preceduti soltanto da Alex Marquez. 

Cosa vi manca di più del Mondiale in questo periodo di calma piatta?

BASTIANINI: "La mia Kalex, ma anche i ragazzi del team, il fare gruppo con loro. Ci chiamiamo e ci siamo tenuti aggiornati vista la situazione". 

DI GIANNANTONIO: "Più o meno tutto, dai viaggi alla tensione del weekend di gara, al salire sulla moto, al lavoro con i ragazzi. È la cosa che faccio ininterrottamente da quando sono piccolo, uno stop così è drastico". 

Cosa invece non vi manca della solita routine?

B: "No, mi manca davvero tutto, anche prendere l’aereo, cosa che di solito non mi fa impazzire". 

D: "I fusi orari e i viaggi più lunghi". 

Chi vi ha avvicinato al mondo delle due ruote?

B: "Mio babbo, ma è stato un caso. Mi ha portato in un negozio perché doveva cambiare un pezzo dello scooter di mia mamma. Lì ho visto una Minimoto, l’ho voluta provare a tutti i costi e da lì è iniziato tutto, avevo tre anni".

D: "Mio padre. È sempre stato appassionato di moto e ogni tanto andava a divertirsi a Vallelunga e al Mugello, da amatore. A cinque anni e mezzo, poi, sono salito in sella anch’io per la prima volta". 

Ormai siete nel paddock da tempi, quando vi siete resi conto che questo era diventato il vostro lavoro?

B: "Nel primo o forse nel secondo anno nel Mondiale. Lì ho iniziato a pensare che quello era il mio lavoro e che mi ci dovevo dedicare completamente, con tutte le energie". 

D: "Al secondo anno, quando ho iniziato a occuparmi da solo di tutto, anche della parte burocratica. Però sinceramente non l’ho mai visto come un lavoro". 

Qual è il ricordo più bello della vostra carriera fin qui?

B: "La mia prima vittoria a Misano. È stato tutto fantastico. Sentivo, già dal giorno prima, che potevo vincere e poi il fatto che ero a un passo da casa, con tutti i miei amici, è stato unico". 

D: "Il mio primo podio ha rappresentato la svolta, però le sensazioni belle sono state due: la vittoria di una gara e la piena soddisfazione di me stesso che ho avuto a Misano lo scorso anno. Avevo fatto il weekend perfetto: il venerdì ero terzo, sabato ho conquistato la pole position e in gara sono stato in testa 23 giri su 24. L’ultimo giro poi è successo quello che è successo (Augusto Fernandez l’ha superato in modo controverso, andando oltre i limiti della pista per prendere slancio, nde)".

Con quale idolo siete cresciuti?

B: "Casey Stoner e Valentino Rossi. Ammiro la pulizia di guida e la grinta di Valentino e ammiravo la velocità e lo stile di Stoner. E con Casey condivido anche la passione per la pesca".

D: "Troy Bayliss, sono innamorato perso di lui! Quando ero piccolo mio padre aveva una Ducati rossa e poi in televisione vedevo la sua che vinceva. E il mio numero, il 21, è dedicato anche a lui, oltre che alla nascita di Roma". 

Qual è un vostro pregio e un difetto come persona?

B: "Riesco a essere sempre molto positivo, vedo sempre il bicchiere mezzo pieno. Il difetto è che a volte sono un po’ troppo impulsivo". 

D: "Sono coerente con me stesso, se dico una cosa la faccio, e sono sincero. Il difetto è che quando conosco qualcuno tengo a tenere le distanze, non riesco mai ad aprirmi del tutto subito". 

E come piloti, invece?

B: "Durante la gara sono sempre molto concentrato e riesco ad avere tutto sotto controllo. Il difetto è che devo convincermi un po’ di più di quello che posso fare". 

D: "Il pregio è che non mollo mai, ci provo sempre fino all’ultimo. Però a volte faccio ancora errori da “pollo”. Come se fossi un po’ immaturo, perché c’è sempre margine di crescita e io sono un perfezionista". 

Come descrivete la Moto2?

B: "È una classe difficile, equilibrata. I piloti sono tutti molto veloci e contano veramente i dettagli per fare la differenza". 

D: "Forse è la categoria più tosta. Siamo tutti sulla stessa barca, chi dà più gas sta davanti".

E della vostra moto cosa dite?

B: "La mia Kalex è veloce, potente e bellissima".

D: "La mia Speed Up è una “fighetta” che ogni tanto se la tira un po’. Ti dà gusto quando ci esci e la porti a cena, fa la sua bella figura, ci stai da Dio, ma quando ci litighi è una di quelle che ti tengono testa, come piacciono a me".

Quale sfida vi attende in questo 2020?

