La Dakar: la gara più pericolosa al mondo

La Dakar: la gara più pericolosa al mondo

Paulo Goncalves è il ventinovesimo pilota ad aver perso la vita nella leggendaria sfida del deserto. Dal 1978, altre 44 persone sono morte durante la gara

 

13 gennaio 2020

La Dakar è considerata da molti la gara più pericolosa al mondo. Proprio per questo, ormai l’obiettivo di tanti piloti non è il risultato in classifica, ma arrivare al traguardo. “Per arrivare primo, devi per prima cosa finire la gara”, si dice ai bivacchi. E non a caso.

La morte di Paulo Goncalves, ieri, ha portato a quota 73 il tragico bilancio dei morti alla Dakar, che si conferma sempre più come una corsa affascinante ma dannata, e forse irrinunciabile proprio per questo: a perdere la vita sono stati ben 29 piloti – di cui 20 in moto - e 44 persone fra gli addetti ai lavori o il pubblico.

Il rally, lanciato da Thierry Sabine nel 1978, ha avuto subito un grosso successo e dopo cinque anni aveva già 400 partecipanti. Nel 2005 ha raggiunto 688 piloti. Lo stesso Thierry Sabine non è riuscito a vedere quanto successo aveva la ‘sua’ Dakar, perché è mancato in un incidente in elicottero a Mali, durante l’edizione del 1986, quando rimase vittima di una tempesta di sabbia.

Nuova location, stesso pericolo

Dal suo esordio, la Dakar ha cambiato ambientazione per la terza volta, passando dall’Africa al Sud America e infine in Arabia Saudita. Ma il livello di difficoltà della sfida non è cambiato. La Dakar è sempre ‘selvaggia’, impervia, brutale, e rappresenta una sfida estrema per tutti coloro che osano raccogliere la sfida.

Il primo incidente mortale fu già alla seconda edizione: correva il 1979, quando Patrice Dodin perse il controllo della sua Yamaha mentre si aggiustava il casco e cadde battendo la testa su un grosso sasso.

Nel 1982 fu Bert Oosterhuis, già campione di velocità in Olanda, a rimanere ucciso in Algeria, all’età di 41 anni. L’anno successivo il francese Jean Noel Pineau non riuscì a portare a termine quella che sarebbe stata la sua quarta Dakar: morì per un incidente sull’asfalto, dopo uno scontro con un veicolo militare.

Nel 1986 a perdere la vita è stato il giapponese Yasuo Kaneko, alla sua seconda Dakar: fu abbattuto da una vettura guidata da un ubriaco che non partecipava alla gara e morì sul colpo. Nello stesso anno fu Giampaolo Marinoni a rimanere vittima di un incidente mortale: il collaudatore della Cagiva era alla sua seconda Dakar: cadde a 40 km dal traguardo, riuscì a raggiungere la fine della tappa ma morì due anni dopo per un’infezione in seguito alla ferita al fegato che aveva riportato.

Nel 1988 Jean Claude Huger cadde con la sua BMW picchiando su una roccia e finì in coma, per morire due giorni dopo: nella vita era poliziotto motociclista di scorta al Presidente della Repubblica. In quello stesso anno morirono anche Kees van Loevezijn, che partecipava alla gara su un camion, e Patrick Canado, navigatore della Range Rover guidata da René Boubet.

Nel 1991 il francese Francois Picquot morì a bordo di una Nissan Patrol che si scontrò con un camion. Nello stesso anno morirono Laurent Le Bourgeois e Jean-Marie Sounillac, entrambi su un mezzo di assistenza Land Rover, che si ribaltò più volte, e Charles Cabannes, che perse la vita sul camion assistenza di Citroen ufficiale, ucciso da un colpo sparato da ribelli nel piccolo villaggio di Kadeouane.

Nel 1992 fu Gilles Laley a morire alla Dakar, che pure aveva vinto nel 1989: dopo aver concluso la speciale al quarto posto, stava andando al bivacco in sella alla sua Honda quando fu colpito da una Toyota dell’assistenza medica degli organizzatori.

Nel 1994 Michel Sanses perse la vita cadendo sull’asfalto dalla sua BMW.

Nel 1996 il francese Laurent Gueguen era alla guida del camion assistenza di Citroen quando finì in mezzo ad un conflitto fatale fra l’esercito marocchino e i ribelli del Fronte Polisario.

Nel 1997 il pilota amatore francese Jean-Pierre Leduc morì per una caduta alla seconda tappa della sua prima Dakar.

Nel 2002 morì Daniel Vergnes, che viaggiava sul mezzo assistenza del team Toyota.

Nel 2003 Bruno Cauvy finì fuori strada con la sua Toyota e riportò ferite mortali.

Nel 2005 José Manuel Perez, alla sua quarta Dakar, riportò gravi danni allo stomaco in una caduta e morì tre giorni dopo. Nello stesso anno perse la vita il nostro Fabrizio Meoni, vincitore della Dakar nel 2001 e nel 2002, per una caduta pochi minuti dopo il primo checkpoint all’undicesima speciale. Si ruppe l’osso del collo. Era al comando con talmente tanto vantaggio, che lo mantenne fino all’ultima tappa, quando la vittoria andò a Cyril Despres.

Nel 2006 morì Andy Caldecott, in sella ad una KTM: l’anno precedente si era piazzato sesto.

Nel 2007 persero la vita Elmer Symond su KTM, al debutto come pilota dopo aver partecipato come meccanico, e Eric Aubijoux su Yamaha, alla sesta Dakar, a 15 km dal traguardo per un incidente avvenuto all’inizio della speciale.

Nel 2009 fu un altro francese, Pascal Terry, a morire alla sua prima Dakar. Per un clamoroso errore, furono abbandonate le sue ricerche confondendo la sua presenza al bivacco con quella del fratello, e Terry fu ritrovato tre giorni dopo a 15 metri dalla sua moto.

Nel 2012 una caduta nel primo giorno è costata la vita a Jorge Andrées Marinez Boero, su Beta RR 450 e l’anno dopo è stato il francese Thomas Bourgin su KTM a rimanere ucciso in un incidente stradale con una macchina della polizia cilena mentre si portava allo start della speciale.

Nel 2014 un incidente è costato la vita al belga Eric Palante, anche lui su due ruote, così come Michal Hernik l’anno successivo.

Infine, dopo quattro edizioni senza incidenti mortali, ieri la caduta che è costata la vita a Paulo Goncalves, alla sua tredicesima Dakar. Dopo una consultazione con gli altri piloti, gli organizzatori hanno deciso di cancellare la tappa successiva per le moto e i quad.

Non solo piloti

Oltre a questi 29 piloti drammaticamente rimasti uccisi, la Dakar ha mietuto altre 44 vittime, a volte in incidenti plurimi. Nel 1981 in Algeria persero la vita anche il collega giornalsita Giuseppe De Tommaso e due meccanici. Nel 1986 sull’elicottero che trasportava Thierry Sabine c’erano anche il cantante Daniel Balavoine, la giornalista Nathalie Odent, il pilota François-Xavier Bagnoud e il tecnico radio Jean-Paul Lefur, tutti rimasti uccisi.

Nel 1998, in Mauritania, l’auto di Francis Bouney e Guy Aliphat si scontrò con un minibus e morirono cinque persone del luogo.

Insomma, un elenco di tragefie maledettamente lungo. Che però continua a non togliere fascino alla Dakar, anzi, forse lo aggiunge, rendendo la sfida sempre più seducente.

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