Moto3, Riccardo Rossi: “Il mio rapporto con Gresini era speciale”

Moto3, Riccardo Rossi: “Il mio rapporto con Gresini era speciale”© Milagro

"È stato lui che mi ha portato al Mondiale, e anche dopo che ho lasciato il suo team, ha continuato a seguirmi come manager. Il nostro rapporto era davvero speciale", ci ha raccontato il pilota italiano

03.06.2021 ( Aggiornata il 03.06.2021 15:33 )

Genovese, diciannove anni, Riccardo Rossi è stato l’exploit italiano del GP Francia a Le Mans. Al suo terzo anno in Moto3 è riuscito a conquistare il secondo posto in qualifica e il terzo gradino del podio in gara.

Determinato anche quando i risultati tardavano ad arrivare, Riccardo non si è dato per vinto e ora vuole provare a ripetersi: “Se puoi farlo una volta - ha detto il primo italiano nato dopo il 2001 a salire sul podio iridato - puoi anche ripeterlo”.

Il risultato del pilota della KTM è figlio di una scelta di vita importante: Rossi ha lasciato la famiglia per andare a vivere in Catalogna, vicino al quartier generale del suo team, il Boe Skull Rider, dove può allenarsi costantemente. Ma è alla figura di un altro team che Riccardo ha dedicato il primo podio iridato: Fausto Gresini, suo scopritore, manager e amico con il quale fin da piccolo andava anche a pesca. E lui, con il suo cognome comune ma pesantissimo per chi corre nel Motomondiale, vuole che il GP Francia sia soltanto l’inizio di una storia.

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Primo podio...bagnato


Riccardo, cosa resta del podio di Le Mans?

“È stato un weekend speciale: prima volta in prima fila e primo podio. Insomma, tante emozioni. Della gara posso dire che è stata molto lunga, non finiva più, negli ultimi giri stava arrivando John McPhee, che mi metteva molta pressione. Il podio è stato molto importante, è arrivato in un momento in cui facevamo tanti sacrifici ma nessun risultato. So che mi aiuterà molto a livello mentale e spero sia soltanto l’inizio".

Tra l’altro, il risultato è arrivato anche in condizioni difficili.

"Sì. Abbiamo iniziato sul bagnato e man mano la pista è andata asciugandosi. Ci sono state tante cadute e le condizioni erano davvero proibitive. Arrivare a guidare con le ‘rain’ sull’asciutto non è stato facile”.

Salire sul podio è proprio come te l’eri immaginato?

“Assolutamente sì. Il mio primo obiettivo era quello di salire sul podio nel Motomondiale. Sono tre anni che soffro e che fatico per riuscire a fare un buon risultato e il podio ha ripagato ogni sacrificio fatto. Questo, però, voglio che sia soltanto l’inizio, quel “click” che mi serviva per capire che si può fare. A mio avviso, se puoi farlo una volta puoi anche ripeterti, quindi dobbiamo lavorare ancora. Un podio non arriva per caso, dobbiamo continuare su questa strada”.

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Gli inizi


Come ti sei avvicinato al mondo delle moto?

“Da piccolo non seguivo nulla di questo sport, e dire che da giovane mio padre correva in moto. Poi a una sua festa di compleanno venne anche Lucio Cecchinello, che era stato suo rivale in pista. Consigliò a mio padre di portarmi a guidare le Minimoto. Provai e poi cominciai a correre, però ero già grande perché avevo 10 anni. Ho affrontato diverse categorie nei vari campionati, dal CIV al CEV e infine sono balzato al Motomondiale. Dove nei primi due anni ho faticato tanto, avevo soltanto due anni di esperienza in Moto3 nei campionati minori. Ci sono piloti che fanno molti più anni di formazione”.

Cosa ricordi della prima gara nel Motomondiale, due anni fa in Qatar?

“Fu una sensazione stranissima, in griglia ero ultimo perché ero caduto in qualifica e intorno a me vedevo migliaia di persone, la pressione era tanta. L’ambiente del paddock mi è sempre piaciuto, poi quando le gare vanno bene come a Le Mans, tutti ti salutano e ti fanno i complimenti”.

Come valuti la Moto3?

“È tosta, il livello è altissimo con distacchi veramente irrisori. Spesso in un secondo ci sono venti piloti”.

 Quest’anno, con i nuovi rookie, il livello è alzato ulteriormente.

“I rookie che sono arrivati vanno fortissimo e hanno spinto tutti noi a migliorare ancora. Tra questi, Pedro Acosta è veramente forte, crede molto nei propri mezzi e questo fa la differenza. In più è anche un bravo ragazzo, non se la tira nonostante vada fortissimo. È umile e parla con tutti, a differenza di altri”.

Come si svolge la tua giornata tipo?

“A Granollers vivo da solo, ma ho la sede del mio team a soltanto 10 minuti di distanza. Ogni giorno vado da loro, nel loro capannone, e inizio gli allenamenti. Quando non ci sono le gare, in inverno, mi alleno due volte al giorno tra bici, palestra e moto. Durante la stagione, invece, oltre ad andare in bici e ad allenarmi in palestra, studio i video delle gare. Per esempio ora che ci attende il Mugello, guardo i video del passato e studio i dati”.

Nel team come a casa


Quindi il team ti ha accolto come una seconda famiglia?

“Sì. Sono venuto in Spagna a vivere da solo, però alla fine sto con loro. Sono effettivamente una seconda famiglia per me, li vedo ogni giorno e questo a livello mentale fa tanta differenza. Stare da solo mi ha fatto anche maturare, prima non cucinavo, non stiravo e non pulivo, mentre adesso è cambiato tutto, però è meglio così”.

Al box hai un collega italiano, come va con lui?

“Con Stefano (Nepa) andiamo d’accordo, è un gran lavoratore. Vediamo quest’anno cosa riusciremo a fare, tra di noi c’è una sana competiziona, uno stimolo a migliorarsi”.

C’è un pilota al quale ti ispiri?

“Per primo Valentino Rossi che per me è una leggenda, ma anche Jorge Lorenzo e Casey Stoner. Entrambi li ho sempre ammirati, Lorenzo per lo stile di guida e Stoner perché era un po’ pazzoide, con i suoi traversi unici”.

La tua famiglia ti sostiene in questa tua passione?

"Sì, in tutto e per tutto. Io sono di Genova, non ci sono piste importanti nei dintorni, quindi ogni volta fin da piccolo mi portavano fino a Riccione per farmi allenare. I miei hanno sempre fatto tanti sacrifici per me".

Il podio di Le Mans lo hai infatti dedicato a loro, ma anche a Fausto Gresini. Che rapporto avevi con lui?

“L’ho conosciuto nel 2014 e da lì è nata una grande amicizia, quando avevamo tempo mi portava a pesca, io ero piccolo e con i capelli ricci. Ricordo anche una volta, quando correvo nel CEV, che il mio albergo era lontanissimo dal circuito e lui mi ha fatto dormire nel suo motorhome. È stato lui che mi ha portato al Mondiale, e anche dopo che ho lasciato il suo team, ha continuato a seguirmi come manager. Il nostro rapporto era davvero speciale”.

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