B: "Sicuramente è una sfida contro me stesso. Sono io il mio principale avversario. Devo cercare di fare la differenza in questo". 

D: "Il mio obiettivo personale e realistico è quello di provare a vincere il campionato. Ci sono tutte le carte in regola per farlo". 

Quest’anno non si potrà correre su tutte le piste, qual è quella a cui non vorreste rinunciare?

B: "Il Mugello è senza ombra di dubbio la migliore. Se non potessi correre lì sarebbe proprio un peccato, e temo sarà così".

D: "Sono cinque: Brno, Mugello, Barcellona, Phillip Island e Valencia".

Se non foste diventati piloti di moto, cos’avreste fatto?

B: "Mi piace molto la natura, con tutto il suo contesto, quindi magari sarei diventato uno scienziato per starci sempre a contatto". 

D: "Oggi potrei essere sempre uno sportivo, magari nel calcio, o un manager, oppure potrei occuparmi della grafica, mi piace molto quando lo faccio per il mio casco". 

Oltre alle moto avete praticato altri sport?

B: "Tuffi a livello agonistico per tre anni. Ho disputato i campionati italiani ed europei, e sono arrivato anche secondo nell’Italiano, una bella soddisfazione. Questo in contemporanea alle moto, poi ovviamente ho dovuto scegliere e non ho avuto dubbi".

D: "Mio padre mi ha sempre fatto fare sport per avere un fisico allenato. Quindi ho giocato a calcetto fino ai 16 anni e praticavo judo per imparare a cadere dalle Minimoto. Poi ho praticato canoa, arrampicata e nuoto".

Cosa non deve mai mancare nella vostra valigia quando andate ai GP?

B: "I tappi per le orecchie, di solito me li dimentico. È l’incubo maggiore! Li uso soltanto per andare in moto, tranne al Mugello, dove mi servono anche per dormire, altrimenti è impossibile".

D: "La divisa del team del colore giusto, è un problema ogni volta! (Cambia colore in base al main sponsor che varia di gara in gara, nde). È già successo che sono arrivato in pista con quella del colore sbagliato". 

Nel 2016 siete stati compagni di squadra nel Team Gresini, cosa ricordate di quell’esperienza?

B: "Con Fabio ci conosciamo da tempo, siamo sempre andati molto d’accordo. Da Gresini a fine gara trovavamo sempre la scusa per poter mangiare qualcosa e la scelta ricadeva sempre sulle crepes alla Nutella". 

D: "Bene, con lui siamo cresciuti insieme, siamo sempre stati tranquilli. L’anno prima che entrassi nel Mondiale correvo la Red Bull Rookies Cup, mentre Enea era già da Gresini. Allora mi intrufolavo da loro e gli chiedevo di portarmi a fare un giro di pista in scooter, dato che non le conoscevo. All’inizio guidava lui, poi lo convincevo e me lo faceva guidare e finivo il pieno. L’anno dopo il caso ha voluto che fossimo nello stesso box".

In Moto2 c’è qualcuno che avete osservato per migliorare?

B: "Sì, i piloti con più esperienza: Alex Marquez, Thomas Lüthi e un po’ Brad Binder, anche se ha uno stile tutto suo". 

D: "Lo scorso anno ho studiato Alex Marquez, perché penso che nel corso del suo cammino in Moto2 abbia evoluto molto il suo modo di guidare. E anche il mio compagno di squadra, Jorge Navarro, con cui faccio molte comparazioni usando la stessa moto". 

In MotoGP invece chi studiate?

B: "Marc Marquez e Andrea Dovizioso sono quelli che sto tenendo più sott’occhio ultimamente". 

D: "I più forti. Mi piace molto Fabio Quartararo, secondo me sta portando un’innovazione sullo stile di guida. Guardo Marc Marquez e Maverick Viñales per come affrontano tutto, e Rossi per come riesce a essere efficace sulla moto". 

A livello personale, rispetto al primo giorno in cui avete messo piede nel paddock, come siete cambiati?

B: "Tanto, avevo 15 anni, mi piaceva giocare e scherzare, anche troppo. Il Mondiale mi ha insegnato tanto sia in pista che fuori. Finora è stato un percorso veramente bello, tosto, che caratterialmente ti forma molto e ti fa crescere in fretta. Mi ha responsabilizzato molto, all’inizio perdevo sempre i documenti, sono maturato anche in quello e sono diventato più indipendente". 

D: "Tanto, ma sono sempre Fabio. Il paddock è grande e c’è tanta gente, ho fatto un po’ una scrematura. Non sono più il ragazzino che va lì a giocare, vado lì per lavorare e per vincere. In quel senso sono cambiato, ma alla fine sono sempre Fabietto". 

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