Danilo d’Arabia, una bella storia

Danilo d’Arabia, una bella storia

La partecipazione (e i risultati) di Petrucci alla Dakar 2022 esaltano il lato “romantico” del pilota. E il ternano è perfetto per il ruolo, perché sfugge da sempre alle etichette…

05.01.2022 19:24

Quando due mesi fa Danilo Petrucci comunicò ufficialmente la sua partecipazione alla Dakar 2022, in molti rimasero stupiti. “Ma ce la farà?”, “Serve tanta preparazione”, “Ma saprà orientarsi?”, “Ci vuole coraggio” i commenti più diffusi sui social e da giornalisti e addetti ai lavori.

I risultati di questi primi giorni di gara in Arabia Saudita, danno ragione a lui e alla sua “pazza” scelta.

Danilo: un fuoristradista nato


Alcuni aspetti è importante sottolinearli: Danilo è nato fuoristradista, da giovanissimo, prima di passare alla Velocità, provò a “sfondare” con le ruote tassellate, guidando trial e cross. E, nei quasi vent’anni di carriera vissuti in pista, con la moto da fuoristrada si è sempre allenato, partendo da casa e salendo sui monti della sua amata Umbria. Fisico da endurista e carattere da “orso buono”, Petrux ha sempre avuto una passione gigantesca per “la moto che va sulla terra” e per la guida a contatto con la natura. Un’attitudine che, probabilmente, sta accelerando il suo processo di avvicinamento ai grandi della specialità.

Non basta di certo solo questo per fare la differenza sulla sabbia araba. Come ha raccontato Giovanni Sala in esclusiva per noi, Danilo dovrà imparare a gestire meglio il dispendio fisico, la moto a livello meccanico e dovrà imparare ad essere ancora più efficace nella navigazione. Sono tutti aspetti che si accumulano con l’esperienza. E il pilota KTM, da questo punto di vista, ne ancora poca. Ma ha un margine di crescita poco quantificabile.

Quel tricolore (che manca) alla Dakar


Non sappiamo, ad oggi, se potrà (e vorrà) diventare nel prossimo futuro uno su cui puntare per far tornare a sventolare la bandiera italiana sulla Dakar dopo tanti anni (l’ultimo fu Fabrizio Meoni, nel 2002). Ma sappiamo che il coraggio, la “manetta” e quella certa attitudine non gli sono mai mancati.

La sua è una di quelle belle storie del motociclismo. Una storia romantica, un pò folle, da pioniere. Proprio come piace a noi appassionati delle due ruote. Adesso sembra un pilota di rally raid bello e fatto ma ricordiamoci sempre che meno di due mesi fa stava ancora lì, a guidare sull’asfalto, a 300 all’ora, contro piloti come Quartararo, Bagnaia e Rossi. Due mesi. Solo sessanta giorni fa.

Comunque vada, la sua esperienza in Arabia sarà un successo. E noi non possiamo far altro che ringraziarlo, perché ci sta regalando un’emozione da raccontare a voi lettori. E sta facendo avvicinare tanta gente alla bellezza di questa specialità così massacrante e affascinante.

Finita la Dakar, Petrucci proverà a conquistare l’America, con una Ducati Superbike. Un’altra sfida, un’altra avventura delle sue. Come quando arrivò nella MotoGP da vice-campione della Stock 1000: entrò nel paddock in punta di piedi, con quella bella faccia da antieroe, i capelli arruffati e lo sguardo sornione di chi sembrava sbarcato tra i mostri sacri quasi per caso. Ma che poi riuscì a convincere tutti con vittorie, podi e prestazioni al top. Noi di Motosprint lo seguiremo anche negli States, con il sogno che poi possa tornare un giorno dove ha iniziato, in quel mondiale Superbike che avrebbe tanto bisogno di uno come lui. Potrebbe rivelarsi alla fine un cerchio grandissimo. Pieno di sfide e di emozioni, che solo un pilota “umano” come lui può trasmetterci.

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